Sono un essere inadeguato

Aperto da Sariputra, 02 Maggio 2016, 16:49:42 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Sariputra

-Seconda parte-

Martin Heidegger

Discorso di ringraziamento*


    In questi giorni ripenso spesso alla festa così ben riuscita del mio settantesimo compleanno. Mi sembra oggi, eppure dista un decennio. In questo breve lasso di tempo, il mondo senza pace ha subìto rapide trasformazioni. La più antica attesa, certo già fragile, che il patrio della patria [das Heimatliche der Heimat] possa essere ancora immediatamente salvato, non possiamo più nutrirla. Appropriate, parlano le parole che nel 1946 scrissi ad un amico francese: "La spaesatezza [Heimatlosigkeit] è il destino mondiale".1 L'uomo moderno sta per stabilirsi in questa spaesatezza.
    Ma questa spaesatezza si nasconde dietro un fenomeno che il mio amico Tsujimura già indicava e che io sinteticamente chiamo "civiltà mondiale"; da un secolo essa ha fatto irruzione anche in Giappone. "Civiltà mondiale" vuol dire oggi predominio delle scienze della natura, predominio e preminenza dell'economia, della politica, della tecnica. Tutto il resto non è neanche una sovrastruttura [Überbau], ma solo una fragile impalcatura [Nebenbau].
    Noi stiamo in questa civiltà mondiale. Con essa deve confrontarsi il pensiero. Questa civiltà mondiale ha intanto assoggettato la Terra intera. Perciò, signor Tsujimura, la nostra difficoltà [Not] è la Sua. Ella ha preteso un bel po' dai cittadini di Meßkirch e anche da me, tentando di rendere comprensibile il buddhismo zen con qualche esempio. Non posso qui entrare nel merito; vorrei, però, ricordare un fatto che forse Le è noto. Nel 1929, come successore del mio maestro Husserl a Friburgo, tenni la mia prolusione dal titolo Was ist Metaphysik?. In questa lezione, il discorso riguardava il nulla; ho tentato di mostrare che l'essere, a differenza di ogni ente, non è un ente e che in questo senso è un niente. La filosofia tedesca e anche quella straniera tacciarono questo discorso di nichilismo. L'anno successivo, nel 1930, un giovane giapponese di nome Yuasa, proprio dell'età e dell'aspetto di Suo figlio, tradusse in giapponese questa lezione, che aveva ascoltato frequentando il primo semestre. Egli comprese quel che la lezione voleva dire. Questo basti come risposta al Suo discorso. La ringrazio e La prego di salutare gli amici giapponesi e innanzitutto il Suo diretto maestro, del quale Lei è successore, il professor Nishitani, e di custodire con me il ricordo del suo maestro, il professor Tanabe, che nel 1922, quando io stesso ero ancora un principiante, venne a Friburgo, dove cercai di avvicinarlo ai caratteri fondamentali e ai metodi del pensiero fenomenologico. Egli divenne il pensatore più significativo del Giappone ed è morto in solitudine; verosimilmente in quel modo che Ella prima tratteggiava.

(trad.di Carlo Saviani- tratto da Centro Studi Asia)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#76
Sono così inadeguato..
inadeguato persino a placare la mia sete.
E cos'è questa sete che mi tormenta,
che tormenta la mia vita?
Da dove viene?
Dove vorrebbe condurmi?...

Infinita è la mia sete di silenzio,
infinito è il mio bisogno di pace.
Come scacciare la fretta dalla mia vita?
Come estirparne il frastuono?
Ho camminato nella notte,
fino a morirne,
ho guadato i torrenti,
ho scalato ripidi sentieri,
ho sofferto la pioggia
e il freddo.
Sfinito ho incontrato la foresta di abeti rossi.
Spossato...mi sono fatto foresta,
son divenuto albero.
Amavo la mia corteccia rugosa, in un'apocalisse minerale,
una pietrificazione vegetale.
Le mia braccia erano rami,
i miei piedi radici affondate nel muschio.
L'intera volta celeste vibrava
come fosforescenze nella notte.
Ed ero perduto...
O Bontà! O Senza Nome!
Eri nel mio cuore,
ed io ero nel cuore di questa Bontà.

La casa non è fuori,
è dentro;
non è il mondo, siamo noi.
Solo io posso riempire  la casa del silenzio.
Il silenzio riposa, pacifica, guarisce, consola.
Il silenzio protegge la vita,
aiuta a pensare,
rende migliori.

Il silenzio è una terra di leggenda,
e di gloria.
E' un paese fermo a mezza strada tra la terra e il cielo.
Ha voci d'acqua e di bronzo,
dolce e duro,
giovane e vecchio.
E' un paese taciturno,
poichè il canto delle acque...
non è che un eccesso di silenzio.
Una cantilena di dolcezza,
sussurrata in cadenza.

(Foresta di Paneveggio- Sari e V. in vacanza)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Boschi e valli
richiamano alla mente
selve di pensieri
e ombre di morte.

Il muschio intriso
di gelida pioggia
verdeggia a Nord,
tra le radici contorte.

Silenzio senza tempo,
respiro di vita,
sibilo tra gli abeti
incendiati dal tramonto.

Un lutto del cuore
sprofonda nella solitudine,
cercata e mai trovata,
veramente lontana.

(Foresta di Paneveggio)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

QUANTO HO ODIATO LA VITA!

