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La principessa Rosetta
(Alla ricerca del Re dei Pavoni)
Di Madame D'Aulnoy (Marie-Catherine, baronessa d'Aulnoy)
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C'erano una volta un re e una regina che vivevano felici nella loro reggia in compagnia di due bei figlioli. A rallegrare maggiormente la loro vita si aggiunse la nascita di una bambina, così carina che non si poteva guardarla senza volerle subito bene.
La regina, ogni volta che doveva dare alla luce un figlio, invitava le Fate affinché assistessero alla sua nascita e le dicessero quale sarebbe stato il suo futuro. Così fece quando nacque la principessina che fu chiamata Rosetta. La regina offrì un sontuoso rinfresco a tutte le Fate e, quando le vide in procinto d'andar via, si fece coraggio e chiese loro:
- Non dimenticate la vostra bella consuetudine: ditemi quale sarà l'avvenire della mia bambina.
Le Fate risposero che avevano dimenticato i loro libri e che sarebbero tornate un'altra volta.
- Ah! - esclamò la Regina - questo non mi convince: voi non volete addolorarmi con una brutta profezia. Ma vi prego, voglio saper tutto, non nascondetemi nulla!
Loro si schermivano pregandola di scusarle, ma la Regina aveva ancora più voglia di sapere di che si trattava. Alla fine la fata più anziana parlò:
- Noi abbiamo paura, Maestà, che Rosetta possa causare qualche disgrazia ai fratelli. Ecco tutto quel che possiamo prevedere a proposito di questa bella bimba; ci dispiace moltissimo di non aver migliori notizie da darvi.
Se ne andarono; la Regina rimase così triste, ma così triste che il Re se ne accorse. Le chiese cosa avesse e lei gli raccontò quello che le Fate avevano predetto della piccola Rosetta. Il Re profondamente addolorato propose:
- Non vedo altra soluzione per salvare i nostri figlioli che quella di far morire la piccina finché è ancora in fasce.
Ma la Regina esclamò che mai e poi mai avrebbe permesso una simile crudeltà: bisognava provvedere diversamente.
Intanto qualcuno disse alla Regina che in un grande bosco, non lontano dalla città, viveva un vecchio eremita. La gente andava a consultarlo da ogni parte del mondo. Allora lei disse al Re:
- Devo andarci anch'io: le Fate mi preannunciarono il male, ma dimenticarono di suggerirmi il rimedio.
Un mattino ella salì di buon'ora su una carrozza insieme a due damigelle e si diresse verso il bosco dove viveva l'eremita. Il vecchio riconobbe subito la Regina, le andò incontro e le domandò:
- Maestà, che desiderate da me?
Lei gli narrò quel che le Fate avevano predetto di Rosetta e gli chiese consiglio.
- Bisogna mettere la principessa in una torre e non farla uscire mai più - suggerì il saggio indovino.
La Regina lo ringraziò e tornò subito a casa a raccontare tutto al Re che fece prontamente costruire una grande torre dove rinchiuse sua figlia. E affinché lei non si annoiasse, i due fratelli, che amavano pazzamente la sorella minore, andavano a trovarla tutti i giorni. Ella era infatti la principessa più bella e graziosa che mai si fosse veduta. Quando ebbe compiuto quindici anni, il fratello maggiore chiese al Re:
- Papà, mia sorella è ormai abbastanza grande per prendere marito. Quando festeggeremo le sue nozze?
Anche il secondo fratello diceva la stessa cosa alla Regina. Ma sia l'uno che l'altra cambiavano discorso, senza dare alcuna risposta a proposito di quel matrimonio.
Purtroppo il Re e la Regina si ammalarono gravemente e morirono in breve tempo, così il fratello maggiore salì al trono.
Il nuovo Re e suo fratello il Principe dissero fra loro: - Adesso che siamo liberi di decidere, bisogna che facciamo uscire nostra sorella dalla torre.
L'indomani di buon'ora si recarono da Rosetta e la condussero via per sempre da quella triste prigione.
Quando la fanciulla, che non aveva mai conosciuto nulla, arrivò al castello, rimase così stupefatta nel vedere il meraviglioso giardino pieno di fiori, frutti e fontane, che non riusciva neanche a parlare. Guardava da ogni parte, andava avanti e indietro. Si fermava, raccoglieva un frutto da un albero, un fiore da un'aiuola. Il suo cagnolino, Frugoletto, che era stato insieme a lei prigioniero nella torre, le correva dinanzi saltando e mugolando con mille capriole.
