spiritualità e ascetismo

Aperto da davintro, 29 Agosto 2017, 02:14:28 AM

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davintro

Citazione di: Angelo Cannata il 30 Agosto 2017, 18:28:48 PMSi può porre la questione in questi termini: il corpo è in grado di far concorrenza ad altre attenzioni umane sia quando sta male che quando sta bene; quando sta male per risolvere il problema dello stare male, quando sta bene perché un ciliegia tira l'altra, cioè ogni piacere ha la capacità di attrarre a sé l'attenzione proprio perché è piacere. Da un punto di vista naturale non ci sono criteri perché un'attenzione debba valere più di un'altra: in natura le attenzioni si fanno libera concorrenza e vince quella più favorevole alla sopravvivenza in questo mondo. Io però non sono l'universo naturale, ma solo una sua parte; la mia storia personale non è la storia di tutto l'universo naturale. La mia storia personale mi ha dato una particolare inclinazione a riservare attenzione alla cultura, alle arti, alla spiritualità, e allora gestisco le attenzioni riservate al corpo in modo diverso. In questo contesto si pone poi anche il confronto con le altre persone, che hanno altre storie e quindi altri modi e criteri per gestire il rapporto tra le attenzioni. Nel fare il confronto, in base a quanto ho detto sopra sull'indifferenza della natura, non ho alcun diritto oggettivo di accusare alcuno di dedicarsi eccessivamente al corpo o di essere troppo egoista; posso solo presentare le mie particolari sensibilità e metterle a confronto con quelle altrui. Avrei qualche riserva sull'affermazione
Citazione di: davintro il 29 Agosto 2017, 02:14:28 AMEcco perché la spiritualità al suo massimo grado è razionalità
Magari una o certe spiritualità possono ritenere come massimo grado la razionalità, ma la razionalità è solo una minima parte di ciò che nell'uomo può essere chiamato spiritualità. Spiritualità significa vita interiore e la vita interiore non è fatta certo solo di razionalità, né c'è motivo di considerare la razionalità il suo massimo grado. Anzi, quest'affermazione si può considerare un sintomo di ciò che ho detto sopra sulla concorrenza tra le attenzioni: come il corpo, per benessere o per malessere, è in grado di accentrare su di sé le attenzioni della persona e distrarla da altre componenti che a mio parere ne meriterebbero di più, allo stesso modo la razionalità, nel momento in cui viene usata, è in grado di attrarre, farsi apprezzare, al punto da convincerci che essa sia il massimo della nostra spiritualità. Insomma, anche la razionalità è fatta di ciliegie, di cui una tira l'altra fino a distrarre dalla stima per l'irrazionale, il profondo, l'illogico, l'incontrollato, lo spontaneo. Questo forum, impostato come "riflessioni" o "Logos" può essere a rischio di iper razionalismo, ma ho visto non rari post impostati come poesie, narrazioni, libere espressioni di emozioni. Su questo poi nasce il problema del rischio di cadere nel superficiale, nella mancanza di qualità: come valutare la qualità di ciò che si pone come irrazionale? Possiamo pensare che un valido aiuto ci venga proprio da una buona gestione del rapporto con il corpo e da una razionalità che sappia ospitare in sé anche l'autocritica.

