La luce delle stelle morte

Aperto da doxa, 28 Dicembre 2022, 17:41:19 PM

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doxa

Massimo Recalcati, psicoanalista,  ha pubblicato recentemente un suo saggio titolato "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia", edito da Feltrinelli.

La prima parte del titolo mi ha incuriosito, perciò prima di argomentare su questo libro, reputo opportuno un ripasso "ad alta voce" di alcune nozioni di astrofisica.

Guardando il cielo nelle notti  senza nubi, vediamo  le stelle che brillano di propria luce visibile. Quella luce è suscitata dalla fusione nucleare nel proprio nucleo che  genera energia e viene irradiata nello spazio come  luminosità,  ma ci arriva dal passato. Infatti, se un astro è a mille anni luce, la sua radiazione elettromagnetica, che viaggia alla velocità di 300 mila km al secondo, noi la vediamo com'era mille anni fa.

Tanto più una stella è lontana da noi, tanto  più indietro nel passato fu emessa la luce che vediamo.

Quella luce proviene anche da  stelle che sono morte da migliaia di anni, ma continuiamo a vederla anche se esse non ci sono più.


Galassia della "Via Lattea", formata circa 13 miliardi di anni fa. E'  costituita  da  quasi 300 miliardi di stelle e  da ammassi di nebulose. E' soltanto una delle molte galassie – oltre cento miliardi – che popolano l'Universo. 

La Via Lattea, visibile di notte come una striscia biancastra,  è la galassia che ospita in periferia il nostro sistema solare. 


galassia a spirale, denominata "M 101".

Il Sole è la stella più vicina alla Terra. La sua "luce" impiega  circa otto minuti per raggiungere il nostro pianeta.

La distanza Terra – Sole varia da un minimo di circa 147,1 milioni di km a un massimo di circa 152,1 milioni di km.

La distanza media Terra – Sole è di 149,6  milioni  di km.

La minima e la massima distanza sono determinate dal movimento di rivoluzione che compie la Terra intorno al Sole descrivendo un'orbita ellittica.

Ma cos'è una stella ? In breve,  è un'enorme palla di plasma, gas  bollente, e altri materiali.

Le stelle fondono l'idrogeno del proprio nucleo in elio a temperatura e pressione elevate; le stelle trascorrono in questa fase circa il 90% della propria esistenza.



La sequenza principale termina  quando l'idrogeno, contenuto nel nucleo della stella viene completamente convertito in elio dalla fusione nucleare. 

Le stelle più sono lontane da noi, più vediamo fievole la loro luce.

Le radioonde attraversano con facilità il pulviscolo e  permettono ai radioastronomi di elaborare una mappa della Via Lattea anche per le zone da cui non proviene luce.

Segue

doxa

 
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Come già detto nel precedente post, gli astrofisici spiegano che la luce stellare arriva a noi con molti anni di ritardo, forse milioni di anni, anche da una stella già morta, scomparsa nel buio dell'universo. In tal caso guardiamo nel cielo notturno una presenza che è assenza, o un'assenza che è presente, come avviene  quando si è coinvolti dal sentimento della nostalgia per un passato che  non è più tra noi, ma anziché diventare oggetto di rimpianto regressivo ci illumina, pur nella sua assenza, ci raggiunge come una visitazione inattesa. E la nostalgia per ciò che non c'è più diventa viatico per il futuro.
 
Massimo Recalcati nel suo ultimo libro "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia" evidenzia il rapporto della vita con l'esperienza traumatica della perdita di una persona ( ma anche un animale o una cosa) che dava significato alla propria vita.
 
Cosa  ci accade quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca?
 
La vita di ognuno è  segnata dalle perdite, non solo le morti delle persone care, ma anche da altri eventi: la separazione, l'abbandono, il tradimento, la perdita di ideali che si sono rivelati fallimentari. Ogni esperienza di sconfitta o di perdita, fa vacillare il significato del proprio  mondo.
 
