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Riflessioni sulla Psicosintesi

Riflessioni sulla Psicosintesi

di Fabio Guidi     indice articoli

 

Conosci te stesso

Aprile 2010

 

Conosci te stessoIl motto della Psicosintesi è «conosci, possiedi, trasforma te stesso». Il primo passo, la conoscenza di sé, è anzitutto lo studio di sé in quanto ‘macchina’. Dire che l’uomo è una macchina equivale a riconoscere che in lui lo spazio di libertà è estremamente ridotto, perché si trova imprigionato in mille condizionamenti psichici e in altrettante reazioni meccaniche. Ogni stimolo esterno riporta in superficie uno dei suoi ‘io’, o ‘subpersonalità’, come si dice in psicosintesi.
Ciò è inevitabile fino a quando l’uomo non raggiunga una sufficiente conoscenza di sé. A tal fine, bisogna osservare se stessi con grande attenzione, registrando tutto quello che avviene in noi, qui e ora. Naturalmente, mentre osserviamo un nostro comportamento sorgono delle domande, del tipo “perché avviene questo in me?”, “quale significato ha?”, “perché non riesco a reagire in modo diverso?”, ma non dobbiamo interrompere prematuramente il processo di osservazione, intervenendo prima del tempo con tentativi d’interpretazione. Questi ultimi rappresentano gli sforzi della nostra mente per cercare di ottenere il controllo, spesso prospettando facili soluzioni. Sprecando la nostra energia in questi sforzi ci dimentichiamo di svolgere il compito principale, cioè continuare ad osservarci, sempre più attentamente. E si diventa come quelle persone – in genere intellettuali - che hanno sempre pronta una risposta logica per tutto, ma la cui conoscenza di sé rimane ad un livello del tutto superficiale.

C’è quindi la possibilità di una trasformazione di sé, ma questa trasformazione deve partire da una conoscenza accurata dei propri automatismi e dalla conseguente insoddisfazione riguardo a se stessi. Tutto ciò deve condurre alla ferma risoluzione di evitare l’espressione delle emozioni negative, una volta che ne abbiamo preso consapevole contatto, per non alimentare le energie che ci ancorano ad un livello di coscienza inferiore.
Spesso non si capisce sufficientemente che l’autenticità non consiste nell’obbedire ad un impulso solo perché si è scoperto che esiste. Assecondare questo impulso è spesso un segnale di debolezza, un’incapacità a dominarsi. Ma dal momento che non vuole confessare a se stesso la propria impotenza o il rifiuto di controllarsi, l’uomo chiama il suo atteggiamento ‘onestà’ o ‘sincerità’.
In definitiva, non ha alcun senso sapere che abbiamo questo o quel condizionamento, ma invece stabilire se rimanere, per tutta la vita, schiavi dei propri contenuti emotivi, oppure diventare una persona libera di esprimere pienamente la propria natura.

Appena possibile, pertanto, la conoscenza di sé deve essere associata ad un certo uso della volontà, a partire dalla scoperta di possedere una volontà! Molti non si rendono sufficientemente conto dell’importanza della volontà e del suo sviluppo. Una volontà comincia ad esistere solo quando una subpersonalità ha preso fermamente la prevalenza sulle altre. A questo primo livello di conoscenza di sé non si pone il problema del valore della direzione che ha preso la volontà; si tratta solo di sentire che abbiamo impresso una direzione, abbiamo preso in mano la nostra vita: che siamo una volontà.
Tutti possono disporre almeno di un piccolo patrimonio di volontà, una piccola risorsa da accrescere per il compimento dell’avventura psicosintetica. Per riconoscere quanto sia fondamentale incrementare la nostra capacità di volere, basta riflettere sulle cattive conseguenze che la debolezza della volontà ha portato e sta ancora portando nella propria vita... conseguenze negative per sé e per gli altri e che tendono a trascinarsi anche nel futuro. Nasce così la volontà di allenare la volontà.
Può essere che un individuo si trovi già spontaneamente a questo stadio, allo stadio, cioè, nel quale può contare su un certa determinazione, ma è importante comprendere che ciò costituisce solo il primo aspetto della volontà, il meno evoluto: cioè la «forza». Sono molte le persone a questo livello: un individuo può non conoscere nulla o quasi di se stesso e possedere ugualmente una volontà forte. Può succedere, allora, che un agire fondato sulla volontà forte si risolva in una pura «callistenìa», cioè in un atteggiamento mirato a conquistare sempre più attrattiva e controllo.
Nondimeno, l’allenamento per una volontà ‘forte’ ha una notevole importanza. Vi è un’ampia serie di esercizi psicosintetici tesi a svilupparla: la disciplina quotidiana, l’attività manuale-fisico-sportiva, le ‘azioni inutili’... Bisogna in ogni modo superare la pigrizia, uno dei principali ostacoli del cammino. Lo scopo di rafforzare la volontà consiste nell’arrivare alla percezione di essere padroni di sé, acquisendo un senso di energia interiore. In ciò sta il valore intrinseco della «disciplina».

Tutto questo lavoro, dall’osservazione di sé allo sviluppo di una volontà affidabile, prelude al secondo aspetto del lavoro psicosintetico: il possesso di sé. È a questo livello che appartiene un aspetto più evoluto della volontà, la «saggezza». Lo vedremo in prossimi contributi.


     Fabio Guidi

 

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