Una Religione senza prove e una Scienza senza speranza...

Aperto da Carlo Pierini, 26 Agosto 2017, 00:29:48 AM

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Carlo Pierini

"Il male più grave del nostro tempo è che la Scienza e la Religione appaiono come forze nemiche e irriducibili. Male intellettuale tanto più pernicioso in quanto viene dall'alto e si insinua, sordamente ma irresistibilmente, in tutti gli spiriti, come un veleno sottile che si respira nell'aria. Ed ogni male dell'intelligenza diventa, alla lunga, un male dell'anima e in seguito un male sociale.
Il Cristianesimo, finché affermava ingenuamente la sua fede nel cuore di un'Europa ancora semibarbara, come nel Medioevo, rappresentò la più grande delle forze morali: esso ha plasmato I'uomo moderno. La scienza sperimentale, apertamente ricostituita nel XVI secolo, finché si limitò a rivendicare i diritti legittimi della ragione e la sua libertà illimitata, fu a sua volta una grandissima forza intellettuale che ha rinnovato la faccia del mondo, ha affrancato l'uomo dalle sue secolari catene e ha fornito indistruttibili basi allo spirito umano.
Ma da quando la Chiesa, non potendo più dimostrare il suo dogma primario di fronte alle obiezioni della scienza, vi si è rinchiusa come in una casa senza finestre contrapponendo la fede alla ragione come un comandamento assoluto e indiscutibile; da quando la scienza, ebbra delle sue scoperte nel mondo fisico, facendo astrazione dal mondo psichico e intellettuale, è diventata agnostica nel metodo, materialista nei princìpi come nei fini; da quando la filosofia, disorientata e impotente fra le due, ha in qualche modo abdicato ai suoi diritti per cadere in uno scetticismo trascendente, una scissione profonda si è prodotta nell'anima della società come in quella degli individui.
Tale conflitto, inizialmente necessario e utile poiché ha instaurato i diritti della Ragione e della Scienza, ha finito per diventare un fattore di impotenza e inaridimento. La Religione risponde ai bisogni del cuore, della sua eterna magia, la Scienza a quelli dello Spirito, della sua forza invincibile. Ma, da lungo tempo, queste potenze non sanno più capirsi fra loro. Una Religione senza prove e una Scienza senza speranza stanno l'una di fronte all'altra e si sfidano senza riuscire a vincersi.
Ne risulta una contraddizione profonda, una guerra nascosta, non solo fra lo Stato e la Chiesa, ma anche all'interno della stessa Scienza, nel seno di tutte le chiese e anche nella coscienza di tutti gli individui pensanti. Infatti, quali che siamo, a qualunque scuola filosofica apparteniamo, portiamo in noi questi due mondi nemici, in apparenza inconciliabili, che nascono da due bisogni indistruttibili dell'uomo: il bisogno scientifico e quello religioso. Una simile situazione, che dura da oltre cent'anni, ha certo contribuito a sviluppare le facoltà umane tendendole le une contro le altre. Ha ispirato alla poesia e alla musica accenti straordinariamente patetici e di imponente grandiosità. Ma oggi, la tensione protratta e sovreccitata ha prodotto I'effetto contrario. Come nel malato l'abbattimento succede alla febbre, essa si è trasformata in marasma, in disgusto, in impotenza. La Scienza si occupa solo del mondo fisico e materiale, la filosofia morale ha perso la guida delle intelligenze, la Religione governa ancora in una certa misura Ie masse, ma ha perso il controllo sugli strati elevati della cultura: sempre grande grazie alla carità, non emana più un irradiamento di fede. (...)
La letteratura e l'arte hanno smarrito iI senso del divino. Disabituati agli orizzonti eterni, gran parte dei giovani si sono rivolti a quello che i nuovi maestri chiamavano il naturalismo, degradando così il bel nome di Natura. Ciò che, infatti, abbelliscono con questo vocabolo non è altro che l'apologia dei bassi istinti e la descrizione compiaciuta dei nostri appiattimenti sociali, in una parola la negazione sistematica dell'anima e dell'intelligenza. E la povera Psiche, che ha perso le ali, geme e sospira in fondo al cuore di quegli stessi che la insultano e la negano.
A furia di materialismo, di positivismo e di scetticismo, questa fine di secolo è pervenuta a un'idea falsa della Verità e del Progresso".  [E. SCHURE': I grandi iniziati – pg. 27]

green demetr

La questione che apri (a proposito salve!) rimane sullo sfondo della vita.

