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Senz'anima?

Aperto da acquario69, 28 Dicembre 2016, 07:01:36 AM

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paul11

....se mi è consentito rispetto agli ultimi due interventi di Donquixote e Sariputra.
Una è la teoria, molte le pratiche e innumerevoli  i modi di esprimerle ed esprimersi quante sono le anime negli individui. Perchè è unica l'origine di tutto. E come se ogni singola esistenza fosse un negativo da ricomporsi all'origine positiva.Il negativo è la differenza, per cui fino ad un certo livello vi è contrapposizione delle diversità delle pratiche, ma ad un certo livello quelle differenze vengono meno e allora si riconosce la diversità ma dentro una strada  comune.Poca allora diventa l'importanza della differenza fra buddisti, cristiani,animisti e le innumerevoli strade che portano all'Uno dell'origine che ogni pratica chiama con linguaggi diversi.
Ma tutte parlano di armonia, quasi tutte dicono come comportarsi alla stessa maniera,Perchè la via della sapienza e della saggezza è sempre quella da sempre .

Apeiron

Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 10:46:30 AM....se mi è consentito rispetto agli ultimi due interventi di Donquixote e Sariputra. Una è la teoria, molte le pratiche e innumerevoli i modi di esprimerle ed esprimersi quante sono le anime negli individui. Perchè è unica l'origine di tutto. E come se ogni singola esistenza fosse un negativo da ricomporsi all'origine positiva.Il negativo è la differenza, per cui fino ad un certo livello vi è contrapposizione delle diversità delle pratiche, ma ad un certo livello quelle differenze vengono meno e allora si riconosce la diversità ma dentro una strada comune.Poca allora diventa l'importanza della differenza fra buddisti, cristiani,animisti e le innumerevoli strade che portano all'Uno dell'origine che ogni pratica chiama con linguaggi diversi. Ma tutte parlano di armonia, quasi tutte dicono come comportarsi alla stessa maniera,Perchè la via della sapienza e della saggezza è sempre quella da sempre .

Dico anche io la mia. Il sincretismo se inteso come la filosofia per la quale tutte le religioni esprimono la stessa cosa in modalità differenti allora è certamente falsa in quanto come ha sottolineato Sariputra il buddismo nega Dio e anima mentre l'induismo e il cristianesimo no. Invece a mio giudizo si può benissimo parlare di "pluralismo religioso" ossia riconoscere che c'è del "sacro" in ognuna delle religioni. In ogni caso sinceramente vedo molta somiglianza tra cristianesimo, buddismo e induismo: ci si deve "salvare" da "questo mondo". Chiaramente la dottrina del samsara non ha alcun senso nella cristianità dove il tempo è lineare, la vita è unica e così via. Così ad esempio un buddista, un induista e un cristiano possono essere d'accordo che la via della liberazione comprende la purificazione morale, il distacco dai beni materiali e così via. Un taoista invece vede questo mondo non come illusorio o malvagio ma come "buono" e tuttavia espone una morale simile a quella delle tre religioni precedenti. In un certo senso la spiritualità è un modo per sconfiggere l'impurità e la morte, tuttavia non si può fare di tutta l'erba un fascio. Quindi va bene il pluralismo ma ritenere che la cosa migliore sia prendere solo "ciò che è comune a tutte le religioni" mi pare una cosa molto forzata e anzi tende a portare alla disperazione. Motivo per cui ogni religione d'altronde chiede la fede ossia una soppressione del dubbio. Infatti dubitare di una cosa sacra viene visto come "peccato" o comunque un'"azione che ostacola la liberazione". Chiaramente chi come me ha una mente che tende a dubitare tutto per "istinto" difficilmente farà un vero e proprio "salto nel buio" abbracciando questa o quella fede, purtroppo.
Ciò non toglie che io veda ogni esperienza religiosa come una sorta di "grido d'aiuto" contro il male del mondo. Tant'è che:
nel cristianesimo questo mondo ha come principe il tentatore;
nel buddismo ogni qual volta che c'è una tentazione che distoglie dalla via essa viene bollata come "tentazione di Mara" e Mara è visto come il re dell'esistenza condizionata;
l'induismo invece ci dice che siamo ingannati da Maya ossia la "magia" che ci distogle dalla realtà pura e ci fa vivere nel peccato.
L'unica cosa che vedo veramente in comune è una sorta di "andare contro l'inganno e le tentazioni". Ma questo è solo il punto di partenza per scegliere questa o quella fede!

P.S. Non a caso nessuna religione mette tra le sue virtù il "dubbio filosofico". Da qui l'incopatibilità tra religione e filosofia. Ovviamente questa naturale incompatibilità si può "rilassare" ponendosi dei vincoli sui quali "non si dubita più".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

