Riflessioni sulla Mente
di Luciano Peccarisi - indice articoli
Percezioni e illusioni
settembre 2012
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L'illusione del risveglio
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Illusioni visive
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L'illusione dei colori
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La proprietà del corpo
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La percezione del tempo
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L'illusione di autonomia
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La percezione del sé corporeo
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Illusione del mondo
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L'illusione dell'io
"Com'è difficile che un lettore legga completamente le singole parole (o addirittura le sillabe) di una pagina; su venti parole egli ne prende piuttosto a caso cinque e 'indovina' il senso che presumibilmente si può attribuire loro. Così è altrettanto difficile vedere con esattezza e completamente un albero, le sue foglie, i rami, il colore, la forma; ci riesce molto più facile fantasticare un'immagine approssimativa di albero... Anche durante la più strana esperienza agiamo nello stesso modo: ci immaginiamo la maggior parte delle esperienze ...si è molto più artisti di quanto non si creda” (F. Nietzsche, Al di là del bene e del male, Newton saggi, 1977, p. 115)
L'illusione del risveglio
I sogni sono allucinazioni comuni, sebbene rapidamente dimenticate; altre allucinazioni avvengono durante l'addormentamento e il risveglio, rispettivamente 'ipnagogiche' e 'ipnopompiche'. Ogni tanto, per fortuna abbastanza raramente, avviene di svegliarsi, per così dire, 'prima del corpo'. Si è fermi, immobili come paralizzati e si cerca aiuto disperatamente. L'impulso a chiamare si trasforma nell'angoscia dell'impossibilità di farlo. Dalla gola esce solo un cupo, rauco e grottesco grugnito che spesso fa prendere un colpo al partner che, se presente, ci sveglia preoccupato. Altrimenti ci svegliamo da soli, ringraziando Dio che la situazione si sia finalmente sbloccata. Alcuni hanno ipotizzato una reale non sincronizzazione biologica, come uno stato di 'folle' di un auto, che ci fa rimanere incantati in una specie di 'terra di nessuno'.
Illusioni visive
Le immagini ricevute dall'occhio destro e dall'occhio sinistro sono leggermente diverse; anche se poi sono fuse in modo automatico e inconsapevole dal cervello. Questa disparità tra immagini retiniche è essenziale ai fini della misteriosa capacità di generare una sensazione di profondità. A volte tenendo un occhio chiuso non si notano grandi cambiamenti, ma se questa situazione persistesse la situazione cambierebbe di molto. Il mondo non apparirebbe così, con quella spaziosità e profondità ma piatto come un foglio di quaderno. Se potessimo comprendere appieno come funziona la visione stereoscopica, coglieremmo qualcosa sulla natura della consapevolezza visiva, e della coscienza stessa. Come riferì Paul Romano, un oculista a cui una emorragia oculare gli aveva fatto perdere la vista ad un occhio, “vedo gli oggetti, ma spesso non li riconosco: ho perso la mia memoria di localizzazione fisica...Il mio studio è una baraonda...Adesso che sono confinato in un mondo bidimensionale, non so più dove si trovano le cose” (O. Sacks, L'occhio della mente, Bibl. Adelphi, Milano, p.127)
L'illusione dei colori
Può sembrare che il colore sia lì fuori ma non è così. Il colore del mondo fisico consiste di radiazioni elettromagnetiche di varia lunghezza d'onda, che rimbalzano su superfici che riflettono e assorbono. Non c'è il 'verde' che vediamo noi. Se non è fuori, è allora dentro il nostro corpo? Ma il cervello è una massa gelatinosa e nemmemo qui ci sono colori rossi, verdi, gialli o blu. Dove mai possono essere allora? La nostra presa percettiva sul mondo è scarsa, forse a questo non abbiamo mai pensato. Siamo vittime di un'illusione ma dato che è di tutti nessuno se n'accorge. I colori, i suoni, gli odori e le sensazioni sono forgiate da pressioni selettive. Noi e i pipistrelli, ad esempio, le abbiamo forgiate in modi diversi. Che ragioni vi sono per dare la preferenza o evitare, determinati odori, suoni o colori, o il motivo per cui ci calma quel suono o ci infastidisce quell'odore? Non sono le ragioni di oggi ma quelle di antenati lontani che lasciano le loro tracce fossili nelle nostre predisposizioni incorporate. In principio i colori erano fatti per essere visti da quelli che erano fatti per vederli. Le mele rosse sono più visibili ed è importante (dal punto di vista delle mele) per i 'mangiatori e sparpagliatori di semi'; è una condizione della loro esistenza, e le interazioni naturali hanno fatto sì che i fotopigmenti sono stati imbrigliati nelle cellule dei coni negli occhi degli animali fruttiferi.