Non credo che Scienza e Religione siano qualcosa con cui a che fare nella intellettualità di ogni giorno (l'unica che conti in fin dei conti).

Nel senso che porsele in termine generali, usando le maiuscole come incipit, fa già male all'anima.

Rimane il fatto che pur essendo uno sfondo, diventa doxa, qualcosa con cui a che fare perciò sempre.

Ma l'oggetto che dovrebbe balzare da quello sfondo generico, è come risucchiato invece in una sorte di palude spirituale, in cui l'uomo animico versa.

Ma appunto abbiamo con questo breve incipit, già messo molta carne al fuoco.

Ovviamete la carne è l'anima, e il fuoco è l'intelletto.

Comincerei dunque quel lavoro certosino, ma ormai necessario, anche solo per balbettare qualcosa che non sia già stato scritto e archiviato.

Si tratta di ripensare il tutto, ovvero qualsiasi cosa, si trartta di mettere a fuoco, di non distrarsi.

Direi che ho bisogno di ridire (mi scuseranno chi mi legge da tempo) cosa sia "soggetto" e cosa sia "anima" anzitutto.

Già perchè qualcuno sta parlando, e di certo non può essere l'anima di green demetr. (sopratutto in questo periodo di caos da maelstrom)

Dopo una profonda riflessione ho pensato che ha ragione chi pensa che il soggetto sia una invenzione del moderno, e che in fin dei conti non esiste soggetto.

Sarà pur vero che occuparsi ancora di risolvere il soggetto è la motivazione suprema per cui siamo ancora nel post-moderno. Essendo il post moderno quel vasto panorama che si dice filosofia (per me non lo è, sia chiaro), e che si occupa appunto di riprendere le domande inevase del moderno.
Appunto di evadere da Cartesio e da Kant.

Questione delle più complicate e che forse tratteremo nella sezione filosofia.

Era solo per dire che non si riesce certo a farsi capire facilmente, senza avere ben a fuoco in cosa consista il panorama contemporaneo del pensiero.

Per ora però dobbiamo per forza di cose tralasciare questo problema.

Torniamo a bomba.

E cioè torniamo a definire cosa sia dunque questo parlante che forse non è il soggetto, ma è che di certo è l'interpretante.

Ecco mi rifarei completamente alle categorie di Peirce. Questa estate ho letto l'agilissimo libretto "Rossella Fabbrichesi Leo - Introduzione a Peirce" per i tipi della Laterza.

In effetti anche per Peirce l'interpretante è già abitato nel suo farsi costititutivo, e cioè meramente linguistico, dallo Spirito.

Stessa cosa per me, al di là delle questione triadidiche del Nostro.

Questa unità linguistica, ossia questo interpretante, ossia questo parlante, è ciò che io chiamo soggetto.

Non è il soggetto moderno, quello cartesiano.

Sono cose da separare, altrimenti non ci può essere filosofia.

Rimane da definire l'anima.

L'anima non è nella semantica. E questo è importantissimo.

Come vediamo siamo lontanissimi dai deliri medievali (per quanto grandiosi).

Figuriamoci dai balbetii della filosofia moderna.

E' a questo punto che subentrano Hegel ed Heidegger.

A mio modo di vedere potrei con una forzatura dire che l'anima (non essendo dicibile) è l'uomo.

Ossia l'uomo storico, nel suo quotidiano, nella sua Doxa, ossia nel suo sentire, ossia nella suo sentimento.

L'anima è il sentimento è quella forza che rassembla a quella gravitazionale. Probabilmente questione alchemica per eccellenza. E forse ne parleremo nella sezione dedicata, inaugurandola per parte mia.