#62
Citazione di: Apeiron il 31 Dicembre 2016, 12:52:00 PM
Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 10:46:30 AM....se mi è consentito rispetto agli ultimi due interventi di Donquixote e Sariputra. Una è la teoria, molte le pratiche e innumerevoli i modi di esprimerle ed esprimersi quante sono le anime negli individui. Perchè è unica l'origine di tutto. E come se ogni singola esistenza fosse un negativo da ricomporsi all'origine positiva.Il negativo è la differenza, per cui fino ad un certo livello vi è contrapposizione delle diversità delle pratiche, ma ad un certo livello quelle differenze vengono meno e allora si riconosce la diversità ma dentro una strada comune.Poca allora diventa l'importanza della differenza fra buddisti, cristiani,animisti e le innumerevoli strade che portano all'Uno dell'origine che ogni pratica chiama con linguaggi diversi. Ma tutte parlano di armonia, quasi tutte dicono come comportarsi alla stessa maniera,Perchè la via della sapienza e della saggezza è sempre quella da sempre .
Dico anche io la mia. Il sincretismo se inteso come la filosofia per la quale tutte le religioni esprimono la stessa cosa in modalità differenti allora è certamente falsa in quanto come ha sottolineato Sariputra il buddismo nega Dio e anima mentre l'induismo e il cristianesimo no. Invece a mio giudizo si può benissimo parlare di "pluralismo religioso" ossia riconoscere che c'è del "sacro" in ognuna delle religioni. In ogni caso sinceramente vedo molta somiglianza tra cristianesimo, buddismo e induismo: ci si deve "salvare" da "questo mondo". Chiaramente la dottrina del samsara non ha alcun senso nella cristianità dove il tempo è lineare, la vita è unica e così via. Così ad esempio un buddista, un induista e un cristiano possono essere d'accordo che la via della liberazione comprende la purificazione morale, il distacco dai beni materiali e così via. Un taoista invece vede questo mondo non come illusorio o malvagio ma come "buono" e tuttavia espone una morale simile a quella delle tre religioni precedenti. In un certo senso la spiritualità è un modo per sconfiggere l'impurità e la morte, tuttavia non si può fare di tutta l'erba un fascio. Quindi va bene il pluralismo ma ritenere che la cosa migliore sia prendere solo "ciò che è comune a tutte le religioni" mi pare una cosa molto forzata e anzi tende a portare alla disperazione. Motivo per cui ogni religione d'altronde chiede la fede ossia una soppressione del dubbio. Infatti dubitare di una cosa sacra viene visto come "peccato" o comunque un'"azione che ostacola la liberazione". Chiaramente chi come me ha una mente che tende a dubitare tutto per "istinto" difficilmente farà un vero e proprio "salto nel buio" abbracciando questa o quella fede, purtroppo. Ciò non toglie che io veda ogni esperienza religiosa come una sorta di "grido d'aiuto" contro il male del mondo. Tant'è che: nel cristianesimo questo mondo ha come principe il tentatore; nel buddismo ogni qual volta che c'è una tentazione che distoglie dalla via essa viene bollata come "tentazione di Mara" e Mara è visto come il re dell'esistenza condizionata; l'induismo invece ci dice che siamo ingannati da Maya ossia la "magia" che ci distogle dalla realtà pura e ci fa vivere nel peccato. L'unica cosa che vedo veramente in comune è una sorta di "andare contro l'inganno e le tentazioni". Ma questo è solo il punto di partenza per scegliere questa o quella fede! P.S. Non a caso nessuna religione mette tra le sue virtù il "dubbio filosofico". Da qui l'incopatibilità tra religione e filosofia. Ovviamente questa naturale incompatibilità si può "rilassare" ponendosi dei vincoli sui quali "non si dubita più".


Stai guardando il delta del fiume, ma non conosci la sorgente e i monti che con i nevai che l'alimentano.
Non sei all'alfa e nemmeno all'omega.
Il grande fiume prende più affluenti con diverse sorgenti, ma spesso la catena montuosa è uguale da dove sorge la sorgente che prenderà altri fiumi con le sue sorgenti.Se vedi solo il grande fiume tu vedrai più acque di più sorgenti e lo chiamerai sincretismo, ma per capire le reali differenze bisogna capire da dove provengono e allora sarà chiaro che un unica catena montuosa alimenta i diversi fiumi.

Ora se il punto di osservazione è all'interno della catena montuosa ,si vedono nella pianura i fiumi diversi che confluiscono nel grande fiume.La fatica dello studio è arrivare alle sorgenti e lì è chiaro che le differenze sono minime, perchè l'origine è uguale in quanto unico fu l'alimento dei ghiacciai della stessa catena montuosa.

