Senza Dio la storia umana è priva di senso

Aperto da Alexander, 22 Ottobre 2021, 10:14:37 AM

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iano

#120
Ho voluto declinare nel precedente post, l'essere in due tipi usando come discrimine la coscienza, quindi ciò che di esso possiamo dire e ciò che non sappiamo dire.
Noi però siamo in grado di manipolare entrambi i tipi, indipendentemente quindi da cosa possiamo dire sulla loro essenza.
La coscienza quindi non gioca un ruolo da primo attore, ma è un attore fra tanti.
Però, quando giungiamo alla conclusione della vanità dell'essere, giudicandolo attraverso la sua storia, stiamo ammettendo che sia l'unico attore.
Tutto sarebbe vano, se tutto passasse per la coscienza.
Cioè tutto è vano, per quel che ne sappiamo.
Ma vanità è un sottoprodotto della coscienza, e la coscienza non ci esaurisce.
Ma di fatto noi pensiamo che lo faccia, sbagliando.
I progressi nella storia dell'umanità, della quale stessa stiamo indagando il senso, coincidono con le nostre fughe eccentriche. Ogni volta che prendiamo coscienza del centro in cui ci siamo rifugiati, lo critichiamo e ci decentriamo.
Ma morto un centro se ne fa' un altro, e così via a progredire.
Un modo per dare non un significato alla storia, ma una accelerata, sarebbe quello di non aspettare che questi centri si palesino, andandoli a cercare.
Il centro in cui siamo oggi rifugiati è la coscienza, produttrice di vane sensazioni, fra l'altro.
La coscienza non ci esaurisce , quindi la nostra storia, intesa  come suo esclusivo prodotto, non può dare un senso esauriente, che non si accompagni al minimo a vanità, per quella parte che manca...all'esaurimento totale😂
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

L'esistere è relazione.
Nessuna relazione, nessuna esistenza.

Di modo che il significato di ogni esistente è tutto nelle relazioni che fan sí che, appunto, esista.

L'esistente è perciò le sue stesse relazioni con altri esistenti.
Al punto... che ciò di cui si ha davvero contezza sono sempre e soltanto relazioni.

L'esistente è immaginato esserci "dietro" le sue relazioni, ma solo in quanto necessaria sintesi razionale. Non perché sia qualcos'altro rispetto alle sue stesse relazioni. Che infatti lo esauriscono totalmente.

Se viceversa cerchiamo di prescindere dagli esistenti, che sappiamo in loro stessi inconsistenti, per concentrarci sulle infinite relazioni di cui siamo spettatori, allora potremmo chiederci quale senso abbiano.

Ma ecco che la domanda subito rimanda a noi stessi.
Perché siamo proprio noi a dover decidere che senso abbia questo mondo!

E poiché il senso è la Verità, e l'Essere è esser Vero... nel inoltrarci alla ricerca del senso noi non facciamo che ritornare a noi stessi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#122
@Bobmax
Una tipica relazione in matematica è la seguente:
Se è vero questo allora si dimostra che è vero quello.
Che può riassumersi con , questo è quello pari sono, cui si può superfluamente aggiungere, che se questo è vero allora è vero quello, non aggiungendo la verità di quello nulla alla verità  di questo, che essendo solo ipotetica non è alcuna verità.
Ora, se è vero che la matematica sembra essere l'ultimo rifugio sicuro per la verità, allora la verità è messa male.
Essa fa' parte di quelle cose che percepiamo ma di cui non sappiamo dire.
Resta da capire quanto la verità, superflua nel formulare una ipotesi, non lo sia nel formulare una fede, che è una ipotesi che si afferma senza condizioni.
La ricerca di verità però è il vero o millantato motore della storia umana, e del fatto che goda oggi di poca salute lo dimostra il fatto che nessuno qui l'ha indicata come senso di quella storia.
Direi che la verità è vera, quanto è vero Dio, al fine di questa discussione.


