Senza Dio la storia umana è priva di senso

Aperto da Alexander, 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM

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daniele22


Buon mercoledì in generale. Ipazia dice :"La storia, naturale o umana, è per definizione, coi suoi atti, una fabbrica instancabile di signi-ficati. Semmai la questione del "senso" riguarda il recettore; la sua sensibilità verso quei segni in senso biologico e culturale.".
Poi dice che bisogna addentrarci nel terreno dei valori ... assai minato e conteso.
Giusto. Chiedo però: questi valori, quotidianamente espressi in termini razionali dalla specie umana, sono ultraumani, oppure sono un'invenzione di una presunta libera mente umana?


Io opto per la prima, ma mi sembra che non tutti siano d'accordo








Ipazia

Penso che la macchi(n)a umana possa trovare solo nella "fallacia naturalistica", depurata di qualche fallacia di troppo, il suo senso e i suoi valori.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#137
Citazione di: daniele22 il 10 Novembre 2021, 23:06:15 PM

Buon mercoledì in generale. Ipazia dice :"La storia, naturale o umana, è per definizione, coi suoi atti, una fabbrica instancabile di signi-ficati. Semmai la questione del "senso" riguarda il recettore; la sua sensibilità verso quei segni in senso biologico e culturale.".
Poi dice che bisogna addentrarci nel terreno dei valori ... assai minato e conteso.
Giusto. Chiedo però: questi valori, quotidianamente espressi in termini razionali dalla specie umana, sono ultraumani, oppure sono un'invenzione di una presunta libera mente umana?


Io opto per la prima, ma mi sembra che non tutti siano d'accordo
Dipende da cosa intendi per ultraumano. Infatti se ti riferisci al l'individuo umano, ultraumana è l'umanità. E  la libera mente umana a chi la riferisci? Non all'individuo umano mi pare?
Potremmo provare a, stilare una classifica del senso:
1. Senso assoluto.
2. Senso relativo condiviso , ma ignoto.
3. Senso relativo noto, ma  non condiviso.


Non mi pare se ne possano dare altri.


Il primo caso riguarda un senso indipendente da noi, ma ogni individuo che lo trovi non potrà dimostrarlo. Un senso assoluto se esiste non sarà mai condiviso.
Idem per il caso 3.
L'unico senso che ha un senso è quello del caso 2.
È quel senso ignoto ma che possiamo intuire essere quello che fa' di ogni uomo parte dell'umanità.
Non è una adesione a libera scelta. Non si è uomini per scelta . Non si aderisce ad un senso, ma lo si eredita, e non serve discuterlo, quindi non occorre conoscerlo.
Si tratta di un senso relativo, ma condiviso.
Non è proibito cercarlo, anzi è naturale cercarlo.
Ma cercandolo lo si muta.


Un senso unico assoluto è un non senso.
Infatti se esso esistesse, basterebbe a se stesso.
Dunque, perché dovrebbe incarnarsi?


Ciò che incarnato lo è in tanti possibili sensi alternativi.
Ma è anche mutevole e quindi sempre alla ricerca di un senso.
Un individuo ha certamente un suo senso.
È la condivisione stessa di senso a farne, di tanti esseri viventi potenzialmente indipendenti, uno.
Non è la similitudine di forma esteriore a fare di tanti individui una umanità, ma la forma interna, che non appare, il senso dell'umanità, che si riflette poi nella forma umana individuale.
Quel senso è dentro di noi, e alcuni lo chiamano Dio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Ciao Iano e a tutti, me infelice per aver scelto il termine ultraumano. In realtà intendevo qualcosa di estensibile ad altre specie viventi. Si perdoni l'ignoranza. La domanda che ponevo quindi può anche essere idiota (se i cosiddetti valori sono radicati nella vita, oppure se sono pura invenzione umana), ma a volte si scoprono cose che non sai. Essendo per la prima ipotesi, prima di depurare qualche fallacia di troppo come suggerisce Ipazia (cosa che può sembrare peraltro di buonsenso allo stato attuale delle cose), vorrei almeno sapere se a vostro giudizio c'è qualcosa nel fenomeno della vita in generale (e di cosa si tratta) che fondi, produca, emani, tutti i discorsi degli individui della specie umana sui valori, sulla vanità e sul senso della vita, con o senza Dio

Ipazia

#139
Altrove ho definito la (sua) vita il valore assoluto incontrovertibile di ogni vivente. No life, no party. Valore materiale su cui fondare saldamente il valore etico ed una sensibilità coerente.

A questa "fallacia naturalistica" sono particolarmente affezionata e la uso come scudo contro gli strali relativisti. Avendo al contempo consapevolezza che tale convinzione va depurata dai riduzionismi naturalistici tipici dello scientismo e del darwinismo sociale. Così come di ottimismi d'antan a base di Orologiai e Architetti.

