Senza Dio la storia umana è priva di senso

Aperto da Alexander, 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM

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bobmax

Se si accetta che la ricerca del senso la conduce il singolo, nella sua assoluta solitudine, e allo stesso tempo questa stessa ricerca è motivata dall'altro, occorrerebbe allora indagare cosa significhino per davvero "io" e "l'altro".
Cioè comprendere come si possa discriminare il me stesso dall'altro.

Ma non è proprio la richiesta di senso a determinare cosa è l'altro e cosa sono io?
Perché l'altro è colui che chiede e io sono colui a cui è rivolta la richiesta.

Potremmo allora chiederci: Vi è qualcuno, qualcosa che, per il fatto stesso di esistere, non ci rivolga una richiesta di senso?

Perché a ben guardare questa richiesta non proviene solo da ogni essere umano, dalla sua storia, dalla storia dell'umanità, ma pure da ogni altra entità del mondo, e pure da ogni pensiero, emozione, sentimento, di cui sono consapevole.
Insomma, tutto ciò di cui sono cosciente rivolge a me una muta domanda di senso!

Questo senso che mi viene richiesto è una mia presa di posizione, un sì o un no. Ossia se ciò che c'è vada bene così com'è, oppure no.
Una responsabilità immane, che mi sospinge nella mia profondità alla ricerca di me stesso.

Daniele22, con la morte di Dio il mondo che ci interroga, che richiede un senso, non ha più alcun filtro, alcun alibi.
Non vi è più un Dio tra me e il mondo.
E la responsabilità è allora solo mia.

Un peso difficile da sopportare, perché proprio io mi ritrovo ad essere il capro espiatorio.
Allora forte è la tentazione di rassegnarsi al "così va il mondo..."

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#106
Citazione di: bobmax il 05 Novembre 2021, 14:39:18 PM
Se si accetta che la ricerca del senso la conduce il singolo, nella sua assoluta solitudine, e allo stesso tempo questa stessa ricerca è motivata dall'altro, occorrerebbe allora indagare cosa significhino per davvero "io" e "l'altro".
Cioè comprendere come si possa discriminare il me stesso dall'altro.

Ma non è proprio la richiesta di senso a determinare cosa è l'altro e cosa sono io?
Perché l'altro è colui che chiede e io sono colui a cui è rivolta la richiesta.

Potremmo allora chiederci: Vi è qualcuno, qualcosa che, per il fatto stesso di esistere, non ci rivolga una richiesta di senso?

Perché a ben guardare questa richiesta non proviene solo da ogni essere umano, dalla sua storia, dalla storia dell'umanità, ma pure da ogni altra entità del mondo, e pure da ogni pensiero, emozione, sentimento, di cui sono consapevole.
Questo è il nocciolo della questione.
Chi sono io e chi è l'altro. Il processo d'individuazione che genera l'individuo, come ciò che arbitrariamente e funzionalmente può astrarsi da un tutto, e ciò che ne rimane , come altro.
Sarebbe un discorso logico quanto banale, se non fosse per l'inghippo che la coscienza sembra pretendere un soggetto non arbitrario, in quanto è quel soggetto a produrre astrazioni, a qualificarsi come io, in modo apparentemente  oggettivo, senza se e senza ma.
Comprendere cosa sia ciò che comprende sembra essere impossibile.
Qualcosa però si può dire.
La coscienza non è essenziale alla vita, e certamente non è tutto.
Non tutto passa per la coscienza, e la mia impressione è che la richiesta di senso nasca da quel sommerso inconscio, come tentativo di una sua esplicitazione.
È una ricerca di senso sommersa dentro noi, chiunque siamo noi, quella che sembra più ovvio cercare, perché prossima.
Ma, paradossalmente, man mano che acquisiamo conoscenze, il soggetto che astrarre e conosce, diventa sempre più sfumato dentro una storia più grande di lui dove sembra vacillare la certa distinzione fra lui e l'altro, come fosse una arbitraria costruzione.
In tal senso, caro Bobmax, tempo fa' ti invitavo a considerare che non occorre ricongiungersi all'uno, perché non c'è ne siamo mai divisi, se non per pura convenzione., e oggi io credo siamo chiamati a ridefinire questa convenzione in nome della salvezza del pianeta.
Dio è morto se quel Dio era fatto a nostra immagine.
Ma come si dice a Roma?
Morto un Dio se ne fa' un altro.😇
È forse è proprio arrivato il momento di rifarlo.
Dio è ciò che certifica l'io e questo io insieme all'altro vanno ridefiniti, perché si può fare, ed è arrivato il momento di farlo.