Comunque condivido mettere al centro le relazioni, se non si pretende che ogni relazione appaia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: Alexander il 07 Novembre 2021, 18:16:01 PMCome posso dimostrare che il senso di una porta è quello di aprire o chiudere un vano, dovrei poter trovare il significato della storia umana, ossia per qual motivo essa esiste.Io semplicemente sostengo che questo significato, in assenza di un autore, non si trova.
Sulla scia di quanto scritto in precedenza, direi che non lo si trova e inoltre non c'è modo di attribuirlo soggettivamente senza (poter) essere consapevoli che si tratta di un'attribuzione convenzionale, non di un rilevamento "oggettivo" di un nesso storia/senso. Le ricadute di tale aporia del senso (che non è essenzialmente "sensato" ma non può confessare di non esserlo) comporta che vacillino le fondamenta, sebbene non le costruzioni, di tutte le sotto-attribuzioni di senso. Ad esempio, in altro topic, ci si chiede come gestire l'inquinamento, concentrandosi/decentrandosi sul futuro (il cosa/come fare per...); tuttavia, non solo giocando con le parole, il senso del futuro non è forse il futuro del senso? Detto in soldoni: se non c'è un senso nella storia come (e perché) progettare il futuro dell'umanità? La retorica del "dover lasciare un mondo migliore ai nostri figli" o il "non uccidere la natura" sono comandamenti che si basano su un senso ritenuto forte (almeno a parole, nelle prassi economiche altri sensi si dimostrano ben più predominanti), sono i dogmi di una visione della vita (piuttosto condivisa, ma sappiamo che la condivisione non comporta affatto "oggettività") che presuppone comunque un (meta)senso, altrimenti tali imperativi non avrebbero a loro volta un senso derivato (l'impegno per lasciare alle generazioni future un mondo con meno Co2 ha senso solo se ha senso fare il possibile per la proliferazione dell'umanità, che ha senso solo se si ritiene che ciò sia un bene, dovere morale o altro, che ha senso solo se si crede in tale bene/morale/altro, etc.).
Pur sapendo che la morte (se non l'estinzione) fa parte della vita, etc. si fa fatica, esistenzialmente, ad accettare che la propria specie, in virtù della sua vantata intelligenza, abbia prodotto strumenti e dinamiche sociali che ne stanno minacciando la sussistenza (con ironica tensione verso il suicidio/eutanasia); minaccia che comunque non è imminente per le generazioni attuali quindi, se non ci fosse un "senso del futuro" come "futuro del senso", per dirlo bruscamente (come non si dovrebbe fare) in fondo non si porrebbe nemmeno il problema del "futuro anteriore". Se si fosse coerenti con una visione "semanticamente" povera di valori "universali", ereditati sommessamente dalle religioni, ovvero se non si considerasse davvero l'uomo come "affittuario della vigna" o come "creatura che non deve estinguersi perché Dio l'ha creata per vivere e moltiplicarsi", se si considerasse che l'istinto di sopravvivenza e uno di quegli istinti che riguarda l'individuo (e solo divinizzando/umanizzando la natura lo si estende alla Specie elevata ad Essere vivente), il senso del futuro sarebbe più scialbo e risveglierebbe meno impegno ecologico e sociale, nella consapevolezza (non fatalistica, ma storico-scientifica) che se e quando non sarà possibile adattarsi evolvendosi accadrà ciò che è sempre accaduto in natura (il che, con riferimento a quanto osserva InVerno nell'altro topic, non significa essere bramosi di morte o di apocalissi, ma soltanto essere consapevoli di dinamiche sovra-umane senza che il "senso" di tali dinamiche sia che tanto vale distruggere tutto o andarsi ad impiccare, come ben raffigurato dalla nota storiella del monaco caparbiamente aggrappato al caduco ramo sopra le tigri, intento a gustarsi la fragola che ha trovato vicino al medesimo ramo: suggerire al monaco di buttarsi perché ormai tutto è perduto significherebbe non aver capito quanto gli piacciano le fragole...).
In un orizzonte senza un dio, l'uomo dà un senso alla sua presenza nel mondo assecondando i propri istinti (sopravvivenza, riproduzione, etc.) sublimandoli in discorsi di senso che, toccando le corde biologiche comuni a tutti gli umani, risuonano ragionevoli in tutte le culture; eppure, proprio come per l'etica, il campo d'applicazione di un concetto/senso non dovrebbe essere (a rigor di logica) il suo fondamento, e se accade tale coincidenza si è in un circolo vizioso (in cui quel senso si autofonda, si autodimostra, etc. come da petitio principii, fallacia naturalistica e altre amene circolarità meta-fisiche e teologiche), autoreferenzialità che non ha solidità epistemica "oggettiva", ma è nondimeno avvertita socialmente come una necessità strutturale (e strutturante), almeno allo stato attuale della generica prospettiva umana nella sua estensione più trasversale e interculturale. Siamo dunque tutti sulla stessa barca/pianeta rassicurandoci a vicenda che la sua rotta abbia come minimo un senso (ma davvero le orbite planetarie hanno un senso?), sebbene in pratica, proprio come ciascuno può attribuire un "senso personalizzato" alla sua permanenza, ci si può anche render conto che a tutti i sensi (salvo appunto la fede in un'indimostrabile divinità, che allarga il discorso oltre l'immanenza) manca, inevitabilmente e strutturalmente, un solido aggancio fondante con la realtà (a prescindere dalle conseguenze a posteriori del senso); sebbene le narrazioni storiche di cui siamo autori, credendo di esserne solo protagonisti, hanno il senso "merito" di farci sentire... sensati.

