Senza Dio la storia umana è priva di senso

Aperto da Alexander, 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM

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iano

#210
Citazione di: Alexander il 21 Novembre 2021, 09:29:13 AM
Buona domenica a tutti


Tra l'altro se cerchiamo di non trovare un senso esplicito al corso degli eventi, gli eventi stessi ci impongono un senso implicito
I dati che riceviamo attraverso i sensi si trasformano in sensazioni, eventi, solo se vengono interpretati e non c'è un modo univoco per farlo. Dentro ad ogni tipo  di interpretazione è già implicito un senso , un pregiudizio, a noi ignoto, se condiviso.
Non potremmo interagire con la realtà, se non secondo un senso arbitrario, quanto prestabilito, quanto ignoto, se condiviso.
Nella ricerca scientifica invece questo senso è noto, esplicito, quindi in genere non condiviso, ma condivisibile.
Noi non vediamo i quark, ma in "un certo senso" è come se li vedessimo, se condividiamo la teoria dei quark.
In generale ogni volta che abbracciamo un nuovo senso stiamo sperimentando un nuovo modo di vedere il mondo.
Uno ci vuole sempre comunque.Senza saremmo ciechi.
Quando il senso è ignoto è condiviso, e questa condivisione ci fa' umani.
Quando invece è esplicito, siccome criticabile, non è in genere condiviso.
La storia del covid ci insegna che tanto più siamo informati, tanto meno concordiamo.
Quando eravamo non informati ci vaccinavamo tutti.
Il senso di avere tanti sensi è che essi possono confrontarsi creando ricchezza di soluzioni possibili ad ogni problema contingente, anche se la loro stessa gestione e' problematica.
La storia del covid ci dice che non siamo ancora preparati a gestire un surplus di informazione, perché questa se non debitamente elaborata non porta a nulla, e si può elaborare solo scegliendo un senso.
Se vi fosse un solo senso da trarre dalla storia sarebbe una storia monolitica, uguale sempre a se stessa, da qualunque prospettiva là si giudichi.
Ogni individuo così la vedrebbe allo stesso modo, tanto che la presenza di diversi individui sarebbe difficile da giustificare. Quantomeno sarebbe economicamente insostenibile.
Ne basterebbe uno, magari eterno, magari Dio.
Un solo Dio e un solo senso da trarre dalla storia, perché non vi è storia.
Una bella noia immagino. Io non vorrei essere al posto suo.
E tu?
Ci avrà' creati perché si annoiava?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: Phil il 21 Novembre 2021, 12:47:37 PM
@Alexander e @Ipazia

