Spiritualità per tutti

Aperto da Angelo Cannata, 18 Maggio 2016, 12:22:44 PM

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Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneIo sto cercando di parlare di una spiritualità che sia valida anche per chi non ha fede, anche per gli atei.
Ma gli atei hanno già la loro di spiritualità, o pensi che credere nell'Io non abbia la sua liturgia?
La spiritualità che sia valida per tutti, che tu chiami in causa, è l'obbligatorietà della fede a cui nessuno può esentarsi.
E' proprio quello il problema, che la verità è, e dovrebbe essere, una, ma ognuno pensa che sia la propria. Quindi come tentare di rendere valido per tutti una dimensione che includo l'eternità e il carpe diem? Con l'utopia.


CitazioneQuesto modo di esprimersi non mi sembra che favorisca il dialogo: un credente che nel dialogo con chi la pensa diversamente chiama Gesù "il Signore", equivale a un ateo che chiami Dio "il Dio che non esiste": così non si va da nessuna parte, non si dialoga.
Come non si dialoga così?? E' da che esiste il genere umano che non c'è altro mezzo di comunicazione: es. = io sostengo che Gesù è il Signore ed un altro sostiene che il suo Signore è ciò che ha scelto, e così via nell'effettività delle proprie azioni.
Io ho tanti amici e familiari che credono che Dio non esiste, e per conseguenza adorano qualcos'altro, eppure mica non dialoghiamo o non condividiamo le differenti occasioni di riunione? Il problema è che le parole se le porta via il vento, ciò che conta sono le nostre azioni comportamentali, il nostro operare, e lì la scissione è naturale (per volontà personale) e inevitabile (se hai giurato sulla costituzione è incoerente definirsi cattolico ...ossia ci si prende in giro da soli).

CitazioneCredo che per rendere possibile il dialogo si debba cercare di usare un linguaggio che faccia da ponte tra modi di pensare diversi, e quindi cerchi di evitare tutto quanto è esclusivo della propria prospettiva interna.
E quale linguaggio più oggettivo del perdona il tuo nemico e prega chi ti calunnia?!?!
E' impossibile incontrare un punto di comunione con chi, anche sospettando, forse, che in quel linguaggio empatico ci sia tanta verità, al momento dei fatti, si tira indietro, giacché comprende che deve rinunciare al mors tua vita mea, in favore del vita tua mors mea.


CitazioneCiò non significa affatto vietare ad un credente di chiamare Gesù "il Signore"; significa solo mostrargli che con questo linguaggio non è possibile fare storia, scienza, discipline che si sforzino di valere per tutti.
Ma la storia, per chi chiama Signore il Cristo, già è fatta, non c'è più niente da rivelare, da conoscere, da , c'è solo da esistere credendo, affinché la Storia prendi possesso di uno, per far diventare la storia di uno valida per tutti.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

paul11

Francamente la cosa comincia a delinearsi poco chiara, ci sarebbe da togliere ambiguità al termine spiritualità, ovvero definirla.
L'idealismo ad esempio di un materialista è spiritualità? Trascendere un concetto materiale è spiritualità?

Angelo Cannata

Paul11, mi dai occasione di specificare meglio la definizione provvisoria che già ho proposto, e che non avevo approfondito per non dilungarmi troppo. Si tratta, come ho detto, di una mia proposta provvisoria, non ho alcuna intenzione di stabilire una volta per tutte che la spiritualità sia ciò che dico io: è solo un punto di partenza per favorire il dialogo.

Ho proposto come definizione su cui discutere "l'esperienza di provare qualcosa". Ora aggiungo: perfino inconsapevolmente. Questa definizione intende dunque come spiritualità tutto ciò che nel nostro cervello è sensazione, esperienza, avvenimento. In questo senso anche un mal di pancia è spiritualità. Per specificare meglio: il contenuto di un ragionamento non è in se stesso spiritualità, ma lo è per le sensazioni che può provocare nel nostro cervello. In questo senso, anche le cose che hai detto tu, cioè l'idealismo di un materialista e trascendere un concetto materiale, vengono senz'altro abbracciate da questa definizione di spiritualità. Se proprio vogliamo essere brutali, si potrebbe dire, tagliando la testa al toro, che secondo questa mia definizione tutto è spiritualità, perfino una pietra è spiritualità. In questo senso spiritualità non è altro che un modo di considerare il mondo, un modo particolare di considerare tutto.