P.s.
Posto questo messaggio qui e non nell'altro topic sull'inquinamento perché mi interessa mettere l'accento sulle dinamiche del senso (e sulle sue ricadute nell'esempio proposto), per cercare di descriverle piuttosto che prescrivere quali siano i valori da tener ben saldi o le azioni da compiere per sostenere il senso (o i sensi) che finora si è assegnato alla storia umana.

Socrate78

#124
Il senso della storia umana è l'EVOLUZIONE della specie umana. Esistono ed io ne sono convinto mondi molto meno civili del nostro ed altri evolutissimi (dal punto di visto morale e tecnologico), per cui noi uomini siamo sulla Terra per crescere in consapevolezza, per evolvere nella tecnologia e nel sapere, per crescere nell'amore per gli altri e per la natura, per combattere per i diritti umani ed impegnarci a creare un Pianeta migliore.  L'autocoscienza è il grande dono che ci è stato dato proprio per crescere ed evolvere. Poi le persone più evolute continueranno la loro evoluzione incarnandosi in pianeti più civili, mentre resteranno sulla Terra coloro che ancora hanno da imparare, ma si potrà giungere al punto in cui l'umanità nel suo complesso sarà pronta ad evolvere e a trasformare la Terra in un pianeta migliore, oppure sulla Terra potranno rimanere solo in gran parte i soggetti meno evoluti ed in quel caso il pianeta regredirà. Infatti gli "alieni" provenienti dai pianeti meno civili continuano ad incarnarsi sulla Terra (perché devono migliorare anche loro), ma questi alieni purtroppo mantengono basso il livello di evoluzione del pianeta, e se prevalgono loro allora rischiamo di restare fermi o di regredire. Le persone che sono egoiste, crudeli, sadiche, che non rispettano il pianeta e vivono nella materialità senza spiritualità alcuna, insensibili ed avide, sono secondo me anime che provengono da mondi molto meno civili del nostro, mondi in cui è normale la violenza dell'uomo sui suoi simili, e quindi devono incarnarsi qui sulla Terra per imparare ed evolvere, ma nello stesso tempo influenzano anche negativamente gli altri, quindi sono un freno per l'evoluzione stessa.