donquixote

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 00:43:24 AMSe anche esistesse qualcosa come una "filosofia perenne", questa sorta di corrente mistica trasversale a tutte le forme umane di spiritualità, le sue realizzazioni resterebbero incomunicabili. Su quale base si potrebbe sostenere una simile ipotesi, visto che non è possibile comunicare con il linguaggio l'esperienza viva dell'Indescrivibile-Indescrivibile? Alla fine cosa resterebbe di una simile teoria sottoposta al vaglio della logica? Come possibile argomentare che l'esperienza vissuta da Maister Eckhart sia comune a quella, per esempio, di Hui Neng, come sostiene Huxley ( ma prima di lui Steuco e Leibniz mi sembra) ? Forse può essere qualcosa più che non una speranza, un desiderio umano di sintesi, che tenta di trovare e conciliare un punto di comunione tra intuizioni a volte radicalmente opposte? C'è sicuramente invece, a parer mio, una comune esigenza, un comune sforzo. Se prendiamo i protagonisti della storiella, l'americano e il tibetano, potremmo dire che entrambi soffrono la sete e che entrambi anelano a qualcosa che possa dissetare. Quel qualcosa però, l'esperienza di quello che sanno poterli dissetare, non possono/riescono a comunicarla tra loro. Nel caso della storia raccontata , tutto sarebbbe stato più semplice se l'americano avesse esclamato:"Oh, desidero un bel bicchiere d'acqua fresca" trovando un punto di contattto con l'esperienza del tibetano. E il desiderare entrambi la stessa acqua avrebbe rivelato la comune necessità, ma non la comune sensazione prodotta dall'acqua fresca nel corpo di ognuno; sensazione che rimarrebbe incomunicabile in senso ultimo, ma comunicabile solo in senso convenzionale ( con termini come :'rinfrescante' o 'deliziosa', ecc.). Tra l'altro la filosofia perenne intenderebbe dimostrare che , in ogni forma religiosa, è presente lo stesso anelito al divino e vorrebbe scoprire nell'anima umana qualcosa di simile, o addirittura uguale a Dio. Huxley però dimentica che esistono forme di spiritualità ( e di mistica) che rifiutano l'idea di un'anima sostanziale e di un Dio simile o uguale ad essa ( in primis il buddhismo stesso...) e che anzi vedono nell'assunzione di simili teorie la base dell'inganno umano che porta alla sofferenza. Mi chiedo poi: ma dove risiede questa necessità di trovare una filosofia perenne? Un desiderio di "globalizzazione" anche dell'esperienza spirituale? Per trovare un simile risultato dobbiamo sfrondare tutti gli alberi spirituali del loro vario fogliame e così facendo arrivare a dire che hanno il tronco simile. Ma così facendo ogni albero perderebbe pure la sua singolarità e la sua Bellezza, che lo rende prezioso e che rende prezioso il Giardino dell'Uomo! Non si risolve certo l'aspetto conflittuale dell'esistenza umana sostituendo le molteplici forme spirituali con una superiore spiritualità onnicomprensiva, su base sostanzialmente puramente etica . Si dovrebbe invece, a mio parere, arrivare ad amare, e tollerare quindi, ogni "cammino" con il suo unicum che lo rende prezioso e che arricchisce di infinite prospettive la dimensione spirituale dell'uomo. A nessuno verrebbe in mente di sostenere che necessitiamo di una filosofia uguale per tutti ( Nietzsche e Tommaso d'Aquino che ballano insieme...); allo stesso modo che impoverimento avremmo da una spiritualità raccomandata per tutti? Si ridurrebbe veramente, a quel punto, al "volemose ben" e poco altro... E' proprio il fatto che ogni cammino spirituale sia personale e incomunicabile nelle sue realizzazioni che rende preziosa e "sacra" la spiritualità, sacra come la persona in cammino. Se anche la Vetta è Una, l'esperienza della vetta è indescrivibile e su questa esperienza il teorizzare qualunque cosa ( anche che sia comune a tutti i sentieri) è un esercizio vano, a parer mio.


La filosofia perenne è la sapienza dell'universo, non una "corrente mistica trasversale a tutte le forme umane di spiritualità"; una sapienza che quando si manifesta si esprime in ogni ente e nelle relazioni fra enti, e che l'uomo può osservare in ogni istante della sua vita, purchè il suo occhio sia educato a farlo e non abbia invece lo sguardo indirizzato esclusivamente verso il proprio ombelico. Nel tuo messaggio qui sopra e anche in quello precedente mi sembra che si sia un errore di fondo che è piuttosto strano che provenga da uno come te. Ci si aspetta infatti che tu tenga sempre presente il famoso aforisma del dito e della luna, mentre nella tua storiella racconti di due signori che discutono delle proprie dita e qui sopra fai la stessa cosa. La comunicazione è il dito, i testi sacri sono dita, le varie forme di spiritualità (la mistica cristiana come l'induismo o il sufismo o il buddhismo o il taoismo) sono dita che indicano tutte la medesima luna (o anche "zattere", se vuoi), e il fatto che queste siano più o meno lunghe, più o meno pelose o più o meno colorate a nulla rileva ai fini della comprensione di ciò che indicano. Alcune "dita" saranno più comprensibili o più autorevoli per alcuni, altre lo saranno per altri, quindi non si auspica un dito uguale per tutti poichè tutti siamo diversi, ma solo la consapevolezza che tutte queste dita (o "filosofie", o dottrine spirituali, o metafisiche) indicano la medesima luna, e visto che questa è solo una non si potrà indicarne una diversa ma solo sbagliare direzione, e chi sa vedere la luna sa anche se un dito indica la direzione sbagliata. Io ho inserito il buddhismo fra le dottrine spirituali considerando le successive elaborazioni (in particolare nella versione Mahayana) perchè se ci limitassimo al mero insegnamento del Buddha storico non si potrebbe neanche parlare di dottrina spirituale ma semmai di dottrina psichica (relativa a quella che nell'induismo viene definita "materia sottile" mentre lo spirito è immateriale per definizione) e quindi una sorta di psicoterapia paragonabile a quelle moderne in cui di spirituale non vi è nulla. Se dunque l'esperienza spirituale personale non è comunicabile non per questo non è evocabile, indicabile, suggeribile; poi ognuno, una volta che avrà visto la "luna", ne ricaverà impressioni diverse e tenterà di spiegarle a modo suo, magari aiutando qualcuno e nel contempo confondendo altri. Tu citi Nietzsche e S. Tommaso, ma anche se ai più sembrano antitetici ti posso assicurare che se si potessero parlare si troverebbero concordi su moltissime cose ed entrambi hanno saputo indicare la luna, sia pur con dita diverse.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Apeiron