Gli uccelli, i pesci, i rettili e gli insetti hanno sicuramente una visione cromatica, più o meno come il nostro sistema "tricromatico" (rosso-verde-blu); cani e gatti però non ce l'hanno. Tra i mammiferi, solo i primati hanno una visione cromatica e tra loro ci sono sorprendenti differenze. All'inizio vi erano solo proprietà riflettenti e occhi, poi Madre Natura (l'evoluzione), partendo da questi materiali grezzi ha sviluppato coppie efficienti e mutuamente adattate di sistemi di visione di proprietà che noi chiamiamo 'colori'. Non ci sarebbe sarebbe alcuna ragione per entrambi di esistere, di essere creati in assenza dell'altro. I colori e la visione cromatica sono stati fatti l'uno per l'altro.
La proprietà del corpo
Noi siamo persone e soggetti che pensano ma non ci viene da pensare di essere anche case e dimore per altri. Ciò rappresentarebbe, probabilmente, un'offesa all'amor proprio. Ci sentiremmo oggetti come gli alberi e le rocce; per loro è naturale ospitare nidi, ripari e nascondigli. E poi c'è il nostro beneamato io. Che fine farebbe se il suo corpo fosse degradato a terreno di conquista? Quindi non più persona ma teatro di imprese, non più agente ma agito, non più centro ma periferia del mondo. Un luogo privo di "io" perde di prestigio; diventa quasi una cose tra le altre cose. Noi possediamo nome e cognome e agiamo come un agente autonomo. Ciascuno di noi ha un suo destino e un 'un senso' della vita particolare e unico. Non può perciò ridursi a stazione, a posto di transito di altri esseri. Tuttavia all'interno del mio corpo ci sono parecchi intrusi. I batteri e gli acari, ad esempio, che vivono costantemente nelle basi fortificate delle rugosità della pelle. Per non dire delle unghie e dei capelli. I parassiti della flora e della fauna intestinale sono tutti qui a a reclamare i propri diritti, e a noi indispensabili per vivere, tanto quanto gli anticorpi per difenderci. I nostri microbi sono parti di noi, ci siamo evoluti insieme e ci scambiamo favori. Gli scienziati lo chiamano 'microbioma' e noi da 'individui' ci dovremmo chiamare invece 'ecosistemi'. Vi sono col nostro io, altri 100 triglioni di compagni di viaggio. I mitocondri poi pare siano discendenti dei batteri con i quali all'inizio abbiamo condiviso le forze, circa due miliardi di anni fa. Altri intrusi sono parassiti tollerati e solo ogni tanto bisognerà combattere pure contro di essi come l'escherichia coli o l'helicobacter pilory. Il principio biologico fondamentale di distinzione tra sé e il mondo, interno ed esterno, pare vacillare. Forse la sensazione di proprietà del corpo è un'illusione.
La percezione del tempo
La nostra esperienza presente benché sembri un 'intero', include almeno due tempi distinti. Non è vissuta solo come una porzione di tempo istantaneo, ma come un tempo più lungo, 'disteso' che contiene entrambi gli elementi dell'ora e del non-ora, in una rappresentazione unificata ed immediata, che comprende il passato e s'affaccia al futuro. Supponiamo che gli esseri umani attraversino la loro vita come su di un aereo in volo e nella loro cabina si svolge il movimento e la loro vita, amori, litigi, affari. Ebbene in tal caso il 'presente' non sarebbe il presente di cui parlano i fisici ma solo una particolare forma di percezione del presente: la nostra. Sarebbe il 'presente soggettivo' della nostra esperienza concreta. La matematica e la fisica hanno bisogno di un altro 'presente'', rigorosamente inteso come un'astrazione con una durata infinitamente piccola in cui non succede nulla. Al contrario, il 'presente soggettivo' è il veicolo, il contenitore della nostra vita cosciente: tutto quello che ci succede, ci succede lì. Il tempo, come lo immaginiamo noi, forse, non esiste. Ma non abbiamo sviluppato altri modi di percezione del tempo.