Quale   reazione emotiva ed elaborazione psicologica del lutto ci attende per ritornare a vivere?
Secondo Recalcati si reagisce al lutto con due diverse modalità nostalgiche.
La  prima modalità è la nostalgia-rimpianto, che  cronicizza il lutto,  idealizza la perdita, inchioda al ricordo:  "può essere un amore,  può essere una persona cara scomparsa, può essere anche la nostra stessa giovinezza o la vigoria del nostro corpo che negli anni non è più la stessa".
Sono ricordi indelebili, parole indimenticabili, profumi inconfondibili, tempi di gioia e di dolore, ma anche gesti quotidiani che restano scolpiti nella nostra memoria.
Questo tipo di atteggiamento nostalgico induce a pensare al passato ma blocca  il divenire.  "Il passato diventa una calamita che ci sequestra, che ci trattiene, e allora viene meno l'orizzonte dell'avvenire. La nostra vita è tutta all'indietro".
Il  lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini  con il ricordo a ciò che abbiamo perduto senza però farci  sopraffare dal dolore, ma devono  diventare risorsa  per avere la volontà di ricominciare.
 
La seconda modalità è la nostalgia-gratitudine:  necessita di tempo e  dolore per la lenta separazione dall'oggetto perduto,  che non è mai completa. Portiamo sempre con noi i nostri innumerevoli morti per  quello che ci hanno dato:  gli insegnamenti, le parole e i gesti che ci hanno lasciato.
 Questa forma di nostalgia somiglia al fenomeno astrofisico della stella morta, ma la sua luce ci raggiunge dal passato.  Metaforicamente quella luce può essere il ricordo del primo bacio adolescenziale, il gesto di un insegnante, l'abbraccio della madre. Sono piccoli dettagli che abitano nella nostra memoria, non sono necessariamente grandi lezioni, e riescono ugualmente ad illuminare il nostro cammino durante la vita.

atomista non pentito

Molto bello il paragone. Mi hai stimolato a leggere il libro.
Grazie

bobmax

Apprezzo Recalcati, credo nelle sue buone intenzioni. Tuttavia ritengo che le sue analisi siano superficiali.
Così come spesso accade agli psicoanalisti, quando non fanno un ulteriore passo metafisico.

Lo psicoanalista ha infatti sostituito il prete, proponendo anch'egli dei rimedi. Più moderni, razionali, scientifici, ma comunque sempre dei rimedi alla sofferenza spirituale.

Così facendo si riesce magari a placare l'angoscia, ma tramite un rimedio, senza risolvere il cuore del problema.
Si lenisce la sofferenza, ma si perde pure l'occasione metafisica.

Perché il lutto chiama in causa me stesso!
Chiede a me, proprio a me, di affrontare la questione, di darvi un senso.

E la domanda di senso non si risolve semplicemente andando avanti nella vita, ringraziando per ciò che si è avuto.

Perché è domanda di Verità!

Chi, cosa amavo?
E chi, cosa sono io?

La morte chiede l'impossibile, chiede di Essere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Kobayashi

Ma si potrebbe dire anche l'opposto, ovvero che proprio per il fatto che la psicoanalisi si occupa del falso (sogno, lapsus, transfert etc.) e non della verità, può proporsi come terapia mondana efficace e ricca di potenzialità concrete, non sclerotizzata dalla questione della verità (che tiene in considerazione solo nel confronto epistemologico, non nella prassi analitica), mentre la spiritualità basata su qualche principio preso come assolutamente indiscutibile (il salto metafisico) finisce per cadere nella tentazione di fare teologia, di farsi assorbire dal voler dimostrare la propria verità.

Stando al gioco di Recalcati devo dire che mi sembra esserci una terza tendenza nei confronti del passato, oltre alla nostalgia-rimpianto e alla nostalgia-gratitudine. È la negazione-ripugnanza. Ripugnanza per come sono andate le cose, anche quando le cose sono andate bene, perché a ben guardare tutto è parzialmente mal fatto, stupido, approssimativo, prodotto di desideri sciocchi e di desideri profondi mischiati insieme indissolubilmente. Si guarda l'uomo e si vede la creatura del dottor Frankenstein, qualcosa di assemblato malamente. Come può rapportarsi al proprio passato la creatura del dottor Frankenstein?

bobmax

Citazione di: Kobayashi il 31 Dicembre 2022, 11:32:03 AMMa si potrebbe dire anche l'opposto, ovvero che proprio per il fatto che la psicoanalisi si occupa del falso (sogno, lapsus, transfert etc.) e non della verità, può proporsi come terapia mondana efficace e ricca di potenzialità concrete, non sclerotizzata dalla questione della verità (che tiene in considerazione solo nel confronto epistemologico, non nella prassi analitica), mentre la spiritualità basata su qualche principio preso come assolutamente indiscutibile (il salto metafisico) finisce per cadere nella tentazione di fare teologia, di farsi assorbire dal voler dimostrare la propria verità.

