Riflessioni sulla Psicosintesi
di Fabio Guidi indice articoli
La dialettica degli opposti nella Psicosintesi Sociale
Marzo 2013
La Psicosintesi Sociale è uno dei quattro settori d’intervento della Psicosintesi e si occupa dell'integrazione di gruppo, a qualsiasi livello - dalla famiglia alle associazioni di ogni tipo, dalle imprese alle istituzioni - e include la coscientizzazione dei gruppi umani a livello culturale e politico, fino a raggiungere, idealmente, una scala planetaria. Naturalmente, anche l'azione politica diretta, se ispirata da quest'opera di coscientizzazione(potremmo parlare di «socioterapia»), rientra a pieno titolo nella psicosintesi sociale.
Dunque, come in ogni altro ambito psicosintetico, è un problema di integrazione. E l’integrazione, ogni terapeuta lo sa, avviene attraverso un lavoro sugli opposti della psiche. In ambito politico, la dialettica di fondo è stata finora costituita dai due opposti della Destra e della Sinistra. La Destra, storicamente, rappresenta la difesa della conservazione, il rispetto dell’ordine e della gerarchia, nonché la promozione della libertà individuale, intesa come la possibilità del singolo di sviluppare pienamente le sue ambizioni di autorealizzazione personale. Di converso, la Sinistra rappresenta l’impulso al progresso, la difesa dei diritti dei più svantaggiati e delle minoranze in genere, avendo sempre di mira la giustizia sociale, e cioè l’uguaglianza effettiva di tutti i membri della collettività.
Se la reazione a questa pur breve e incompleta descrizione è quella di prendere fermamente e passionalmente posizione in favore dell’una o dell’altra categoria politica, be’, ciò significa che si è ancora lontani dall’integrazione in noi di questi due opposti.
Ci dà forse fastidio la parola «conservazione»? Ma lo sviluppo dell’uomo consiste anche nel mantenere gli aspetti positivi del passato, e non di demonizzarli. Anche quando lavoriamo su una nostra subpersonalità, non si tratta di “gettare via il bambino insieme all’acqua sporca”, ma di innestare nel ramo vecchio dei ramoscelli nuovi, in grado di germogliare. Il ‘progresso’ non è un azzeramento del passato, ma una saggia integrazione, come ci ricorda anche l’insegnamento evangelico: “Per questo ogni scriba istruito nel regno dei cieli è simile a un padre di famiglia, che trae fuori dal suo scrigno cose nuove e antiche” (Mt 13,52).
Oppure, siamo infastiditi dal termine «uguaglianza», dal momento che sosteniamo, a ragione, che la natura non ci ha fatto tutti uguali? Tuttavia, è vero che abbiamo talenti diversissimi l’uno dall’altro, ma ciò non toglie che la società dovrebbe dare a tutti la possibilità di realizzare il suo massimo potenziale, rimovendo ogni ostacolo in proposito. Ciò non significa che tutti abbiamo diritto ad essere ingegneri o violinisti, ma che tutti abbiamo il diritto di diventare ciò che siamo.
Ugualmente, l’«ordine» è un valore, fintantoché non si diventi ossessivo-coatti. E la «gerarchia» è una legge fondamentale in natura: l’importante è selezionare i migliori, cioè coloro che onorino le loro posizioni di dirigenza. Così com’è un valore la difesa dei «diritti» di ogni minoranza, fino a quando non si affaccia la pretesa di ignorare le legittime esigenze di coloro che non la pensano come te. Per essere più chiaro, farò un esempio concreto. L’obiezione di coscienza è un principio riconosciuto e apprezzato, come ad esempio l’obiezione dei medici alla pratica dell’aborto. Tuttavia, una legge dello stato garantisce alla donna di praticare l’aborto. E un ospedale deve garantire questo servizio, distribuendo sul territorio medici abortisti e antiabortisti. Invece, avviene fin troppo spesso che in un ospedale non sia assicurato il servizio, calpestando il diritto della donna.
Altro esempio. La libertà di ognuno di inseguire la propria via verso la felicità è un principio fondamentale della Destra (giustamente sottolineato dall’individualismo stile U.S.A.), che trova il suo riscontro economico nelle idee liberali. Il problema è che se lascio libero chiunque di soddisfare senza limiti le proprie esigenze, inevitabilmente creo ingiustizia sociale, perché il più forte prevarrà sempre sul più debole. “Libera volpe in libero pollaio”, come ci ricorda argutamente Galeano.
In definitiva: sei un conservatore? hai una visione parziale. Sei un progressista? hai ugualmente una visione parziale. Una sintesi (non un compromesso!) degli opposti è sempre necessaria. Una visione psicosintetica non è mai unilaterale, perché tende ad affrontare i problemi dal Centro, cioè dall’Osservatore distaccato, che non s’identifica con nessuna delle due parti in conflitto.
Ciò – è ovvio - non significa non prendere posizione, ma solo non prendere posizione a priori. Di fronte ad una determinata concreta situazione la verità può essere dall’una o dall’altra parte: e bisogna parteggiare sempre per la verità. Tuttavia, la verità non è appannaggio, una volta per tutte, di una posizione teorica, filosofica o politica che sia. In altre parole, secondo una visione psicosintetica, non si può essere di Destra o di Sinistra, a prescindere. Ad esempio, negli ultimi anni, se amanti della verità, non si poteva essere berlusconiani, il che non vuol dire essere di sinistra. Pensiamo a Travaglio, uno dei più convinti antiberlusconiani, ma dichiaratamente di Destra.
Oggi, la contrapposizione Destra-Sinistra non ha più senso. Si sta inaugurando, invece, la stagione di un altro conflitto di opposti da integrare psicosinteticamente: istituzione e rivoluzione. Da una parte c’è la difesa istituzionale del Sistema, da proteggere ad ogni costo; dall’altra lo smantellamento radicale di questo stesso Sistema, ormai fallimentare sotto ogni punto di vista. Vedo difensori del Sistema sia a Destra che a Sinistra, così come da entrambe le parti vedo critici del Sistema. Tutto sommato, è sempre la stessa lotta tra conservazione e innovazione, ma giocata su un piano più radicale. Approfondiremo in altra occasione. Per adesso, domandiamoci quanto c’è in noi di ossequio al Sistema (quanto siamo istituzionali) e quanto siamo animati da un desiderio di trasformazione radicale dello stesso (quanto siamo rivoluzionari).
Fabio Guidi
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