Quanto ho odiato la vita!...Per tanto tempo l'ho odiata. Provavo disprezzo per la gente e per me stesso. Ogni essere inadeguato prova disprezzo per se stesso e per coloro che lo circondano. Non prova disprezzo solo per coloro che , a suo insindacabile giudizio, gli sembrano ancor più infelici. Allora i poveracci, i malati, le persone sole, quelli che non ci stavano del tutto con le 'rotelle' mi parevano i soli per i quali avesse qualche valore la vita. Di più...che la vita avesse valore solo perché c'erano questi esseri così ai margini, così rifiutati. Senza saperlo ero profondamente cristiano...ma non volervo esserlo! Sentivo quasi , alla Therese Martin... " che tutti i fiori da Lui creati son belli, che lo splendore della rosa e il candore del giglio  non rapiscono al'umile mammoletta il suo profumo, e nulla tolgono alla meravigliosa semplicità della pratolina. Compresi che, se tutti i piccoli fiori volessero cambiarsi in rose, la natura perderebbe il suo ornamento primaverile,  ei campi non sarebbero più smaltati di fiorellini." ..lo sentivo ma non sapevo ancora darmene conto.
Naturalmente, come tanti giovani, ero anche molto sentimentale. Vedevo la sofferenza mia e degli altri in modo romantico. Vedevo qualcosa di eroico in questo porsi in modo amorevole e nello stesso tempo pieno di disprezzo. Insomma le pratoline erano incaricate di portare disprezzo per "lo splendore della rosa e il candore del giglio" in quanto il bello , pensavo, stava nell'essere pratolina. Mi sentivo più un giallo fiore di tarassaco che non un enorme girasole. Quasi gli gridavo: "Dove credi di andare ergendoti verso il cielo? Non capisci che la perfezione sta nella mia umiltà di tarassaco, piena di disprezzo?"...
Ad un certo punto pensai di essere sceso così in basso che, la mia semplicità di giallo fiore di tarassaco, avrebbe potuto almeno una volta far posare lo sguardo di Lui su di me. Perché con il discendere tanto in basso il Signore mi avrebbe mostrato tutta la sua grandezza.
Mi pareva che l'amore fosse proprio dato da questa capacità di abbassarsi e che quindi l'amore più grande doveva essere quello che più si abbassava...
Ma non avevo fatto i conti con il mio disprezzo. Il disprezzo piegava verso il fango del terreno inzuppato dalla pioggia il mio fiore. Ero curvo sulla vita e, per non voler vedere la rosa e il giglio...non vedevo più nemmeno l'azzurro del cielo!
Venne allora il vento dell'amore a raccogliermi , sperduto com'ero tra gli innumerevoli tarassachi inclinati, tutti in attesa di esser raccolti nei cesti dalle contadine...
Venne la gioia di sentire il calore e, man mano che questo cresceva, il disprezzo...diminuiva. Vedevo le giovani contadine che ci raccoglievano nei cestini e che con le rose e i gigli si intrecciavano i capelli e...tutti noi eravamo necessari. Non c'erano più fiori inadeguati!
Oh!...miseria che alfine mi hai lasciato, sospiravo..
Tutti i fiori erano allora belli e lo splendore del prato non dipendeva solo dai più pregiati, ma anche da quelli più umili. Del resto, nella parabola degli operai a giornata, Yeoshwa non aveva detto che il padrone è libero di ricompensare allo stesso modo sia quelli che hanno lavorato fin dal mattino, sia quelli che sono stati ingaggiati all'ultima ora, dicendo: «O sei invidioso perché io sono buono» (Mt. 20, 15)?
E se allora ricompensava allo stesso modo sia le rose e i gigli che gli innumerevoli fiori gialli di tarassaco come me e le pratoline, perchè provavo disprezzo e odio verso la vita e la bellezza degli altri?
Ero forse invidioso? ...Sì, lo ero stato, ma ora...ora vedevo la mia illusione, la mia disperazione si svelava e mi abbandonava. Adesso vedevo e capivo che non c'è niente di meno ad esser un inadeguato tarassaco e niente di più nell'esser un candido giglio risplendente di adeguatezza.
Così l'odio verso la vita mi abbandonò e iniziai a gioire di esser giallo e buono da mangiare e di diventar soffione per far divertire i bambini e leggero, trasportato da un bisbiglio... 

Sembra che il nome tarassaco derivi dal greco tarasseo che significa IO GUARISCO...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

"LEZIONI" DI DHARMA

Uno di questi sabato infuocati, mi è stato chiesto da mia figlia se potevo portare lei e due sue amiche, che chiamerò Giorgia e Anna, in montagna per una gita con relativo picnic.
Cosa non fa un buon padre per attirare la benevolenza dei figli? A quali sacrifici non si sottomette per renderli felici? 
Considerando poi che, tutto sommato, gradivo anch'io godere di un pò di frescura, l'ho accontentata.
L'unica condizione postami era quella...di non rompere e di starmene buono  e 'fuori tiro', così da non poter origliare le loro confessioni adolescenziali.
Così, munitomi del bel libro "Estinguere il dolore", delle sorelle Pecunia,  mi sentivo pronto per una rinfrescante parentesi di solitudine...
Dopo il picnic però è successa una cosa singolare, curiosa e inaspettata. Proprio vedendomi immerso nella lettura, una delle fanciulle si è avvicinata alla panchina ammuffita dove sedevo e,  sedutasi a gambe incrociate davanti a me, se ne stava in silenzio...forse per timidezza verso di me o per rispetto...non saprei dire...
Dopo un pò è  arrivata anche l'altra con mia figlia, decisamente la più recalcitrante tra le tre.
Buttate sull'erba, una addosso all'altra, ridacchiavano sottovoce finché...quella che chiamo Giorgia ha trovato il coraggio, spalleggiata adesso dalle altre, di chiedere...
Questo è il resoconto del curioso dialogo intercorso tra noi:
-Sei buddhista?-
-Leggo libri sul buddhismo e cerco di fare un pò di meditazione.-
-Ma cosa vuol dire? Lo sei o non lo sei?...(risatina di mia figlia...)
-Buddhista è un termine convenzionale. Diciamo che cerco di praticare il Dharma...-
-E cos'è 'sto Dharma?-
-E' l'insegnamento dato da un uomo che si chiamava Siddhartha e che veniva chiamato il Buddha.-
-Allora sei buddhista...-
-Non esattamente...cerco solo di praticare il Dharma.-
-Non capisco la differenza...-
-Neanch'io...(Anna)-
-Neanch'io...(mia figlia che si scompisciava dalle risa...)-
-Per definirsi buddhista buddhista, proprio proprio, bisogna prendere ufficialmente il Triplice Rifugio. E io non l'ho mai preso... ufficialmente...-
-Nemmeno io ho preso i voti, però mio papà dice che son cristiana lo stesso...-
Risata generale.
-E lo sei?-
-Non lo so. Quando sto bene credo in Gesù ma...quando sto male non ci credo più!-(Giorgia)
-Io penso che Dio ci guarda dal Cielo ma non interviene perché vuol vedere fin dove arriva la cattiveria dell'uomo...- (Anna).
-Io non so niente perché son mezza cristiana e mezza buddhista (mia figlia che, come il padre, ama a volte fare un pò la buffoncella...).
-Mi sono incuriosita dal titolo del libro che stai leggendo...che cosa vuol dire estinguere il dolore?-(Giorgia)
-Che la sofferenza che proviamo adesso cessi e che non sorga sofferenza nel futuro.-
-Cioè...se capisco... adesso ho , per esempio, mal di testa, prendo...che so...della tachi   e mi passa ma...come faccio che non me vengano altri?...-(Anna)
-Prendi sempre tachi...due al giorno. mattina e sera...ah! ah! -(mia figlia)
-Dai stupidote! Il papà di V. sta parlando della tristezza , non del mal di testa. Devo far sì che la tristezza di oggi mi passi e che non sia triste anche nel futuro...per esempio quando ricomincia la scuola...e rivedo la Zoncalli...madonnaaaa, che ansia!...-(Giorgia)
-Già..la tachi non funziona con la Zoncalli, purtroppo..-(Anna)
-E come fai per far sì che la tristezza di oggi ti passi e che la tristezza di domani non sorga più?-
-Io penso a Shawn Mendes...e mi sento un pò più allegra.Ma non dura tanto...-(Giorgia)
-Io...anche se penso a cose belle... son sempre triste lo stesso...-(Anna, con un ombra che sembra staccarsi dal bosco d'abeti per venire a rabbuiare i suoi splendidi occhi, pieni di giovinezza...).
Mia figlia l'abbraccia e Giorgia la pizzica amorevolmente guardandola con tenerezza.
Un silenzio carico di condivisione...
Ecco la sofferenza apparire...
-Ma la tristezza, Anna, pensi che sia una cosa tua?-
-Non capisco cosa intendi...-
-Non lo capisco mai neanch'io...è decisamente fuori!-(mia figlia)
-Cerco di spiegarmi...se fosse tua potresti decidere in qualche modo di farla finire quando vuoi, no? Potresti avere qualche potere su di essa... Invece non riesci a farla finire, vero? Sembra che puoi solo sapere che c'è, che è là, da qualche parte dentro di te...-
-Sì, non riesco a farla finire.-
-E ovviamente ci son tanti motivi per cui ti senti triste, non è vero?
-Sì, mi sembra ce ne siano sempre di nuovi...Ne passano alcuni e ne arrivano degli altri..
-E questi motivi importanti pensi siano delle cose tue?-
-Succedono a me...e  non alla Giorgia che infatti è sempre felice.-
-Ma quando? Che ne sai?...A volte son triste anch'io. Cerco di non pensarci.-(Giorgia)
-Avete guardato , questa mattina mentre facevate la passeggiata insieme, questi boschi?-
-Più che altro abbiam fatto casotto!- (Risata di tutte e tre)
-Tu fai casotto, luce...non tirarci dentro! Ah  Ah! -(Anna)
-Avete visto quanto era inzuppata la terra e fradici i rami degli abeti?-
-Sì, era tutto fangoso.-(Giorgia)
-Secondo voi, la pioggia caduta era della terra o degli abeti?-
Silenzio ..mia figlia le guarda scuotendo leggermente il capo, come dire:"non fateci caso...fa sempre così".
-Che cosa vuoi dire?- (Giorgia)
-Se tu, Anna, invece di pensare che la tristezza sia tua la vedi invece come la pioggia che va e viene, che ti inzuppa... e poi t'asciughi...forse è un pò meno triste?-
-Non c'ho mai pensato...-(Anna)
-Questo è buddhismo?-(Giorgia)
-Tagliamo la torta di V. che il cielo si sta chiudendo. Al pomeriggio viene sempre a piovere...-