Tutt'a un tratto la bestiola si inoltrò per un boschetto; la principessa la seguì e mai nessuno fu più stupito di lei nel vedere un gran pavone che faceva la ruota. Le parve così bello, ma così bello ch'ella non riusciva a distoglierne lo sguardo.
Il Re e il Principe la raggiunsero e le chiesero che cosa la divertisse tanto. Lei indicò l'uccello e domandò che bestia fosse. Loro risposero che era un pavone e che talvolta veniva anche ammazzato, cucinato e mangiato.
- Come? - esclamò Rosetta - C'è chi osa ammazzare un così bell'uccello e mangiarlo? Vi dichiaro che non sposerò mai altri che il Re dei Pavoni; e quando ne sarò la regina, saprò ben io come fare a impedire che la gente ne mangi!
Il fratello maggiore, preoccupato per questa sua affermazione, le disse:
- Ma, sorella cara, come possiamo fare a trovarvi questo Re dei Pavoni?
- Fate quel che volete, Maestà, - rispose lei - ma io non sposerò mai altri che lui.
Dopo ch'ella ebbe preso questa decisione, i due fratelli la condussero al castello ove fu necessario portare anche il pavone.
Intanto il Re e il Principe pensavano a come trovare il Re dei Pavoni, nel caso ne fosse esistito uno al mondo. Decisero che bisognava far fare un ritratto alla principessa Rosetta e gliene fecero dipingere uno così bello che gli mancava solo la parola. Allora l'avvertirono:
- Noi abbiamo deciso di partire per andare a cercare il Re dei Pavoni. Viaggeremo per mare e per terra pur di arrivare a lui e rendervi felice. Voi abbiate cura del regno aspettando il nostro ritorno.
Rosetta li ringraziò commossa di tutta la pena che si davano per lei e aggiunse che avrebbe governato saggiamente.
Ed ecco i due principi in viaggio, che domandavano a tutti: - Conoscete per caso il Re dei Pavoni? - E tutti rispondevano: - Macché! - E loro si rimettevano in cammino e, cammina cammina, arrivarono lontano, ma tanto lontano, dove nessuno aveva mai messo piede.
Si ritrovarono nel regno dei maggiolini. Non ne avevano mai visti tanti e facevano un tale brusio che il Re ebbe persino paura di diventare sordo. Chiese a quello che gli sembrò il più saggio se per caso non conoscesse il Re dei Pavoni.
- Maestà, - gli rispose il maggiolino - il suo regno è a trentamila leghe da qui; voi avete preso la strada più lunga per andare da lui.
I due giovani ripresero il viaggio e finalmente, dopo tanto peregrinare, cominciarono a vedere tutti gli alberi pieni di pavoni. Ogni cosa ne era talmente invasa che si sentivano gridare e berciare a due leghe di distanza.
Il Re diceva a suo fratello:
- Se il Re dei Pavoni è un pavone anche lui, come può nostra sorella pretendere di sposarlo? Dovremmo essere pazzi per acconsentire alle nozze. E che bei discendenti! Avremmo come nipoti una nidiata di pavoncelli!
Il fratello minore non era meno angustiato di lui.
- Si tratta - convenne - d'una pazza fantasia che le è passata per la mente.
Quando giunsero alla capitale, videro che per fortuna era piena di uomini e di donne, ma essi avevano i vestiti fatti di piume di pavone. I due fratelli si avviarono verso la reggia, ma incontrarono il Re dei Pavoni che andava a passeggio in una bellissima berlina tutta d'oro e di diamanti, condotta a briglia sciolta da dodici pavoni. Era così bello, ma così bello che il Re e il Principe rimasero a bocca aperta. Aveva lunghi capelli biondi e riccioluti, il viso bianco e una corona di piume di pavone sul capo. Quando li vide capì ch'essi erano dei forestieri. Volle conoscerli, perciò fermò la carrozza e li fece chiamare.
Il Re e il Principe si fecero avanti e gli dissero: - Maestà, noi veniamo da molto lontano per mostrarvi un bel ritratto.
Tirarono fuori dalla valigia l'immagine di Rosetta. Il Re dei Pavoni la guardò attentamente e poi esclamò:
- Non mi par possibile che esista al mondo una così bella fanciulla!