#64
Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 14:04:24 PM
Citazione di: Apeiron il 31 Dicembre 2016, 12:52:00 PM
Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 10:46:30 AM....se mi è consentito rispetto agli ultimi due interventi di Donquixote e Sariputra. Una è la teoria, molte le pratiche e innumerevoli i modi di esprimerle ed esprimersi quante sono le anime negli individui. Perchè è unica l'origine di tutto. E come se ogni singola esistenza fosse un negativo da ricomporsi all'origine positiva.Il negativo è la differenza, per cui fino ad un certo livello vi è contrapposizione delle diversità delle pratiche, ma ad un certo livello quelle differenze vengono meno e allora si riconosce la diversità ma dentro una strada comune.Poca allora diventa l'importanza della differenza fra buddisti, cristiani,animisti e le innumerevoli strade che portano all'Uno dell'origine che ogni pratica chiama con linguaggi diversi. Ma tutte parlano di armonia, quasi tutte dicono come comportarsi alla stessa maniera,Perchè la via della sapienza e della saggezza è sempre quella da sempre .
Dico anche io la mia. Il sincretismo se inteso come la filosofia per la quale tutte le religioni esprimono la stessa cosa in modalità differenti allora è certamente falsa in quanto come ha sottolineato Sariputra il buddismo nega Dio e anima mentre l'induismo e il cristianesimo no. Invece a mio giudizo si può benissimo parlare di "pluralismo religioso" ossia riconoscere che c'è del "sacro" in ognuna delle religioni. In ogni caso sinceramente vedo molta somiglianza tra cristianesimo, buddismo e induismo: ci si deve "salvare" da "questo mondo". Chiaramente la dottrina del samsara non ha alcun senso nella cristianità dove il tempo è lineare, la vita è unica e così via. Così ad esempio un buddista, un induista e un cristiano possono essere d'accordo che la via della liberazione comprende la purificazione morale, il distacco dai beni materiali e così via. Un taoista invece vede questo mondo non come illusorio o malvagio ma come "buono" e tuttavia espone una morale simile a quella delle tre religioni precedenti. In un certo senso la spiritualità è un modo per sconfiggere l'impurità e la morte, tuttavia non si può fare di tutta l'erba un fascio. Quindi va bene il pluralismo ma ritenere che la cosa migliore sia prendere solo "ciò che è comune a tutte le religioni" mi pare una cosa molto forzata e anzi tende a portare alla disperazione. Motivo per cui ogni religione d'altronde chiede la fede ossia una soppressione del dubbio. Infatti dubitare di una cosa sacra viene visto come "peccato" o comunque un'"azione che ostacola la liberazione". Chiaramente chi come me ha una mente che tende a dubitare tutto per "istinto" difficilmente farà un vero e proprio "salto nel buio" abbracciando questa o quella fede, purtroppo. Ciò non toglie che io veda ogni esperienza religiosa come una sorta di "grido d'aiuto" contro il male del mondo. Tant'è che: nel cristianesimo questo mondo ha come principe il tentatore; nel buddismo ogni qual volta che c'è una tentazione che distoglie dalla via essa viene bollata come "tentazione di Mara" e Mara è visto come il re dell'esistenza condizionata; l'induismo invece ci dice che siamo ingannati da Maya ossia la "magia" che ci distogle dalla realtà pura e ci fa vivere nel peccato. L'unica cosa che vedo veramente in comune è una sorta di "andare contro l'inganno e le tentazioni". Ma questo è solo il punto di partenza per scegliere questa o quella fede! P.S. Non a caso nessuna religione mette tra le sue virtù il "dubbio filosofico". Da qui l'incopatibilità tra religione e filosofia. Ovviamente questa naturale incompatibilità si può "rilassare" ponendosi dei vincoli sui quali "non si dubita più".
Stai guardando il delta del fiume, ma non conosci la sorgente e i monti che con i nevai che l'alimentano. Non sei all'alfa e nemmeno all'omega. Il grande fiume prende più affluenti con diverse sorgenti, ma spesso la catena montuosa è uguale da dove sorge la sorgente che prenderà altri fiumi con le sue sorgenti.Se vedi solo il grande fiume tu vedrai più acque di più sorgenti e lo chiamerai sincretismo, ma per capire le reali differenze bisogna capire da dove provengono e allora sarà chiaro che un unica catena montuosa alimenta i diversi fiumi. Ora se il punto di osservazione è all'interno della catena montuosa ,si vedono nella pianura i fiumi diversi che confluiscono nel grande fiume.La fatica dello studio è arrivare alle sorgenti e lì è chiaro che le differenze sono minime, perchè l'origine è uguale in quanto unico fu l'alimento dei ghiacciai della stessa catena montuosa.