Credo che il trucco consista nel credere ma senza affezionarsi troppo a ciò cui si crede. Una via di mezzo fra il dubbio e la certezza, se di nessuno dei due possiamo far senza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Si può dubitare di qualsiasi cosa, ma a condizione che vi sia qualcosa di cui dubitare, e nulla ha un senso che non si può cambiare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

#108
Buongiorno a tutti



Quando parliamo di umanità diventa difficile  dubitare della sua esistenza.Anzi, viviamo proprio in un periodo inflazionato dal termine: salvare l'umanità, l'umanità del sentire,essere umanitari, crimini contro l'u.,ecc. E' un concetto che ha forza storica,di cambiamento epocale. Dobbiamo tutti sacrificarci per "dare un futuro" all'umanità, dicono scienziati e politici che viaggiano in jet privati. C'è un'etica/interesse potente sottostante il termine. E' l'interesse di quanti sono sottoposti alle limitazioni  della natura umana.
Per "storia umana" intendevo implicitamente la storia naturale nel suo rapporto con l'uomo. O meglio: del rapporto dell'umanità con essa. La storia umana non può infatti astrarsi da quella naturale. Gli eventi naturali influiscono pesantemente sulla storia umana: cataclismi, pestilenze, pandemie, ecc. cambiano il corso della storia dell'uomo. Si operano mutamenti tecnologici, visioni esistenziali diverse si impongono. La storia stessa dei diritti , come vediamo in questo periodo, cambia, cerca di adattarsi,sovrapporsi agli eventi naturali. Quando affermo perentoriamente che "senza Dio la storia umana è priva di senso" considero anche questo adattamento  che è intrinsecamente storia dell'uomo. L'affermazione però riguarda questa storia che ci interpella in quanto umani. Trovare il senso della vita naturale in assoluto (universale) è ancora più arduo: trasformazione, sopravvivenza, legge del più forte, del più adattabile,ecc. Anche qui, osservandola, dovremmo alla fine convenire che "senza Dio la storia naturale è priva di senso".La mia storia biologica è priva di senso; infatti siamo solo noi umani, a quel che ne sappiamo, che possiamo affibbiare alla (nostra) natura un qualche senso relativo, soggettivo, che sia cioè oltre i suoi meccanismi di funzionamento.

Concordo con Daniele22 sul fatto che il sentimento a riguardo l'ingiustizia, da sempre presente, costituente stesso della storia umana, è uno dei più forti "esaltatori" del senso di vanità che si può provare osservandola.

bobmax

Sì, Iano, non ce ne siamo mai divisi.
Tuttavia l'Uno coincide con il Nulla.
Di modo che non mi posso aggrappare all'Uno.
L'Uno è l'abisso in cui posso trovare la pace del Bene così come il Nulla assoluto.

Tutto dipende da cosa mi viene incontro e dal mio sguardo.
Perché l'altro può far riempire il mondo di significato oppure svuotarlo d'ogni senso.

Quando in me non vi è amore, quando l'altro non lo suscita e rimango indifferente, ecco l'orrore.

Se viceversa l'amore fluisce da me senza sforzo alcuno, se l'altro è riconosciuto come l'amato, ecco la beatitudine.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Freedom

Citazione di: Freedom il 31 Ottobre 2021, 12:05:48 PM
Citazione di: Alexander il 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM
Uso il termine senso nell'accezione di significato. La storia umana , e quindi la storia personale di ognuno di noi, non appare priva di significato in assenza di Dio?
E' talmente ovvio che non necessita una gran discussione.

Infatti l'ateo attribuisce debolezza, fragilità, fuga dalla realtà al credente. Perché quest'ultimo non accetta l'assenza di significato che deriva dalla vita così come ci appare. Oddio, qualcuno si esercita in improbabili dimostrazioni di significato/i laddove, viceversa, è del tutto evidente l'assenza di esso/i.