Qui qualcuno potrebbe obiettare: ma che cosa allora non è spiritualità? La risposta mi sembra semplice: qualsiasi cosa che non intendiamo considerare dal punto di vista del suo poter essere esperienza, sensazione del nostro cervello. Dunque, che cosa è e che cosa non è spiritualità dipende non da cosa sono le cose, gli oggetti, la realtà, ma dal tipo di discorso che volta per volta intendiamo portare avanti. Se voglio portare avanti un discorso in cui spiegare come si costruisce una casa, quella non è spiritualità; ma se voglio parlare di come l'atto di costruire una casa possa essere una particolare esperienza per il nostro cervello, il nostro essere, la nostra personalità, allora quella è spiritualità.

Una volta chiarita questa definizione vastissima, si pone immediatamente la necessità di restringere il campo, appunto perché è troppo vasta. L'operazione di restringimento per me è abbastanza semplice: in mezzo a questa vastità si seleziona ciò che si ritiene maggiormente significativo per l'esistenza vista nella sua globalità. Secondo questo criterio, un mal di pancia, pur essendo un'esperienza spirituale, è poco probabile che assuma un significato determinante per l'intera esistenza, mentre invece, per esempio, una giornata di ritiro in meditazione potrà avere più probabilità di influire sull'intera vita.

A questo punto nascerebbe la domanda: con quale criterio individuare che cosa influisce sull'intera esistenza e che cosa invece è trascurabile? Anche questa mi sembra una questione abbastanza semplice da risolvere: ognuno cercherà di percorrere un proprio cammino, di propria scelta, nella propria libertà, e sarà l'esperienza a fargli scegliere a cosa dare importanza e che cosa invece trascurare.

Questa è la mia definizione provvisoria di spiritualità, in continuazione di quanto già detto nell'altro messaggio riguardo al significato del termine.

giona2068

#18
[quote author=paul11 date=1463784987 link=topic=118.msg1641#msg1641]
Francamente la cosa comincia a delinearsi poco chiara, ci sarebbe da togliere ambiguità al termine spiritualità, ovvero definirla.
L'idealismo ad esempio di un materialista è spiritualità? Trascendere un concetto materiale è spiritualità?

Esiste il mondo delle cose materiali, e sappiamo cosa sia, ed esiste  e il mondo delle cose immateriali. Tipo la fantasia, l'immaginazione, i pensieri, il dolore, la felicità...ecc..... Se vogliamo possiamo chiamare quest'ultimo: mondo  invisibile, ma nulla ha che fare con la spiritualità.
La spiritualità è il mondo dello Spirito che è vivo ed è vita per chi crede. San Paolo dice: Cristo è tutto in tutti. Se è tutto vuol dire che è sufficiente per vivere, è nutrimento, compagno,  ecc... La scrittura dice anche: I miei, non avranno sete, non avranno fame, non avranno sonno, non sentiranno la stanchezza, il freddo, il caldo ecc... La conferma la troviamo in Elia che cammina quaranta giorni, senza mangiare ne bere, per arrivare al monte e nel Signore Gesù che digiuna quaranta giorni nel deserto.
Ergo: La spiritualità è vivere dello Spirito.
Il nostro caso è diverso perché saltare un pasto è già tragedia e per questo  non siamo esseri spiritual, ma non tutti siamo materialisti allo stesso modo.
Meno l'uomo si affida alla materia più diventa spirituale e più l'uomo si affida allo Spirito più è  vivo. Più si affida alla materia più vegeta chiamando vita la morte.
Chi è più spirituale confida meno nella materia, con un intervallo che va zero a cento

Un discorso a parte riguarda il mondo degli spiriti negativi, il mondo degli spiriti del male.
Chi affida agli  spiriti negativi per operare il male non è un essere spirituale ma un essere spiritato!

