Riflessioni sulla Psicosintesi
di Fabio Guidi indice articoli
Il Diavolo, o l'archetipo separativo - 2
Settembre 2012
In questa seconda parte del mio contributo sull’archetipo del Diavolo, è il momento di evidenziare gli aspetti positivi dello Spirito Separativo. In definitiva, il demoniaco è la spinta ad affermare la propria individualità, la propria volontà, l’impulso ad essere autonomo, cioè ad esprimersi come individuo separato. Come afferma Rollo May, il principale esponente della psicologia esistenziale americana,
“Il demoniaco è un impulso, presente in ogni essere, ad affermare se stesso, a perpetuarsi e ad accrescere la sua potenza. […] Possiamo rimuovere il demoniaco, ma così facendo non possiamo evitare l’apatìa e la conseguente tendenza a successive esplosioni che tale rimozione porta con sé”.
Tale spinta vitale, una volta frustrata, si trasforma in odio per la vita. L’uomo, pertanto, deve affrontare il demoniaco, per risvegliare – ove sia necessario - questo potente impulso. Non può fare altrimenti. Negare il demoniaco equivale ad un’autocastrazione riguardo sia all’espressione dell’amore che all’affermazione della volontà.
Nessun altro ambito mostra in modo lampante la necessità di coniugare lo spirito unitivo e quello separativo, Eros e il Diavolo, quanto l’attività amorosa. Come sottolinea anche Rollo May, l’atto sessuale esige una decisa affermazione di sé, della propria individualità, senza ovviamente scadere nella sopraffazione dell’altro, questa sì un aspetto della ‘possessione demoniaca’.
“Ma questo aspetto negativo [la tendenza alla sopraffazione, N.d.A.] non deve essere ovviato rinunciando all’autoaffermazione, poiché se non si è capaci di affermare se stessi non si è neppure capaci di autentica partecipazione ad un rapporto.”
Senza un’adeguata espressione del demoniaco, dell’affermazione della propria individualità e della volontà di esercitare una forte presa sulla realtà, ogni relazione appare priva di vita. Eppure, troppo spesso la nostra cultura diffida del demoniaco: ritenendolo qualcosa di malvagio da cui tenersi lontano.
Ma è solo il demoniaco in senso stretto, vale a dire la ‘possessione demoniaca’ - la quale rappresenta la degenerazione dell’impulso naturale all’affermazione di sé – a costituire il problema reale dell’uomo. La psicologia del profondo c’insegna che, in certi casi, lo spirito separativo diventa realmente malvagio, nel momento in cui l’individuo non riesca ad essere accettato nella sua natura più vera, come qualcosa di indipendente, diverso, altro. Cioè, quando viene negato il diritto ad essere se stesso, ad affermarsi come una volontà (un Io).
In questo senso, la possessione demoniaca scaturisce da tutte quelle ferite narcisistiche che l’individuo ha subìto e che gridano vendetta: sentendosi rifiutato e odiato, trascurato e abbandonato, soffocato e oppresso, giudicato e svalorizzato, tradito e umiliato nei propri sentimenti… Tutte queste esperienze bloccano la spontanea affermazione di sé, in forma più o meno grave, mettendo in discussione il diritto di esistere come individuo, di pretendere attenzioni e cure, di separarsi e diventare un individuo indipendente, di essere incoraggiato e apprezzato o di poter esprimere il proprio amore, abbandonandosi all’altro.
Tutto ciò suscita frustrazione e invidia, che danno vita ad atteggiamenti distruttivi, verso di sé e verso il mondo intero. Tanto più se sono inconsci. C’è forse qualcuno di noi che può ritenersi al sicuro da queste insidie?
È in questo senso che il demoniaco costituisce il problema umano, perché nasce dalla frustrazione del profondo bisogno di essere amato insito in ogni uomo. La sofferenza psichica si trasforma inevitabilmente in impulsi - più o meno inconsci - immorali o antisociali e racchiude l’essere umano nell’isolamento. È così che Rollo May vede il comune cittadino della società contemporanea.
“Quest’uomo solitario, destinato a rimanere ignoto, piomba in uno stato di solitudine che può trasformarsi col tempo in possessione demoniaca. I suoi dubbi - «non esisto realmente se non posso esercitare un’influenza su qualcuno» - lo divorano interiormente; egli vive, ansima e si muove in uno stato di solitudine sottile e insidiosa. Nulla da meravigliarci, quindi, se imbraccia un fucile e lo punta contro qualche passante, anonimo quanto lui. Né è sorprendente se i giovani nelle strade, che sono semplicemente dei numeri anonimi nella loro società, siano spinti a formare delle bande e a sferrare violenti attacchi per garantire la loro affermazione di sé. La solitudine e l’alienazione che da questa consegue possono divenire forme di possessione demoniaca.”
Un Io incapace di esprimersi può dar vita alle più svariate distorsioni. Ecco che una volontà non adeguatamente emersa – e più o meno sotterraneamente invidiosa - può manifestarsi come egocentrismo ed egoismo, eccessiva pretesa, scarsa sensibilità per l’altro, indomabile ambizione, arrivismo sfrenato, desiderio di fama, brama di potere, edonismo, narcisismo, superbia, orgoglio, criticismo, perfezionismo, tentativo di abbassare gli altri, di insinuare il dubbio e la sfiducia, impulso a creare discordia e conflitto, disprezzo, scherno, sfiducia nel prossimo, sospettosità, misantropia, scontrosità, malevolenza, ostilità, risentimento, criticismo, calunniosità, distruttività, sadismo, meschinità, vigliaccheria...
In definitiva, ogni espressione demoniaca nasce da una mancata affermazione sana del sé. C’è forse qualcuno di noi che può ritenersi immune da tutti questi mali? E, pertanto, c’è forse qualcuno di noi che può tranquillamente evitare il confronto con il demoniaco dentro di sé? E non è forse questo l’autentico significato spirituale del mito del ‘peccato originario’, come esperienza che deve attraversare ogni essere umano?
In definitiva, ogni ricerca interiore deve misurarsi con il demoniaco, se non si vuole correre il rischio che il Diavolo, dall’inconscio, irrompa nella coscienza e nell’esistenza dell’individuo in maniera primitiva e distruttiva, in modo davvero diabolico. Non dimentichiamo che il Diavolo svolge un’azione persecutoria tanto nei confronti degli altri quanto di se stesso. É una situazione ben nota: l’apparente condizione di forza, astuzia e malignità del Diavolo si rivela, in fin dei conti, fonte di solitudine e infelicità. Il Diavolo è proprio un ‘povero diavolo’! Infatti, lo spirito del Tentatore conduce alla sfiducia nello spirito unitivo, a concentrarsi in se stesso e a chiudersi nei propri conseguimenti egoici, all’isolamento dagli altri e alla autodistruttività.
C’è sempre un momento, nel sentiero spirituale, in cui l’archetipo del Diavolo emerge con la sua peculiare strategia distruttiva. Questo momento segna una tappa decisiva del processo… ed è questo il momento in cui possiamo perderci.
Fabio Guidi
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