Per tirare le fila del mio discorso occorre coniugare la storiella del monaco alla metafora del secchio, ma sempre alla luce della constatazione, non a caso premessa alla questione del secchio, che il dover assegnare un senso alla storia, alla vita, etc. costituisce «una retorica senza dubbio utile individualmente e socialmente consolidante» (autocit.) e che «se così non fosse, se non fossimo affamati di senso, non saremmo "animali semantici", non ci sarebbero (state) "grandi narrazioni", non saremmo eredi di una storia culturale basata su valori e assoluti, etc.» (autocit.).
Si riprende l'argomento di Hume su essere e dover essere, mentre qui la questione è l'essere del segno che la storia ci lascia. Questione ermeneutica, non etica. L'assoluto sta nelle res gestae non modificabili, eterne, della storia umana, cui non rimane ai posteri che indagare il signi-ficato. Cosi come lo scienziato interpreta i segni che il suo strumento d'indagine gli presenta. Ed è più bravo colui che da quei segni trae le deduzioni più corrette sulla natura del secchio fenomeno.
CitazioneLungi da me dunque suggerire (come già accennato, mi interessa descrivere non prescrivere) contemplazioni di secchi dorati o l'abbandono dei secchi (infatti il monaco appeso non abbandona il ramo, non si lascia cadere, né tantomeno lo venera), bensì, come detto, è proprio in virtù della originaria vuotezza del secchio che ognuno può riempirlo come vuole (o anche non riempirlo). La conseguenza è che il chiedersi quale sia il senso è, per me, un falso problema, perché il senso è inevitabilmente quello che noi, più o meno consapevolmente, mettiamo nel secchio, non ce n'è uno già (im)posto dentro, da dover decifrare o scoprire.
La storia umana è un secchio ben pieno in cui c'è molto da decifrare o scoprire, traendone significati a buon rendere attuale e futuro, dotati, si spera, di (buon)senso.
CitazioneSe poi slittiamo dal senso inteso esistenzialmente, al senso come scopo/fine, sino ad arrivare al senso come oggetto della pulsione dell'istinto (attaccamento alla vita, etc.), ovviamente usciamo dalle dinamiche filosofiche-teologiche (in cui ha senso parlare di dio, come da titolo del topic) per entrare in altri orizzonti (o in altri secchi-matrioska, per quanto la dinamica dell'assegnazione del senso resti sempre la medesima, se non la si confonde con l'"assegnazione" dell'istinto, l'"assegnazione" dell'imprinting culturale, etc.).
Concordo e sopra ne avevo già accennato. Investire il segno, con una sua storia oggettiva e fissata per sempre, di uno scopo finale "per noi", implica uno slittamento dall'ermeneutica all'etica che non attiene al contenuto di quel secchio, ma ai contenuti/contributi che vi si vogliono aggiungere nel prosieguo della storia. Sul cui senso conclamato saranno i posteri a giudicare. Così come noi possiamo giudicare i segni della storia passata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@Ipazia

L'"oggettività" dei fatti storici (per quanto è possibile saperne a posteriori) non comporta la necessità dell'esistenza di un loro senso (almeno se si esclude quel Garante Trascendente a cui è intitolato il topic e che può, essendo esterno e "tangente" la storia, giustificarne il senso). Solo accettando il dogma culturale teoretico che i fatti storici debbano avere un senso (v. escatologia, etc.), si pone il problema di quale senso essi abbiano (avuto), di quale sia il senso più "correttamente dedotto" dalla storia, etc. Il trarre significati dalla storia non ha senso, poiché il senso/significato (fuori da ogni possibile metafora) è sempre in origine un'attribuzione, non una deduzione/induzione. Dalla storia si possono (es)trarre indubbiamente insegnamenti, esempi, scopi, moventi, dinamiche sociali, etc. ma il suo «senso», inteso come esistenziale, spirituale, etc. è solo negli occhi di chi guarda la storia, non nella storia stessa; altrimenti avremmo a che fare con un'oggettività, dunque un'epistemologia non un'ermeneutica (e, a seguire, un'etica ed un'estetica).
Totalmente diverso è il caso dello scienziato che studia e interpreta i fenomeni: il metodo scientifico, non scopre né assegna un senso esistenziale, spirituale, etc. la ricerca scientifica si occupa di rapporti causali, di quantificazioni, di interazioni, etc. non di sensi metafisici (attenzione a "non fare di tutti i sensi un fascio" per amor di metafora); non a caso la scienza produce teorie e spiegazioni falsificabili, ben ancorate al reale, non "sensi" da rimandare ai posteri o che diano un valore alla condizione dell'esistere o allo svolgersi della storia.
Ben vengano quindi le attribuzioni di senso storico-esistenziale (presenti, passate e future), ma con la consapevolezza ("negativa") che non si scopre, né si (es)trae, né si deduce nulla di oggettivo; piuttosto si (ri)trova nel secchio solo quello che ci si mette (se proprio ci si sente in dovere di metterci qualcosa) o che ci ha già (pre)messo una certa tradizione che ci ha preceduto (come da titolo del topic e da sezione del forum).