Mariano

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2016, 02:04:55 AM
Paul11, mi dai occasione di specificare meglio la definizione provvisoria che già ho proposto, e che non avevo approfondito per non dilungarmi troppo. Si tratta, come ho detto, di una mia proposta provvisoria, non ho alcuna intenzione di stabilire una volta per tutte che la spiritualità sia ciò che dico io: è solo un punto di partenza per favorire il dialogo.
Ho condiviso il topic iniziale, ma ora ho l'impressione che il discorso vada  tramutandosi in un dialogo sul significato della parola " spiritualità " che potrebbe protrarsi all'infinito .
Ritengo che chiunque senta un qualcosa di simile a quanto le religioni inducono a credere non abbia la necessità di complesse argomentazioni e di ragionamenti sulla semantica delle parole.
Se Dio esiste (ed io ci credo) è unico ed il nostro rapporto con Lui può essere favorito da idee prese a prestito dalle più svariate religioni.

giona2068

Citazione di: Mariano il 21 Maggio 2016, 11:48:28 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2016, 02:04:55 AM
Paul11, mi dai occasione di specificare meglio la definizione provvisoria che già ho proposto, e che non avevo approfondito per non dilungarmi troppo. Si tratta, come ho detto, di una mia proposta provvisoria, non ho alcuna intenzione di stabilire una volta per tutte che la spiritualità sia ciò che dico io: è solo un punto di partenza per favorire il dialogo.
Ho condiviso il topic iniziale, ma ora ho l'impressione che il discorso vada  tramutandosi in un dialogo sul significato della parola " spiritualità " che potrebbe protrarsi all'infinito .
Ritengo che chiunque senta un qualcosa di simile a quanto le religioni inducono a credere non abbia la necessità di complesse argomentazioni e di ragionamenti sulla semantica delle parole.
Se Dio esiste (ed io ci credo) è unico ed il nostro rapporto con Lui può essere favorito da idee prese a prestito dalle più svariate religioni.

Un po', anzi tanto, strano questo discorso di non dare importanza al significato della parola spiritualità, visto che trattasi del testo dell'argomento. Non si può parlare di "Spiritualità per tutti" se non abbiamo definito il significato della parola di base. Transeat sull'affermazione che dalle religioni si prendono "idee"! Dalle religioni si prendono insegnamenti e comandamenti  divini, le idee appartengono e noi uomani e sono la causa di tutti i casini umani! 

Elvio

Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2016, 12:22:44 PM
 è praticamente inesistente una mentalità di studio delle spiritualità da un punto di vista non confessionale, non di fede, ma semplicemente scientifico, umanistico, spassionato, volto ad apprezzare quanto è apprezzabile da tutti, indipendentemente dalle scelte di pensiero personale.
Non sono d'accordo su questa affermazione. Esistono studi approfonditi sia in campo sociologico che neurologico. In altro post ricordavo, ad es., il lavoro di A.Newberg.

Sulla spiritualità è difficile cercare di incasellarla in qualche definizione. Se dovessi improvvisarne una forse direi: credere in qualcosa che va oltre la materialità.

Angelo Cannata

Sono d'accordo con te, Elvio, per questo, accanto a "inesistente", avevo messo l'attenuante "praticamente".

Vorrei però precisare che gli studi scientifici come quello di Newberg analizzano che cosa avviene nel cervello quando il soggetto afferma di star vivendo un'esperienza spirituale. Il punto di vista scientifico che io vorrei portare avanti è diverso: io do per scontato che l'esperienza spirituale si può considerare anche come nient'altro che un'interazione di certi neuroni del nostro cervello, ma non m'interessa indagare in che modo questi neuroni interagiscono e quali di essi si attivano (che mi sembra essere l'oggetto degli studi di Newberg).