Ipazia

Evoluzione della specie umana in che senso ? Secondo quali fondamenti valoriali ? Dotati di quale livello di oggettività (almeno antropologica senza scomodare l'assoluto) in grado di superare il relativismo ben posto da Phil ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Premessa. Sono gli atti a creare il senso e non il senso a creare gli atti. Nel momento in cui però sono in grado di pensare e scrivere questo, il senso diventa una costruzione culturale. Immettere segnali di senso che indicano come virtuoso amputare le gambe dei nigeriani, produrrà un aumento delle amputazioni. Le religioni fanno parte di questo campo culturale che produce senso, ma per rendere il discorso eccezionalmente forte, indicano il loro discorso di senso l'unico valido, al di fuori del quale non esistono alternative di verità. Le religioni fanno parte quindi della cultura umana e in quanto ad altruismo e crudeltà, mediamente, possono competere anche con altri tipi di cultura non strettamente religiosi. Detto questo varrebbe la pena soffermarsi su altri due aspetti interessanti. Da un lato la plasticità del nostro apparato cerebrale, con il quale è possibile apprendere e regolarsi in modi molto diversi fra di loro, legittimando da qualche parte il cannibalismo e da qualche altra il suicidio di massa. Prendendo il discorso da qui, non scampiamo al relativismo più assoluto che ci sia.
Dall'altro varrebbe la pena di indagare se esiste davvero una filosofia della storia che indichi uno sviluppo, una trama nella storia dell'uomo, nell'accezione classica delle "magnifiche sorti e progressive", oppure se la
storia dell'uomo è semplicemente il ripetersi sotto forme cangianti del dominio dell'uomo sull'uomo. Anche se così fosse, però, la filosofia ci insegna a prendere una posizione e a cercare una soluzione etica. Io vedo il senso dell'umanità in questa ricerca etica, nello sforzo collettivo nel cercare la giustizia, in modo imperfetto, parziale, formale, assurdo. Ma solo in questa trasmissione del codice "giustizia" è possibile trovare un senso che vada oltre le religioni e stabilisca una direzione universale per l'umanità, nel qui ed ora, di una specie mortale ed effimera. Il problema ovviamente è ora definire cosa è giusto e cosa non lo è. Ma risolvere il problema affidandosi ad una entità sovraumana è tanto semplice quanto poco interessante, in vista di una storia che si dipana e procede e che procederà anche senza di noi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

La storia, naturale o umana, è per definizione, coi suoi atti, una fabbrica instancabile di signi-ficati. Semmai la questione del "senso" riguarda il recettore; la sua sensibilità verso quei segni in senso biologico e culturale.

Ma se vogliamo estendere il senso della storia umana verso il limite semantico della causalità,  efficiente e, soprattutto, finale (che scopo ha tutto ciò ?),  mettere "giustizia" al posto di "evoluzione" non ci permette comunque di superare lo scoglio relativista.

Bisogna inoltrarsi nel terreno dei valori. Solo essi possono dare senso/significato all'etica nelle sue diverse declinazioni. Ma è noto trattarsi di terreno minato e conteso.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#128



La storia umana non si svolge sotto il segno del dominio, ma sotto quello della continenza e dell'auto-dominio, per questo è la storia di una decadenza.

Decadenza relativa quanto meno da uno stato vitale energeticamente superiore.

Gerarchie illusivamente infinite hanno serpeggiato presso la folla umana, a cui tutti si sono sottomessi con la segreta speranza di dominare, col risultato che la stragrande maggioranza degli esseri umani non ha avuto da dominare altro che il proprio stesso corpo.
Autoosservazione, disciplina e i valori che la rendono possibile.

E la più infima minoranza che ha potuto dominare in maniera realmente extracorporea/extra personale, ha sparso un tale terrore che, in modo istantaneo, è sparita dall'ordine dell'umano e del discorso.

Quando la finitezza della gerarchia si è mostrata, era già troppo tardi.

Il mondo è un gran brutto posto secondo il concetto di "bene" per come esso è nella maggior parte delle etiche umane, perché nel mondo quando si nasce e si vive si sceglie, tra dominare se stessi e dominare gli altri.

Naturalmente non ci sono assoluti, ma le due opzioni e polarità tendenzialmente si escludono a vicenda.

Ma non ditelo al piccolo uomo dell'autocoscienza, che ha il mito del buon re, che domina se stesso e con ciò si rende degno di dominare gli altri.