E' per questo che l'ateo, non sempre ma spesso, afferma (o più elegantemente pensa tra sé e sé) che egli è più forte, più oggettivo, più aderente alla realtà insomma.....superiore.

Chissà, magari è anche vero.

P.S.
Ho usato la parola credente senza specificare in quale Dio. Perché se è certamente vero che esistono delle differenze nei vari credo è altrettanto vero che esistono anche delle similitudini. Come nel caso di specie e cioè che il credere in qualunque Dio dà un significato alla propria vita.
Nel dipanarsi della discussione rilevo che, forse, ho capito male il quesito iniziale. L'ho inteso come esistenziale e dunque sinonimo della antica e decisiva domanda dell'uomo: "perché esisto"?

Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

A prescindere da ogni costruzione intellettuale o fantasia, l'umanità è un dato storico-evolutivo reale essendo gli umani animali sociali che il processo evolutivo ha allacciato intimamente, aggiungendo al vincolo naturale quello tecnologico/culturale.

Da questo doppio legame nessuno sfugge e il massimo che può fare è proporre una propria declinazione metafisica, ideologica e ideale, comprensiva pure del concetto/sensazione di vanità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Con riferimento all'ultimo post di Alexander non riesco ancora a capire perchè con Dio la storia umana avrebbe senso ? E' chiaro che un senso artificioso, posticcio, ce l'avrebbe; ma ne varrebbe la pena ? Aumenterebbe la qualità sensibile dell'umano o lo ridurrebbe ad una marionetta in un teatrino preconfezionato ? Come non bastassero i burattinai del Capitale !
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Freedom. Citandoti : "Nel dipanarsi della discussione rilevo che, forse, ho capito male il quesito iniziale. L'ho inteso come esistenziale e dunque sinonimo della antica e decisiva domanda dell'uomo: "perché esisto"?".

