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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

Quando il cervello immagina

Maggio 2021


È uscito l’ultimo Libro della collana T’inSEGNO dell’editore FABBRICA DEI SEGNI: Quando il cervello immagina. Le due dimensioni della mente di Luciano Peccarisi e prefazione di Alessandro Salvini.

Una prefazione scintillante per un libro dalla ricchezza rara. La miglior panoramica sulla mente creativa che abbia avuto occasione di leggere!
Marco Vinicio Masoni (Psicologo e psicoterapeuta, è direttore del «Centro Formazione & Studio» Milano e docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia Interattivo-Cognitiva di Padova e la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva Costruttivista di Mestre – Venezia)

Quando il cervello immaginaUn volume unico di divulgazione scientifica che utilizza la comunicazione multidisciplinare in un dialogo che si svolge immaginando le bacheche di Facebook.
Raccontare questi argomenti con stile narrativo, mantenendo intatto l’aggiornamento dei dati scientifici più recenti, sia neurologici sia psicologici sia psichiatrici, suffragati dai riferimenti e dalla bibliografia è l’obiettivo di questo volume, che nasce per favorire l’incontro tra discipline diverse, umanistiche e scientifiche che hanno avuto sempre difficoltà a dialogare fra loro. Il racconto, la storiella, il mito e la novella si fanno tramite e chiave per accedere ad argomenti e tematiche che riguardano il nostro cervello, le origini, la coscienza, i sogni, la memoria, la fantasia, l’identità e la neurologia vera e propria.
Pur rimanendo nell’ambito del rigore scientifico è scritto nel modo più semplice possibile.

 

Un assaggio dal Capitolo 13


Arte

Alcune cose sono belle

per quel che sono.
In quel preciso momento.
Che durino minuti,
ore, giorni o mesi,
non importa.
Non sono belle per quello
che potrebbero diventare.
Per il luogo da cui arrivano.
Sono belle lì, in quel momento
perché sono così.
Sospese.
Appena sfiorate.
Jorge Luis Borges

 

Post del professor Gallone


Il cervello che indugia

Il cervello animale naturale produce immagini del mondo senza aggiungere molto di suo, il cervello umano invece usa l’assemblaggio e l’invenzione di nuove scene, anche non esistenti in natura, per scavalcare i sensi e affacciarsi fuori dal mondo. Vuole andare a vedere perfino come sono nati i primi istanti del Big Bang, all’origine dell’universo. I pensieri e i comportamenti umani sono i meno rigidi e stereotipati tra quelli di tutti gli organismi viventi. Si sono espanse le aree di associazione del cervello, aree che servono a confrontare, aggiungere, togliere, ricordare, rimaneggiare, creare. Le antiche zone centrali, e in particolare i nuclei della base e il cervelletto, rimangono strettamente legate a funzioni automatiche, ma anche alla produzione di stimoli valutativi, emotivi, sequenze motorie e percettive, motivazionali, mnemoniche; inviano un chiacchiericcio indistinto, oggetto di riflessione e selezione della corteccia. Vi sono connessioni importanti per capire la creatività tra le aree della visione e il sistema limbico delle emozioni. Nell’animale non umano questo intreccio e interazione è strumento di innovazione delle capacità cognitive tramite la curiosità, l’esplorazione e il gioco. Avviene la stessa cosa nell’essere umano, ma qui interviene la mente doppia in cui vie è una distanza, un’intercapedine, un intervallo, uno spazio d’incubazione, di riflessione e d’immaginazione.
Il sistema spaziale nel cervello umano si trova in due parti: nell’ippocampo e nella corteccia entorinale. Quest’ultima possiede le cosiddette cellule griglie che forniscono una sorta di mappa generale di dove ci troviamo, mentre l’ippocampo è correlato di memoria, registra e ricorda ogni ambiente frequentato. Dal punto di vista evolutivo calcolare la posizione è indispensabile per la sopravvivenza. Se non sai dove ti trovi, sarai mangiato, oppure non troverai un partner, perciò è così fortemente strutturato nel nostro cervello.
Il cervello immaginante ha in sé un nuovo spazio, molto più esteso. L’arte si è evoluta in questo spazio magico, tra l’essere carne animale e l’essere mente virtuale. Qui può scoccare la fiammella dell’intuito, dell’ispirazione o dell’illuminazione, da cui intelligenza e scienza possono far nascere l’opera creativa. Sembra apparire dal nulla e andare verso il nulla, oltrepassare il visibile, quando il tempo la fa schioccare, e trapassare nell’invisibile.
La mente animale è sempre in diretta, la nostra può essere in differita, ha tempo a disposizione. È l’indugiare della mente, l’arma della creatività. «Mi porto dietro un’idea per lungo tempo, spesso per tempi molto lunghi prima di trascriverla su un foglio… l’idea di base non mi abbandona mai. Prende corpo, cresce: posso udire e vedere l’immagine di fronte a me, da ogni angolo» disse Ludwig van Beethoven.

