Teoria dei tre mondi...ops! Delle tre scacchiere.

Aperto da Sariputra, 25 Ottobre 2018, 17:22:03 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Apeiron

Cit. Sari
Citazionecit.Apeiron: Una cosa interessante però, secondo me, si può capire come i tre piani per questi "pezzi" non sono separati ed è molto difficile (se non impossibile) riuscire a rimanere in uno dei piani... Proprio così!Scrivevo infatti che la loro esistenza non è altro che il loro stesso agire tra i tre piani. La loro 'natura' è il mutare incessante di posizione. Finchè sono aggregati karmici non possono far altro che seguira la dinamica karmica stessa, che li costringe a variare continuamente di piano (vuoi per necessità [le regole del gioco degli scacchi], vuoi per desiderio o vuoi per avversione...) , pur rimanendo, in un certo senso, sempre sostanzialmente in movimento sul piano B, dove lottano continuamente non solo con gli altri pezzi/aggregati kammici/persone ma anche con se stessi... Lottano con se stessi perché non consapevoli di essere solamente pezzi del gioco, che presto saranno 'mangiati' e tolti dalla scacchiera, per ricomparire alla prossima partita...magari come semplici pedoni...oppure?


In pratica, possiamo dire che non è vero che "si fa ciò che si è" (o "si diventa ciò che si è" come disse Nietzsche ;D ) bensì "si è ciò che si fa"  ;D effettivamente, questa "prospettiva" "azione-centrica", sembra descrivere meglio la natura dinamica della nostra esperienza. Mettendo, dunque, in luce la natura "dinamica" come può uno non aspettarsi di essere in continuo movimento tra A, B e C  :-[ o, più precisamente: se il nostro essere è "dinamico", ciò significa che più cerchiamo di aggrapparci ad uno dei tre monti più la nostra lotta contro noi stessi e contro "l'esterno" tenderà ad essere violenta. Cercheremo di proteggere il nostro "stato" cercando di respingere il mutamento. Dunque, se uno dei tre "livelli" ci sembrerà la nostra "casa", il nostro "rifugio" finiremo per attaccarci ad esso e quindi ad essere avversi ad ogni prospettiva di mutamento.

Poniamo per esempio, chi vive solo in "A". Chi vive solo in A è semplicemente guidato dalla necessità. Così facendo si dimentica la propria autonomia, si "rifugia" nella necessità e non vuole saperne di dover "scendere a patti" con la propria responsabilità, i valori, la scelta. Magari non lo sa, ma così rischia di condursi ad una sorta di "disperazione" data da un rifiuto di essere "sé stessi" (sul termine "disperazione" riferimenti all'esistenzialismo e, in particolare, a Kierkegaard sono sottintesi  :) ). Ovviamente c'è che vive solo in "B" nella mente/passione. Ma anche qui la realtà della necessità del Corpo (A) e dell'"obbligo", della responsabilità ecc (C) prima o poi lo richiameranno e, nuovamente, non potendo negare l'evidenza che la sua realtà comprende anche i piani A e C rischia, come chi vive in A, di finire in una sorta di "disperazione". E chi vive in C? potremmo pensare che chi si rifugia in C sia libero dalla disperazione. E invece no. La realtà della cieca necessità (A) (per "ignoranza" sto pensando ad una "cieca necessità" ) finirà per dimostrare l'intrinseca limitatezza anche del più "nobile" degli stati. Magari C vorrebbe "cambiare il mondo" ma il suo nobile desiderio potrebbe essere ostacolato dal vincolo della necessità. Oppure la passione, con i suoi attaccamenti e le sue avversioni, con la sua natura mutevole ed estremamente "viva" è difficile da controllare e, quindi, chi si rifugia in C potrebbe rinnegare l'imperfezione del suo stesso "autocontrollo". C, dunque, rappresenta la "nobiltà d'animo". Chi si rifugia in C può disperarsi vedendo che i suoi nobili desideri non possono essere realizzati a causa della natura imperfetta e limitata della realtà.

Ogni "stato", ogni "identità" è uno "stato condizionato", uno "stato costruito". Ovviamente ciò che è stato costruito può venire distrutto e quindi anche il migliore di questi stati inevitabilmente non può essere "perfetto". Perfino chi ha i desideri più nobili deve fare i conti con la propria limitatezza ed imperfezione (e quindi di "dukkha", l' "insoddisfazione"). 