Mamma natura crea e impone la materia, ma spetta ai viventi gestirla al meglio delle loro possibilità.  Che, nel caso dell'etologia umana, includono anche la politica e la tecnoscienza, ulteriori fabbriche di segni materiali e problematiche etico-spirituali. Ovvero di significati.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Traendo spunto da quanto proviene dalla discussione sull'autolimitazione della vita in natura aggiungerei un quarto passo al mio elenco di significati immanenti:

4) mors tua vita mea

Messa così è un po' bruttina, ma se mamma natura non la avesse posta noi umani non esisteremmo nemmeno perchè tutte le risorse del pianeta sarebbero state consumate dalla prima specie immortale, capace di riprodursi, che fosse comparsa. La morte è il passaggio obbligato per lasciare spazio e risorse a nuova vita. E ciò significa che la morte, ben lungi dall'essere il disvalore assoluto, è per l'insieme dei viventi, umani compresi, un tassello indispensabile della vita. Essa non necessita di alcun edulcoramento sovrannaturale, ma va accettata filosoficamente con

5) amor fati.

La natura stessa, con l'indebolimento delle funzioni vitali e degli stimoli esistenziali, rende meno doloroso il passaggio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2021, 21:45:06 PM
Altrove ho definito la (sua) vita il valore assoluto incontrovertibile di ogni vivente. No life, no party. Valore materiale su cui fondare saldamente il valore etico ed una sensibilità coerente.

A questa "fallacia naturalistica" sono particolarmente affezionata e la uso come scudo contro gli strali relativisti. Avendo al contempo consapevolezza che tale convinzione va depurata dai riduzionismi naturalistici tipici dello scientismo e del darwinismo sociale. Così come di ottimismi d'antan a base di Orologiai e Architetti.

Mamma natura crea e impone la materia, ma spetta ai viventi gestirla al meglio delle loro possibilità.  Che, nel caso dell'etologia umana, includono anche la politica e la tecnoscienza, ulteriori fabbriche di segni materiali e problematiche etico-spirituali. Ovvero di significati.


Va bene Ipazia, ma rispetto a che? Vorrei cioè aggiungere: dov'è, o qual è la relazione tramite la quale si mette di fatto in scena l'importanza della "propria vita"? Rispetto a cosa noi proclamiamo il valore incontrovertibile della nostra propria vita? Infine, a cosa si riferiscono gli individui delle altre specie per proclamare il valore della propria vita?

Ipazia

Essere...o Non essere. Questo è il (primo) problema, il fondamento di tutti i significati possibili. Inclusi i metafisici: l'essere è, il non essere non è.

Il vivente coincide con la sua vita, senza la quale ogni significato annichilisce. Non è un valore da porre, ma dato. Ogni vivente è colui che è. Anche nel caso non ne abbia coscienza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#143
Nella ricerca di senso Dio sta come la x in una equazione algebrica , il valore ignoto da trovare.
In sostanza abbiamo dato un nome, assegnato un simbolo, a ciò che cerchiamo .
Sembrerebbe poco, per non dire niente. Parliamo di un simbolo che sta per ciò che non conosciamo.
Quale progresso sarebbe questo nella ricerca di un senso, avergli assegnato un simbolo ?

Oggi associamo l'algebra all'uso di simboli, x, y, z, a, b, c....che stanno al posto di numeri.
Sembra strano, ma giungere ad usare questi simboli è stato un percorso lungo e tortuoso.
Si può fare algebra anche senza usare quei simboli, è così si faceva prima , finché non c'è ne siamo inventati l'uso, ma con molta , molta difficoltà, come se ciò che fosse ignoto non potessero essere nominato.
L'uso dei simboli non solo ha reso il calcolo algebrico più agevole , ma ci ha aiutato a dare un sguardo di insieme sulle equazioni, permettendoci di catalogarle, generalizzandole, e facendo progredire la materia, mentre prima ogni problema algebrico faceva storia a se'


Guarda la coincidenza, Dio è anche detto l'innominabile, è ciò sembra un indizio di un percorso lungo e tortuoso che ha portato a dargli un nome.
Si pensava non fosse nominabile. O meglio, non si pensava proprio , e al suo posto si usavano tortuosi giri di parole, esattamente come si faceva in algebra prima di usare i simboli.