"Chi può distinguere il mare da ciò che vi si riflette? O dire dove finisce la pioggia e comincia la tristezza?"  (Haruki Murakami)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Ciao Sari,

interrompo questo tuo "spazio", per dirti che queste ultimi due "contributi" sono veramente fantastici.

Del primo ho trovato veramente bella la riflessione del pericolo dato da invidia e disprezzo quando si cerca di "abbassarsi". L'invidia e il disprezzo purtroppo ci fanno compiere l'abbassamento solo a livello "esteriore". Ma non è vissuto e autentico se influenzato da questi due "inquinanti" (per usare un termine Dharmico). In realtà, se non si sta attenti si rischia di innalzarsi anziché abbassarsi. L'esperienza dell'amore (ricevuto e dato) aiuta a lasciar andare invidia e disprezzo.

Del secondo mi è davvero piaciuta molta la "sintesi" tra il Dharma e la quotidianità. Anzi, forse "quotidianità" è un po' un termine errato. Per dare una "lezione", la situazione sembra esattamente l'opposto di quella "ideale". Ma in fin dei conti:

CitazioneIl monaco chiese ancora: "Perchè il primo patriarca Bodhidharma è venuto in Cina?"
Chao Chou rispose: "cipresso nel giardino"

mi ricorda un po'...

Citazione di: Sariputra il 05 Agosto 2018, 19:10:01 PM-Questo è buddhismo?-(Giorgia)
-Tagliamo la torta di V. che il cielo si sta chiudendo. Al pomeriggio viene sempre a piovere...-
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

TRA ME E ME
Eccomi di nuovo qui, in questo ultimo giorno d'estate 2018, nello stesso luogo e seduto sulla stessa panchina dov'era iniziata questa sfolgorante stagione.
Stagione ballerina come quella del 'paròn' che se ne sta al centro del petto...
Ora, osservandola al declino, ho come la sensazione che, al suo finire, si apprezzino e si godano di più tutte le sue malìe e le sue seduzioni.
Più che nel passato questo lo avverto in modo  limpido, forse perché è iniziata con la morte di papà...
E adesso mi par quasi di capire meglio quel che mi soleva dire nei suoi ultimi anni, condivisi insieme: "Non ho mai assaporato la dolcezza della vita come in questi miei ultimi giorni..."
E tutto nonostante gli infiniti acciacchi e dolori!
Che buffa questa vita...sembra amarti di più proprio quando deve lasciarti...o sei tu che l'ami di più...

Adesso è rispuntato il sole da uno squarcio tra le nuvole e...cos'è?.. Cosè questo frastuono di campanacci?...Una marea di vacche sta scendendo dagli alti pascoli. E' la transumanza...la transumanza!..Corro sul bordo della strada. Ci sono già appostati i bimbi pronti con gli smartphone per fotografare...e le ragazze che ridono per un selfie con le vacche che non riescono a fare. Troppa paura per avvicinarsi...Persino due attempati signorotti sono arrivati per fare scudo con il corpo alla mercedes nera parcheggiata, un pò preoccupati.
Mi sono dimenticato che oggi inizia il ritorno a casa delle vacche dall'alpeggio nelle malghe. Mi sono dimenticato...di tante cose lette ed amate...dimenticato, nonostante vi abbia aiutati a tirare avanti per sette lunghi anni di sofferenza, di dirvi quanto vi ho voluto bene...
E sempre per quella forma di timidezza che mi assale, quando invece...

Questa mattina...la passeggiata per quel sentiero mi ha veramente ristorato. Era da tanto che non mi sentivo così bene fisicamente. Quando sono entrato nell'ombra degli abeti, lasciando la luce accecante dei prati, e la frescura dell'umidità mi ha toccato gentilmente, mi son quasi sentito al sicuro, al riparo.
Avevo bisogno di questa solitudine. Che poi solitudine completa non è mai. C'è sempre quel chiacchericcio di sottofondo nella testa...c'è sempre qualche incontro .
Una donna sola sta scendendo lesta il cammino. buongiorno! Bongiorno!!..
Mi sembra ci sia sempre un pò d'imbarazzo quando un uomo e una donna, soli, estranei l'uno all'altra, s'incontrano lunga una via solitaria, silenziosa.
Perché? Paura e nello stesso tempo attrazione naturale? E allora ci si scruta già da lontano, chiedendosi magari quale tono di voce usare per salutare. Come ci si sente umani...e mendicanti, in quei momenti. Come allora la donna devia leggermente dal sentiero, gira un attimo alla larga, con finta noncuranza, per un pò di timore senz'altro...
Beh! Son alto e  abbastanza grosso, dopo tutto...posso capirla. Ma perché 'sta cosa mi colpisce? E' così spaventosa la vita che non ci si fida mai veramente? E magari si ha solo il desiderio di una parola...

Poi arriva il Silenzio, spezzato solo, a sprazzi, dal gracchiare di una cornacchia.
Non son mai riuscito a vedere un urogallo...ma esistono sul serio gli urogalli?..
Solo in questo silenzio posso cercare una presenza che mi oltrepassi. C'è questa necessità, non si sa da dove viene, forse da quella profondità insondabile della mente, profondità che risale dalla notte dei tempi...questa necessità di cercare l'Altro.
Son sempre più convinto che abbiamo un disperato bisogno dell'Altro. Ma perché lo cerco?
Lo posso cercare se, in qualche modo che non riesco ad afferrare, ma che c'è, là in fondo da qualche parte, non l'ho già conosciuto?

