Una strada stretta ( e non per tutti...)

Aperto da Sariputra, 19 Novembre 2016, 13:56:32 PM

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Sariputra

Citazione di: Phil il 26 Novembre 2016, 21:27:24 PMQuanto può essere attuale, o meglio, attualizzata una prospettiva taoista oggi? E quanto è dissonante con la nostra matrice storico-culturale? Un'epistemologia del divenire, una conoscenza processuale senza Verità, una (non)azione priva di merito o peccato, una spiritualità "laicamente panteistica" senza riti e preghiere, una morte che non è convocazione in giudizio per premi o castighi, un "senso" tutto immanente alla via (dao) che si sceglie di percorrere, che non ha come fine ultimo illuminazione o beatitudine o altri traguardi da inseguire, ma semplicemente, umanamente, la vita stessa...


Come può essere attuale una via come acqua che scorre in un mondo dove si sono erette dighe, in ogni dove, all'umano sentire? Dove si è spezzettata, ritualizzata e ridicolizzata ogni inquietudine? In cui l'"ascesa al Monte Tabor" è solo un gesto sportivo? Man mano che le montagne hanno perso il loro terribile mistero che le abitava, il loro sacrum, l'uomo ha smarrito la sua naturale tensione all' infinito. Infinito come dimora dell'essenziale, del reale che si faceva finito sul  Picco dell'Avvoltoio o sul Sinai , sempre in alto , da trovare dopo solitudini d'ascese ( ascetismo) e smarrimenti della ragione. Sulle cime raggiunte l'uomo vero, il nobile, non disquisiva di finitudine umana  e infinità irraggiungibile, questo starnazzare di oche plebee, questo teorizzare senza fine ma, parafrasando William Blake:

"Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è, infinita."

E sgombro era l'occhio del nobile mentre ammirava il Vivente e se ne sentiva parte. Forse osservava la corsa a possedere cose sempre più grandi, consapevole che chi possiede una cosa grande non deve lasciar ridurre dalle cose se stesso a cosa. Stando in alto, sopra le cose, poteva trattare le cose da cose. Ma invece l'uomo pseudo-reale si china sulle cose, si abbassa sotto le cose stesse, si fa cosa tra le cose. Cosa si potrebbe dire di un simile uomo? Di un siffatto nobile? Forse solo che riposa su se stesso...L'insegnamento di un uomo così mi sembrerebbe paragonabile all'eco che segue il suono, all'ombra che segue il corpo. Compagno di tutto nel mondo, dimorando  di là dal mondo. La sua mente forse vagherebbe nell'immenso, andando ora al di là e poi tornando...
Un uomo simile apparterebbe alla comunità senza avere un io personale. Non avendo un io personale come potrebbe dire sua qualche cosa? Come potrebbe essere attuale un uomo che mira al Niente?
Fantasie? Sogni? Immaginazione? Cercar tracce del volo degli aironi nel cielo?...

La sapienza dell'arrivista non va oltre il far doni e scrivere memoriali estenuando il suo spirito in cose da nulla; eppure vorrebbe dominare il mondo. Non fa che errare nel mondo esterno; i ceppi della materia gli negano la conoscenza del Principio (essenziale). Il perfetto (l'uomo reale) volge il suo spirito all'eterno, e gode nel mistero del nulla ( del nulla che è tutto, oltre il mondo esterno): è come l'acqua che scorre senza forma; egli si espande nella Grande Purezza.
Ohimè per quello che voi fate! Che vi occupate a spaccare un capello e ve ne restate ignoranti del grande Riposo !  
                                              Ciung Ciou/ Ciuang Tze
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

#16
Citazione di: Sariputra il 27 Novembre 2016, 01:11:50 AM
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2016, 21:27:24 PMQuanto può essere attuale, o meglio, attualizzata una prospettiva taoista oggi? E quanto è dissonante con la nostra matrice storico-culturale? Un'epistemologia del divenire, una conoscenza processuale senza Verità, una (non)azione priva di merito o peccato, una spiritualità "laicamente panteistica" senza riti e preghiere, una morte che non è convocazione in giudizio per premi o castighi, un "senso" tutto immanente alla via (dao) che si sceglie di percorrere, che non ha come fine ultimo illuminazione o beatitudine o altri traguardi da inseguire, ma semplicemente, umanamente, la vita stessa...


