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Capro espiatorio

Aperto da doxa, 18 Marzo 2023, 18:46:27 PM

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doxa

L'antropologo e filosofo franco-statunitense René Girard (1923 – 2015) alcuni anni fa pubblicò il saggio titolato "Il capro espiatorio" (edit. Adelphi). Il libro è ancora in commercio.

L'autore, per "illuminare" il meccanismo psicologico della persecuzione e del sacrificio, esamina e interpreta come antropologo anche alcune parabole di Gesù ed episodi dei Vangeli, come Salomé, il rinnegamento di Pietro, i demoni di Gerasa.

La sua è un'ipotesi sul funzionamento sociale e culturale umano. Dice che uomini e donne usano anche le credenze religiose per le relazioni sociali.

Questa teoria tratta il livello emotivo e antropologico: gli individui riescono a gestire i conflitti emotivi incanalandoli in cerimonie e riti religiosi e culturali, oppure trasformandoli in racconti e narrazioni mitologiche.

Quando la rivalità diviene eccessiva, o insorgono paura e insicurezza, un sentimento di odio si diffonde tra le persone e tende a convergere minacciosamente su una sola vittima: è questa che Girard chiama capro espiatorio (un individuo o un animale) che deve pagare al posto di altri, non perché sia colpevole, ma perché la comunità non può trovare accordo se non unendosi contro qualcuno o qualcosa.

Il capro espiatorio svia la violenza del gruppo sociale canalizzandola su di esso: bersaglio non pericoloso, il suo assassinio non sarà vendicato, perché è reietto e nel contempo salvatore, con il suo sacrificio "lava" la comunità dalle sue colpe.

Girard trova l'origine del legame sociale nella menzogna del capro espiatorio e nella violenza della sua uccisione, cioè nella condivisione da parte del gruppo dell'assassinio di un innocente, capace di cementare il patto di convivenza tra i suoi membri.

Lo studioso evidenzia come il sacro, la religione ed i miti nascano dal processo vittimario che si scatena in momenti di grave crisi socio-economica di una comunità e che minano la solidità del gruppo umano.

Nei periodi in cui è messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, come nella caso di una carestia o di una pestilenza, la tranquilla esistenza della collettività è sconvolta e gli individui, incapaci di fronteggiarla, vanno alla ricerca di uno strumento di ricomposizione della crisi, capace di rassicurare e riconciliare gli animi.

In questi casi, emerge sempre la stessa soluzione con le singole rivalità tra gli individui che degenerano velocemente dando vita ad un desiderio unanime e indifferenziato di vendetta.

Il "contagio" si diffonde nella comunità interessando anche le persone meno coinvolte.

La folla contagiata è pronta a seguire la prima indicazione di un colpevole additato da un leader per concentrare contro questo bersaglio tutto l'odio di cui è carica. La persecuzione può assumere tragiche dimensioni, come le guerre.

Ma cosa spinge la folla a scegliere questa o quella vittima? E perché non prova compassione per la sua sorte?

Analizzando singoli miti e una quantità di casi storici, Girard giunge alla conclusione che la folla in preda a frenesia sceglie le proprie vittime non in base a indizi di colpevolezza, ma di caratteristiche fisiche o situazionali che associa alla sacrificabilità del soggetto.

Nella dinamica del capro espiatorio non si ricorre al normale procedimento di incriminazione tipico del processo penale, ma si individua sommariamente qualcuno come portatore delle caratteristiche di un potenziale responsabile dei mali sofferti dalla collettività.

I capri espiatori hanno segni evidenti di diversità fisica o morale dal resto del gruppo. Possono avere un difetto fisico o psichico, oppure appartenenti a una diversa religione, com'è successo agli ebrei o agli eretici nel Medioevo e nel Rinascimento.

Il secondo elemento è la loro non necessità alla sopravvivenza del gruppo.

Scegliendo un soggetto con queste caratteristiche, la società cerca di sviare in direzione di una vittima relativamente indifferente, una vittima sacrificabile, una violenza che rischia di colpire i suoi stessi membri che invece intende proteggere.

