Riflessioni sul Net.Futurismo
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Introduzione alla "sonorabilità"
Di Stefano Balice
- Novembre 2011
Non è necessario perdersi in profonde introspezioni per valutare l'importanza dei nostri sensi. Piuttosto, varrebbe la pena di buttare un occhio al mercato.
Esistono mercati dei sapori ad alta qualità, mercati degli odori griffati, mercati dei tessuti più morbidi e confortevoli, ed ogni prodotto viene presentato con un certo riguardo alla nostra vista.
Eppure, non esiste nessun mercato dei suoni. Certo, abbiamo le grandi industrie discografiche, ma in che modo possono stimolare la nostra consapevolezza sonora? L'assenza di un mercato dei suoni, o meglio la sua sostituzione con un mercato della musica, è un primo grande indice della nostra atrofia uditiva.
Nel manifesto “Per una risignificazione popolare del concetto di musica” (Manifesti Net.Futuristi, Avanguardia21 Edizioni) scrivevo:
Credo sia capitato ad ognuno di noi di sorprendersi a camminare sul ritmo scandito dai nostri auricolari o dagli altoparlanti di un centro commerciale: bisogna invertire questa dinamica. Timbro, ritmo e melodia dei nostri passi sono una manifestazione di vita alla quale nessuna canzone può permettersi di mancare di rispetto.
e ancora:
Essere musicali, nel senso umano del termine, non potrà divenire una pratica costante finché a fargli da cornice sarà il ricevere musica, inteso come ricezione di materiale musicale prestabilito da altri, ma soprattutto come ricezione passiva di un concetto di “musica” imposto dall'alto.
“Musica” è una definizione del tutto arbitraria, e come tutte le definizioni arbitrarie finisce per adattarsi al significato che la maggior parte della gente le attribuisce. Questa è la base del principio di autoconservazione musicale, in cui le “mode” si succedono lentamente, e poche persone “alla moda” hanno tanti ascoltatori passivi che, nel migliore dei casi, vorrebbero imitarle.
Ma l'esplorazione della dimensione sonora non ha niente a che vedere né con le classifiche, né con le tendenze del momento. Avere padronanza del suono non vuol dire essere musicisti o accaniti consumatori di musica: potremmo definire questa competenza come “sonorabilità”.
Siamo tutti “sonorabili”, solo che ne abbiamo poca consapevolezza. Siamo immersi nei più differenti paesaggi sonori, producendo una serie infinita di rumori, comunicando con la melodia della nostra voce, eppure tutto questo ci sembra estraneo a “ciò che è musica”, così finiamo per non coltivare queste nostre potenzialità sonore.
La profonda frattura tra musica e sonorabilità porta a mettere in dubbio l'utilità della prima, che deprivata di qualsiasi collegamento con le nostre vite può servire al massimo ad intrattenerci. Coltivare la propria sonorabilità, fino a diventare musicisti del quotidiano, permette di acquisire maggior padronanza espressiva, unita ad una maggior coscienza del proprio io e dell'ambiente in cui si vive.
Per questo motivo dobbiamo essere padroni del suono. Il motivetto narcorecchiabile lo possiamo lasciare a chi vorrebbe imporcelo: esso va contro gli interessi dei nostri sensi. Le lallazioni di un bambino valgono più di mille canzonette.
Stefano Balice
http://pensieroenarmonico.blogspot.com/
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