certamente la spiritualità è vita interiore che non si riduce alla razionalità, ma è proprio la razionalità quella facoltà che si incarica di permettere al soggetto di assumere un certo livello, sempre finito e imperfetto e provvisorio fintanto che si sta in questo mondo, di dominio di sé, non di cancellare la molteplicità di desideri, di  impulsi, di prese di posizioni volontarie, ma di comporle in un'armonia, un'unità che rappresenti il più adeguatamente possibile i valori profondi della nostra personalità, un'armonia nel quale i valori inferiori non siano negati, ma subordinati a quelle superiori senza confliggere con questi ultimi. La perdita di quest' armonia comporterebbe la lacerazione, la dispersione di tale vita interiore, che senza un'ordine, una gerarchia di valori vedrebbe annullata la sua sensibilità morale. Ogni sensibilità morale indica che per ciascuno di noi ci sono delle cose più importanti di altre, e che in caso di conflitto, di bivio esistenziale, quando occorre compiere scelte occorre comprendere bene quali sono le priorità, i valori superiori PER ME più importanti degli altri. Non penso sia la razionalità a giustificare in termini di oggettività una morale personale rispetto a un'altra, ma ha comunque un compito fondamentale, quello di chiarire a me stesso, tramite la riflessione profonda, l'introspezione ,quali sono per me i valori che maggiormente mi rappresentano e dunque quelli che la volontà autentica dovrebbe riconoscere come primari punti di riferimento delle sue scelte. La razionalità dunque approfondisce il senso di interiorità (dunque di spiritualità) della nostra vita, proprio in quanto è ciò attraverso cui l'Io tende criticamente a chiarire sé a se stesso, guardandosi dentro, in profondità, abbandonando i livelli superficiali della sua esistenza, nei quali resterebbe fermo continuando irrazionalmente a essere "sballottato" dal caotico, cioè privo di forma, ordine e unità, corso di impressioni sensibili, che dal mondo esteriore ci colpiscono nell'immediatezza irriflessa

Angelo Cannata

Sono completamente d'accordo con ciò che hai scritto, ma mi rimane il timore che il senso delle tue frasi o di singole parole possa essere frainteso e piegato verso orientamenti che personalmente troverei distorti.

Credo che la tua parola principale che debba salvaguardare il senso di tutto ciò che hai scritto sia "criticamente", il che suppone anche autocritica.

Hai parlato per esempio di armonia. Anche Hitler era senza dubbio un fanatico dell'armonia, solo che per lui armonico significava ariano e disarmonico significava ebreo. Ma non c'è bisogno di chiamare in causa Hitler: ognuno di noi tende a considerare armonico tutto ciò a cui è stato abituato, cosicché disarmonici o estranei vengono a risultare usi, costumi, modi di vivere diversi dal nostro. Possiamo pensare ad esempio come a ciascuno di noi, su questo pianeta, risultino alquanto disarmonici i suoni delle lingue straniere, mentre per ogni essere umano la lingua materna risulta armonicissima. È istintivo trovare disarmonico un colore della pelle diverso dal nostro, che non siamo abituati a prendere in considerazione con frequenza. In tutte queste situazioni mi sembra che ciò che ci possa salvare sia l'attitudine alla critica e all'autocritica.

Lo stesso ragionamento si può fare riguardo all'idea di valori superiori e valori inferiori e riguardo all'idea stessa di razionalità.

A questo punto sorgerebbe un'obiezione, una protesta contro questo fare autocritica, che poi alla fine non è altro che relativismo: questo mio ragionamento che fa autocritica può essere tacciato di pretesa di imporre forzatamente la rinuncia ad ogni certezza. Si tratta della "dittatura del relativismo" di cui parlava papa Ratzinger. Credo che la via per uscire da questa impasse della dittatura sia quella di ammettere che, se di dittatura vogliamo parlare, nell'esistenza umana non è possibile sottrarsi totalmente a qualsiasi dittatura, possiamo solo scegliere a quale dittatura sottometterci. C'è per esempio la dittatura della nostra storia personale: ognuno di noi è condizionato da una sua storia personale e non è possibile esistere umanamente senza tale condizionamento, perché non è possibile esistere come esseri umani in questo pianeta senza avere una storia personale. L'individuazione di valori, idee che trascendono la nostra storia personale può essere usata come dimostrazione della possibilità di tale trascendimento, ma può essere anche tacciata di essere nient'altro che una pretesa di spacciare la propria storia personale come trascendimento, spacciare il proprio particolarismo per universalismo.
In questo contesto proprio un riesame del termine "ascetismo" può essere d'aiuto. Questo termine può essere riscoperto nel suo significato etimologico di un continuo lavorare, forgiare, curare, che sarà anche un continuo autocriticare. Ascetismo ha assunto un senso di fuga dal corpo, da ciò che è materiale, ma ora ci accorgiamo che questa fuga può nascondere la pretesa di fuggire dalla storia, dalla propria particolarità, di cui il corpo è un simbolo estremamente espressivo, per individuare idee universali, che pensiamo di identificare con il mondo dello spirito, che verrebbe a coincidere con il mondo delle idee di Platone, mondo delle idee universali in quanto non condizionate dal nostro corpo. Il problema è che storicamente si è verificato che abbiamo identificato l'idea universale di "uomo" con l'idea di "uomo bianco", "uomo ariano"; le idee di logica e razionalità con le idee di logica e razionalità occidentali, greche. Non abbiamo motivi per pensare che noi oggi siamo meno esposti all'inganno di spacciare per universalismi i condizionamenti della nostra storicità, più di quanto lo furono i nostri antenati.