Ipazia

Citazione di: Phil il 21 Novembre 2021, 18:19:04 PM
@Ipazia

L'"oggettività" dei fatti storici (per quanto è possibile saperne a posteriori) non comporta la necessità dell'esistenza di un loro senso (almeno se si esclude quel Garante Trascendente a cui è intitolato il topic e che può, essendo esterno e "tangente" la storia, giustificarne il senso). Solo accettando il dogma culturale teoretico che i fatti storici debbano avere un senso (v. escatologia, etc.), si pone il problema di quale senso essi abbiano (avuto), di quale sia il senso più "correttamente dedotto" dalla storia, etc. Il trarre significati dalla storia non ha senso, poiché il senso/significato (fuori da ogni possibile metafora) è sempre in origine un'attribuzione, non una deduzione/induzione. Dalla storia si possono (es)trarre indubbiamente insegnamenti, esempi, scopi, moventi, dinamiche sociali, etc. ma il suo «senso», inteso come esistenziale, spirituale, etc. è solo negli occhi di chi guarda la storia, non nella storia stessa; altrimenti avremmo a che fare con un'oggettività, dunque un'epistemologia non un'ermeneutica (e, a seguire, un'etica ed un'estetica).
Totalmente diverso è il caso dello scienziato che studia e interpreta i fenomeni: il metodo scientifico, non scopre né assegna un senso esistenziale, spirituale, etc. la ricerca scientifica si occupa di rapporti causali, di quantificazioni, di interazioni, etc. non di sensi metafisici (attenzione a "non fare di tutti i sensi un fascio" per amor di metafora); non a caso la scienza produce teorie e spiegazioni falsificabili, ben ancorate al reale, non "sensi" da rimandare ai posteri o che diano un valore alla condizione dell'esistere o allo svolgersi della storia.
Non concordo. Le scienze umane, da quelle storico-umanistiche alla psicologia, mirano alla stessa oggettività scientifica delle scienze naturali;  dalla loro ricerca sui segni delle vicende umane derivano significati correlati ai fatti a prescindere da ogni senso inteso finalisticamente...
CitazioneBen vengano quindi le attribuzioni di senso storico-esistenziale (presenti, passate e future), ma con la consapevolezza ("negativa") che non si scopre, né si (es)trae, né si deduce nulla di oggettivo; piuttosto si (ri)trova nel secchio solo quello che ci si mette (se proprio ci si sente in dovere di metterci qualcosa) o che ci ha già (pre)messo una certa tradizione che ci ha preceduto (come da titolo del topic e da sezione del forum).
...oggettività che permette di evitare la fallacia di rimuovere arbitrariamente dai suoi fondamenti l'agire umano, e il senso di tale agire mettendo, come suol dirsi, il (secchio, senso,) carro davanti ai buoi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22


Per la nostra testa, a qualsiasi fatto che notiamo (che di fatto diviene storico) diamo implicitamente un senso (a meno che non si tratti di fatti routinari). Credere il contrario significherebbe per me ammettere l'oggettività del reale (ammetto infatti solo l'intersoggettività, ma questo è un altro discorso).


Premesso ciò mi chiedo quale possa essere individualmente il nostro senso per la vita se non quello di vivere decentemente?

La risposta alla domanda si esplicita nelle nostre pratiche quando diamo un senso ai nostri gesti, sia rivolgendoci ai prossimi 5 minuti come ai prossimi 5 anni. Ognuno lo fa in modi diversi (sia assecondando Dio che senza assecondarlo). Da ultimo viene il senso della vita che si rivolge ai problemi esistenziali (c'è chi ha più interessi materiali e chi meno materiali). Vi sono insomma delle sfere temporali sotto l'occhio delle quali noi rivolgiamo il senso dei nostri gesti. Per quel che ne so io, l'ultima viene spesso un po' bistrattata se non messa a margine.
Ma sempre per quel che ne so io, ancora quest'ultima, nelle gesta a lei dedicata (mosse da religioni o ideologie), è solo un amplificazione spontanea del gesto di senso rivolto ai 5 minuti o ai 5 anni.