Come può essere attuale una via come acqua che scorre in un mondo dove si sono erette dighe, in ogni dove, all'umano sentire? Dove si è spezzettata, ritualizzata e ridicolizzata ogni inquietudine? In cui l'"ascesa al Monte Tabor" è solo un gesto sportivo? Man mano che le montagne hanno perso il loro terribile mistero che le abitava, il loro sacrum, l'uomo ha smarrito la sua naturale tensione all' infinito. Infinito come dimora dell'essenziale, del reale che si faceva finito sul  Picco dell'Avvoltoio o sul Sinai , sempre in alto , da trovare dopo solitudini d'ascese ( ascetismo) e smarrimenti della ragione. Sulle cime raggiunte l'uomo vero, il nobile, non disquisiva di finitudine umana  e infinità irraggiungibile, questo starnazzare di oche plebee, questo teorizzare senza fine ma, parafrasando William Blake:

"Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com'è, infinita."

E sgombro era l'occhio del nobile mentre ammirava il Vivente e se ne sentiva parte. Forse osservava la corsa a possedere cose sempre più grandi, consapevole che chi possiede una cosa grande non deve lasciar ridurre dalle cose se stesso a cosa. Stando in alto, sopra le cose, poteva trattare le cose da cose. Ma invece l'uomo pseudo-reale si china sulle cose, si abbassa sotto le cose stesse, si fa cosa tra le cose. Cosa si potrebbe dire di un simile uomo? Di un siffatto nobile? Forse solo che riposa su se stesso...L'insegnamento di un uomo così mi sembrerebbe paragonabile all'eco che segue il suono, all'ombra che segue il corpo. Compagno di tutto nel mondo, dimorando  di là dal mondo. La sua mente forse vagherebbe nell'immenso, andando ora al di là e poi tornando...
Un uomo simile apparterebbe alla comunità senza avere un io personale. Non avendo un io personale come potrebbe dire sua qualche cosa? Come potrebbe essere attuale un uomo che mira al Niente?
Fantasie? Sogni? Immaginazione? Cercar tracce del volo degli aironi nel cielo?...

La sapienza dell'arrivista non va oltre il far doni e scrivere memoriali estenuando il suo spirito in cose da nulla; eppure vorrebbe dominare il mondo. Non fa che errare nel mondo esterno; i ceppi della materia gli negano la conoscenza del Principio (essenziale). Il perfetto (l'uomo reale) volge il suo spirito all'eterno, e gode nel mistero del nulla ( del nulla che è tutto, oltre il mondo esterno): è come l'acqua che scorre senza forma; egli si espande nella Grande Purezza.
Ohimè per quello che voi fate! Che vi occupate a spaccare un capello e ve ne restate ignoranti del grande Riposo !  
                                             Ciung Ciou/ Ciuang Tze

Il taoismo s'è corrotto anche nella sua culla, nonostante la sua stessa natura lo tutelasse maggiormente dallo scorrere del tempo. La sua aperta ostilità al confucianesimo l'ha (forse) isolato dalla praticità e dalla quotidianetà e di contraccolpo ha reagito malamente, sta di fatto che non corrisponde nella realtà alla descrizione da Phil, o almeno nel mio tempo in Cina questo ho visto. Non c'è utilitarismo nel mio approccio, ma se un compendio di segni può servire a tracciare una via a chi non voglia tracciarsela da solo, è utile (sic!) anche che questo compendio sia resiliente, pena la corruzione dello stesso a tal punto che invece che instradare la via verso la vera vita, la cominci a instradare invece verso la vera morte. Molti credi si sono dimostrati resilienti, sopratutto attorno ai loro capisaldi (la notizia del serial killer giainista ha ancora da venire) tuttavia le periferie "dello spirito" da tempo sono lande desolate di cui nessuno o pochi si interessano, lasciando i barbari scorrazzare alle porte.