green demetr

Tutti i post sono stati veramente ottimi, complimenti a tutti.

Certamente l'ascetismo non è affatto finito, in quanto è ancora ben presente fino alla sfida fisica, nella morale cattolica.

Il punto infatti non è tanto quello del supposto sincretismo tra spirito e corpo, ma in cosa consisterebbe la spiritualità in sè.

Cosa che rimane sempre non detta, a testimonianza del fatto che rimane solo una bella parola nella società dei consumi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

#18
Sulla linea di quanto ho detto riguardo ai condizionamenti storici, in cosa consista la spiritualità va indagato cercandone la storia.

In breve, la parola spiritualità è nata nel cattolicesimo.

Ma la spiritualità come esercizio, esercitazione vitale sul rendere le idee qualcosa di vissuto, viverle come esperienza interiore e non solo come concettualità, è già presente nella filosofia greca: questo ci ha mostrato Pierre Hadot.

Dopo la sua origine cattolica, la parola spiritualità ha subìto un ampliamento dell'uso, includendo in sé non solo l'esperienza religiosa, ma anche qualsiasi cosa che si possa intendere come elemento importante della vita interiore, aspetto della vita interiore che influisce sul senso dell'esistenza.

Quest'ampliamento dell'uso ha conservato in sé la tendenza platonizzante già presente nel cattolicesimo, come fuga dal corpo, cosicché anche i significati secolari, laici, generici del termine hanno continuato a portare con sé un'idea di non corporalità: è comune oggi riscontrare come intendimento di spiritualità "tutto quanto di umano che va oltre il corporeo o non è corporeo".

Quest'intendimento popolare del termine risponde al meccanismo massificatorio di far propagare il peggio: la laicizzazione massificata della parola spiritualità ha preso il peggio di quanto era presente nel suo originale significato cattolico. Infatti la spiritualità cristiana non è solo fuga dal corpo, ma anche valorizzazione di esso e orientamento verso la concretezza, la storia. Questo significato della spiritualità continua a circolare tra le menti che si sforzano di non scivolare nella massificazione.

È possibile riscontrare facilmente in rete la presenza di questa duplicità di significati: se si cerca spiritualità su Google, si troveranno molti siti che la intendono come fuga dal corpo, o esoterismo, o riferimento a realtà metafisiche di cui si pretende di poter determinare non poche caratteristiche. Questo è il senso che la massa ha recepito. Ma in rete si trovano anche la voce spiritualità di Wikipedia e tanti altri siti, di cui è facile notare come intendano la spiritualità in maniera più impegnativa, che valorizza l'umanesimo, le arti, la psicologia, la filosofia, la critica, un intendimento molto diverso da quello dei siti massificati.

Questa è la situazione in cui ci troviamo oggi. A questo punto a me sembra che ognuno non faccia altro che seguire ed eventualmente esplorare, più o meno consapevolmente, la linea massificata oppure quella più impegnata, in base alla formazione con cui la sua storia personale lo ha plasmato.

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