Dopodiché, la sommatoria dell'agire di ciascun individuo del pianeta, col concorso di queste sfere d'azione, produce quel che vediamo, tutto in corso d'opera, sia la nostra vita individuale che la storia umana, quest'ultima per chi se ne interessa

iano

#215
@ Daniele 22
In effetti, il senso inteso come una previsione a lunga scadenza, che al limite diventa infinita, mi sembra che ne giustifichi sufficientemente il parlarne.
Siccome coscienti facciamo previsioni (a che servirebbe sennò la coscienza) le quali non hanno un limite temporali predefinito, e in relazione al diverso limiti considerati diamo un diverso nome alla previsione, che al limite diventa un senso.
Prendendo a prestito la terminologia matematica la storia è una serie infinita di eventi che può convergere a qualcosa di definito , finito o infinito, come a nulla, come è possibile dimostrare.
Lo si può dimostrare perché, pur essendo infiniti i termini, ciò non impedisce ai matematici di trattarli, perché sebbene essi non possano attingere a tutti i termini, non ve ne è alcuno a cui essi non possano attingere, come se i termini fossero tutti attuali.
Nel caso della storia umana, o in generale la storia di una specie animale, manca questa surrogata attualità .
Una serie matematica ha un senso che risiede nella sua definizione, ma ciò non garantisce che essa vada a parare in qualcosa di definito, esistendo la possibilità che vada a parare a nulla.
Per analogia quindi il fatto che la storia umana possa avere un senso non ci garantisce che vada a parare da qualche parte di preciso.
Per non parlare della imprecisione con cui può individuarsi il soggetto della storia, diversamente da come può farsi in matematica, essendo il suo soggetto puramente ipotetico.
Quando parliamo di storia dell'umanità ammettiamo che un soggetto ipotetico abbia un preciso corrispettivo reale.
Come è possibile ciò?
È possibile perché noi non ipotizziamo la umanità, ma la percepiamo, e solo successivamente proviamo a darne una definizione, rendendoci conto però che non è possibile farlo con precisione, cioè che non vi è un preciso corrispettivo reale.
La percezione richiede una elaborazione di dati, e in questa elaborazione risiede già un senso.
L'umanità è tale solo secondo un preciso senso, che abbiamo, ma che  non è a noi del tutto presente , e che possiamo provare a ricavare a posteriori.
È un senso funzionale, non assoluto
Quindi stiamo parlando della storia di qualcosa di non perfettamente  precisabile, ma che noi comunque proviamo a precisare assegnandogli un senso. Se cambia il senso cambia il soggetto della storia.
Che senso ha quindi chiedersi il senso della storia?
Ha senso se cioè equivale non alla possibilità di trovare un senso, ma semplicemente a cercarlo, con l'avvertenza che quando ci sembrerà di aver trovato il senso della storia di un soggetto, il soggetto è già cambiato.
Il soggetto in effetti, al di là del relativo modo di individuarlo ,non è mai uguale a se stesso se ha una storia.
Ma chi è allora veramente questo soggetto, se non ben definibile.
È come facciamo a raccontarne la storia.
Possiamo raccontarla solo forzandone il senso.
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iano

#216
È paradossale chiedersi il senso della storia di qualcosa che se fosse ben definito non avrebbe una storia, perché può avere una storia solo se non ben definibile.
Questo, diversamente da quel che ne pensa Ipazia, vale anche per la ricerca scientifica.
Detto ciò sembra impossibile raccontare una possibile storia di alcunché.
Rimane l'evidenza però che siamo capaci di raccontare storie, e che attraverso queste , che sia letteratura o che sia scienza, ci interfacciamo con la realtà .
Non si tratta di storie a lieto fine, ne del suo contrario. È già tanto che ci siano storie, e se vi sono è perché vi è un senso, uno per ogni possibile storia.