Se gli individui riescono a convincersi che uno solo di loro è responsabile della crisi che scuote la collettività, se riescono a vedervi la macchia che li contamina tutti, distruggendo la vittima sacrificale crederanno di sbarazzarsi del loro male.

segue

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L'antropologo René Girard afferma che il denominatore comune dei miti consiste in due transfert:

il primo, detto transfert di aggressività, consiste nella lapidazione o nell'espulsione della vittima, per avere in cambio un beneficio concreto per l'intera comunità che è la ricomposizione della crisi e la successiva pace (anche se temporanea);

il secondo, detto transfert di divinizzazione, consiste nella venerazione della vittima immolata da parte della comunità riappacificata, una venerazione giustificata dal potere conciliatorio del capro.

Se il transfert che demonizza la vittima è forte, la riconciliazione che ne consegue è improvvisa e rapida.

Le tregue conseguite con il meccanismo vittimario sono temporanee, di breve durata, per questo il ricorso al capro espiatorio è frequente e dà vita a una serie di violenze ininterrotte.

Secondo Girard è necessario l'intervento esterno di qualcuno che sia capace di svelare il processo vittimario rendendo i membri dei gruppi consapevoli del male commesso e della sua inutilità.

L'individuo che si incarica di far luce sul meccanismo vittimario deve essere un estraneo o un membro del gruppo che sia capace di essere arbitro al di sopra delle parti. Questo soggetto è, per Girard, il Cristo.

Questo antropologo offre una lettura importante del Cristianesimo, indicandolo come il punto di svolta culturale che porta una nuova visione del sacrificio perché svela l'innocenza della vittima.

Le società primitive erano strutturate in modo tale da non dubitare della colpevolezza e della vittima.

Nell'ebraismo e nel cristianesimo questa credenza sparisce perché la vittima è presentata come innocente: è questa la vera rottura tra l'universo mitico e quello ebraico-cristiano, la rivelazione del sistema del capro espiatorio. Ci mostrano una vittima contro la quale tutta la comunità si è riunita, ma che è una vittima innocente.

Secondo Girard "le tenebre" sono la metafora per indicare la condizione di accecamento della folla in preda a frenesia che non sa quello che fa. Ecco perché Cristo in punto di morte chiede perdono per i suoi aguzzini che non sanno quello che fanno: in quel momento sono incapaci di comprendere il male che stanno per commettere.

"Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno" (Lc, 23, 34).

Gesù descrive l'incapacità della folla scatenata di ragionare in modo razionale. I persecutori credono di "far bene" e sono convinti di agire per la verità e la giustizia, credono di salvare in tal modo la loro comunità.

I Vangeli gravitano intorno alla passione di Cristo, al dramma del capro espiatorio, della vittima.

I Vangeli respingono le persecuzioni, così facendo distruggono le culture che ne derivano.

Il potenziale delle rappresentazioni persecutorie diventa più debole se si individuano i meccanismi psicologici che sottendono al capro espiatorio.

Se questi meccanismi vengono resi noti perdono di efficacia, e l'individuo crederà sempre meno alla colpevolezza della vittima.

"Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me" (Gv 15, 18 e 20 – 25);

"Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine" (Lc 22, 37); ecc..

I persecutori odiano senza una causa ma non ne sono coscienti.

Nei salmi penitenziari le vittime urlano nel momento della loro persecuzione, i loro nemici li circondano e li colpiscono.

segue

doxa

Dal Vangelo di Luca 23, 1 – 5):

1"Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato
2e cominciarono ad accusarlo: Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re.
3Pilato lo interrogò: Sei tu il re dei Giudei?. Ed egli rispose: Tu lo dici.
4Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: Non trovo nessuna colpa in quest'uomo.
5Ma essi insistevano: Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".

Dal Vangelo di Giovanni (18, 22 – 23): "...una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: 'Così rispondi al sommo sacerdote?' Gesù gli rispose: 'Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?' ".

L'evangelista Giovanni introduce il personaggio della moglie di Pilato per rendere a costui più difficile la decisione se salvare o meno Gesù.

La moglie chiede al marito di resistere alle richieste della folla. 