Mariana la sognatrice L’arte è immaginazione applicata. Mira ad afferrare il non percepito, il soprasensibile, il non presente, il non reale, il senza tempo. Perché il presente e il reale lo afferrano i sensi. È sorprendente il fatto che l’arte sia insensata e superflua ma, fin dall’inizio dell’esperienza umana, sia presente dappertutto. Riesce a far uscire, sia pur temporaneamente, la mente dal cervello e a farla entrare in un’altra realtà, liberandosi dai vincoli imposti. È capace di cogliere o intuire pezzi di aldilà, sospendere la continuità e guardare con altri occhi. Deriva forse dal gioco animale. Dal bimbo che gioca con le cose vien fuori l’artista che gioca con le idee. Prima ancora di inventare la scrittura, battere moneta e organizzarsi in società, l’uomo giocava con i racconti. Poiché è in grado di guardare al futuro e inventare, prevede e s’interessa di tutto, perfino del non esistente, del lontano, lontanissimo. È una percezione perturbante che attira e spaventa, è estraniante, ci rende appunto estranei al qui e ora. Intravediamo, come intuizioni che saltano i sensi corporei, scene di un altro mondo, e cerchiamo di catturar­lo, fotografarlo, fissarlo in un quadro, in una scultura, in musica o in una frase letteraria. Sono brevi scene, guizzi, barlumi, riflessi, cartoline, flash non filtrati dal corpo, arrivano ai sensi da un’altra parte, dal mondo dell’arte, senza materia e senza stagioni.
«L’arte è esperienza necessaria ad aprire lo spirito, a scoprire orizzonti diversi, a conquistare una migliore percezione del mondo» dice un grande collezionista, Françoise Pinault.

Nella Sudamerica Hai ragione Mariana, con l’arte facciamo incursioni oltre le possibilità mondane, vogliamo andare a vedere. Perciò ascoltiamo musica, leggiamo libri, sogniamo, ricerchiamo nei laboratori. Il cervello cerca nell’arte una pausa di tempo, uno sguardo che per un attimo si fermi su una tela, un marmo, un foglio di carta, la scena di un film, un suono o un canto. Ricordare significa rievocare immagini che abbiamo dentro di noi. L’arte fissa le immagini, la pittura, la scultura, la fotografia, la poesia, il romanzo, la musica evocano di per sé la morte, poiché sono immagini passate. Ogni rappresentazione è vecchia, anche pochi secondi da quando è stata realizzata. C’è stata, è stata vissuta, ha avuto una sua vita, uno svolgimento nel tempo, ora non esiste più. Quel volto, quella scena, quella storia, quel paesaggio è stato, è dove adesso io lo contemplo. Quello sguardo, lo vedo, quella musica l’ascolto, ma non esistono più, sono solo un’illusione di realtà, ottimizzata, senza tempo. Proprio per questo l’arte coglie quella scintilla che l’occhio non riesce mai ad afferrare; ci fa sentire il senso del tempo, la perdita, la nostalgia, e la fine.
L’immagine artistica è morta, ma si trova in un altro spazio, da cui può rinascere ogni volta che qualcuno la contempla, dialoga con essa, ne entra in rapporto e si ravviva. Le opere artistiche vere hanno una vita oltre il momento in cui sono state concepite, sono lontane e vicine, spariscono e ricompaiono, sopravvivono alla realtà che avanza, sono fantasmi che ritornano.

El Greco Uno dei primi atti dell’uomo cosciente fu abbellirsi. Forse perché la bellezza è un sentimento come la sensazione di esistenza, è una trasformazione della sensibilità animale. Téchne, dicevano gli antichi greci per indicare l’artigianato creativo, ottimo per perizia e abilità. Il prodotto artigianale, però, non è automaticamente bello. La bellezza la proviamo davanti alla vera arte, senza riuscire a darne una spiegazione. «Io non so cosa sia la poesia, ma la riconosco quando la sento», scriveva il poeta inglese Alfred E. Housman. Le prime forme di arte rupestre non servivano a nulla in un mondo pericoloso come quello, eppure narravano un sentimento. I primi uomini scendevano nelle caverne con le torce per incidere la differenza tra l’umano e il resto del mondo. La bellezza, quindi, come primo atto dell’essere umano uscito dalla condizione animale, di sensibilità e di guerra.
«La bellezza salverà il mondo» è la famosa frase di Dostoevskij nell’Idiota, ma chi la pronunciò finì male.


Luciano Peccarisi


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