La ricerca di senso oggi ha dunque la sua x.
Manca l'equazione.
Qual'e' dunque l'equazione giusta?
Qualunque sia l'equazione giusta, se mai pure vi incappassimo per caso, dovrebbe apparirci in modo evidente come quella giusta, perché non sembra che la logica possa venirci in soccorso in tal senso.
Secondo logica una equazione vale l'altra. Non ce ne è una più equazione delle altre.
Cioè, qualunque possibile senso vale l'altro.
Quindi una ricerca di senso parrebbe insensata.
La x sta per un numero, non ha un valore assoluto, perché dipende dall'equazione in cui lo mettiamo.
Poi non sempre l'equazione sembra avere una soluzione, e a volte si riesce anche a dimostrare che non l'ha.
Questa sembrerebbe una buona notizia, perché significa che, se anche non riusciremo a trovare l'equazione giusta, possiamo almeno escludere quelle sbagliate, cioè quelle che non hanno soluzione.
I matematici invece in quei casi li mettono in atto un gioco di magia.
Se si dimostra che la x non sta per alcun numero, allora i matematici si inventano numeri nuovi, e magicamente ogni equazione così ammette soluzione.
I matematici non si pongono limiti nella ricerca di senso, perché quando sembrano essere giunti a un limite creano un ponte che va' oltre quel limite. Quindi nella ricerca di senso progrediscono.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#144
Dopo questa scorribanda fra numeri , incognite e innominabili, proviamo a trarre una conclusione.
Quando pensate ai numeri avete ben chiaro a cosa pensate, perché ne cogliete il senso in modo immediato.
Nonostante ciò esistono interi trattati di matematica che provano a spiegarvi cosa siano i numeri,
che provano a mediare fra i numeri e il loro senso, cosa di cui voi non sentite alcun bisogno.
Ma i matematici potrebbero dimostrarvi che siete intorto.
Infatti essi sono capaci di inventare nuovi numeri, che non essendoci prima, voi non potevate pensare.
Ma allora a che numeri pensavate quando pensavate ai numeri?
Come facevate a cogliere in modo immediato ciò che  invece è frutto di una costruzione intellettuale?


Se non vi piacciono i numeri passiamo alle parole.
Quando pensate alle parole avete ben chiaro a cosa pensate, perché ne cogliete il senso in modo immediato.
Mediante quelle parole voi cercate un senso da cogliere in modo immediato, sperando che una combinazione fortunata di parole un giorno vi appaia come tale.
Ma nuove parole nascono col tempo, e altre muoiono.
Come possiamo pensare che in una tale mutevole caduca varietà possa risiedere un senso assoluto ?

Se non abbiamo ancora trovato il senso è perché non abbiamo ancora inventato le parole giuste?
Ma una volta inventate quelle parole allora che senso sarebbe un senso inventato?
Oppure quelle parole già' le possediamo, e abbiamo da trovare solo la loro giusta combinazione?
Non esiste un linguaggio assoluto, dunque non vi sarà mai un senso definitivo da assemblare con esse,
Il senso e la verità sono innominabili, seppur vi diamo un nome.
Ma a cosa serve dunque la ricerca di un senso?
Se prendiamo ad esempio il lavoro dei matematici serve a creare sempre nuovi sensi, di cui, strano a dirsi, i fisici svolte si appropriano per creare nuovi mondi in cui vivere ed agire, o meglio per descrivere in modi sempre diversi sempre lo stesso mondo.
Lo si fa' dunque inventando nuovi numeri e nuove parole per dirlo, e il senso del mondo ha lo stesso senso di queste invenzioni.
Ciò che prima non c'era descrive in modo sempre nuovo ciò che è lì da sempre.
Ciò che da sempre coincide col suo incognito e indicibile senso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

Il mondo è sempre lo stesso, ma cambia la nostra interazione con esso, secondo il senso nuovo che ogni volta gli diamo. Nuovo perché nuove sono le parole che usiamo quando facciamo filosofia, o numeri nuovi quando facciamo scienza.
Numeri che prima non esistevano , ma che nascono per dare senso a una equazione, la quale a volte si presta a una nuova descrizione del mondo , come se fosse nuovo, ma nuova e' solo la nostra interazione con essa.
Il nostro agire il nostro fare.
Un fare e un agire che sembra volto avanti a una ricerca di un senso che non si riesce mai a vedere, e non si riesce a vedere non perché  sempre muta, come pure è, e perciò sfugge, ma perché sta sempre dietro a quell'andare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#146
Come dice Ipazia, il mondo non ha un senso, il mondo è, ma se noi lo possiamo vedere , se noi ne possiamo parlare, aggiungo io, è perché gli abbiamo già  dato un senso, senza saperlo.
Se ci sembra logico, inevitabile, ovvio  che il mondo debba avere un senso, è perché in effetti un senso ce l'ha, ed è quello che gli abbiamo dato noi, senza sparere di averglielo dato, ed è per questo che ancora lo cerchiamo, e cercandolo troviamo sempre nuovi sensi che ci fanno vedere lo stesso mondo in modi sempre nuovi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#147
Riassumendo, ci chiediamo che senso ha il mondo secondo come lo vediamo nel suo sviluppo storico, ma se questa storia possiamo descrivere secondo come la vediamo, è perché gli abbiamo già  dato un senso, di cui non siamo coscienti.
Ciò è possibile perché non siamo fatti di sola coscienza.