Phil

Il "compendio di segni" è sempre resiliente (semanticamente) se viene tramandato senza troppe storpiature, quello che non è resiliente è spesso la cultura del popolo a cui il compendio parla, popolo che è solitamente calato in una storia dinamica, fatta di mutamenti, più o meno intensi... è inevitabile che una popolazione, nella sua maggioranza, non colga un messaggio "difficile": più un paese è popoloso e più è improbabile che camminando per le sue strade si intravveda virtù ad ogni angolo; per questo il taoismo autentico non si respira in ogni angolo della Cina, come il cristianesimo più puro non si incontra ad ogni SanPietrino ( ;D ) delle strade di Roma, etc. come osservava disincantatamente la citazione iniziale, non siamo tutti uguali e, tanto più il percorso è nascosto, insolito, stretto e non per tutti (citando il topic), tantomeno ci si trova traffico...

Ogni testo "sacro" o tradizione è come un segnale stradale: indica la strada ma non la compie; sta al viandante percorrerla con le sue gambe, nel modo che può, che vuole, che preferisce e magari può anche decidere di cambiarla cercando scorciatoie, strade panoramiche e percorsi migliori... e se anche il segnale (i segni del "compendio") è diventato consumato, sporco, sbiadito o coperto con graffiti, sta sempre e solo al viandante tentare di decifrare l'indicazione originaria, "attualizzandola". In questo l'attualizzazione di un'indicazione è laboriosa e cruciale: se il segnale ci indica la strada in cui c'è un ponte ormai crollato, quel percorso non è più attualizzabile, o seguire le orme di chi ci ha preceduto sarebbe quantomeno rischioso; se invece ci indica una strada ancora percorribile, magari solo con un po' di cautela ed impegno, può essere ancora attualizzabile (sempre che si abbia voglia di fare due passi... si può anche decidere di sdraiarsi ai bordi della strada, accanto all'asino di cui parlava Sariputra, ad osservare i viandanti che si avvicendano sulla strada cercando la propria meta sui sentieri della "transumanza dello spirito"  :) ).

Sariputra

Inverno scrive:
le periferie "dello spirito" da tempo sono lande desolate di cui nessuno o pochi si interessano, lasciando i barbari scorrazzare alle porte.

Sono così desolate che si posson percorrere mille miglia senza incontrar nessuno. Sono luoghi inospitali e desertici, pieni di sabbia del deserto che offusca la vista. Forse ci si può imbattere nelle tombe  di antichi marabut, o in quella abbandonata di Charles De Foucauld ( in questi giorni ricorrono i cento anni dal suo assassinio) dalle parti di Tamanrasset...
Forse si intravedono ancora le vestigia di antichi nobili coperte dalla sabbia...allora bisogna procedere più lesti, prima che cali la notte, la gelida notte del deserto...del deserto della nostra anima.
Sì...il vero Daoismo è morto con quei nobili che l'hanno vissuto, che mai hanno desiderato che si costruissero altari sulle loro ossa, che mai sognarono di esser adorati da qualcuno. L'autenticità resiste al tempo? Il falso è sicuramente resiliente, il falso sa insegnare meravigliosi canti. Ma...dopo duemila e trecento anni Sari, Phil, InVerno, e altri si interrogano ancora, frustano l'asino per arrivare all'oasi prima che calino le tenebre. Non c'è alcuna oasi? Allora copriremo gli occhi e la bocca dell'asino e la nostra maschera ci proteggerà per andare ancora avanti...finché le forze ce lo consentiranno...fino al Gran Limite.

Quando Ciuang Tze fu per morire, i suoi discepoli intendevano fargli un gran funerale. Ciuang Tze disse. " Cielo e Terra saranno la mia bara e il suo coperchio; sole e luna, i miei tondi simboli di giada ( insegne della mia dignità); le stelle e costellazioni le mie perle e i miei gioielli; e tutto il creato vi assisterà. Non è un funerale completo ? Cosa potreste aggiungervi?"
I discepoli risposero: "Noi temiamo che i corvi e i nibbi mangino il nostro Maestro".
"Sopra, mi mangeranno corvi e nibbi" disse Ciuang tze, "sotto mi mangerebbero i grillitalpe e le formiche. Togliere agli uni per dare agli altri sarebbe mostrare parzialità".