Stando al gioco di Recalcati devo dire che mi sembra esserci una terza tendenza nei confronti del passato, oltre alla nostalgia-rimpianto e alla nostalgia-gratitudine. È la negazione-ripugnanza. Ripugnanza per come sono andate le cose, anche quando le cose sono andate bene, perché a ben guardare tutto è parzialmente mal fatto, stupido, approssimativo, prodotto di desideri sciocchi e di desideri profondi mischiati insieme indissolubilmente. Si guarda l'uomo e si vede la creatura del dottor Frankenstein, qualcosa di assemblato malamente. Come può rapportarsi al proprio passato la creatura del dottor Frankenstein?

Ma l'autentica spiritualità non si basa su alcun principio.
Non vi è nessuna regola, nessun concetto, che fondino la spiritualità.

Perché più cerchi il Vero e più ti ritrovi solo, senza nulla a cui aggrapparti. Se non, appunto, il Nulla.

La depressione, per esempio, è male dell'anima.
Un male che si può cercare di mettere sotto il tappeto. Magari con farmaci, con psicoanalisi, ma deviando così dall'affrontare la causa limitandosi a correggere il sintomo.

A volte è la sola possibile soluzione.
Ma così si perde pure l'occasione.
Perché l'anima non è la psiche.

La constatazione della generale imperfezione, il ritrovarmi ad essere io stesso Frankenstein... mi scuote.
E più desidero invece la perfezione e più mi condanno all'inferno.

Il Principio nasce da me. E nascendo, mi annichilisce.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Pio

Penso che si può cercare la verità senza alcun desiderio di POSSEDERLA. In ciò aiuta la consapevolezza della propria FINITUDINE  di essere limitato. Che non vuol dire relativo ma compiuto nei propri LIMITI. Se conosco i miei limiti capisco che non posso POSSEDERE una cosa che mi sovrasta, ma posso camminare su di essa, come non posso far stare una montagna in me, ma posso salire su qualche suo sentiero.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

doxa

#7
Se non siamo celebri personaggi, autori di cose significative per l'umanità, cosa resterà di noi, del nostro passaggio temporaneo sulla Terra ?

E' forse importante saperlo ?

Il tempo della memoria e del ricordo è sottratto alle determinazioni spazio-temporali, si dilata in una sospensione incantata.

Cosa tratteniamo in noi di coloro che ci hanno lasciati? Cosa ricordiamo di quella presenza che è ormai divenuta assente?

C'è un libro titolato "Lei mi parla ancora", lo scrisse Giuseppe Sgarbi (padre di Vittorio Sgarbi) dedicandolo alla moglie scomparsa: "c''è il rimpianto per la rassicurante abitudine venuta a mancare, specie nelle ore serali, con la morte della persona con cui hai condiviso tutta la vita. È la sera che fa provare il picco del dolore".

E al cimitero è come un ritrovarsi: "Siedo accanto a te immaginando di dividere ancora una volta la nostra panchina di fronte ai Bagni Ducale, e ti racconto le cose che sai: le storie della casa e della farmacia di Ro...".

Il ricordo insopprimibile di lei riesce a dargli forza di continuare a vivere.

Mi vengono in mente anche le parole che il filologo britannico C.S. Lewis, dedicò alla moglie appena scomparsa. Sono scritte nel volume titolato "Diario di un dolore", pubblicato da Adelphi nel 1990.

Annota Lewis: "È incredibile quanta felicità, e persino quanta allegria, abbiamo a volte conosciuto insieme, dopo che ogni speranza era scomparsa. Come abbiamo parlato a lungo, quietamente, nutrendoci l'uno dell'altra, quell'ultima sera".

Mariano

Incuriositro dagli interventi su questo topic, sono andato anch'io a leggere l'ultimo libro ri Realcati.
Se da una parte l'ho trovato monotono, ripetitivo e mellifluo, d'altra parte ha stimolato in me e per me interessanti utili considerazioni:
il nostro "essese" è intimamente connesso e condizionato con il nostro "avere"; 
il momento in cui perdiamo qualcosa o cualcuno, l'elaborazione del lutto conduce a modificare il nostro "essere".
Quando perderemo tutto quello che abbiamo ,incluso la nostra vita, raggiungeremo il nostro misterioso "essere".

doxa

Buonasera Mariano,
se non sbaglio, in sintesi hai scritto che l'essere è connesso e condizionato con l'avere. Infatti quando perdiamo la persona o la cosa amata, l'elaborazione del lutto induce impercettibilmente a modificare psicologicamente il proprio essere.