 
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#129
Non siamo esseri razionali, ma lo siamo anche, e forse come non mai dovremmo sforzarci di esserlo.
Non perché il nostro senso sia da ricercare nella ragione , ma perché come non mai abbiamo bisogno di usarla.
In che modo?
Semplicemente sciogliendo le briglie che la incatenano.
Sgombrando il campo da ciò che ne ostacola il libero esercizio.
Il chiedersi il senso della storia dell'umanità è già un indizio di quanto ci piace non vedere quello che è sotto i nostri occhi.
Sappiamo bene, anzi benissimo, che non possiamo isolare il nostro destino da quello della vita intera sul pianeta.
Non è arrivato dunque il momento di smetterla di piangerci  addosso?
Di porre un freno, almeno momentaneo per via dell'emergenza in corso, alla nostra emotività?
Emotività che fra l'altro, ha generato post di insolita profondità in questa discussione.
Eppure io ho l'impressione, che, per quanto ci sforziamo sinceramente, non siamo ancora del tutto sinceri con noi stessi.
Se invece di chiederci il senso della storia dell'umanità, ci chiediamo il senso della storia della vita, non facilitiamo con ciò la risposta, ma almeno rendiamo più mirati e congruenti i nostri sforzi.
Ammettiamolo, il tema di questa nella discussione è mal posto.
Indica che abbiamo serie difficoltà a sentirci parte intima, come altro razionalmente non possiamo non considerarci, di qualcosa di più grande di noi.
Se non è facile trovare un senso, non è, almeno in teoria, difficile sgombrare il campo dagli ostacoli che questa ricerca incontra.


Non so' perché ve lo racconto, ma ieri sono andato a controllare i danni per una alluvione a una mia proprietà.
Ho trovato un gattino nero malconcio, ma che evidentemente aveva lottato contro Medicane, uscendone vivo.
Era così disperato da realizzare che io, possibile predatore, ero comunque la sua unica speranza di sopravvivenza.
L'ho rifocillato. Poi si è steso al sole e mi è parso felice , e , che vi devo dire, mi è parso di vederci un senso.
Un bel senso, e non ho sentito il bisogno di approfondire , di farmi altre domande.
Mi sono goduto quel momento di comunione fra esseri viventi che quando vogliono sanno come fare a comunicare e a capirsi nel reciproco rispetto.
È vero. Io avrei potuto essere un predatore, come predatore è lui.
È vero, ci sbraniamo a vicenda , ma anche no.
Ci sono lati negativi e positivi, o almeno questo senso che noi gli diamo.
Ma sono i lati a contorno della vita, non dell'umanità.
Non c'è un senso. Siamo noi a dare un senso .
Noi stessi siamo accumuli di senso condivisi quanto dimenticati.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

#130

VANITA'


D'improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido stupore
dell'immensità


E l'uomo
curvato
sull'acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un'ombra


Cullata e
piano
franta


(G.Ungaretti 1917)


In questa splendida e famosa poesia Ungaretti descrive due momenti: il sentimento di limpido stupore per l'immensità della vita, pur vista sopra le macerie della storia umana, e in quello stesso stupore il vedersi come un'ombra. L'uomo, che si c rede e opera come fosse al centro del mondo, è colto e sorpreso dalla vanità che sorge da tutte quelle macerie. Curvato sull'acqua, metafora della vita che scorre, è quasi sconvolto e turbato .Dall'acqua l'uomo viene quasi cullato, come irretito dalla vita, ma nello stesso tempo spezzato.


Come viene narrata, sembra che la soluzione migliore per tutti sia "gustarsi" la vita, l'attimo, sull'esempio del monaco. Se non che anche questo è un invito implicito a darsi un senso. Non tutti infatti provano quel tipo di piacere, del tutto soggettivo. E da un piacere soggettivo non può darsi un senso oggettivo. Se quindi troviamo nella storia umana solo significati soggettivi  o relativi non possiamo sfuggire al sentimento (soggettivo) di vanità verso di essa. Però, non è che questo sentimento sia legato anche ad un senso di superbia umana? Vano ha pure come significato inutile, inconsistente, più apparenza che sostanza. Dio era visto come antidoto a questa tipica superbia umana. La superbia potrebbe farmi intendere che, siccome io, essere superbo e credente in me stesso, non trovo un senso, allora necessariamente non c'è.  La superbia potrebbe indurmi in errore e farmi credere addirittura di essere l'unico , benché inconsistente, autore e attore della storia. E' una domanda da porsi. Sono disposto ad accettare il fatto che forse sono dominato dalla mia superbia?O il mio desiderio/bisogno di dominio tende ad escludere l'ipotesi, nascondendomi dietro una falsa mitezza?

niko

#131


Se il senso fa parte del divenire, il nostro legame con il divenire è anche il nostro legame col senso, quantomeno rappresentato dalla possibilità di anticiparlo o di sopravvivergli, se si trova banale una visione presentista delle cose.