Solo qualcosa di Totalmente Altro permette di uscire dalla casa...
Anche se questa casa, a volte, mi pare confortevole e addirittura bella...e lo è...è bella di una bellezza sconvolgente. Lo stesso proviamo un'inesprimibile nostalgia...per cosa?..
Mi immagino questa nostalgia prendere forma, diventare questa luce che filtra tra due silenziosi abeti rossi. Infatti l'ho conosciuta così, da piccolo, in quell'estate che mi pareva infinita; passata sul lago di Baselga di Pinè. E per me Dio era diventato, nelle mie fantasie di bambino, proprio quella luce dolce che avevo visto...
Non poteva esserci altro Dio che quello, per me. Se sei stato per venti giorni bendato e cieco,e poi...poi vedi quella luce...beh! Quello per te non può essere che Dio...

Non è possibile uscire da questa casa di dolore se non c'è questo Totalmente Altro. Non è semplicemente possibile...
E proprio questa impossibilità d'uscire non fa che parlarmi di Esso.
Ma se la casa è tutto quel che posso sperare, perché mi sento chiamato a questo bisogno d'uscirne? Di respirare aria fresca e pulita? Da quale profondità viene questo bisogno di salvezza?
Guardando ora, di nuovo, dopo tanti anni, quella luce tra gli alberi mi viene quasi da ripetere la preghiera che fece Carlo De Foucauld, fratel Carlo, ateo, nel deserto magrebino, turbato dalla preghiera silenziosa, assurda, dei muslim: "Dio, se ci sei, fa che io possa conoscerti."
Ed è proprio questa passione di conoscere l'Altro, che è vera passione, e sofferenza, e molto altro ancora, che ridà alla casa un senso. Senso che non può essere nascosto al suo interno, proprio perché questa Luce non ha casa, non ha nessuna dimora confortevole. E' una luce mendicante...
Non c'è alcun modo di uscire da questa gabbia di dolore che continuamente costruiamo. Non se non c'è l'Altro, posto  di fronte a me...

C'è questa fatica del vivere: "Ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte". E quale sforzo infatti per uscire da questa fatica dell'esistenza. Cos'è in definitiva questo pane di cui abbiamo bisogno e che ci dobbiamo guadagnare?..

Pranzo in malga. Sono solo: "Solo piatto freddo: affettati, formaggio e polenta" mi spiega la giovane cameriera bianca e rossa. A fine mese chiudono.
Mai assaggiato una sopressa simile: si scioglie in bocca! Ne acquisto un paio d'etti da portar giù in Villa, da far assaggiare...
Quando esco un vecchio cane mi segue per un pò. Poi mi morde! Leggermente, quasi con gentilezza, ad un polpaccio. Senza ringhiare, nel Silenzio. Non è niente di che, ha solo stretto un pò...
Sento un pò di fastidio alla gamba.
Anche nel mezzo di una giornata meravigliosa c'è sempre quel pò di dolore...tanto o poco che sia. Niente di strano...è la nostra condizione. Il cane sta lì a ricordarmelo, nel caso mi fossi troppo smarrito nel bosco...
Grazie vecchio! Sei stato il mio guru, per oggi...
Sorrido tra me e me.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Sul coraggio della fede

Spesso, quasi sempre in verità, si pensa che la fede sia qualcosa che sta alle spalle del soggetto. Una sorta di condizionamento che lo sospinge verso attività che lui stesso non comprende fino in fondo. In realtà la fede si pone di fronte al soggetto e la sua non è una forza di spinta, ma bensì d'attrazione. Infatti la fede non implica semplicemente il credere nell'esistenza di una cosa o nella verità di una qualsiasi formula, ma implica anche la fiducia nel potere del suo oggetto. Nel caso della fede religiosa mi sembra consista essenzialmente nell'avere fiducia nel potere del bene o, detto in altro modo, nell'aver fiducia nell'efficacia di questo potere come trasformatore della nostra esistenza o, per usare un termine dhammico (buddhista), come liberatore.
Molte persone si definiscono 'credenti' o 'religiose'. Si definiscono cristiane o buddhiste o musulmane, ecc. ma pochissime hanno realmente questa sorta di fede genuina nel potere del bene di tarsformare la loro vita e di conseguenza, a cascata, le persone che stanno intorno e la società stessa. Quanti hanno il coraggio di affidarsi a questo potere del bene? A questo potente flusso di attrazione? Al contrario molti credono segretamente e intimamente, nonostante una dichiarata, ma vaga, sorta di 'fede', che la forza e il potere del male, in loro stessi e nel mondo, sia troppo forte. Un potere così forte e strutturato che è impossibile, di fatto, mettersi a combatterlo interiormente. Questo appare evidente, per contrasto con la 'fede' dichiarata, in special modo proprio nelle persone che si definiscono come 'credenti' o 'religiose', con le ovvie conseguenze che hanno percorso la storia e che sono sotto i nostri occhi. Molti politici, governanti, religiosi importanti e persone influenti, in ogni angolo del mondo, sembrano nutrire questa opinione, in special modo quelli che si definiscono 'realisti', nell'ovvia implicita conseguenza che ritengono solo il male come 'reale'.
Bisogna insomma 'sottomettersi' al suo potere maggiore e siccome non sono, e non siamo in fondo, disposti a mettere alla prova questa opinione, non possiamo meravigliarci che i risultati non rispecchino molto di buono...
Ovviamente, di fronte alla forza delle radici di ciò che non è salutare, di fronte alla stupidità, alla bramosia e all'odio, ci vuole un bel pò di coraggio per avere una fede genuina nel potere del bene. Però senza questo coraggio non è possibile nessun progresso interiore reale, nessuna trasformazione, nessuna catarsi liberatoria. Significa sottomettersi all'inerzia delle condizioni in cui ci si trova, sostanzialmente adeguandosi ad esse. Il coraggio è necessario per muovere il primo passo che rompe questa inerzia naturale, questa forte tendenza della mente all'autoconservazione delle cose  e degli attaccamenti stessi che vuole proteggere dal cambiamento.
Il coraggio diventa quindi la condizione preliminare per qualsiasi tipo di successo.
Pertanto possiamo dire che il coraggio è una caratteristica essenziale della fede. Voler cambiare significa aver coraggio, intraprendere una strada nuova, portando nello zaino la fiducia reale nel potere del bene.
Senza questa forma di coraggio le qualità necessarie per un progresso spirituale restano isolate o poco sviluppate. Come una vaga nostalgia, un 'vorrei ma non posso', un frustrazione in definitiva...
Se l'intelligenza rimane senza questa fiducia arriverà magari ad una comprensione teorica o ad un semplice apprezzamento di un dato insegnamento, ma senza la forza per viverlo e non solo quindi per studiarlo o discuterlo. Nel Buddhismo, solo per esempio, questo viene definito come "correre avanti e indietro sulla sponda del fiume".
Ci vuole apparentemente grande energia per correre continuamente avanti e indietro, ma il risultato qual'è?..Senza il coraggio e la fede che si può passare, non si arriverà mai ad immergersi nell'acqua del fiume e quindi a guadarlo. Il pensiero, privato della fede e del coraggio, non prenderà mai, da solo, l'iniziativa, ma continuerà ad esitare, ammaliato dal suo stesso "andare avanti e indietro". Fede e intelletto invece dovrebbero sempre aiutarsi reciprocamente nell'attraversamento, in questo cammino di trasformazione. Perché anche la fede, privata della forza dell'intelletto, rischia lo spreco delle proprie energie o di risolversi in semplice emotività che produce magari sforzi non ben indirizzati.
Armonizzare fede e intelletto, sorretti entrambi dal vigore e dall'energia, è compito della retta presenza mentale. Da questo equilibrio si inizia ad intraprendere e comprendere lo sforzo necessario per superare l'inerzia.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#83
UNA SERA TRA AMICI