La scienza ci conferma inoltre che ciò è possibile, proponendoci nuovi modi di vedere il mondo, secondo nuovi sensi possibili che gli diamo, alternativi, ma non meno efficaci., e possiamo dare nuovi sensi perché nuove sono le parole che usiamo.
Parole che non hanno un senso in se', ma il senso che gli diamo avendole inventate noi.
Se il senso ha a che fare con le parole, e queste sono inventate, non c'è alcun senso da trarre che già non sia stato dato, salvo essercene dimenticati. Cerchiamo ciò che già abbiamo, ma non sappiamo di avere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

#148
Buon sabato a tutti







Credo possa essere fuorviante parlare di senso assoluto riguardo la storia umana, che è essenzialmente una catena di eventi. Per questo ,nel post introduttivo, parlavo di un Autore che tiene le fila di uno svolgersi di questi eventi apparentemente insensato, o "riempito" di sensi soggettivi, condivisi (ma non da tutti) per un periodo di tempo, in continuo mutamento, come scrive Iano. Naturalmente serve un autore che sia NELLA storia, non certo uno che la lascia svolgere senza alcun interesse in essa. Un noumeno non ha alcun significato per la storia umana. Il narratore deve essere presente nel raccontare. Non è un libro che si acquista, si legge e si ripone nello scaffale. I sensi relativi io li vedo come le domande che il piccolo ascoltatore continua a rivolgere al narratore della storia. E sono le domande esistenziali che ci poniamo, che non sono semplicemente legate ad uno stato di necessità biologica, come sostiene Ipazia. Noi interroghiamo gli eventi della storia e cerchiamo in essi un senso. L'ebreo che vedeva lunghe fila di donne e bambini nudi in attesa di essere gasati e bruciati nei forni, chiedeva all'Autore il senso di quello che vedeva. La domanda è rivolta agli eventi, a qualcosa di concreto, non di astratto, da inventarsi volta per volta sulla base di "mode" culturali o sullo stato di conoscenza scientifica del momento. C'è il senso dei mezzi umani e il senso degli eventi creati dall'umanità. Negli eventi storici possiamo leggere sì un senso relativo all'economia, alla storia sociale o militare degli stati, in un dato periodo, ma quando cerchiamo la visione d'insieme ecco sorgere il sentimento di vanità, proprio perché il senso relativo non è in grado di presentare alla nostra domanda esistenziale una qualsiasi giustificazione che non sia una lettura soggettiva, una fantasia sui fatti. C'è quasi una similitudine con il sogno: come nel sogno le cose sembrano avere un senso, che però trovi assurdo al momento del risveglio, così gli eventi umani, la lunga catena di fatti storici che si susseguono apparentemente senza fine, allo sguardo esistenziale fanno esclamare:"Ma che senso ha tutto questo?".
La Storia è l'unica scienza, insieme alla Medicina in cui il soggetto coincide con l'oggetto di studio. Studio la storia, ma ne faccio anche parte. Così che l'eventuale, insondabile Autore, mi sta  raccontando anche la mia stessa storia. Oppure faccio parte del suo sogno.

Ipazia

Citazione di: daniele22 il 12 Novembre 2021, 22:34:42 PM
Va bene Ipazia, ma rispetto a che? Vorrei cioè aggiungere: dov'è, o qual è la relazione tramite la quale si mette di fatto in scena l'importanza della "propria vita"?
La soluzione teologica è la più semplice ed è la prima che ha dato senso alla vita umana rendendo soddisfazione al bisogno di giustizia fino a quella meravigliosa enciclopedia dei delitti e delle pene che è la Commedia dantesca. Commedia, appunto. Cui si contrappone l'altrettanto scenografica tragedia dei sacrifici umani, penitenze ed espiazioni. Ma tutto ciò è favola piuttosto che enigma. Mentre, imperturbabile, la realtà propone commedie e tragedie riconducibili alla loro matrice naturale, generatrice di senso.
CitazioneRispetto a cosa noi proclamiamo il valore incontrovertibile della nostra propria vita?
No life, no party.
CitazioneInfine, a cosa si riferiscono gli individui delle altre specie per proclamare il valore della propria vita?
Alle leggi naturali, istinti e pulsioni, che noi condividiamo con ogni essere prodotto dall'evoluzione, in stretta correlazione e simbiosi. Indipendentemente dal fatto che di ciò siano coscienti. Anzi, meno lo sono più il test "multicieco" riesce, e fornisce prove della validità dalla tesi fondativa: Natura sive Deus.

Da cui, la coscienza, per chi - umano o no - ce l'abbia, trae i valori, elaborandoli in senso etico. Sciogliendone provvisoriamente, per via dialettica, gli enigmi e le contraddizioni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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