Tra le varie religioni a mio giudizio c'è una "rassomiglianza di famiglia" ossia certamente hanno punto in contatto ma sono diverse sia nella sorgente (ossia il contesto in cui e il motivo per cui nascono...) sia nella composizione dell'acqua e nelle sue caratteristiche (dottrina e pratica...) sia nella loro foce (ossia dove ti porta la religione...). La fede ti aiuta a decidere quale sorgente scegliere, quale percorso seguire per raggiungere il tuo obiettivo. Ora la nostra situazione è che noi vediamo molti fiumi e li analizziamo tutti. Dall'analisi possiamo inferire qualcosa su obiettivo e sorgente. Analizziamo e vogliamo capire di più. Capiamo (per esempio) che il fiume chiamato "induismo" nasce dalla sorgente per la quale "il mondo è un gioco di ilusioni del mago "Maya" " e capiamo che ci sta dicendo che tu devi sfuggire da questa illusione. Capiamo inoltre che tale via ci promette di raggiungere la salvezza, un mare con delle caratteristiche particolari che deduciamo dal fiume. Poi vediamo il fiume chiamato "cristianesimo" deduciamo la sorgente e l'obiettivo finale. Entrambi ci dicono "guarda se non vuoi perderti devi seguirmi!". Chiaramente più fiumi vedi più diventi confuso perchè ognuno ti dice "il bene supremo è quello verso cui ti porto io". Il punto è che l'unica cosa in comune che hanno sono la sorgente, il fatto di essere fiumi e la promessa (! cioè non puoi sapere che finirai nel mare!!) della salvezza/liberazione..... Il punto è che in tutto ciò ci sono differenze e ne consegue che può essere sia che la loro sorgente e la loro destinazione sia la stessa ma può essere anche che siano completamente differenti. Il "salto di fede" è la scelta decisiva per la quale ne scegli uno mentre la "tentazione" è ciò ti distoglie da questa tua scelta. Il punto è per quanto tu ne sappia questa o quella fede potrebbe portarti non al mare, ma diciamo a un lago di acqua inospitale dove incontri la sofferenza anzichè la liberazione. L'errore del sincretismo secondo me è che esso stesso è una fede per la quale "tutti i fiumi finiscono nello stesso mare e iniziano nello stesso monte" ma in realtà potrebbero nascere in monti diversi e terminare anche non nel mare. Motivo per cui un cristiano o un buddista se rimangono tali non rinunceranno mai al loro fiume perchè hanno fatto un "atto di fede". E ogni fede ahimé è particolare e anzi col tempo il fiume di partenza continua a dividersi (scismi, eresie...) e sinceramente non puoi di certo sapere se queste diramazioni portano alla salvezza. Il filosofo "puro" ha come obiettivo il vederci chiaro e la conoscenza e per questo motivo non può fare "atti di fede". Ma ciò lo porta alla solitudine più abissale, motivo per cui non è mai "benvisto". La conoscenza di cui tu parli ti può al massimo far vedere la somiglianza e di certo non l'ugualgianza!

P.S. La filosofia conduce necessariamente al "desiderio di generalità" che però a volte legge troppo dalle analogie tra le varie cose, identificandole con la "stessa cosa" quando in realtà sono differenti. Questo fu messo in chiarissima luce da Ludwig Wittgenstein (il quale puoi benissimo definirlo il "quarto maestro del sospetto", anche se un po' come me non era contento di essere così "sospettoso") da cui ho mutuato anche il termine "rassomiglianza di famiglia".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#65
Sono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se  è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri  che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili  :)  che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D...
Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PMSono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili :) che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D... Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).

Caro Sariputra, come sempre mi poni ottime obiezioni. Diciamo che è entrambe le cose sia il "nostro modo di essere" sia "il contesto sociale" sia però anche "il salto nel buio" (vedi ad esempio la pena dei poveri Kierkegaard e Wittgenstein che erano molto attratto dalla cristianità ma non riuscivano a "fare il salto"). D'altronde uno non diventa un praticante cristiano o buddista o induista se non decide apertamente di farlo anche perchè tale decisione condizionerà molto la sua vita. Il punto è che più uno conosce più dubita e più uno dubita meno è disposto ad accettare di "lasciarsi andare nel fiume..." (nemmeno se tale fiume è di sua "costruzione"...). C'è sempre l'elemento di "fede" in ogni percorso. D'altronde non mi faccio monaco theravada se non lascio da parte la mia tendenza a dubitare e cercare evidenze! Questo contraddistingue religione e filosofia/scienza/buonsenso... Il fatto poi che ci attrae ad esempio una rossa/mora/bionda/ecc (e magari siamo innamorati..) non implica che passeremo la vita con lei specialmente se ci facciamo tanti dubbi sulla durata dell'innamoramento, sui problemi coniugali...  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 31 Dicembre 2016, 16:04:46 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PMSono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili :) che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D... Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).
Caro Sariputra, come sempre mi poni ottime obiezioni. Diciamo che è entrambe le cose sia il "nostro modo di essere" sia "il contesto sociale" sia però anche "il salto nel buio" (vedi ad esempio la pena dei poveri Kierkegaard e Wittgenstein che erano molto attratto dalla cristianità ma non riuscivano a "fare il salto"). D'altronde uno non diventa un praticante cristiano o buddista o induista se non decide apertamente di farlo anche perchè tale decisione condizionerà molto la sua vita. Il punto è che più uno conosce più dubita e più uno dubita meno è disposto ad accettare di "lasciarsi andare nel fiume..." (nemmeno se tale fiume è di sua "costruzione"...). C'è sempre l'elemento di "fede" in ogni percorso. D'altronde non mi faccio monaco theravada se non lascio da parte la mia tendenza a dubitare e cercare evidenze! Questo contraddistingue religione e filosofia/scienza/buonsenso... Il fatto poi che ci attrae ad esempio una rossa/mora/bionda/ecc (e magari siamo innamorati..) non implica che passeremo la vita con lei specialmente se ci facciamo tanti dubbi sulla durata dell'innamoramento, sui problemi coniugali... ;D