- È cento volte ancora più bella - aggiunse il Re.
- Ah! Volete scherzare! - replicò il Re dei Pavoni.
- Maestà, - disse il Principe - mio fratello è il Re di una città lontana ricca e forte. Nostra sorella, di cui avete visto il ritratto, è la principessa Rosetta. Vi veniamo a chiedere se volete sposarla. È bella, è onesta e noi le daremo uno staio pieno di scudi d'oro.
- La sposerò ben volentieri - rispose il Re - Ma pretendo che sia non meno bella del suo ritratto e che, se per caso dovesse avere qualche piccolo difetto, voi pagherete con la vita.
- Va bene, siamo d'accordo - i fratelli di Rosetta accettarono.
- Ci state? - sottolineò il Re - Allora resterete in prigione, finché la principessa non sarà arrivata.
I due giovani, sicurissimi che la sorella era ancora più bella del ritratto, vi andarono senza difficoltà.
Quando furono in prigione, il Re non fece loro mancare nulla. Nel suo castello teneva il ritratto di Rosetta della quale si era così invaghito che non dormiva più né notte né giorno.
Il Re e il Principe intanto scrissero alla principessa di venire al più presto, giacché il Re dei Pavoni la stava aspettando. Non le fecero sapere che erano prigionieri per timore d'angustiarla troppo.
Nel ricevere la lettera la principessa fu lì lì per morire dalla felicità. Disse a tutti che il Re dei Pavoni era stato trovato e che lei voleva sposarlo. Subito partì, portando Con sé la nutrice, la sua sorella di latte e Frugoletto, il cagnolino.
S'imbarcarono su una bella nave. Avevano con loro lo staio di scudi d'oro e abiti sufficienti per dieci anni, facendo conto di cambiarli due volte al giorno. Non facevano che ridere e cantare.
La nutrice però chiedeva al timoniere: - Ci avviciniamo, che ne dite, ci avviciniamo al regno dei Pavoni? - Lui rispondeva: - Oh no, ancora no! - Passato un po' di tempo lei chiedeva di nuovo: - Ci avviciniamo, che ne dite, ci avviciniamo? - E lui diceva: - Fra poco, fra poco - E un'altra volta lei chiedeva: - Ci avviciniamo, che ne dite, ci avviciniamo? - E lui rispose: - Sì, oh sì! - Allora la nutrice si sedette a prua della nave accanto a lui e gli disse: - Se vuoi, tu puoi diventare molto ricco. - Lui rispose: - Altroché se lo voglio! - Lei continuò: - Se vuoi guadagnare un sacco di scudi... - Lui l'interruppe: - Non domando di meglio! ... ebbene, - continuò lei - bisogna che stanotte, quando la principessa sarà addormentata, tu mi aiuti a buttarla in mare. Quando sarà andata a fondo, io vestirò mia figlia coi suoi abiti e la porteremo al Re dei Pavoni, che sarà ben felice di sposarla. Dopo ti riempirò di diamanti fino al collo. Il timoniere fu molto stupito delle proposte della donna. Le disse ch'era un peccato far morire una così bella figliola, lui non aveva cuore di farlo! Ma lei prese una bottiglia di buon vino e tanto lo fece bere ch'egli non seppe rifiutare.
Scesa la notte, la principessa andò a dormire alla solita ora mentre Frugoletto si acciambellò ai suoi piedi.
Rosetta dormiva profondamente, quando l'infida nutrice andò a chiamare il timoniere. Entrarono nella cabina della principessa, poi la presero con tutto il suo materasso, la trapunta, le lenzuola e le coperte e gettarono tutto il fagotto nel mare. La principessa neppure si svegliò!
Ma, per un caso fortunato, quel materasso era fatto di piume di fenice, uccello molto raro, le quali, se buttate nell'acqua, hanno la proprietà di non andare mai a fondo. Così Rosetta galleggiava nel proprio letto come se fosse stata in una barca. L'acqua bagnò a poco a poco il materasso, poi le lenzuola; la fanciulla, avvertendo uno strano disagio, cominciò a voltarsi da una parte e dall'altra. Frugoletto si svegliò e si mise a guaire.
La perfida nutrice e il timoniere lo sentivano da lontano e dicevano: - Quel diavolo d'un cane sta bevendo alla nostra salute insieme alla sua padroncina! Ma adesso sbrighiamoci ad arrivare!
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