Ciò che a me interessa è entrare con criterio scientifico nei contenuti della spiritualità. Faccio un esempio per essere più chiaro. Prendiamo in considerazione Dante che scrive la Divina Commedia. A uno scienziato come Newberg interessa studiare cosa sta succedendo nel cervello di Dante mentre egli scrive la Divina Commedia. A me interessa piuttosto indagare da un punto di vista scientifico i contenuti della Divina Commedia. Per esempio, indagare quante volte una parola si trova nella Divina Commedia: questa è scienza, perché è un fatto misurabile tutte le volte che si vuole e documentabile; oppure indagare in che misura nella Divina Commedia troviamo verbi al passato e in che misura verbi al futuro. A partire da questo tipo di indagini è possibile studiare scientificamente lo stile di Dante, i suoi modi preferiti di esprimersi e perfino la sua personalità.
Se consideriamo una persona che medita in puro silenzio con gli occhi chiusi, a me non interessa indagare cosa sta succedendo nel suo cervello: mi basta solo sapere che certi suoi neuroni stanno lavorando e questo crea in quella persona l'esperienza spirituale. Ma io voglio approfondire scientificamente in che modo quell'esperienza di silenzio può avere delle conseguenze nei comportamenti di quella persona, nei suoi modi di pensare, nel senso che quella persona dà alla sua vita. È chiaro che indagini del genere, se vogliamo eseguirle con massimo criterio scientifico, sarebbero praticamente impossibili, perché troppo complesse. Difatti, quando di Dante si cerca di definire lo stile, non lo si fa certo dopo aver indagato al millesimo tutte le percentuali e tutte le statistiche: sarebbe un lavoro sterminato, umanamente quasi impossibile. Ci si accontenta di raccogliere un numero di prove grosso modo soddisfacenti per poter dire con una certa chiarezza qual è lo stile di Dante, cercando di parlare, nei limiti dell'umanamente possibile, con dati alla mano, quei dati che umanamente ci riesce di raccogliere, cercando di evitare affermazioni campate in aria. I risultati sono poi nient'altro che quello che a scuola ci fanno studiare a proposito di Dante; è scienza, pur con i suoi limiti; si parla in proposito di "scienze umane". Questo è ciò che io riterrei utile fare con la spiritualità e che mi sembra attualmente non fatto, o almeno fatto troppo scarsamente.

InVerno

Forse è arrogante scrivere questo commento cosi presto, sarebbe più saggio aspettare ancora un po, ma siccome il topic mi era piaciuto proverò a scriverlo in anticipo per vedere se riesco a "salvare il topic".
Ricordo il giorno che uscì il libro di Silvano Agosti "Lettere dalla Kirghisia" , il libro descriveva un utopico paese dove regnava la felicità e il buon senso, un paese a misura d'uomo (in questo caso, l'incipit di Angelo). Forse per il nome realistico, qualcuno pensò si trattasse di un reportage da un posto reale, e non di un utopia, e cominciò ad esclamare "Ma dov'è? Andiamoci a vivere!" - "Voglio crescere la i miei figli! come posso arrivarci?" . Poi qualcuno arrivò con la brutta notizia "La Kirghisia non esiste.. è un utopia" . Allora il tono degli stessi che prima erano entusiasti, tutto ad un tratto mutò all'improvviso .. "imbroglione! ci ha fregato! quel libro è spazzatura!" .. Con le utopie e in generale le buone idee è sempre così, si sarebbe pronti a viverle se qualcuno le avesse già costruite per noi, ma quando è il momento di impegnarsi in prima persona, si danno tutti alla macchia.

Angelo Cannata

InVerno, secondo me alla fine si danno tutti alla macchia perché vivere un ideale in prima persona significa spesso accorgersi di sue contraddizioni che erano invisibili quando esso stava soltanto nella mente. Cioè, il difetto non sta in una qualche vigliaccheria della gente ad impegnarsi in prima persona, o per lo meno, non serve cercarlo in quella direzione: cadremmo nell'errore di colpevolizzare, di cui ho parlato sopra. Se con un martello mi schiaccio un dito, può essere che io non lo sappia usare, ma può anche essere che si possano escogitare martelli a prova di inesperti, e di fatto questo tipo di ricerca è già stata praticata e la si continua a praticare.
A me sembra che il modo in cui oggi si parla di spiritualità possa essere migliorato, raffinato, riorganizzato, in modo da evitare fanatismi, fondamentalismi, conflitti, addebitabili non solo a difetti delle persone, ma anche alla spiritualità stessa, ed è in quest'ultima direzione che a me interessa ricercare.

giona2068

Non riesco a capire come si possa indagare sulla spiritualità senza averla prima definita.
Non riesco a capire come e si possa parlare di spiritualità  senza averla vissuta.
Non capisco perché ci si ostini a confonderla con tutto ciò che non è materiale.
Non riesco a capire perché gli atei pretendono di sapere tutto a riguardo delle cose dello spirito.
Comunque, titolo a parte, il topic era stato presentato come approfondimento sulla possibilità di attingere "idee" da religione diverse.
Chiarito che le religioni non vendono idee, ma contengono verità rivelate, per vie diverse, portano tutte - o quasi - all'amore, perché provengono tutte dallo stesso cuore. E' quindi possibile prendere qualcosa da tutte.  Si può prendere però da tutte a condizione che la persona sia in grado di credere. Se non si è in grado di credere, si può solo chiacchierare coinvolgendo Dante e/o altri senza addivenire ad una conclusione utile, ma sicuramente si arriva a disprezzare, criticare ecc...  creando in se stessi una pericolosissima esaltazione che nutre la superbia e l'orogoglio.