Secondo me ci hai indovinato però piuttosto alla lontana. La antica e decisiva domanda non è quella che tu citi (domanda troppo particolaristica, autocontemplativa, egoistica.........) ma piuttosto, rimandando anche ad antico "topic" qui ospitato.....................la sua versione filosofica ed impersonale (e per i non filosofi.....immensamente più ridicola), cioè "ma perchè esiste l'umanità anzichè il nulla ?". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#114
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2021, 08:58:44 AM
Con riferimento all'ultimo post di Alexander non riesco ancora a capire perchè con Dio la storia umana avrebbe senso ? E' chiaro che un senso artificioso, posticcio, ce l'avrebbe; ma ne varrebbe la pena ? Aumenterebbe la qualità sensibile dell'umano o lo ridurrebbe ad una marionetta in un teatrino preconfezionato ? Come non bastassero i burattinai del Capitale !
Io credo che si intenda il divenire stesso come mancante di senso, di modo che un Dio che tutto può e tutto fa', seppur immerso nel divenire , resta pur sempre se stesso, ha cioè il senso dell'essere. Egli pur diviene , ma non muta.
Il suo senso rimane dunque nel suo essere, ciò che a noi non è dato, se non cercando di aggregarsi a lui sperando di condividere la sua sorte alla fine.
La nostra ricerca di senso è una espressione mascherata di disagio "esistenziale" dunque.
Nessun possibile  senso in effetti ci acquieterebbe, perché il divenire mette in crisi l'essere come cio' che è , essendo unico portatore di senso, al di là di qualunque verso prenda.
Come si risolve la questione?
Non affermando che l'umanità esiste in quanto ha una storia, ma viene raccontata una storia fra tante che la reclama come soggetto . Una storia non univoca, ma solo una possibile storia.
L'essere è ciò che si astrae da una delle tante possibili storie .
Non ha una storia, ma è una storia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#115
Noi siamo esseri viventi dotati di coscienza, ma anche no.
Dunque sbagliamo a caratterizzarci come esseri coscienti, perché parimenti non lo siamo.
Di qualunque cosa parliamo dovremmo cercare l'origine in una parte o nell'altra di noi, considerando che non si possono mischiare senza precauzione alcuna cose che dalle diverse parti si originano.
L'essere in quanto tale non ha origine cosciente, razionale.
Ciò dovrebbe essere evidente. La storia dell'essere invece si, in quanto successione di fatti verificabili o a cui si può risalire.
Possiamo dire della storia dell'essere, ma non dell'essere, se non che è ciò che è, che equivale appunto ad ammettere di non poter dire nulla.
È chiaro che questo essere di cui non possiamo dire entra in antitesi con la sua storia, di cui possiamo dire.
Ma l'essere non sembra aver bisogno di una storia per essere giustificato.
Esso trova senso è giustificazione in se stesso, e la sua storia appare come una complicazione , un di più, ai fine del suo senso.
Cercare il senso, la giustificazione dell'essere nella sua storia significa ammettere contraddittoriamente che in essa esso possa trovare giustificazione, significato.
L'unico modo di di risolvere la contraddizione è Dio, come ipotesi di un divenire che non intacchi l'essenza dell'essere.
Il dissidio si risolve quindi in un divenire ciclico, che parte da Dio e torna a Dio, come non si fosse mai mosso, negando nei fatti gli effetti del divenire.
La percezione dell'essere è inconscia, ma conscia è la constatazione del suo divenire.
Non si possono mettere insieme l'essere e la sua storia senza precauzioni, senza ritrovarsi poi davanti a paradossi che sfocino in un senso di vanità.
Dietro l'origine dell'essere vi è una storia ignota, e la storia dell'essere è la continuazione nota di quella storia. La storia quindi non ha un senso se non quello di generare e rigenerare in continuazione l'essere.
Da ogni possibile storia si può estrarre un soggetto, l'essere.
L'essere è il senso che diamo alla storia.
Infatti quando rileviamo vanità nella storia dell'essere, non perciò concludiamo che ciò destituisca l'essere da quel che è .
Ma in effetti, quando ci chiediamo il senso della storia dell'essere, ci stiamo invece chiedendo da dove esso salti fuori.
La scienza ci da' esempi del come l'essere salti fuori dall'applicazione cosciente del suo metodo, e questo essere certamente e' se siamo poi in grado di manipolarlo in laboratorio, per quanto fantasmagorico, apparentemente privo di solida concretezza, come un fotone o una funzione d'onda.
È come se un metodo concreto generasse fantasmi concretamente trattabili, mentre il metodo ignoto della percezione generasse un concreto essere, che però non si sa da dove salti fuori.
Siccome non si sa' da dove salti fuori non possiamo altrimenti giustificarlo che come ciò che è, ma dietro vi è sempre una storia, anche se noi non la conosciamo.
Cercare il senso della storia è come mettere il carro davanti ai buoi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#116
Riassumendo, se l'essere è ciò che è in quanto tale allora esso possiede in se' il suo senso e la sua giustificazione. Quindi perché poi andiamo a cercare il senso della sua storia, come giustificazione aggiuntiva? Se teniamo fermo che l'essere è ciò che è il tentativo è superfluo quanto vano.
Se invece insistiamo nel cercare un senso, allora stiamo cercando un senso diverso dall'essere in quanto tale.
Il credente trova senso in Dio in quanto prototipo perfetto di essere, motore primo che nulla muove.
Esso entra nel fiume del divenire ma ne esce sempre asciutto., come non vi fosse entrato.
Gli altri esseri sono imperfetti in quanto tali , perché non si salvano dal divenire, come se non fossero in quanto tali.
Così si professano a immagine di Dio nel tentativo di avere salvo il proprio essere.
Cercano la salvezza nel negare il divenire, di cui sono invece figli.
Nel dire ciò io non voglio apparire più furbo di un credente, in quanto non credo esistano i non credenti , ma esistono quelli che sanno in cosa credono e quelli che non lo sanno, e io credo di sapere che esista il divenire da cui si possono trarre tante storie e da ogni storia un essere che gli da' un senso.
Io credo che la storia generi l'essere.
Altri che l'essere generi la storia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

Il significato di un essere non può stare nell'essere stesso. Il significato di una porta non sta nell'essere porta, ma nel chiudere o aprire un locale. Il semplice fatto di esistere non conferisce alcun significato a ciò che esiste, se non in una relazione con altro da sé. La storia umana la possiamo immaginare quindi come la somma delle relazioni tra gli esseri umani e di questi con la natura da cui traggono l'esistenza. Il sentimento di vanità della storia diventa quindi il sentimento di vanità provato davanti a questa relazione.Come posso dimostrare che il senso di una porta è quello di aprire o chiudere un vano, dovrei poter trovare il significato della storia umana, ossia per qual motivo essa esiste.Io semplicemente sostengo che questo significato, in assenza di un autore, non si trova.