Accendo una vecchia candela. La luce elettrica se ne è andata. Un allarme suona in lontananza, giù nella valle...I miei due amici  stanno in silenzio ora. Osservano il mio armeggiare con l'accendino...
-Non hai una poesia per questo momento?- chiedo a Li Tai Pe.
Mi guarda   triste come al solito. Parla piano, quasi sottovoce:
-La vita trascorre come un lampo il cui splendore così poco dura che appena lo si vede.-
Carlo lo guarda senza vederlo e si porta l'ennesimo bicchiere di prosecco alle labbra.
-E tu Carlo? Una citazione delle tue da far vibrare  e ballare con la fiamma?-
-Ebbro siedo nel bosco notturno, percorso dal vento. Domani, domani affonderà la pallida morte nella mia carne la stridula falce. A deriderla canto per metà di questa notte.-
Mi avvicino alla finestra del salotto e osservo la montagna. Nel buio gli alberi perdono la loro identità, si fanno quasi massa di muschio...
-Vi rendete conto che questo giorno non tornerà mai più? Non ce lo vedremo offerto un'altra volta per tutta l'eternità. Non avremo mai più un cielo come quello avuto oggi, né un sole che risplenda come questo pomeriggio. Neppure tra mille anni...-
Li Tai Pe sembra sussultare e così apostrofa Carlo:
-O tu che stai seduto con un boccale ricolmo, tu dimmi...chi stai aspettando ancora?-
-Aspetto Margherita - balbetta Carlo- aspetto la sua gioia.-
-Margherita è morta!- urla all'improvviso Li Tai Pe- piuttosto alza il calice e chiama la luna a compagna. Non c'è compagnia nella morte.-
-Non è morta Li- sorride Carlo- adesso arriva. Ho già sentito l'auto salire il vialetto. Aspetta...-
Il campanello suona...
-Eccola Li, eccola...-
Margherita entra, ma sembra Anna. Un bacio casto per ognuno. Mi stringe il braccio affettuosamente e mi guarda con dolcezza...poi si siede presso la stufa a legna...
-Che teporino! Fa un freddo fuori. Son quasi ghiacciata. Sei già ubriaco Carlo?-
-Io non mi ubriaco mai. Chiedilo a Sari o a Li se sono ubriachi, non a me.-
-Sari ubriaco? E quando mai? Così serio e coscienzioso. Così vecchio. Sei nato vecchio vero Sari?-
-Sono un'anima antica-rispondo sorridendo ad Anna, o forse è Margherita davvero.
-Brufffh!! - Carlo sembra soffocare con il prosecco di traverso alla risata- un'anima buddhista per caso? Ma se dici sempre che non ci sono anime per il Buddhismo? Eppure questo vino un'anima ce l'ha di sicuro e la sento entrare in me. Un'anima  che ha il sapore di un settembre ormai perduto...Canta qualcosa Margherita, daiii...sto morendo di tristezza con le poesie di Li.-
Anna lo guarda e intona:
-Caro il mio Carlo, compagno di un'avventura
certo che se Margherita se n'è andata no, non è colpa mia.
Oh lo so, lo so, lo so, la tua vita non cambierà
ritornerai a Vicenza con la tua laurea in filosofia
ma io che farò in questa Contea?
Piena di malinconia e di... Sari.
Per questo canto una canzone triste, triste, triste...
Triste come me.-
-Nooo! Ti prego...questa no!- supplica Carlo.
-E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei,
ancora un po' di lei.
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei,
ancora un po' di lei ...
Sari passeggiamo un pò insieme?-
-Fa fresco fuori...-
-No, mia anima antica, qui dentro, attorno al divano e a Li Tai Pe-
Li Tai Pe è da sempre innamorato di Margherita, come tutti noi, e arrossisce fino alle orecchie...Anna si diverte a tormentarlo...
-Dicono che Li non abbia mai avuto una donna-  sussurra Margherita guardandomi maliziosamente negli occhi.
-E' la pura verità!- rincara Carlo- E' un ragazzo pulito e d'altri tempi, con il problema di una mostruosa malinconia. E' un romantico. L'ultimo dei romantici. Il migliore...-
Anna si ferma alle spalle di Li Tai Pe e gli stringe le guance bollenti dal vino e dall'imbarazzo con le sue mani fredde.
-Allora...hai scritto quella poesia per me, caro Li?-
Li si toglie le mani di Anna dal volto, è adirato. Ora è rosso dalla rabbia verso Carlo.
-Sì dai, Li...recita la poesiucola per Margherita. Così posso addormentarmi beato. Questo prosecco non è male Sari, si sente che è stata un'estate calda...-

-Non lasciarmi così alla notte
al dolore, tu la più amata, tu
mio volto di luna! Tu mia fosforea luce,
tu mia candela, mio sole, luce mia.-

-Ah ah! Fosforea luce non è male Li...-ride Carlo, tirando uno sbadiglio opaco.
Anna si avvicina a Li e gli stringe nuovamente le guance color del mosto con le sue mani pallide...poi, improvvisamente lo bacia sulla bocca...
-Porti sempre cone te quella Bibbia tascabile che ti ho regalato, dolce Li dalle labbra di fragola?- chiede Margherita.
Li Tai Pe annuisce.
-Me la fai vedere?- chiede Anna.
Li  apre il maglione e tira fuori un libriccino minuscolo con la copertina rosso mattone. Margherita la prende e inizia a sfogliarla...Carlo sta dormendo ormai, con la testa a ciondoloni. E' quasi mezzanotte e la corrente elettrica non è ancora tornata. Anna si ferma e inizia a leggere:
-Ascolta Li, amore mio, e anche tu Sari, mio caro amante...