L'essere non è tale in quanto tale, ma è tale in un certo senso, senso che  quando viene condiviso perché non criticabile, e non criticabile perché  a noi non presente, ci appare allora come tale.
Ma che vi sia un senso dietro l'essere lo intuiamo evidentemente, se poi lo andiamo a cercare, e questa ricerca è ciò che lo fa mutare, perché appena lo si trova lo si critica.
Se lo cerchiamo questo senso un motivo pure ci sarà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Ipazia

Ipazia non pensa che la scienza sia depositaria della verità, nè che l'oggettività dei suoi responsi sia sinonimo di verità assoluta. Ipazia pensa che tanto le scienze umane che quelle naturali possono usare le stesse metodologie epistemologiche per interrogare la realtà. Il responso in entrambi i casi è falsificabile (fino a prova contraria) e quindi in progress.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#218
Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2021, 22:08:05 PM
Ipazia non pensa che la scienza sia depositaria della verità, nè che l'oggettività dei suoi responsi sia sinonimo di verità assoluta. Ipazia pensa che tanto le scienze umane che quelle naturali possono usare le stesse metodologie epistemologiche per interrogare la realtà. Il responso in entrambi i casi è falsificabile (fino a prova contraria) e quindi in progress.
In effetti condivido.
Ma col senno di poi toglierei quel "vero fino a prova contraria" che ha contraddistinto fino a qui la visione filosofica della scienza. Proporrei di dare per certa la prova contraria ( questione di tempo) di modo che non si debba neanche più scomodare la verità.
Distinguerei fra ciò che è noto, quindi criticabile, e che prima o poi certamente lo sarà.
Noto come ciò che criticamente nasce e criticamente muore.
È fra ciò che essendo ignoto, può apparire, quando appare, solo come evidenza, quindi non criticabile, non falsificabile.
Si può anche negare l'evidenza , ma senza buoni motivi per farlo come non c'è alcun buon motivo logico per sostenerla.
In sostanza proporrei di sostituirà a una verità una certezza, perché comunque un punto di partenza da cui sviluppare la logica ci vuole, così come non può svilupparsi la vita se non a partire da un senso.


Tutto sommato non è assurdo cercare il senso della storia, ma il credere che la storia non sia fatta di tante storie.
Significativo è che quando pensiamo alla possibilità che non vi sia una storia unica dobbiamo immaginarci mondi paralleli.
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Ipazia

6) Mater (Natura) semper certa, Pater (Dio) numquam.

Il senso, inteso come ragione, ratio, va cercato e fondato laddove è ragionevolmente certo e condivisibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

#220
Buongiorno a tutti



La storia umana è fatta di tante  storie, però il sentimento della vanità di essa non riguarda la singola storia, ma l'insieme. Come osservando un formicaio scosso vediamo le singole formiche agitarsi e correre, chi di qua chi di là, chi sopra chi sotto, chi all'interno chi all'esterno, ecc. così le innumerevoli storie umane, scosse dalla necessità e dal desiderio, s'intrecciano fra loro. C'è chi avanza e chi indietreggia, chi spinge per il cambiamento e chi tenta di resistergli, chi sale sulla testa dell'altro e chi si sottomette, e su tutto questo agitarsi si posa lo sguardo estetico del poeta, dell'uomo riflessivo, che viene preso , fermo in quell'istante, da una specie di senso di vuoto che si prova a volte dopo aver bevuto un po' troppo e aver ballato con una stupenda fanciulla, che però osservata attentamente si rivela essere la morte. Non è un sentimento che persiste, è un attimo fuggevole, così che anche l'esteta della vita poi  si trova nuovamente travolto da essa, spinto via dalla corrente della necessità e del desiderio, quasi confortato dall'esserne travolto. Se infatti , osservando il singolo evento, sembra di scorgerne il senso, di comprendere il significato, ecco che invece l'insieme è come una voragine dove le vicende umane precipitano. Per un attimo resistono ancora delle vestigia, poi spariscono anch'esse.
Forse questo sentimento è al confine del sacro, forse è già dentro al sacro. A volte una conversione nasce proprio da questa specie di spaesamento che si prova nell'osservare la vanità dell'insieme. E' uno sguardo trascendente sulla storia? Che trascende cioè il contingente, il significato relativo, o è solo l'ennesimo desiderio? Eppure c'è e mi azzardo a dire che basta "fermarsi" veramente, smettere di ballare continuamente, e questo sentimento appare a tutti, è là. Però è vero che non tutti sanno smettere per un attimo di danzare.  E' raro vedere una formica che, seppure scossa, se ne resti immobile, mentre attorno tutte le altre impazziscono.