Ciao dimenticato Charles...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno


Vorreste sapere da che cosa dipende la comparsa di spiriti falsi nel mondo, spiriti che hanno ingannato se stessi e gli altri con un falso fuoco e falsa luce, avanzando pretese sull'informazione, sull'illuminazione e le aperture della vita divina, pretedendo in particolare di operar miracoli per straordinaria vocazione divina? La risposta è questa: essi si sono volti a Dio senza volgersi via da se stessi, pretendevano di vivere in Dio prima di morire della loro natura. Orbene, la religione nelle mani dell'io singolo o della natura corrotta, serve solo a scoprire vizi di un genere peggiore di quelli che si trovano nella natura lasciata a se stessa. Di qui nascono tutte le sfrenate passioni degli uomini religiosi, che bruciano di una fiamma peggiore di quella di cui ardono le passioni suscitate da mere questioni mondane. Superbia, esaltazione dell'io, odio e persecuzione sotto il manto dello zelo religioso, santificheranno azioni che la natura lasciata a se stessa, si vergognerebbe di confessare."


William Law

InVerno

Citazione di: Phil il 27 Novembre 2016, 15:40:22 PM
Il "compendio di segni" è sempre resiliente (semanticamente) se viene tramandato senza troppe storpiature, quello che non è resiliente è spesso la cultura del popolo a cui il compendio parla, popolo che è solitamente calato in una storia dinamica, fatta di mutamenti, più o meno intensi... è inevitabile che una popolazione, nella sua maggioranza, non colga un messaggio "difficile": più un paese è popoloso e più è improbabile che camminando per le sue strade si intravveda virtù ad ogni angolo; per questo il taoismo autentico non si respira in ogni angolo della Cina, come il cristianesimo più puro non si incontra ad ogni SanPietrino ( ;D ) delle strade di Roma, etc. come osservava disincantatamente la citazione iniziale, non siamo tutti uguali e, tanto più il percorso è nascosto, insolito, stretto e non per tutti (citando il topic), tantomeno ci si trova traffico...

Ogni testo "sacro" o tradizione è come un segnale stradale: indica la strada ma non la compie; sta al viandante percorrerla con le sue gambe, nel modo che può, che vuole, che preferisce e magari può anche decidere di cambiarla cercando scorciatoie, strade panoramiche e percorsi migliori... e se anche il segnale (i segni del "compendio") è diventato consumato, sporco, sbiadito o coperto con graffiti, sta sempre e solo al viandante tentare di decifrare l'indicazione originaria, "attualizzandola". In questo l'attualizzazione di un'indicazione è laboriosa e cruciale: se il segnale ci indica la strada in cui c'è un ponte ormai crollato, quel percorso non è più attualizzabile, o seguire le orme di chi ci ha preceduto sarebbe quantomeno rischioso; se invece ci indica una strada ancora percorribile, magari solo con un po' di cautela ed impegno, può essere ancora attualizzabile (sempre che si abbia voglia di fare due passi... si può anche decidere di sdraiarsi ai bordi della strada, accanto all'asino di cui parlava Sariputra, ad osservare i viandanti che si avvicendano sulla strada cercando la propria meta sui sentieri della "transumanza dello spirito"  :) ).

Penso che la corruzione dei simboli sia una relazione biunivoca più che una semplice corruzione culturare (quindi ad opera del popolo). I "nobili" abbisognano di mantenere il potere dei simboli e li corrompono allo stesso modo di chi li discerne con metro consolatorio. E riguardo alla semantica "resiliente", io non ci metterei la mano sul fuoco. Ci sono prescrizioni semplici e inoppugnabili, che tuttavia non sopravvivono alla corruzione. Esempio semplice: "Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole" (Gesu, mt 6,7). Vedi te che sforzo "semantico" devi fare per entrare in una semplice parrocchia.

Phil

Intendevo proprio che sul piano semantico (ovvero del significato) l'indicazione è ancora chiara, non corrotta, "resiliente": la tua citazione porta ancora lo stesso messaggio/significato di mille o più anni fà (se ci fidiamo dei traduttori e delle revisioni, ma questa è un'altra storia, o meglio, un altro lato della stessa storia...). L'incoerenza, il travisare, lo sminuire, etc. appartengono alla pragmatica, alla messa in atto di quella indicazione, ma non alla semantica del testo, che resta inalterata come un segnale stradale che indica sempre e solo la stessa strada, anche a chi non può o non vuole seguirla, o si illude di farlo...