L'evento x del senso, sta pur sempre tra gli altri eventi a,b,c... e poi y,z, della storia.

Proprio perché il senso è effimero, sarà comunque anch'esso travolto dagli eventi e non è lo stato ultimo dell'universo, anche la nostra posizione relativa ed esso non ha un'importanza assoluta.
Il "senso" qualsiasi cosa sia, non riesco proprio a immaginarlo come un'apocalisse, semmai come un dispiegamento molto particolare, difficilmente ripetibile o estremo delle forze e delle possibilità che già "da sempre e per sempre" ci sono in gioco nella natura o nella storia.

A questo mondo e in questa storia noi viviamo, per dire, e, se pur non ci capiamo niente del senso, col nostro stesso vivere entriamo in una rete di nessi causali ed effettuali che prima o poi porta al senso; magra, ma non del tutto nulla, consolazione.

se invece si vuole supporre che il senso non faccia parte del divenire, passo perché siamo propriamente in una metafisica o in una religione, e io ritengo di avere ottimi motivi anche empirici ed esistenziali per non credere a nulla di simile.

Il riferimento al piacere, come ad esempio l'aneddoto poco sopra riportato del monaco che mangia le fragole pur essendo assediato dalle tigri, piuttosto che schiudere a una visione edonista o gaudente della vita, appunto innesta il senso sull'immanenza: il senso è quantitativamente il punto di massimo piacere/pienezza, circondato dall'immensità di una sua minorità ad esso omogenea, quindi esso è qualitativamente integrato con tutto il resto, del divenire e degli eventi, consustanziale e compositivo; si può essere da meno del senso, o oltre, il senso, senza essere con ciò completamente esclusi, dal senso.

Il paragone con un orgasmo, oltreché con quello di magiare le fragole anche se si è assediati dalle tigri, funziona benissimo.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

La superbia/hybris funziona poco e male con i contemporanei che già al tempo di Leopardi mandavano in soffitta le "magnifiche e prograssive sorti" profane in compagnia al "migliore dei mondi possibili" divino. Oggi sappiamo che il senso della storia umana è fatto di sopraffazioni in nome di Dio e dell'uomo superiore, mentre infedeli e inferiori se la sono sempre passata male. Almeno questo l'abbiamo imparato.

Tramontate le illusioni divine e terrene non è che sia tramontato anche il bisogno di dare un senso alla storia umana, collettiva e individuale, passata e presente, e la saggezza filosofica ha coniato i suoi bignami di sopravvivenza, validi da sempre, a prescindere dai numi celesti e terrestri, che articolerei con un opinabile, ma sensato, ordine logico nei seguenti comandamenti:

1) γνῶθι σεαυτόν, gnōthi seautón, conosci te stesso. Già introdotto da bobmax, fondativo di ogni esperienza sensibile. Quando il gattino smette di inseguire la sua coda dimostra di aver recepito la differenza tra io e non io. Vale anche per gli umani che poi devono confrontarsi con un'etologia più complessa in cui la consapevolezza della misura dei propri mezzi è il salvacondotto verso il successo esistenziale e sociale.

2) carpe diem. Nel regno dell'umano in divenire, l'incontro con la fortuna/caso è spesso accidentale ed è virtù saperne trarre il massimo beneficio. Virtù superiore è imparare a signoreggiare la fortuna/caso come sa fare ogni artista con la sua arte.

3) primum, non nocere. E' la regola che presiede il senso della cura. Di se stessi, degli altri umani e del mondo che li ospita.

Elenco non esaustivo di precetti empirici già in grado di dare un senso all'agire umano individuale e collettivo.