Ma non dobbiamo porci tanti dubbi sulla durata dell'innamoramento. Si ama e basta! Tu sei giovane, vorresti dirmi che, se vedi una bella ragazza e ne sei attratto, i dubbi sul fatto che potrebbe non durare, ti fanno desistere dall'amarla veramente? Sarà la vita a dirti se quell'amore dura o no, non certo i tuoi dubbi... ;D
Similmente sarà solo immergendoti nel fiume che potrai sapere se ti sta portando verso un mare puro e non verso uno stagno putrido.  Come capirlo? Se navigando diminuiscono i dubbi e crescono le certezze; se diminuisce la sofferenza e aumenta la serenità e il distacco...
Sono i frutti che ci parlano della bontà dell'albero...sempre tenendo in conto tutti i limiti della nostra condizione umana.
Se un frutto è buono, perché dubitare che lo sia? Si gusta e basta!... :)
Alla tua età ero uno sciupafemmine virtuale mostruoso. Mi sciupavo molto sognando l'"amore"....il problema era che loro non mi sognavano, accidenti!! ;D ;D ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 16:40:10 PM
Citazione di: Apeiron il 31 Dicembre 2016, 16:04:46 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PMSono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili :) che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D... Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).
Caro Sariputra, come sempre mi poni ottime obiezioni. Diciamo che è entrambe le cose sia il "nostro modo di essere" sia "il contesto sociale" sia però anche "il salto nel buio" (vedi ad esempio la pena dei poveri Kierkegaard e Wittgenstein che erano molto attratto dalla cristianità ma non riuscivano a "fare il salto"). D'altronde uno non diventa un praticante cristiano o buddista o induista se non decide apertamente di farlo anche perchè tale decisione condizionerà molto la sua vita. Il punto è che più uno conosce più dubita e più uno dubita meno è disposto ad accettare di "lasciarsi andare nel fiume..." (nemmeno se tale fiume è di sua "costruzione"...). C'è sempre l'elemento di "fede" in ogni percorso. D'altronde non mi faccio monaco theravada se non lascio da parte la mia tendenza a dubitare e cercare evidenze! Questo contraddistingue religione e filosofia/scienza/buonsenso... Il fatto poi che ci attrae ad esempio una rossa/mora/bionda/ecc (e magari siamo innamorati..) non implica che passeremo la vita con lei specialmente se ci facciamo tanti dubbi sulla durata dell'innamoramento, sui problemi coniugali... ;D
Ma non dobbiamo porci tanti dubbi sulla durata dell'innamoramento. Si ama e basta! Tu sei giovane, vorresti dirmi che, se vedi una bella ragazza e ne sei attratto, i dubbi sul fatto che potrebbe non durare, ti fanno desistere dall'amarla veramente? Sarà la vita a dirti se quell'amore dura o no, non certo i tuoi dubbi... ;D Similmente sarà solo immergendoti nel fiume che potrai sapere se ti sta portando verso un mare puro e non verso uno stagno putrido. Come capirlo? Se navigando diminuiscono i dubbi e crescono le certezze; se diminuisce la sofferenza e aumenta la serenità e il distacco... Sono i frutti che ci parlano della bontà dell'albero...sempre tenendo in conto tutti i limiti della nostra condizione umana. Se un frutto è buono, perché dubitare che lo sia? Si gusta e basta!... :) Alla tua età ero uno sciupafemmine virtuale mostruoso. Mi sciupavo molto sognando l'"amore"....il problema era che loro non mi sognavano, accidenti!! ;D ;D ;D

Eh Sari  ;D  come dici tu sono giovane ma purtroppo per me sono uno di quei giovani eccessivamente timidi ma soprattutto TROPPO portati al pensiero razionale, il quale come ben sai ti porta a farti un sacco di dubbii (che hanno anche fondamento) ma ti portano a "non vivere". Motivo per cui ahimé a volte ho proprio difficoltà a capire le emozioni altrui e molte volte non so come reagire in molte situazioni. sociali Vedo tantissima gente che ama e si destreggia nelle "social skills" e mi sento uno "stupido" da questo punto di vista (si potrebbe dilungare sull'origine neuro-biologica di questa situazione...). ;D  

Come vedi è proprio la razionalità che a volte trattiene e non fa vivere. Ti dirò che anche per molto meno vado in paranoia, mi metto a riflettere sui pro e i contro delle cose più sceme. Ehm sono fatto così, che ci posso fare ::) ? Motivo per cui anche con la spiritualità ho un SACCO di dubbi. Molti parlano di questi argomenti convinti di saperne e io mi ritrovo a non capire niente. Tuttavia come dici tu se mi innamorerò veramente di qualcuno saprò, spero, cosa fare (altrimenti farò un po' come Kierkegaard e Regine, Leopardi e Fanny, Nietzsche e Lou...). Se "avessi fede" magari sarebbe diverso, no?  ;D  è che a pensarci bene stiamo andando un po' troppo OT (potremo aprire un topic su "fede e amore" ....)  Detto questo la "fede" che ho io è che la crescita è dura si va avanti e si cade ma ho la speranza un giorno di "trovare la via" su questo argomento e altri. D'altronde la disperazione è proprio l'assenza di fede...