Freedom

#26
E' certamente vero che sulla parola spiritualità si potrebbero spendere trattati e, probabilmente, non si riuscirebbe lo stesso a giungere ad una definizione condivisa da tutti.

Mi permetto dunque di sottoporre alla vostra attenzione la definizione della lingua italiana:
http://www.treccani.it/vocabolario/spiritualita/
https://it.wikipedia.org/wiki/Spiritualit%C3%A0

che ci rimandano alla definizione di spirito:
http://www.treccani.it/vocabolario/spirito/
https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Angelo Cannata

Freedom, credo che vocabolari ed enciclopedie siano di ben poco aiuto per dare un significato alla parola "spiritualità", perché incappano in due difficoltà:

1) o non fanno altro che rinviare il problema, per esempio rinviando l'utente ad andarsi a cercare cosa significa "spirituale", o "spirito",

2) oppure parlano di "immateriale", o "oltre il materiale", lasciando aperta la questione se l'immateriale esiste e, se sì, in che modo e in che senso esiste.

Se c'imbarchiamo nella questione del punto 2), non la finiremo più e non concluderemo niente, perché equivale alla polemica mondiale tra atei e credenti, tuttora ben accesa in tutto il mondo, e non saremo certo noi qui a poterla portare a conclusione.

Per questo motivo io sto cercando una via che mi sembra possibile per tutti, cioè un discorso che non nega né postula l'idea di mondi, oggetti o soggetti immateriali. Quando dico che l'esperienza spirituale si può considerare semplicemente come l'azione di certi neuroni nel nostro cervello, con questo non nego che a tale azione possa corrispondere una relazione o un contatto con mondi o cose soprannaturali; non lo nego e non lo affermo: semplicemente lo ritengo poco utile ai fini del mio discorso, perché ogni dibattito in proposito sarebbe inconcludente, senza fine.

Per apprezzare la Divina Commedia non c'è bisogno di credere nell'esistenza di inferno, purgatorio e paradiso: anche un ateo è capacissimo di apprezzare tutto il valore letterario del capolavoro di Dante. Lo stesso ritengo possibile riguardo alla spiritualità, ma mi sembra che in questa direzione sia stato fatto finora poco o niente.

giona2068

Carissimo Angelo Cannata, posso chiederti se sei credente? Se sì, la risposta ce l'hai già, se la risposta fosse no, perché crearsi tanti problemi?
Spero mi degnerai di una risposta.
Giona2068

paul11

Forse, se ho ben capito ci vogliono due presupposti:
1) il riconoscere che siamo tutti spirituali in quanto innata ed esigenza
2) dirimere dalle tradizioni millenarie le nette divisioni che hanno costruito steccati

Ammesso che sia praticabile, ne riconosco difficoltà enormi, perchè i nostri sistemi di credenza(intendo come coscienza) non sono solo razionali, ma implichino "agganci" psichici.Così come la cultura ,il percorso storico, ha strutturato una forma di pensiero, così la spiritualità viene vissuta come "nocciolo duro".Il risultato è la difesa di appartenenza in quanto identitaria e sacrale.
Riuscire a costruire una diversa spiritualità, una modalità di viverla in modo più aperto, vorrebbe dire esercitare in modo più critico ed autocritico ciò che ha costruito in noi la spiritualità.
Per me è è facile fare questo esercizio, ma per mie esperienze personali e per una mia modalità di vivere la conoscenza, perchè
implica il concetto di esistenza, la consapevolezza che noi non viviamo in certezze, ma su palafitte spazzate dalle intemperie, che forse crediamo a illusioni, ma nello stesso tempo anche se lo fossero  ne abbiamo necessità per proiettarci  in un futuro e viverlo sperando migliore. Insomma c'è dentro ragione, psiche e sentimento nella spiritualità e non è possible "lavorare" solo sulla ragione senza implicarne anche gli altri attributi perchè è "viscerale" tanto più una credenza è il nocciolo duro strutturato su altre modalità di viverla, cioè motivazioni, atteggiamenti

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