Come si sa,  linguisticamente il verbo "avere" evoca il possesso,  il verbo essere esprime il concetto di esistenza: "io sono".

Dal punto di vista filosofico essere e avere  possono subire mutamenti nel tempo e nello spazio.

Nell'antichità il filosofo Eraclito disse che il divenire è la sostanza dell'Essere. Egli afferma che tutto scorre (panta rei).

Anche l'amore !

Amare è un dono sospeso sull'abisso della perdita. E' soggetto al divenire.  Il dolore è sempre in agguato, ma proporzionale all'intensità di quell'amore.

Prepararsi alla perdita aiuta ad elaborare il lutto amoroso, complicato e persistente. E' necessario trovare nel dolore lo spazio per evolvere, riaprirsi al futuro.

La persona amata, con la quale si condivide la quotidianità, se all'improvviso ci abbandona o muore, provoca un vuoto, la sua perdita crea una lacerazione psicologica, la sofferenza. 

La perdita fa capire quanto la persona amata  sia decisiva per  l'esistenza di chi la subisce.

bobmax

Citazione di: doxa il 05 Febbraio 2023, 18:29:07 PMBuonasera Mariano,
se non sbaglio, in sintesi hai scritto che l'essere è connesso e condizionato con l'avere. Infatti quando perdiamo la persona o la cosa amata, l'elaborazione del lutto induce impercettibilmente a modificare psicologicamente il proprio essere.

Non penso sia questo il significato del post di Mariano (mi scusi Mariano se mi permetto di interpretare il suo pensiero).

Perché non si tratta tanto di "modifiche psicologiche", vi è in gioco ben di più.

La perdita dell'amato agisce sull'essere non perché lo modifica, che è impossibile, ma perché contribuisce a svelarlo.

Il dolore della perdita ci scuote, scrostando il non essere che ci ricopre.
Questo non essere è la imperfezione di questo nostro amore, che è ancora una forma di avere.

L'amato che se ne va per sempre è un avere che si perde.
Ma proprio in questa perdita definitiva il nostro amore è chiamato a essere, nonostante non vi sia più alcun avere a cui aggrapparsi.

L'amore deve adesso sublimarsi. Deve perdere ogni egoitá per diventare "vero" amore
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

Complimenti Bob, e grazie per il tuo chiarimento !  :)

Mariano

Citazione di: bobmax il 05 Febbraio 2023, 20:56:53 PMNon penso sia questo il significato del post di Mariano (mi scusi Mariano se mi permetto di interpretare il suo pensiero).

Perché non si tratta tanto di "modifiche psicologiche", vi è in gioco ben di più.

La perdita dell'amato agisce sull'essere non perché lo modifica, che è impossibile, ma perché contribuisce a svelarlo.

Il dolore della perdita ci scuote, scrostando il non essere che ci ricopre.
Questo non essere è la imperfezione di questo nostro amore, che è ancora una forma di avere.

L'amato che se ne va per sempre è un avere che si perde.
Ma proprio in questa perdita definitiva il nostro amore è chiamato a essere, nonostante non vi sia più alcun avere a cui aggrapparsi.

L'amore deve adesso sublimarsi. Deve perdere ogni egoitá per diventare "vero" amoregRAZIE
Grazie bobmax, non sarei stato in grado di esprimere meglio il mio pensuero.

Ipazia

La terza tendenza proposta da Kobayashi mi rammenta il bel sonetto che apre il Canzoniere di Petrarca

"e 'l pentirsi e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo, è breve sogno".

Bando alle illusioni di gloria, ma pure a contrizioni sovrumane. La luce delle stelle morte giunge sulla terra palpitante e viva. Per quanto breve sia il sogno, godiamocelo. Come Bacco e Arianna del magnifico Lorenzo. E lasciamo il mondo come il suonatore di Edgard Lee Masters: " ... un ridere rauco, e ricordi tanti e neppure un rimpianto". Entrando nella morte, come raccomanda Adriano "ad occhi aperti".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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