P.S. Rinnovo gli auguri di buon 2017
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@Apeiron 
 Direi che siamo decisamente fuori tema...( ma è l'ultimo dell'anno, ci sta...) :D
 Buon 2017 anche a te e...
se per caso passi per Sotto il Monte, fermati a Villa Sariputra, che ti presento la Vania...penso che potrebbe essere la ragazza giusta per te ( con la sua gioia di vivere...) :D :D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PM
Sono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se  è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri  che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili  :)  che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D...
Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).


.............sei convinto che prima delle religioni abramitiche e prima del buddismo non ci fosse niente?

Guarda la cartina geografica del mondo. Prima che l'India, con l'Asia  si staccasse da Medio Oriente,e dall'Africa prima della deriva dei continenti , vedrai che all'inizio tutto era unito

giona2068

Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 19:42:51 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PM
Sono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se  è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri  che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili  :)  che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D...
Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).


.............sei convinto che prima delle religioni abramitiche e prima del buddismo non ci fosse niente?

Guarda la cartina geografica del mondo. Prima che l'India, con l'Asia  si staccasse da Medio Oriente,e dall'Africa prima della deriva dei continenti , vedrai che all'inizio tutto era unito

Così come tutti i fiumi portano al mare, allo stesso modo tutte le religioni portano i credenti nel cuore del Signore Dio. E' vero che prima delle religioni non c'era niente, ma non c'era niente di scritto perché il Signore Dio parlava all'uomo tramite la coscienza, ossia il Padre nostro non ha mai fatto mancare niente ai Suoi figli. In ogni caso man mano che l'umanità decadeva il Signore Dio mandava i messaggi scritti e verbali per avvisare l'uomo. L'insieme dei messaggi inviati hanno formato le sacre scritture. Ogni popolo è caduto in modo diverso e oltretutto comprende in modo diverso. Per questo ci sono più religioni.
E' vero che se l'uomo esamina la propria coscienza può scoprire in quale prigione sta vivendo e cercare di venirne fuori, ma se pur disponendo delle Sacre scritture fatica a farlo, ci riuscirà con una religione "fai da te"?

Sariputra

Citazione di: paul11 il 31 Dicembre 2016, 19:42:51 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2016, 15:36:30 PMSono molto d'accordo con le obiezioni sollevate da Apeiron al concetto di "filosofia perenne" o spiritualità universale che dir si voglia. Le somiglianze che possiamo vedere nei vari cammini sono per lo più attinenti al piano etico. Così troviamo sicuramente somiglianza tra i cinque precetti buddhisti e il decalogo delle fedi abramitiche,per esempio, ma una comunanza etica non intende che sorgano da una stessa sorgente e confluiscano nello stesso mare. L'etica è infatti un mezzo e non il fine della spiritualità, anche se è difficile, a mio parere, avere autentica spiritualità in assenza di un' etica morale. Potremmo forse raffigurarcela come il letto dove scorrono i vari fiumi della spiritualità, la modalità dello scorrere delle acque, non certo la sorgente( domanda) e la foce (risposta) e nemmeno la composizione delle acque stesse. Presupporre un Uno sorgente delimita già una teoria, come giustamente dice Apeiron, una nuova forma di religione che tende a ridurre a sintesi i vari sentieri che hanno come premessa questo ipotetico Uno. Un lavoro simile si tentò di fare con la teosofia che intendeva i vari maestri spirituali apparsi come espressione di un'unica Realtà esoterica. Così i vari Rama, Krishna, Mosè, Yeoshwa, Buddha, erano semplici "avatar" di questo Uno essenziale, con l'attesa messianica di una nuova incarnazione (Maitreya). Non ebbe molta fortuna. In primis perché ci vuole pure un certo criterio per preparare dei minestroni appetibili :) che raramente risultano tali se progettati a tavolino e poi perché, proprio per la sua artificiosità, mancava di quell'unicum che rende autentico un cammino di questo tipo, che presuppone una maestro autentico alla sua sorgente. Contrariamente ad Apeiron però non ritengo che si scelga un fiume piuttosto che un altro con un "salto nel buio", con un atto di fede. In realtà mi sembra che siamo "attirati" verso una sorgente piuttosto che un'altra. Cos'è che ci attrae a seguire il corso di un fiume piuttosto che un altro? La nostra stessa , connaturata , visione dell'esistenza, quella che noi sentiamo più "vera", più vicina al nostro sentire. E' la stessa ragione per cui aderiamo ad una certa filosofia e ne rigettiamo altre; che ci sentiamo attratti da una mora piuttosta che da una rossa ;D... Possiamo pure aver fiducia che non abbiamo bisogno di seguire alcun fiume particolare, ma risolverci di investigare con la nostra "anima" e trovare da noi stessi le risposte alle nostre domande ( che risolte farebbero di noi stessi degli esseri autentici senza bisogno di alcun maestro o guru...).
.............sei convinto che prima delle religioni abramitiche e prima del buddismo non ci fosse niente? Guarda la cartina geografica del mondo. Prima che l'India, con l'Asia si staccasse da Medio Oriente,e dall'Africa prima della deriva dei continenti , vedrai che all'inizio tutto era unito