Sariputra

Citazione di: InVerno il 28 Novembre 2016, 12:38:34 PM Vorreste sapere da che cosa dipende la comparsa di spiriti falsi nel mondo, spiriti che hanno ingannato se stessi e gli altri con un falso fuoco e falsa luce, avanzando pretese sull'informazione, sull'illuminazione e le aperture della vita divina, pretedendo in particolare di operar miracoli per straordinaria vocazione divina? La risposta è questa: essi si sono volti a Dio senza volgersi via da se stessi, pretendevano di vivere in Dio prima di morire della loro natura. Orbene, la religione nelle mani dell'io singolo o della natura corrotta, serve solo a scoprire vizi di un genere peggiore di quelli che si trovano nella natura lasciata a se stessa. Di qui nascono tutte le sfrenate passioni degli uomini religiosi, che bruciano di una fiamma peggiore di quella di cui ardono le passioni suscitate da mere questioni mondane. Superbia, esaltazione dell'io, odio e persecuzione sotto il manto dello zelo religioso, santificheranno azioni che la natura lasciata a se stessa, si vergognerebbe di confessare." William Law

Questo passo di W. Law, che non conosco ma mi sembra di ricordare faccia parte della corrente mistica  anglicana, sembra riportarci all' esser degno di Hadrat. L'uomo si rivolge alla religione, ai suoi segni, ai suoi simboli e pretende di conoscere senza prima conoscere se stesso e le proprie inclinazioni. Si mette ad adorare il cartello segnaletico e non comprende la funzione del cartello stesso. Di più...pretende di esercitare un'autorità sugli altri viandanti per il semplice fatto che si definisce "il custode" del cartello. Sentirsi padroni e sentinelle del cartello ingigantisce proprio quell'io egoico che si dovrebbe abbandonare per proseguire nel viaggio verso la meta. Da qui poi sorgono tutti i vizi e le malvagità della "natura lasciata a se stessa" di cui parla Law ( mancanza di controllo della propria brama...).
Mi sembra proprio questo lo spartiacque tra il nobile e l'essere pseudo-reale ( essere non padrone di se stesso ma vittima di se stesso). il nobile sa che il cartello indica la Via, ma non è la Via; l'essere pseudo-reale non comprende ( non vuole sapere...) che si tratta solo di un'indicazione, si appropria del cartello e lo ridipinge pensando sia il modo migliore di preservarlo, di custodirlo. L'uomo essenziale però procede indifferentemente dal cartello segnaletico stesso, in quanto è la sua propria natura l'andare avanti, sempre avanti perché, come dice Hadrat, sa armonizzare tutto ciò che serve per procedere nel cammino intrapreso. Al massimo getta uno sguardo al cartello passandoci accanto, giusto per avere conferma che sta avanzando nella giusta direzione, ma non dipende da questo ( forse gli scappa pure un sorriso vedendolo ridipinto...con la scritta "Non andate oltre"). I cartelli diventano utili, a mio parere, solo quando un abile nobile stesso, passando sul luogo, si occupa di rimetterli nella giusta posizione, ben sapendo che in fondo sono solo vestigia di antichi e gloriosi nobili passati su quella via.
Sembra una visione elitaria della spiritualità, ma  diventa elitaria non perché esistano essere "superiori" ad altri, ma perché moltitudini di esseri si abbassano, si rendono schiavi delle proprie passioni e delle proprie avversioni, si rendono "inferiori" spiritualmente con la propria volontà di esserlo, rendendosi , di fatto, incapaci di generare quell'armonia necessaria e quell'occhio disincantato  sulla pseudo-realtà delle cose , ma incantato nel vederle nella luce ( con la luce) dell'essenzialità. La strada è stretta perché stretto è il varco tra le nostre inclinazioni...