Ipazia

7) extra scientia nulla salus

È il senso distopico del mondo prevalente da quando la Scienza ha preso il posto di Dio nell'immaginario umano. 7 come le piaghe d'Egitto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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Phil

Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2021, 22:08:05 PM
tanto le scienze umane che quelle naturali possono usare le stesse metodologie epistemologiche per interrogare la realtà. Il responso in entrambi i casi è falsificabile (fino a prova contraria) e quindi in progress.
Se il focus del discorso-topic è sul "senso" (spiritual)esistenziale della storia (e/o della vita), bisogna osservare che le scienze umane che si occupano di tal "senso" (non linguistico, ma metaforico) non rientrano fra quelle falsificabili (tenendo sempre ben ferma la distinzione fra storiografia e filosofia della storia).
(Es)Semplificando: se Tizio dice che il senso della vita umana è guadagnarsi il paradiso vivendo religiosamente, Caio sostiene che il senso della vita è godere il più possibile sfruttando tutto ciò che si incontra (persone e risorse), Sempronio afferma che il senso della vita è un'invecchiare sobrio e moderato senza indulgere in speculazioni astruse (e ci sarebbe anche Philonio che suggerisce che il "senso della vita/storia" è un falso problema, ma lasciamolo perdere), come falsificare le loro incompatibili (ipo)tesi di senso?
Falsificare, chiaramente, non significa partire da differenti valori per svalutare quelli altrui (svalutare non è confutare), altrimenti non sarebbe una prassi che rientra nel paradigma scientifico.

Ipazia

#223
Le scienze umane si occupano di ricerche con metodi obiettivi in cui si individuano cause ed effetti. Le cose da te postate sono opinioni, doxa, e come tali non rientrano nella ricerca se non come sintomatiche di cause da analizzare nel rapporto tra fondamenti e ideologia. Per dirla marxianamente: tra struttura e sovrastruttura.

Il "senso", inteso spiritualmente, ha un corrispettivo "laico" nella psiche, indagabile con strumenti razionali. Lo spirito non va arbitrariamente a farfalle.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2021, 14:52:38 PM
Il "senso", inteso spiritualmente, ha un corrispettivo "laico" nella psiche, indagabile con strumenti razionali.
Direi che nel nostro discorso, eventualmente, il senso sta alla psiche come il significato sta alla sintassi (dunque due piani ben differenti). Comunque, la storia umana, non avendo un'unica psiche, non ha allora un unico "senso", quindi le doxa individuali di Tizio & co. restano l'unica forma di assegnazione di senso che sia sensata (dal "de gustibus" al "de pshichibus"?).
Per inciso, dubito che il succitato Marx approverebbe il binomio "senso (della storia)" e psiche, andando dunque ad aggiungersi con Tizio & co. alla schiera di coloro che non fanno dell'esistenzialismo un mero psicologismo.
Da considerare inoltre che la psiche "costruisce e proietta" un senso (v. imprinting), non lo "scopre" dopo speculativa e sperimentale ricerca, quindi ritorniamo al "senso" che è negli occhi (e nella psiche) di chi guarda, non nell'oggetto guardato, senza falsificazioni ed oggettività che possano dirimere(/redimere) quale sia il "vero" senso della storia e/o della vita, fuori dal soggettivismo (psicologico, esistenziale o altro).
Abbandonando il campo del "senso della storia", concludiamo almeno che il "senso della vita" è l'avere un psiche con annessi complessi e funzioni? Possibile, ma non abbastanza da falsificare ciò che ancora affermano Tizio & co. (e così magari si scopre che il "senso della storia/vita" è tutta una questione di doxa e che l'epistemologia non è applicabile all'esistenzialismo, che la psicologia è descrittiva e non "spiritualmente semantica", etc.).

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