Il mio diletto era sceso nel suo giardino
fra le aiuole del balsamo
a pascolare il gregge nei giardini e a cogliere gigli.
Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me;
egli pascola il gregge tra i gigli.-

-E' il Cantico dei Cantici- mormora, lieve come un soffio, Li Tai Pe.
-Sì- sorride Margherita- stasera io sono per il mio diletto e lui per me.
Li Tai Pe la guarda in silenzio...poi abbassa le spalle, sconsolato...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Jean

Dopo questa lunga notte,
divorato dalla nostalgia
e dal ricordo di quel sogno,
per un sentiero mai fatto prima
Nel giardino dei noci io sono sceso,
accompagnato dalla brezza mattutina
che un po' si è mischiata
all'acqua dei miei occhi,
quando una voce mi ha sussurrato che
Per vedere il verdeggiare della valle
Per vedere se la vite metteva germogli
prima avrei dovuto tergere le lacrime.
Se hai un'occasione, lo puoi fare,
se hai almeno una speranza...
ma se non hai nulla
almeno hai avuto
una Madre
chiedi a Lei
di tornare
dal suo bimbo
per aiutarlo
a vedere
in quel giardino
Se fiorivano i melograni.

 
https://www.youtube.com/watch?v=WGLIuguVCBA

Sariputra

Il bosco della Marcesina non esiste più. Un vento artificiale, frutto di un inganno orribile dell'uomo, l'ha spazzato via. Distruggere un bosco è come annientare un intero popolo, perché ogni albero è vivo come un popolo, più che come un individuo, e abbatterlo dovrebbe essere compito solo del fulmine. Passeggiando mesto e melanconico sul sentiero che solo pochi mesi fa  era un'ombra ristoratrice ed ora è solo una ferita luminosa di questa gelida luce invernale, osservo le migliaia di vittime di questo popolo, adagiate sul terreno. Sono spezzate, ma con le radici ancora disperatamente abbarbicate, quasi incredule...
Mia figlia è silenziosa. L'ho quasi costretta ad accompagnarmi, nonostante il freddo intenso di questi giorni d'avvento del Natale. E' molto colpita dalla dura realtà, ben diversa da ogni video e da ogni foto sull'evento. Perché nella realtà senti la diperazione del bosco... La senti nell'odore ferito della linfa degli abeti; la senti nel silenzio mortale dello spirito che vive nel bosco. Spirito di rigenerazione che ti solleva l'animo quando cupi pensieri affollano la mente. Quello spirito che ha la voce fatta di vento e di piccoli canti d'uccelli. Ora si sente soltanto il rumore delle motoseghe in azione e dei camion di trasporto del legname...Sembra quasi che, questo bizzarro e fastidioso rumore di metallo, rumore dell'uomo onnipresente (perchè l'uomo è una creatura di metallo e non di legno...) sia paragonabile al tonfo della terra sulle nostre  bare, nella fosse. E' il suono del commiato definitivo anche per questo vecchio bosco...
 Alcuni abeti, che adesso mi sembrano nudi e pieni di vergogna, sono rimasti in piedi. Forse si sentono dei sopravvissuti che però presto condivideranno la sorte del loro popolo, perché l'essere fatto di metallo  vorrà 'rifare il bosco'...come se si potesse veramente rifare un bosco... Così appoggio la mia mano sul tronco di un albero nudo e solitario davanti il quale passo, come sono solito fare d'estate nei boschi del Primiero e del Rolle, sotto l'amato Cimon della Pala, anche loro, come questo bosco, stravolti e feriti, non per assicurarmi dell'esistenza dell'albero,  di cui io non dubito.. ma della mia.

Gli alberi sono le colonne del mondo. Quando tutti gli alberi saranno stati tagliati, il cielo cadrà sopra di noi. (Detto dei nativi americani)

E già il cielo di dicembre sembra incombere, ora che milioni di colonne sono sdraiate sui fianchi delle montagne. Sembra più basso e minaccioso. Iniziamo a sentirlo forse, anche noi?...Dopo che tanti altri l'hanno già visto  e sofferto nei luoghi del mondo contaminati, distrutti, violentati dall'essere di metallo?...
 Wittgenstein diceva degli alberi che la loro tragedia consisteva nel fatto di non piegarsi, ma di spezzarsi. Un abete spezzato, e già questo sentiero ne è immerso, emana un profumo intenso,  che però già ha in sé l'odore del marciume...Come noi esseri di metallo che, mentre emaniamo il profumo luccicante di una festa in arrivo, da banchettare sopra questo popolo di cadaveri insepolti, inadatti persino a scaldare, sentiamo sempre più vicino uno strano rumore di metallo spezzato...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Caro Sariputra condivido pienamente il tuo lutto. Non è andata meglio ai miei pacifici giganti sul versante della Val d'Assa tra Riviera e Vezzena. Però la resistenza di qualche larice, ancora ben saldo sulle radici, piegato, ma non spezzato, dal peso degli abeti crollati e la strafottente indifferenza di tanti faggi e carpini mi dice che in quei boschi pseudoscandinavi c'era qualcosa di sbagliato, deciso dalle stesse motoseghe che ora corrono ai ripari.

La natura ha parlato con l'unico Grande Spirito di cui dispone, il Vento. Augh. Non resta che ascoltarla e rifare boschi più robusti di quelli che nell'ultimo secolo abbiamo, pensando solo al nostro utile immediato, coltivato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#87
IL FATTORE HINC (human inconsistency).

Riflettevo in questi giorni di festa di quanto forte sia l' HINC in ogni essere inadeguato degno di questo nome. Cos'è l'HINC ? E' il criterio di valutazione dell'incoerenza umana, da me scoperto e postulato già in tenera età e formulato secondo la famosa "equazione di Sari" . L' HINC si basa sul teorema: Il sentimento d'inadeguatezza è inversamente proporzionale all'incoerenza (inconsistency) dell'inadeguato stesso. Ossia, per tutti coloro che non masticano nulla di quella cosa orribile chiamata matematica: più aumenta l'inadeguatezza  più diminuisce l'incoerenza. Possiamo così stabilire che, quando un inadeguato raggiunge il massimo sentimento interiore d'inadeguatezza, raggiunge nello stesso tempo la propria perfetta coerenza. L'HINC è così il criterio valutativo dello stato di sviluppo umano dell'essere inadeguato. Come si fa, direte voi, a stabilire con esattezza scientifica questo livello di HINC? La risposta è semplice: non lo si fa! L'inadeguato, in ragione del suo stesso stato, non riconosce validità ultima al metodo scientifico, per valutare la crescita umana (ritenendolo una rappresentazione umana ansiogena come le altre...)...Infatti l'HINC non è punto un criterio scientifico, perché questo sarebbe in aperta contraddizione con il postulato filosofico che ne sta alla base: il sentimento d'inadeguatezza è soggettivo così come l'incoerenza che ne viene determinata. Essendo per l'inadeguato tipo il mondo una propria ansiogena rappresentazione, e valutando ogni 'fenomeno' sempre in riferimento alla carica d'ansia che produce all'inadeguato stesso, si può allora riassumere in un motto il fine della valutazione del fattore HINC : "Realizzati conoscendo la tua inadeguatezza" che fa il paio con l'altro, molto pregnante di significato: " La tua inadeguatezza ti realizzerà"...Appare chiaro quindi che il sentimento d'inadeguatezza che fa oscillare l'HINC è potente strumento di crescita e che, paradossalmente, il coltivarlo , lungi dal rendere l'essere umano inadeguato 'materiale di scarto' per le umane genti (Humane gentis), rende alla fine l'essere senziente inadeguato capace di  realizzare in pieno il proprio destino (bhagya). Qual'è allora questo destino ultimo dell'essere inadeguato? La liberazione (MokshaHinc o NirvanaHinc) dalla propria ansiosa inadeguatezza realizzata attraverso una perfetta coerenza con l'inadeguatezza stessa . Con un esempio banale: un inadeguato che non aspiri a possedere un villino, affermando nello stesso tempo che questo gli interessi veramente (inconsistency) per sembrare 'adeguato', essendo quindi un 'impostore',nella 'liberazione' realizzerà quello stato in cui non gli interesserà veramente. Infatti 'liberazione' va intesa come 'liberarsi dalla propria impostura'. Naturalmente per realizzare questo il sentimento d'inadeguatezza ( e la relativa carica ansiogena...) deve raggiungere la sua piena realizzazione, così da azzerare l'inconsistency relativa. Un tipico esercizio che fa parte della pratica di coltivazione dell'HINC è infatti quello di porsi davanti all'oggetto desiderato o alla persona da cui si vorrebbe essere amati con il massimo dell'inadeguatezza possibile. Questo produce invariabilmente la reazione avversa : l'oggetto desiato non si farà raggiungere (la porta del villino manco si apre, tra l'ilarità generale...) o la persona vagheggiata accoglierà con una sonora pernacchia, con risate o sguardi di compatimento, le inadeguate effusioni amorose. In quell'istante di suprema inadeguatezza, il fattore HINC farà crollare il proprio sentimento d'incoerenza e d'inconsistenza e si spalancheranno le porte del MokshaHinc.
Nel MokshaHinc si vedrà allora finalmente come questo stato raggiunto di perfetta e compiuta inadeguatezza riveli finalmente la 'vera natura' dell'inadeguato (Inadeguate nature) che corrisponde allo stato spirituale detto "Suprema coerenza" (Supreme Consistency...)che, come ogni persona intelligente ben comprende, è cosa assai ardua, se non impossibile da raggiungere per le persone adeguate e non sottoposte all'HINC.
Ecco quindi realizzata, come in un prodigioso rovesciamento di valori (Transvalutation of all values), la superiore, ma nascosta, 'natura' (Nature) dell'essere inadeguato rispetto alle umane genti  rivelandosi quindi, in realtà, come un 'nobile inadeguato'  (Aparyapta prabhu)...
Tutto chiaro?