In questo modo l'apostolo Giovanni vuole evidenziare che Pilato è fra due poli di attrazione mimetica: da un lato la moglie che vuole salvare Gesù, dall'altro la folla. Nonostante il legame tra moglie e marito, è la folla a vincere.

Pilato ha il potere di liberare Gesù ma la folla influisce sulla sua decisione ed ecco l'unanimità dell'assassinio collettivo.

Affinché la rappresentazione persecutoria raggiunga la massima efficacia, bisogna che avvenga nelle circostanze più difficili e sfavorevoli alla verità.

Ai Vangeli interessa indicare l'unanimità dei persecutori.

Secondo Girard i Vangeli rivelano il meccanismo del capro espiatorio e la sua natura inconscia.

La frase che definisce l'inconscio collettivo di tipo persecutorio è: "Padre mio, perdonali perché essi non sanno quello che fanno" (Lc., 23, 34).

A Gerusalemme l'apostolo Pietro rivolgendosi alla folla disse: "Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi" (At 3, 17). In questa frase sono evidenti due aspetti:

Caifa, sommo sacerdote, chiese di far morire Gesù di Nazaret anziché avere ripercussioni contro Israele da parte delle legioni romane. Ciò che dice il sacerdote è la motivazione del capro espiatorio. Si deve limitare al massimo la violenza: uno al posto della nazione.

Caifa si dimostra un capo affidabile e sicuro perciò viene assecondato nella sua richiesta di far morire Gesù.

La decisione politica dell'autorità preminente prevale, ma in periodo di crisi accade il contrario. E' la folla a prevalere. La fusione tra autorità e popolo avviene tramite il capro espiatorio.

La folla è potente e le autorità si inchinano ad essa e le cedono le vittime che reclamano, come fa Pilato. In questo modo le autorità vengono assorbite dalla folla.

I conservatori vogliono consolidare tutte le autorità costituite, sono sensibili alle minacce di violenza provenienti dalla folla, mentre per i rivoluzionari è il contrario, essi sacralizzano le violenze della folla.

L'evangelista Matteo racchiude in una frase l'insieme del procedimento per giungere alla scelta del capro espiatorio: "Dovunque sarà il cadavere, là si raduneranno gli avvoltoi" (Mt., 24, 28).

I Vangeli non utilizzano il termine "capro espiatorio", ma "agnello di Dio".

Un altro esempio di capro espiatorio è l'antico profeta ebreo Giona. Durante la tempesta, la sorte designa Giona come vittima che i marinai gettano in mare per salvare sé stessi e la nave.

The end

bobmax

Tuttavia, vi è un perché ben più profondo del capro espiatorio...

È la motivazione metafisica, inaccessibile all'analisi psicologica e antropologica.

Che queste analisi siano insufficienti, lo si può avvertire indagando la "menzogna".
Quella menzogna che sempre è presente nel voler colpevole l'innocente.

Per quale motivo si mente?
Vogliamo forse credere che si tratti semplicemente di una utilità sociale?

Perché devo ricercare qualcun altro da colpevolizzare, pur sapendo che è innocente?

Non sarà invece che questa mia menzogna serva invece a deviare la colpevolezza da me ad un altro?

Non sono infatti io, proprio io, il colpevole dei mali del mondo?

Il mondo che non è come dovrebbe essere, non sarà forse a causa mia?

Un fardello gravoso da reggere. È allora facile cadere nella tentazione di attribuire la responsabilità ad un altro.

Il capro espiatorio è una espressione della difficoltà del molteplice nell'accettare di essere Uno.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

ricercatore

Doxa grazie per il commento, è veramente interessante.

Mi ha ricordato la lettura che E.Fromm ha fatto del nazismo.
In un momento difficile per la popolazione tedesca vennero rediretti tutti i malumori verso il popolo ebraico e questo fece presa sulle persone.

Con le dovute proporzioni, ricorda anche certi movimenti italiani dell'ultimo periodo, un certo populismo che direziona la rabbia e l'indignazione degli italiani verso questo o quel popolo straniero.
Un modo comodo ed "efficace" (!?!?) per risolvere questioni sociali spinose.
Nonostante ci dichiariamo cristiani, molti di noi italiani non ci accorgiamo della contraddizione.