Dunque vi è un interpretante che sente (sta male per la precisione) nel suo quotidiano qualcosa di più grande (che chiamo Filosofia) o meglio qualcosa che assomiglia ad un pensiero.

Noi sentiamo i nostri pensieri, e se siamo bravi filosofi capiamo che essendo una questione all'interno della semantica è una questione del singolare e dell'universale. (e sì la vecchia questione medievale e moderna)

Dopo una profonda riflessione ho capito che però l'universale è solo un "fantasma" (termine psicanalitico per eccellenza)  per che possano girare nella semantica i particolari ossia i singolari.

E' in quel momento che i pensieri si riconoscono Pensiero, che nasce la Filosofia.

La filosofia è il Pensiero, ed è l'ultimo grande e inascoltato grido di disperazione Heideggeriano.

Su questo ci sto lavorando da parecchio, e non si tratta come vorrebbe la pubblicistica bislaccca di dover pensare Come Heidegger.

Allora abbiamo un interpretante che sente male di qualcosa di generale che impara a riconoscere come Pensiero.

E' solo allora che inizia l'intellettualità, e cioè all'interno della filosofia, che per inciso è un fantasma.

Non esiste più la filosofia come ben dice il prof. Sini.

Esiste l'intellettualità però! se eseguita all'interno della vecchia filosofia, ossia dei suoi problemi, ossia del suo canone occidentale. Allora potrà comunque chiamarsi filosofia.
E per me che ci tengo continuerò a farlo.

Ma qua non siamo in Filosofia, siamo in Religione.

Esiste anzitutto una intellettualità della religione? a mio modo di vedere, sì senza dubbio.

E' solo a questo punto che possiamo procedere nella risposta vera e propria alla questione.

Solo per accorgerci che però essendo 2 universali, che il canone occidentale ha deciso di separare e individuare: operazione grossolana per essere educati.

E' una lotta di fantasmi. E dunque è una lotta anzitutto psichica.

Ossia fra due discorsi paranoici. Ossia che non prendono  in considerazione l'uscita dai loro confini gerarchicamente delimitati.

E in fin dei conti il problema è sempre e solo quello.

Si tratta di infinite variazioni sulla corsa infinita in tondo.

A me interessa invece spezzare quel cerchio.

E' una questione del vivere contemporaneo. La religione mi serve nella vita, sì senza dubbio. La scienza mi serve nella vita, sì senza dubbio.

Si tratta di eliminare i confini, la vita pensata non ha confini : perchè dobbiamo ostinarci a metterli?

E' per questo che tirando le somme ritengo che questa questione rimanga generalissima e distante dalla vita.

E l'unica cosa condivisibile è che stiamo male, ossia l'anima di ciascuno sta male.

Attendo spunti ulteriori, altrimenti saluti,

Ciao!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Carlo Pierini

Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 12:45:36 PM
Dopo una profonda riflessione ho pensato che ha ragione chi pensa che il soggetto sia una invenzione del moderno, e che in fin dei conti non esiste soggetto.
Sarà pur vero che occuparsi ancora di risolvere il soggetto è la motivazione suprema per cui siamo ancora nel post-moderno. Essendo il post moderno quel vasto panorama che si dice filosofia (per me non lo è, sia chiaro), e che si occupa appunto di riprendere le domande inevase del moderno.
Appunto di evadere da Cartesio e da Kant.
Questione delle più complicate e che forse tratteremo nella sezione filosofia.

Trovi una mia riflessione sul problema "soggetto-oggetto" nel 3d "La conoscenza è una complementarità di opposti", ma anche nella sezione Tematiche Filosofiche nel 3d "L'anima non è il cervello, ma...", dal punto di vista della relazione mente-cervello.