Il fattore HINC si può utilizzare, in maniera però un pò impropria, in quanto fattore tipico del completo inadeguato al mondo, anche per valutare l'incoerenza , per esempio, dei filosofi. Facendo un esempio esemplificativo facile e alla portata di tutti: applicandolo ad un certo Nietzsche, tedesco col baffone, si rivelerebbe subito l'assoluta dominanza del fattore incoerenza a fronte dell'abbattimento del fattore inadeguatezza. Il nostro tester infatti, di fronte ad una notevolissima adeguatezza filosofica, palesava un valore altissimo di Hinc negativo (human inconsistency) essendo a tutti gli effetti un essere del tutto incoerente con quei valori che propugnava con fermezza. In lui si manifestava quindi un livello altissimo di 'impostura' (con l'attenuante però dello stato mentale insalubre che l'accompagnava e che però non rientra nei criteri di lettura dell'HINC...).
Naturalmente direte che un criterio soggettivo come l'HINC non può valutare oggettivamente l'inconsistency altrui.
A questa tipica obiezione rispondiamo che la valutazione dell'HINC altrui viene stabilita per via deduttiva. Ancora un esempio per chiarire: se un soggetto proclama ai quattro venti che bisogna donare tutto ai poveri e poi invece lo si scopre possedere e custodire gelosamente quattro Bmw , una Villa enorme nella Contea e un vigneto di migliaia di ettari messo a prosecco, se ne deduce la grande distanza del soggetto in questione con la Suprema Coerenza e con lo stato di nobiltà inadeguata.
Coerenza e autenticità sono di fatto dei sinonimi. L'essere inadeguato che, innalzando la propria autenticità inadeguata, annienta così la propria impostura e incoerenza (massima inadeguatezza=minima inconsistency), assumendo così la condizione di Aparyapta prabhu, viene anche detto "Colui che riconosce l'impostura".
Costui logicamente non si può più ritenere  parte del 'sistema'  in quanto detto 'sistema' è esattamente il contrario dello stato di 'nobile inadeguato': il 'sistema' non essendo altro in definitiva che la somma di tutte le "adeguate imposture"...
Adesso vi è finalmente chiaro?...
Beh! Vi lascio, per oggi, perché devo andare a porgere inadeguatamente gli auguri  a molti 'adeguati impostori'...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#88
SINCERITA'

La sincerità verso se stessi è una delle cose più difficili da coltivare. Siamo facilmenti sinceri nei giudizi verso gli altri, ma raramente lo siamo verso noi stessi. Siamo per esempio molto sinceri quando diciamo:"quel tipo mi sta antipatico" oppure "sono attratto da quella bella gnocca". Verso noi stessi però, con somma indulgenza, tendiamo ad essere insinceri.

K'ung-Fu-Tsu (Confucio) , nell' Invariabile Mezzo (attribuito però al nipote  Tsu Szu) parla dell'importanza fondamentale della sincerità per ogni autentico progresso spirituale: " Così come  il  Cielo  è  assenza  di  ogni  falsità,  così  l'uomo  deve  essere  sincero,  cioè  aderire pienamente alla propria natura e svilupparla integralmente: La sincerità è la Via del Cielo, tendere alla sincerità la Via dell'uomo... Tendere alla sincerità significa scegliere il bene ed  attenervisi  fermamente".
Se  fa  così, secondo K'ung-Fu-Tsu, l'essere  umano  non  solo  perfeziona  se  stesso,  ma influisce  pure sugli altri per il loro bene: "Solo colui che ha la massima sincerità sotto il Cielo è capace di trasformare gli altri".
Osservandoci con un minimo d'imparzialità non possiamo non vedere che mettiamo costantemente in atto una miriade di stratagemmi per evitare di essere sinceri con noi stessi. Persino ciò che riteniamo di credere più intimamente è spesso una 'coperta' per nascondere a noi stessi la nostra falsità e insincerità. Coperta che a volte copre il suo esatto opposto. Diciamo di credere nel 'bene' ? E' la coperta per nascondere la nostra malignità. Parliamo di giustizia? Copriamo velocemente la nostra ingiustizia verso l'altro. Chi, esaminandosi nudo e senza copertura, può dirsi sincero? La sincerità è un valore fondamentale della spiritualità, a mio parere, proprio perché è l'obiettivo più alto verso cui tendere in noi stessi. Essere tendenzialmente sinceri verso se stessi è tendere anche verso l'armonia con la nostra natura più profonda e benevola. Spesso si ritiene che, se fossimo veramente sinceri, quello che apparirebbe sarebbe un volto demoniaco, pieno di desideri egoistici e di contraddizioni insolubili. Questo però è ancora una coperta, l'ultima difesa che mettiamo per evitare di essere totalmente sinceri. La coperta più dolorosa da levare... quella che potrebbe rivelare che siamo senza il pigiama.