O cuore! Fino a quando, in questa prigione di inganni,
Puoi distinguere la differenza tra Questo e Quello,
Distaccati per un momento dal Pozzo della Tirannia;
Stanne al di fuori.
                          Jalaludin Rumi
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

#23
Ho ripescato Law (che si, è un mistico) perchè avevo il sentore di aver letto una citazione che completasse il tuo incipit, ma non mi ricordavo quale, mi veniva in mente Guenon ma poi non trovavo niente. Poi non era Guenon ma Huxley (Filosofia perenne) e devo dire che rileggendolo a distanza di anni ho trovato alcune risposte a domande che io stesso ho posto in questo thread, in particolare riguardo alla mancata creazione di segni universali(teologia empirica?) e riguardante l'atto di fede che implica l'effettiva possibilità di sovrapposizione tra l'io e il tutto. Risposte parziali. Per rispondere a Phil vorrei mettere l'accento sul termine resiliente, che è diverso da "resistente". Sono assolutamente convinto esistano segnali stradali resistenti, che se anche colpiti da una mazza ferrata non si piegano, ma la resilienza è un tipo di resistenza differente, è il segnale stradale che se provato a colpire non solo non si deforma, ma dall'atto in se dell'essere colpito fa scaturire una reazione positiva (se consideriamo la corruzione come negativa, quindi una spinta uguale (?) e contraria). Lungi da me stilare trattati, ma se per comodità dividessimo i segni in tre categorie a) I duttili (come le mitologie, le figurative etc) b) I resistenti (come i principi?) e i resilienti .. la terza categoria, a mio avviso mi pare bella che vuota di elementi (anche se l'osservazione della vita, potrebbe riempirla, passibile di soggettività, aleatorietà e incomunicabile). Eppure, proprio per la sua capacità di contenere l'uguale e il contrario, le due spinte, la dualità del tao (basta sinonimi..) non dovrebbe essere la più accurata? Sarà il limite della nostra natura, qualcuno dirà.. Ma non s'era supposto che qualcuno l'avesse trascesa? Il messaggio è comunque veicolato attraverso essa ed ai suoi principi si sottopone.. Allora è destino che tutto ciò sia incomunicabile? E allora posso anche smettere di scrivere.. che è meglio!

Sariputra

Citazione di: InVerno il 29 Novembre 2016, 14:30:32 PMHo ripescato Law (che si, è un mistico) perchè avevo il sentore di aver letto una citazione che completasse il tuo incipit, ma non mi ricordavo quale, mi veniva in mente Guenon ma poi non trovavo niente. Poi non era Guenon ma Huxley (Filosofia perenne) e devo dire che rileggendolo a distanza di anni ho trovato alcune risposte a domande che io stesso ho posto in questo thread, in particolare riguardo alla mancata creazione di segni universali(teologia empirica?) e riguardante l'atto di fede che implica l'effettiva possibilità di sovrapposizione tra l'io e il tutto. Risposte parziali. Per rispondere a Phil vorrei mettere l'accento sul termine resiliente, che è diverso da "resistente". Sono assolutamente convinto esistano segnali stradali resistenti, che se anche colpiti da una mazza ferrata non si piegano, ma la resilienza è un tipo di resistenza differente, è il segnale stradale che se provato a colpire non solo non si deforma, ma dall'atto in se dell'essere colpito fa scaturire una reazione positiva (se consideriamo la corruzione come negativa, quindi una spinta uguale (?) e contraria). Lungi da me stilare trattati, ma se per comodità dividessimo i segni in tre categorie a) I duttili (come le mitologie, le figurative etc) b) I resistenti (come i principi?) e i resilienti .. la terza categoria, a mio avviso mi pare bella che vuota di elementi (anche se l'osservazione della vita, potrebbe riempirla, passibile di soggettività, aleatorietà e incomunicabile). Eppure, proprio per la sua capacità di contenere l'uguale e il contrario, le due spinte, la dualità del tao (basta sinonimi..) non dovrebbe essere la più accurata? Sarà il limite della nostra natura, qualcuno dirà.. Ma non s'era supposto che qualcuno l'avesse trascesa? Il messaggio è comunque veicolato attraverso essa ed ai suoi principi si sottopone.. Allora è destino che tutto ciò sia incomunicabile? E allora posso anche smettere di scrivere.. che è meglio!