CitazioneE corpo-mente-cuore? Anche questo è un triplice mondo interessante:
Corpo ( l'istinto, la necessità) mondo A
Mente (il desiderio, l'attaccamento, l'avversione, la volizione, l'ideazione) mondo B
Cuore (la compassione, la libertà dall'attaccamento, la benevolenza, lo spazio interiore sgombro, il 'divino', l'incontro) mondo C

Ottima osservazione :)



Citazionecit.Apeiron:
E questo in un certo senso rattrista perché, poniamo, se un pezzo X diventa amico di un altro pezzo, Y, per passione se avviene che si "sposta" nel piano A finisce, di fatto, per perdere l'amicizia di Y (o almeno, di indebolire di molto il legame). Ovviamente ciò vale per tutte le permutazioni. E succede di continuo.

Direi di sì, inevitabilmente il legame si attenua, s'indebolisce. A meno che il pezzo Y sia così radicato in C ( nel 'cuore' del piano spirituale...) da saper 'aspettare' il pezzo amico X e nel frattempo rimanere come una possibilità concreta di risalita per X, con il suo semplice essere testimonianza della possibilità di stare anche in C...

E vista la natura limitata che contraddistingue è estremamente difficile che ciò avvenga  :(



CitazioneNella mia teoria del mondo delle tre scacchiere s'impone, a questo punto, il bisogno di dare una risposta alla domanda: "Donde sorgono i tre mondi/scacchiera A-B-C ?"
La risposta  che mi viene spontanea è quella di affermare che vengono in essere, sono mantenuti (vigilati...dagli Elohim)e continuamente distrutti/costruiti dal Rta. Il Rta è un concetto anichissimo di "ordine cosmico" dal quale discendono le divinità/(gunas) stesse. Se non fosse, a questo punto, che starei solamente per copiare la filosofia vedica e quindi...me lo reinterpreto, questo concetto,  ad uso e consumo della mia triplice scacchiera.
ll termine Ṛta deriva da Ṛ (radice sanscrita di "muoversi") e *ar (radice indoeuropea di "modo appropriato"), quindi "muoversi, comportarsi, in modo corretto" ( è una similitudine ottima quindi per indicare, come vedete, il movimento appropriato dei vari pezzi sulle scacchiere). Così Ṛta acquista il significato di "ordine cosmico", ossia della realtà che procede priva di contrapposizioni od ostacoli (esattamente come il passare, liberamente ma con regole/ordine tra i piani A-B-C dei vari pezzi/persone/aggregati karmici). Questo termine è legato, sempre per mezzo della radice indoeuropea di *ar, al termine greco harmos, da cui l'italiano "armonia", e al latino ars da cui "arte".
Ordine  - Armonia - Arte  (una triplice rappresentazione che il pezzo/agg.karmico , fermo provvisoriamente in B, si fa dell'insieme del gioco al quale è costretto a partecipare...).


Bellissimo  :) 


Davvero interessante il concetto vedico di Rta, con la sua idea di "divenire ordinato" (che richiama il Logos cosmico occidentale)  :) non meno interessante è la tua re-interprertazione. Però non "afferro" la differenza tra "Ordine" e "Armonia"  :-[


CitazioneNaturalmente alcuni pezzi del gioco pensano che non vi sia alcun Rta a determinare le regole a cui sono vincolati e pensano, al contrario, che sia invece il Druh, ossia il "disordine cosmico" a dominare l'incessante e logorante salire e scendere tra i tre piani.
Il fatto poi che vedano continuamente pezzi/agg.karmici/persone 'mangiati' da Druh fa sì che, molti di questi, si immaginino questo Druh come l'opera di pezzi o di devas malvagi...
Perché un ordine appare alla mente dei pezzi, fermi provvisoriamente in B, come un disordine? Forse perché, queste diverse forme che in apparenza appaiono ai pezzi come caotiche  e insensate, sono come rami che hanno una radice medesima ?...Naturalmente ci rifletterò sopra, come faccio quando qualcosa mi lascia indeciso, inquieto, a volte persino un pò turbato...in questo momento sono provvisoriamente anch'io sul piano B della triplice scacchiera

Forse perché i pezzi non conoscono l'Ordine. O forse perché le azioni dei pezzi possono "modificare" l'Ordine/Rta introducendo il Disordine/Druh, disturbando l'Armonia*.

*di certo una cosa simile l'avrà pensata Tolkien scrivendo "Il Silmarillion" quando racconta della disarmonia introdotta nella melodia di Eru Iluvatar e degli Ainur...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Discussioni simili (5)