@Doxa: la lettura è stata piacevole o complessa? Ho visto qualche recensione negativa riguardo la pesantezza del libro. Mi interesserebbe leggerlo ma temo per quest'ultimo punto.

ricercatore

Citazione di: bobmax il 18 Marzo 2023, 23:02:50 PMTuttavia, vi è un perché ben più profondo del capro espiatorio...

È la motivazione metafisica, inaccessibile all'analisi psicologica e antropologica.

Che queste analisi siano insufficienti, lo si può avvertire indagando la "menzogna".
Quella menzogna che sempre è presente nel voler colpevole l'innocente.

Per quale motivo si mente?
Vogliamo forse credere che si tratti semplicemente di una utilità sociale?

Perché devo ricercare qualcun altro da colpevolizzare, pur sapendo che è innocente?

Non sarà invece che questa mia menzogna serva invece a deviare la colpevolezza da me ad un altro?

Non sono infatti io, proprio io, il colpevole dei mali del mondo?

Il mondo che non è come dovrebbe essere, non sarà forse a causa mia?

Un fardello gravoso da reggere. È allora facile cadere nella tentazione di attribuire la responsabilità ad un altro.

Il capro espiatorio è una espressione della difficoltà del molteplice nell'accettare di essere Uno.

Non accetto il male che c'è in me, mi risulta intollerabile, pertanto lo proietto fuori.

Nella tradizione cristiana, il "peccato originale" è forse questo: sono colpevole sin dalla nascita per il fatto di essere un uomo.
Posso rimuoverlo simbolicamente grazie al battesimo, accettando così il sacrificio del Cristo che si è offerto lui come "capro espiatorio".
Tuttavia nella vita concreta di tutti i giorni, il peccato torna nuovamente presente e serve qualcosa di diverso (la confessione) per lavarlo via, per rinnovare il ricordo del sacrificio del Cristo.

Nella tradizione orientale mi pare che venga usato un altro approccio, molto più psicologico.
La meditazione mi aiuta ad osservare dall'alto tutti i miei processi psichici, tutto il bene e tutto il male che mi abitano, vedendoli per quello che sono: pensieri ed emozioni.
Con la consapevolezza prendo le distanze da essi e riconosco che tutto è māyā, illusione, costrutto mentale.
E dunque arrivo ad accettarlo, senza bisogno di racconti o storie mitologico-religiose a supporto della mia persona.
E' già l'accettazione che mi porta "spontaneamente" e "senza alcuno sforzo" a guarire.

doxa

Ciao Bob,
la motivazione metafisica ? Fa venire il mal di testa !  ;D

Aiutami a capire. Perché nella scelta del "capro espiatorio" subentra la menzogna: "sempre presente nel voler colpire l'innocente" ?

Se la scelta è condizionata,  il problema mi sembra che sia psicologico e antropologico, non filosofico, non metafisico.

Sto pensando a Gustave Le Bon e al suo noto libro "Psicologia delle folle". L'autore analizza il ruolo ambivalente delle masse che non hanno la visione d'insieme di un evento e si lasciano trascinare da un leader nefasto:  sono pronte a farsi uccidere per il trionfo di un ideale oppure ad uccidere o a distruggere come vile atto vandalico.

La domanda è: perché ? La motivazione è psicologica o metafisica ? A me sembra psicologica.

Anche se la menzogna"  serve "a deviare la colpevolezza da me ad un altro", la questione rimane psicologica non metafisica.

Hai aggiunto ?

CitazioneNon sono infatti io, proprio io, il colpevole dei mali del mondo?

Il mondo che non è come dovrebbe essere, non sarà forse a causa mia?

Un fardello gravoso da reggere. È allora facile cadere nella tentazione di attribuire la responsabilità ad un altro.

Il capro espiatorio è una espressione della difficoltà del molteplice nell'accettare di essere
Uno.

La parte che ho quotato mi fa pensare alla psicopatologia, al masochismo, a quei  ferventi cattolici che si colpevolizzano per i mali del mondo e non alla metafisica.

Un bel saluto

bobmax

Citazione di: ricercatore il 19 Marzo 2023, 11:05:49 AMNon accetto il male che c'è in me, mi risulta intollerabile, pertanto lo proietto fuori.