Sì, credo che in definitiva sia incomunicabile. Mi son quasi convinto che sia giusto così, direi. Però... è necessario che ogni vicenda della nostra esperienza di vivere sia comunicabile?  Perché sentiamo la necessità di comunicare e stabilire un'autorità, conscia o inconscia, sugli altri? Da dove ci viene questa spinta, tale da ritenere che, se una cosa non è comunicabile, non è nemmeno "vera"? Arroganza della ragione ? Se paragono però l'intuizione "spirituale" , per esempio, all'intuizione artistica verifico che, come questa, non è comunicabile. Ambedue producono qualcosa. Restano i famosi, maledetti, "segni" che , a mio modesto parere, al massimo ci fan venire voglia di prendere in mano il pennello e provare, anche noi, a imbrattare qualcosa; oppure, nel caso della ricerca dell'essenziale dao,  a metterci in cammino, forse...Tante domande sorgono...
Mi raccomando, non smettere di scrivere, ché scrivi molto bene e in modo interessante... ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

#25
Penso che questa spinta sia istintiva e provenga dalla nostra natura sociale e dall'importanza che la comunicazione ha svolto nella nostra sopravvivenza, a livello utilitaristico, ma il piacere fondante di ciò provenga dall'empatia, dalla naturale propensione alla proiezione di se stessi nell'altro.  Dico questo non tanto per mettere questo problema in una scatola chiusa, tutt'altro. Sono seriamente convinto che vi siano un sacco di "residuati bellici" nei nostri istinti, che derivino direttamente da quel lungo periodo dove la sopravvivenza era al primo posto tra le priorità. Esplorando se stessi si può fare esperienza di una seria di riflessi che hanno direttamente a che fare con la preservazione della propria vita, anche oggi dove questa non è davvero cosi a rischio, cosi come una persona con un braccio amputato, lo sente e lo muove per mesi dopo che gli è stato amputato. L'effettiva incomunicabilità emotiva dell'essere umano, che si illude di parlare con l' "altro" e invece parla con l'immagine di se stesso "addobbata", travestita da altro, è un limite che è difficilmente superabile, specialmente per comuncare la fede! Ognuno ha il proprio sistema di idee e molto difficilmente le cambia o anche solamente è aperto ad assimilare quelle dell'altro, ognuno è molto più chiuso di quanto ammette. Eppure è un meccanismo cruciale nella formazione culturale di un popolo, che altrimenti deriva nel cieco individualismo (quale oggi). A mio avviso, ci sono almeno due punti di rottura tuttavia in questo scudo esteriore, il dolore e l'autorità. Il dolore agisce a livello personale e mette in dubbio i nostri schemi di idee e ci fa propensi ad accoglierne altri visto l'insuccesso dei nostri (non a caso gran parte delle "derive" religiose oggigiorno nascono da un evento doloroso) e l'autorità agisce a livello globale sotto qualsiasi forma possa essere convincente a chi deve ricevere il messaggio (e cosa è un segno, se non una forma di autorità?). Invero penso che vi sia un altro modo per comunicare all'altro la fede, una forma benevola di autorità generalmente chiamata "carisma", propria dei maestri, dei profeti, degli yogi, dei buddha, che attraggono secondo me, paradossalmente forse, le persone più logiche. Perchè è si vero che per fare esperienza della fede la logica è nociva nel suo continuo sezionare il Tutto, ma non c'è da illudersi, dietro ad ogni fede c'è un grandissimo sforzo logico e tutte le fedi hanno una logica ben chiara e razionale, fatta di riti, impressioni, significati, tutto torna perfettamente, dall'inizio dei tempi fino alla fine dei tempi. E spesso queste superfetazioni hanno bisogno di un intermediario proprio per le persone che usano  la "porta superiore" (non ricordo precisamente dove l'ho presa, ma c'è una rappresentazione induista che vede l'accesso al divino come una colonna alla quale si accede attraverso tre porte, la superiore logica "per filosofi e teologhi" la seconda dove la logica si affianca alla pratica "per mistici" e la terza per chi fa largo utilizzo di riti\segni e autoconvincimenti "per pratici" - nessuna gerarchia tra esse, che io sappia). La domanda è, perchè nel mondo occidentale sono tutti finiti a passare per la porta più in basso, se non perchè in basso ce li hanno spinti le motivazioni che li hanno innanzitutto convinti (dolore e autorità?). O è forse perchè mancano buoni maestri? Altresi, perchè è cosi lontana una fede distante da quella porta? Suggerisco "Ana-teismo" di Richard Kearney, un testo forse non impeccabile ma ottimo di spunti.

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