L'illusione di autonomia
Friedrich Nietzsche è stato uno dei primi a enfatizzare la dimensione fondamentalmente sociale della coscienza, anche se raramente gli viene riconosciuto: “Coscienza è propriamente soltanto una rete di collegamento tra uomo e uomo, solo in quanto tale è costretta a svilupparsi: l'uomo solitario, l'uomo bestia da preda non ne avrebbe avuto bisogno” (La gaia scienza). Ogni azione umana è situata in un contesto dalle molteplici dimensioni: spaziale (il luogo in cui ci si trova), temporale (il fluire del tempo) e sociale (le relazioni pubbliche). Il contesto sociale condiziona la nostra conoscenza che si forma nel tempo attraverso le azioni e le interazioni. Una comunità condivide in primo luogo il linguaggio. In un contesto sociale impariamo a considerare una porzione di spazio come la nostra dimora, e viviamo con gli altri una storia comune. Ma una persona non vive una sola storia ma storie diverse, con persone diverse, luoghi diversi, tempi diversi. Le storie quindi creano ed hanno contesti diversi, hanno confini mobili, cambiano col passare del tempo. Si sovrappongono le une con le altre, non hanno gli stessi confini per le diverse persone che vi partecipano. Ma che cosa è la storia di cui si sta occupando, quali sono i suoi confini, come essa è distinta dalle altre cose che la impegnano in quel momento, lo sa solo la persona stessa, ammesso che lo sappia davvero. E dove si trova l'io? “E dov'è la cosa a cui si riferisce la tua auto-rappresentazione? E' ovunque tu sia. E cos'è questa cosa? E' nulla di più, e nulla di meno, che il tuo centro di gravità narrativa” (Daniel C. Dennett, Coscienza, Laterza , 2009, p. 477)
La percezione del sé corporeo
E' possibile avere esperienza di un sé corporeo e al tempo stesso la sua illusione. Con l'ausilio della realtà virtuale, creata attraverso caschi e lenti partcolari, i soggetti della sperimentazione vedevano le loro spalle. "Quando feci da soggetto a questo esperimento mi sentii come trasportato in una versione 3D de 'La reproduction interdite' di Magritte. Mi vidi all'improvviso di spalle davanti a me". (T. Metzinger, Il tunnel dell'io, Cortina, 2010, p. 113). Così il neuroscienziato prova a descrivere la sua esperienza, “provai una sensazione imbarazzante: mi sentii attratto dalla versione virtuale del mio corpo di fronte a me e cercai di 'infilarmici' dentro". Ci rappresentiamo come corpi occupanti un certo spazio. E nello stesso tempo il punto di vista da cui osserviamo è privo di localizzazione. Noi siamo malamente dietro gli occhi, come una persona in miniatura stesse guardando fuori, come si guarda da un balcone. Nonostante l'origine di noi è posta all'interno del volume del corpo organico percepito, gli esperimenti condotti mostrano che il sè osservante e il sè corporeo possono essere separati. Il fondamentale senso di se stessi si è collocato, in qualche modo e senso, nella rappresentazione del corpo. I mistici di ogni cultura e di ogni tempo hanno raccontato di profonde esperienze spirituali in cui non era presente alcun "sè", e alcuni di loro hanno smesso di utilizzare il pronome "io".
Illusione del mondo
“Se le porte della percezione si sgombrassero, tutto apparirebbe all'uomo com'è: infinito” disse William Blake. Fino a quando le porte della percezione funzionano così, come la selezione e l'evoluzione le ha forgiate, vedremo esclusivamente il mondo che vediamo. La pelle, attraverso l'analisi di vibrazioni meccaniche e tramite i recettori di superficie, fornisce un certo grado di consistenza delle cose. L'incudine e il martello, e gli altri elementi dell'apparato uditivo, ci offrono una porzione di suoni, tra gli infrasuoni e gli ultrasuoni. Un determinato spettro di onde elettromagnetiche, vengono trasformate dagli occhi in colori. Con l'olfatto discerniamo circa diecimila odori. Il gusto ci permette di distinguere cinque e o sei gradazioni: dolce, amaro, salato, aspro o acido, saporito o umami, e grasso. I pipistrelli, i delfini e i capodogli invece, ad esempio, si orientano per ecolocazione, sfruttando gli ultrasuoni. Squali, anguille e ornitorinchi, l'elettrolocalizzazione; le api, i piccioni e i salmoni la magnetolocazione; alcuni serpenti l'infrarosso; il narvalo la salinità, ecc. ecc. Ognuno è convinto che quello è il vero mondo.
L'illusione dell'io
Forse l'io è un sovrano senza popolo, un Re senza regno, uno scarno riassunto di molteplici forze antiche e recenti, frutto di genetica e influssi esterni, di neuroni ed ormoni, e perfino di atomi ed elettroni. Ci diamo il nome “io”, ma non sappiamo cosa rappresenta. Cosa si nasconde sotto questo velo trasparente e opaco, sincero e finto, se non un mondo cangiante di idee, emozioni, pensieri e desideri. Ci serve tuttavia per unire ciascun atto della mente, connetterli tutti e dargli un senso, una linea continua e non spezzata. Gli animali non ne hanno bisogno, vivono senza senso e senza io, senza un progetto di vita, possono ripetere sempre le stesse cose, in una infinita serie di 'attimi fuggenti'. Il senso lo trovano nel corso dell'esistenza, dell'ora, del giorno, dell'anno. All'uomo non basta un 'senso limitato', non può fare a meno di un senso 'ultimo e assoluto'. Lo cerca nei pezzi di vita dotati di senso, poi una volta raggiunto, quel 'senso' si esaurisce e bisogna sostituirlo con un altro. Un altro lavoro, un altro amore, un altro progetto. Questi sensi 'singoli' sostengono la vita, il giorno, il tempo, e noi cerchiamo di unirli, per quanto spesso diversi e contradditori. Continueremo perciò a chiamarci “io”.
Luciano Peccarisi
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