La ricerca dei fondamenti, in assenza di una narrazione teologica finalistica, dicono teisti e scettici, è insensata. Io non ne sarei così certa. Se vogliamo dare contenuti alla giustizia di Jacopus e all'evoluzione di Socrate78 dobbiamo pure sporcarci le mani con la macchia umana. Per la prima mi viene in mente Rousseau (Tutti gli uomini nascono uguali ...) e per la seconda l'Ulisse di Dante (nati non fuste a viver come bruti ...). Per finire nella "fallacia naturalistica" della fede nella terra di Nietzsche. Insomma di senso ce n'è: ottimo e abbondante. Per chi ne abbia sensibilità.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#133
La soluzione potrebbe essere non quella di resuscitare Dio, ma di desacralizzare l'uomo, visto che i due soggetti li si racconta come contigui.
Più in generale desacralizzare l'individuo.
L'essere vivente è un meccanismo che si riproduce trasformando energia in modo sostenibile.
A questo meccanismo ben descritto dalla teoria evoluzionistica occorre aggiungere la coscienza la quale produce tecnologia. Essendo questa fisicamente separata da noi, intesi come individui definiti entro una forma geometrica chiusa, tendiamo a demonizzarla, essendo stata sacralizzata quella forma.
Perché si possa considerare questo demone ubiquo e diffuso ancora naturale, come altro non potrebbe essere, occorre appunto desacralizzare l'individuo, il quale svolge una funzione fondamentale , senza bisogno però di pensare che perciò  l'universo giri intorno a lui.
Non a caso la religione cristiana non è volta propriamente a salvare l'umanità, ma le anime individuali, le quali ovviamente non stanno dentro le nostre automobili e dentro ai nostri computer,
Diversamente dagli egizi antichi non ci faremo seppellire con essi, e anzi temiamo che siano essi a seppellirci.
Credo che una chance di salvezza stia invece nell'accettazione di se', come individuo diffuso, o più in generale come individuo che, in quanto svolge una funzione, possa essere funzionalmente ridefinito.
Se noi ammettiamo di essere quella tecnica, e vogliamo salvarci, dobbiamo salvarci interi , ma non come forma chiusa, ma funzionalmente aperta .
Ci salviamo se salviamo la tecnica e quindi con la tecnica.
Questa è la strada presa dalla nostra naturalissima evoluzione, la quale involontariamente prova ad esaudire un nostro sogno ricorrente, quello di preservare la nostra forma individuale chiusa, così in terra come in cielo.
Non sarà più possibile infatti che i virus selezionino un gruppo di umani resistenti che solotrasmetta il suo DNA adattato, salvando le apparenze di forma, eludendo apparentemente i meccanismi evolutivi che ci cambiano i connotati,  a meno che in futuro, come prevedibile, sia la stessa tecnica a modificare il DNA, invece di usare un meno sostenibile vaccino annuale.
C'è difficoltà ad accettare tutto ciò come naturale, e questo non aiuta a trovare una soluzione.
Non possiamo salvarci ne' come umanità, ne' come individui , se non ci accettiamo per quello che siamo, se non sappiamo nemmeno chi dobbiamo salvare.
L'aver desacralizzato Dio è stato solo il primo passo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#134
Magari avrò usato un linguaggio brusco, ma non certo per amore di scandalo.
Se c'è un problema serio non è autocensurando il proprio pensiero che lo si risolve.
Se si vuole resuscitare Dio posso essere pure d'accordo, però in diversa forma, che tenga conto dell'evoluzione individuale , specie quella umana, nella misura in cui ad esso individuo lo pensiamo legato.
Anche le religioni si evolvono, vivaddio !😊😇
E infatti non si può negare che la religione cattolica i suoi passi li abbia fatti in tal senso e continuerà a farli, ma con tempi che somigliano davvero a quelli evolutivi se non propriamente biblici, ma noi il problema lo abbiamo adesso.
È oggi, non domani che dobbiamo invertire il senso per salvarci dal dirupo.
Perché un senso una volta c'era, e anche un Dio.
Lo abbiamo già fatto, e lo possiamo rifare.
Ben venga un Dio che ci salvi, ma che non si sbagli, e salvi noi, per quello che siamo davvero, e non per quel che si dice in giro.
Ma certo, queste cose lui le saprà anche meglio di noi.
Nessuno ci conosce bene come lui.


Abbiamo trovato un senso una volta. Possiamo trovarne un altro ancora.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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