Ipazia

Citazione di: Alexander il 07 Novembre 2021, 18:16:01 PM
Il significato di un essere non può stare nell'essere stesso. Il significato di una porta non sta nell'essere porta, ma nel chiudere o aprire un locale. Il semplice fatto di esistere non conferisce alcun significato a ciò che esiste, se non in una relazione con altro da sé. La storia umana la possiamo immaginare quindi come la somma delle relazioni tra gli esseri umani e di questi con la natura da cui traggono l'esistenza. Il sentimento di vanità della storia diventa quindi il sentimento di vanità provato davanti a questa relazione.Come posso dimostrare che il senso di una porta è quello di aprire o chiudere un vano, dovrei poter trovare il significato della storia umana, ossia per qual motivo essa esiste.Io semplicemente sostengo che questo significato, in assenza di un autore, non si trova.
Così si scomoda surrettiziamente il significato, ponendo invece una questione antecedente: la causalità. La  causalità ha il brutto vizio di richiedere una dimostrazione e già ai tempi del Bonaparte l'ipotesi Dio non era più necessaria, soppiantata dalla natura che già allora signi-ficava gli eventi in maniera più plausibile e razionale, in alternativa alle troppe contraddizioni di un Architetto decisamente maldestro e indimostrabile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#119
Citazione di: Alexander il 07 Novembre 2021, 18:16:01 PM
Il significato di un essere non può stare nell'essere stesso. Il significato di una porta non sta nell'essere porta, ma nel chiudere o aprire un locale. Il semplice fatto di esistere non conferisce alcun significato a ciò che esiste, se non in una relazione con altro da sé. La storia umana la possiamo immaginare quindi come la somma delle relazioni tra gli esseri umani e di questi con la natura da cui traggono l'esistenza. Il sentimento di vanità della storia diventa quindi il sentimento di vanità provato davanti a questa relazione.Come posso dimostrare che il senso di una porta è quello di aprire o chiudere un vano, dovrei poter trovare il significato della storia umana, ossia per qual motivo essa esiste.Io semplicemente sostengo che questo significato, in assenza di un autore, non si trova.
Concordo che il significato di un essere non può stare nell'essere stesso, ma credo sia ciò che si intenda quando si dice che l'essere è in quanto tale, cosa che ha me non ha mai soddisfatto.
Però se lo si dice, avendo basato su ciò quasi la filosofia intera, un motivo non banale dietro a questo dire deve esserci,, e il motivo secondo me  è che non conosciamo il percorso per il quale si è costituito l'essere.
A dimostrazione di ciò, pur percependo l'essere, altro non siamo in grado di dire.
Quindi lo diamo per ovvio, evidente, non discutibile, che sono altri modi di dire che è ciò che è.
Non solo in filosofia, ma nella vita di ogni giorno noi ci basiamo su ciò a cui possiamo solo limitarci a dare un nome, o indicare, senza altro poter specificare di significativo, che non appaia come arbitrario.
Quando il percorso per il quale si costituisce l'essere è invece noto, come avviene applicando il metodo scientifico, allora su di esso abbiamo molto da dire.
Ma, paradossalmente , mentre l'essere del primo tipo ci appare concreto, quello del secondo mostra tutto il suo carattere sfuggente, cioè non concreto, cioè astratto. Ma di fatto ciò non toglie che possiamo manipolare un tipo di essere quanto l'altro, sia che lo si tocchi con mano che con la mente.
E tutto ciò senza scomodare le eventuali funzioni dell'essere, di qualunque tipo sia, le quali, essendo varie ed eventuali , nonché  imprevedibili a priori, non possono sostituirsi al suo significato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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