Sincerità , nel pensiero cinese, è anche sinonimo di 'equilibrio' o "stato d'equilibrio' e viene indicata con la parola ceng. Nelle tante traduzioni occidentali si tarduce questo termine anche con "integrità" e "bontà". Si preferisce di solito però usare il termine "equilibrio", più vicino al concetto di 'posizione mediana', di giusto mezzo. A mio parere però la definizione di 'posizione mediana' è un pò troppo astratta, stante la scarsa consapevolezza degli estremi che abbiamo normalmente. Mentre se la traduciamo con 'sincerità' tutti possiamo intendere che è proprio quella cosa che tendiamo a nascondere. Un'integrità che non vogliamo far apparire. Forse perché ci hanno insegnato che è giusto nasconderla o perché abbiamo respirato, sin dalla più tenera età, l'insincerità altrui. Abbiamo cioè fatto nostre le coperte che usavano anche gli altri...

Nascondere a se stessi la propria insincerità è un comportamente subdolo. Per esempio: è difficile trovare una persona che non trovi sempre un colpevole o una scusa per i propri errori, incapace di ammettere con sincerità di aver sbagliato. Se non è a causa degli altri sarà perché 'non mi sentivo bene'. oppure perché 'ero confuso', ecc. Mai che ci diciamo semplicemente, con sincerità "ho sbagliato e non ho scusanti". Se un uomo coltiva ceng dovrebbe ammettere che si sbaglia spesso senza dover necessariamente scaricare sugli altri o sugli stati d'animo o quelli fisici (che non riteniamo in denitiva come veramente 'noi stessi') la responsabilità.

Nei rapporti con le persone poi, anche quelle a noi più care o intime, abbiamo un autentico terrore a svelare la nostra nuda integrità, il nostro ceng. Temiamo che, vedendoci in siffatta condizione, ne abbiano orrore. Un orrore e un disgusto simile a quello che si potrebbe provare per la vista di un essere scorticato e attaccato da una miriade d'insetti.
La cosa migliore, che però è anche la più subdola, pensiamo allora sia quella di non solo starcene ben rintanati sotto la coperta ma anche di abbellirla con qualità inesistenti o che ci immaginiamo di avere...sperando così di essere amati di più.

Sincero è colui che sbaglia e lo ammette a se stesso senza accampare scuse interiori. Vivere in questo mondo condizionato porta inevitabilmente con sè la necessità di far cose che, per sopravvivere, dobbiamo fare ma non vorremmo fare, per es. cibarsi di altri esseri. Sono integro e sincero con me stesso quando mi rendo conto che non posso sottrarmi a ciò? Posso allora veramente vedere la profondità del dolore?
"Chi  persegue  il  proprio  bene,  si  affretti  a  strapparsi  di  dosso  la freccia  che  porta conficcata", recita  un  antico  aforisma  attribuito al  Buddha storico. L'insincerità è una freccia conficcata molto in profondità e sappiamo che, più qualcosa è conficcato nel profondo, più doloroso sarà strapparselo. Però, più profonda è una ferita, più è pericolosa e facile ad infettarsi...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#89
Un'antica storia popolare cinese racconta di un anziano contadino poverissimo che viveva con il suo unico figlio adolescente in un villaggio di montagna. Gli abitanti del villaggio avevano l'abitudine di riunirsi ogni sera, dopo il calar del sole, nella grande casa del capo villaggio per condividere la loro giornata, per raccontare storie o per comunicare nuovi accadimenti, formavano cioè quella cosa che oggi non esiste più: una comunità. Un giorno si scatenò un violento temporale e, a causa di un fulmine, un albero cadde rompendo il recinto dove il contadino teneva il suo unico vecchio e macilento cavallo. Questi, appena vide una possibile via di fuga, tagliò la corda. A sera, quando tutti si riunirono, il vecchio contadino raccontò l'accaduto e tutti, quasi in coro, commiserandolo,gli risposero: "il cavallo è fuggito via? E ora come farai, non potrai più arare la terra. Che sfortuna!".

Ma il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa".

Passarono dei giorni e il mal tempo si placò. Il contadino si svegliò, com'era solito fare, di buon' ora per iniziare a lavorare i suoi campi e, una volta giunto colà, con immensa sorpresa, trovò che il suo cavallo era tornato, portando con se... una mandria intera di cavalli selvaggi. Senza pensarci due volte il contadino, aiutato dal figlio, chiuse il recinto. Adesso aveva non uno, ma molti cavalli. A sera, quando tutti si riunirono, il contadino raccontò l'accaduto e tutti, quasi in coro, gli risposero: "Tutti quei cavalli? Sei proprio fortunato. Da averne zero ad averne così tanti. Che fortuna!".

Ma il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa".

Il mattino seguente il contadino ed il figlio si alzarono come sempre di buon' ora. Il ragazzo chiese al padre se poteva iniziare a domare i nuovi cavalli per poi addestrarli e usarli per il lavoro nei campi. Il padre acconsentì ma quando il ragazzo cercò di salire in sella al primo cavallo venne sbalzato via e cadde malamente, rompendosi una gamba. A sera, quando tutti si riunirono, il contadino raccontò l'accaduto e tutti, quasi in coro, gli risposero: "tuo figlio si è rotto una gamba? E ora come farai? Dovrai fare tutto il lavoro da solo! Hai tanti cavalli ma sei da solo e vecchio ormai! Che sfortuna!".

Ma il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa".

Passarono le settimane e nel regno scoppiò la guerra civile. Un mattino, pieno di nuvole nere, un soldato imperiale fece visita al villaggio per arruolare tutti gli uomini e i ragazzi che potessero combattere. Ovviamente, a causa della gamba rotta, il figlio del contadino non fu reclutato. A sera, quando tutti si riunirono, il contadino raccontò l'accaduto e tutti, quasi in coro, gli risposero: "tutti i nostri figli sono partiti per la guerra e molti di loro, se non tutti, moriranno! Il tuo invece no, è rimasto a casa! Come sei fortunato!".

Ma il contadino rispose: "Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa".

Questa è una delle storie che cito e racconto con più frequenza a mia figlia quando mi riporta tutti quei piccoli fatti della sua vita che percepisce come sfortuna (sfiga dice lei...) e che mi è capitato di rispolverare  anche per un nipote affranto e distrutto nel cuore dall'amore negato di una bella "doppia" fanciulla. E' comparso domenica alla porta di Villa Sariputra abbracciato, in modo così tenero da farmi quasi sciogliere in lacrime per la commozione (sono un tipo così romantico... :-[ ), ad un'altra ragazza invero assai più carina e dolce della precedente nonchè dotata di rara perspicacia avendo notato la differenza tra l'olmo e il noce che , anche se spogli, ornano l'aia della villa; cosa questa che nessun visitatore si è mai soffermato ad osservare...
"Avevi proprio ragione zio" mi ha detto, scaldandomi il cuore...ma poi ...avvicinatosi un attimo mentre la fanciulla era tutta intenta ad osservare gli arredi e le opere d'arte...mi ha sussurrato all'orecchio: "Ma questa, zio?..."
Ahimè...con un sospiro non ho potuto che rispondergli:

"Fortuna ? Sfortuna? Chi lo sa?"  :-\
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Discussioni simili (5)