Nella tradizione cristiana, il "peccato originale" è forse questo: sono colpevole sin dalla nascita per il fatto di essere un uomo.
Posso rimuoverlo simbolicamente grazie al battesimo, accettando così il sacrificio del Cristo che si è offerto lui come "capro espiatorio".
Tuttavia nella vita concreta di tutti i giorni, il peccato torna nuovamente presente e serve qualcosa di diverso (la confessione) per lavarlo via, per rinnovare il ricordo del sacrificio del Cristo.

Nella tradizione orientale mi pare che venga usato un altro approccio, molto più psicologico.
La meditazione mi aiuta ad osservare dall'alto tutti i miei processi psichici, tutto il bene e tutto il male che mi abitano, vedendoli per quello che sono: pensieri ed emozioni.
Con la consapevolezza prendo le distanze da essi e riconosco che tutto è māyā, illusione, costrutto mentale.
E dunque arrivo ad accettarlo, senza bisogno di racconti o storie mitologico-religiose a supporto della mia persona.
E' già l'accettazione che mi porta "spontaneamente" e "senza alcuno sforzo" a guarire.

Però, questo "prendere le distanze" non implica il distaccarti da te stesso?
Non sei proprio tu, in quanto "io", a perdere di consistenza?
Cosa resta allora?

Non penso che si tratti di una "guarigione"...
Perché il male dell'anima non è una malattia. Si tratta invece dell'essere che preme, finendo per incrinare dolorosamente la scorza del non essere.
L'accettazione è allora il riconoscimento, almeno abbozzato, di ciò che non sei.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

 
Buongiorno  "Ricercatore".  :)

Ricercatore anche sinonimo di "trovatore" compositore ed esecutore di testi poetici e melodie ? 

Si, hai ragione, per leggere "Il capro espiatorio" di René Girard ci vuole pazienza. Spazia su vari temi, a volte in modo prolisso.

Per argomentare nel mio thread mi son limitato a quello nell'ambito giudaico-cristiano.
Ciao

bobmax

Ciao Doxa,
la psicologia è senz'altro utile, perché permette di chiarire le relazioni di causa-effetto nella psiche.

Tuttavia, come ben osservava Martin Buber, la psicologia con le sue spiegazioni può essere solo un rimedio che applica una pezza. Ma in questo modo impedisce di cogliere l'opportunità.
E l'opportunità è sempre relativa ad una possibile risposta al "Chi sono io?". Che è domanda metafisica.

Difatti la psicologia aiuta a chiarificare i processi mentali. Quelli che appaiono, di cui si può avere consapevolezza perché in qualche modo osservabili. Ma così facendo, così chiarificando, finisce per nascondere ciò che è impossibile osservare. E che perciò rimane non solo oscuro, finisce proprio per non esistere!
Pur essendo la vera causa di questi processi...

Al di là di tutte le considerazioni psicologiche, riguardo al perché del capro espiatorio, qual'è la  "vera" ragione per cui io (io, non un altro, che tanto è brutto e cattivo, e pure capisce poco, no, proprio io!) mi scaglio contro chi so innocente?
Perché lo so, e se anche non lo so del tutto, comunque ho il sospetto che in definitiva sia innocente.
Perché?

Se mi metto a cercare davvero. Senza accontentarmi delle spiegazioni psicologiche. Che si fondano su una indiscussa interpretazione molteplice della realtà.
Ma voglio scavare di più...
Posso finire con l'accorgermi che l'altro, chiunque altro, è innocente!

Ma ciò nonostante preferisco spesso colpevolizzarlo.
Perché se non lo considerassi responsabile l'orrore sarebbe insopportabile.

E l'orrore è celato lungo la strada intrapresa dal "Conosci te stesso"
Sebbene non ne sia la meta finale.

Sì caro Doxa, il tuo setaccio lo maneggi con perizia. Tuttavia le sue maglie sono forse un po' troppo larghe.  ;D
Così può sfuggire che la psiche non è l'anima.
Infatti per la psicologia l'anima, distinta dalla psiche, è nulla.

Senza però avvedersi che quel nulla è l'Essere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.