Non sono affatto convinto che prima delle abramitiche e del buddhismo non ci fosse niente, come spiritualità, infatti credo di non aver mai sostenuto una simile idiozia.  Da quel che si comprende dai ritrovamenti archeologici ( in massima parte statuine che raffigurano la femminilità) risalenti al Neolitico , si intuisce un culto della Grande Madre e di tutto ciò che ruota attorno al concetto della fertilità che abbraccia l'intera Eurasia e Africa. Ritrovamenti nella Valle dell'Indo di un'antica civiltà ( i Mohenjo-daro scoperti dall'archeologo Gordon Childe) ci parlano di una somiglianza molto stretta con i Pelasgi, quei popoli del mare che popolarono il Mediterraneo , partendo sembra dall'Africa e poi , via via, il Medioriente ,spingendosi fino al M.Nero e quindi forse l'India.
Questa civiltà, si ritiene piuttosto pacifica e tranquilla, sembra avesse elaborato un culto con al centro la figura femminile, con la sua forza generatrice e ciclica che fungeva da "ponte" tra l'umano  e la Grande Madre Terra; culto legato all'avvento dell'agricoltura e al ciclo della vegetazione e alla prima deificazione delle forze, viste come contrapposte, della natura stessa  e di cui la femminilità sembra fosse intesa anche come armonia di questi contrasti. Non mi avventuro oltre perchè non dispongo delle competenze necessarie...
Non sostengo nemmeno che le successive forme spirituali siano definibili come "superiori" ( o più evolute...) rispetto a queste ( sotto molti aspetti sicuramente no...) ma mi sembra che , lentamente, la ragione e la riflessione filosofica abbiano iniziato il loro condizionamento e le prime differenziazioni profonde di approccio anche al tema spirituale. Spiritualità che , con l'avvento delle civiltà guerriere e indo-ariane, ha virato di 360 gradi, rovesciando la centralità della femminilità e instaurando il predominio del maschio-guerriero, con il suo politeismo fondato sulla Forza.

Buon Anno Paul11 !
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Nemmeno io ho mai sostenuto che prima delle moderne religioni non ci fosse niente. Perfino negli animali (!) si possono vedere comportamenti che sembrano indicare ad una dimensione "oltre" (ad esempio vari mammiferi hanno sviluppato un senso del lutto). Con l'uomo però si sono iniziati ad usare concetti e simboli e quindi si è sviluppata la consapevolezza e quindi con l'uomo si può dire che è nata la religione (la quale da una base concettuale alla spiritualità...). Quindi anche nei remoti tempi antichi ci saranno sicuramente state religioni tuttavia erano religioni per la maggior parte spiritualistico-animistiche nelle quali non c'è davvero un senso di "trascendenza". Tutto avveniva nel mondo in queste religioni e quindi il concetto di "liberarsi/salvarsi" non era immaginabile (chiaramente ci può essere stato quel "genio folle" ogni tanto che parlava di aldilà, regimi oltremondani ecc ma ai loro tempi non era un concetto diciamo "comune"). Poi con una maggiore introspezione e con l'avvento della scrittura si sono formate le religioni organizzate le quali a mio giudizio hanno il pregio dell'unità ma il difetto per il quale non è possibile veramente "esplorare" l'ambito spirituale se si attacca troppo a questo o quel concetto/regola/dogma (questo non per dire che una religione organizzata è necessariamente falsa, però il suo difetto è che invece di dare importanza alle esperienze del singolo rischia di prediligere l'indottrinamento). Riassumendo: la spiritualità è almeno per l'uomo essenziale mentre la religione è una forma di spiritualità. Il punto è che le varie forme di spiritualità, cioè le religioni, si conttraddicono tra loro e inoltre non è possibile realmente essere senza religione senza sentirsi "soli e all'oscuro".

P.S. Per Sariputra: grazie dell'invito ma declino per mantenere l'anonimato :) magari in futuro chissà... Volevo con il mio "lamento personale" mostrare il motivo per cui uno può essere incapace di "fare il salto". Penso che in un forum come questo molti ci si ritrovino (almeno con la scelta del dogma in cui credere). "La difficioltà è realizzare la mancanza di fondamento del nostro credere..." (Ludwig Wittgenstein) dove con "fondamento" è chiaro che ci si riferisce a "fondamento razionale"

P.S/P.S  BUON ANNO!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

[BUON ANNO A TUTTI!]

**  scritto da paul11:
CitazionePoca allora diventa l'importanza della differenza fra buddisti, cristiani, animisti e le innumerevoli strade che portano all'Uno dell'origine che ogni pratica chiama con linguaggi diversi.
Si una spesso citare in parrocchia: "...le vie del Signore sono infinite...", ma questo passo non è biblico, e men che meno evangelico, anche se in realtà, la pregevole dinamica della quotidianità, avvalora questo detto, ma sempre e soltanto (secondo me) a chi distingue in quel Signore il Cristo risorto, giacché, e questo sì che è biblico: "Beato chiunque teme il Signore e cammina nelle sue vie!"(Salmi 128.1)
Quindi, confutando la riflessione, gentile @paul11, se non fosse importante la differenza del focalizzare la propria fede, se non fosse essenziale entrare dalla porta stretta, che senso avrebbe morire per dare testimonianza alla verità?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)