GREEN DEMETER
In effetti anche per Peirce l'interpretante è già abitato nel suo farsi costititutivo, e cioè meramente linguistico, dallo Spirito.
Stessa cosa per me, al di là delle questione triadidiche del Nostro.
Questa unità linguistica, ossia questo interpretante, ossia questo parlante, è ciò che io chiamo soggetto.
Non è il soggetto moderno, quello cartesiano.
Sono cose da separare, altrimenti non ci può essere filosofia.
Rimane da definire l'anima.
L'anima non è nella semantica. E questo è importantissimo.
Come vediamo siamo lontanissimi dai deliri medievali (per quanto grandiosi).
Figuriamoci dai balbetii della filosofia moderna.
E' a questo punto che subentrano Hegel ed Heidegger.
A mio modo di vedere potrei con una forzatura dire che l'anima (non essendo dicibile) è l'uomo.
Ossia l'uomo storico, nel suo quotidiano, nella sua Doxa, ossia nel suo sentire, ossia nella suo sentimento.
L'anima è il sentimento è quella forza che rassembla a quella gravitazionale. Probabilmente questione alchemica per eccellenza. E forse ne parleremo nella sezione dedicata, inaugurandola per parte mia.
Dunque vi è un interpretante che sente (sta male per la precisione) nel suo quotidiano qualcosa di più grande (che chiamo Filosofia) o meglio qualcosa che assomiglia ad un pensiero.
Noi sentiamo i nostri pensieri, e se siamo bravi filosofi capiamo che essendo una questione all'interno della semantica è una questione del singolare e dell'universale. (e sì la vecchia questione medievale e moderna)
Dopo una profonda riflessione ho capito che però l'universale è solo un "fantasma" (termine psicanalitico per eccellenza)  per che possano girare nella semantica i particolari ossia i singolari.
E' in quel momento che i pensieri si riconoscono Pensiero, che nasce la Filosofia.
La filosofia è il Pensiero, ed è l'ultimo grande e inascoltato grido di disperazione Heideggeriano.
Su questo ci sto lavorando da parecchio, e non si tratta come vorrebbe la pubblicistica bislaccca di dover pensare Come Heidegger.
Allora abbiamo un interpretante che sente male di qualcosa di generale che impara a riconoscere come Pensiero.
E' solo allora che inizia l'intellettualità, e cioè all'interno della filosofia, che per inciso è un fantasma.
Non esiste più la filosofia come ben dice il prof. Sini.
Esiste l'intellettualità però! se eseguita all'interno della vecchia filosofia, ossia dei suoi problemi, ossia del suo canone occidentale. Allora potrà comunque chiamarsi filosofia.
E per me che ci tengo continuerò a farlo.
Ma qua non siamo in Filosofia, siamo in Religione.
Esiste anzitutto una intellettualità della religione? a mio modo di vedere, sì senza dubbio.
E' solo a questo punto che possiamo procedere nella risposta vera e propria alla questione.
Solo per accorgerci che però essendo 2 universali, che il canone occidentale ha deciso di separare e individuare: operazione grossolana per essere educati.
E' una lotta di fantasmi. E dunque è una lotta anzitutto psichica.
Ossia fra due discorsi paranoici. Ossia che non prendono  in considerazione l'uscita dai loro confini gerarchicamente delimitati.
E in fin dei conti il problema è sempre e solo quello.
Si tratta di infinite variazioni sulla corsa infinita in tondo.
A me interessa invece spezzare quel cerchio.
E' una questione del vivere contemporaneo. La religione mi serve nella vita, sì senza dubbio. La scienza mi serve nella vita, sì senza dubbio.
Si tratta di eliminare i confini, la vita pensata non ha confini : perchè dobbiamo ostinarci a metterli?
E' per questo che tirando le somme ritengo che questa questione rimanga generalissima e distante dalla vita.
E l'unica cosa condivisibile è che stiamo male, ossia l'anima di ciascuno sta male.
Attendo spunti ulteriori, altrimenti saluti,

CARLO
Hai messo tanta di quella carne al fuoco che per rispondere adeguatamente dovrei star qui a scrivere per una settimana intera.
Per cui ti consiglio di leggere quello che ho già scritto e di mettere queste tue considerazioni in relazione con quegli argomenti nei rispettivi 3d. Altrimenti non ne usciamo vivi!   :)

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