Se non ci fosse l'uomo

Aperto da viator, 18 Maggio 2019, 14:04:50 PM

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anthonyi

Citazione di: viator il 13 Luglio 2019, 11:59:51 AM
Salve Anthonyi. L'unico problema di un Dio personalistico è che esso, se ipotizzato, perderebbe per strada tutte le sue caratteristiche divine e diventerebbe semplicemente un Superman ante-litteram.

A quanto pare schiere di dotti acutussimi pedantissimi teologi hanno perso e stanno perdendo tempo trascurando una simile  evidenza logico-filosofica.

Per fede e dottrina Dio sarà come  "piace" crederlo, per logica e filosofia (oppure la filosofia può fare a  meno della logica ?) Dio non può che essere l'ASSOLUTO ovviamente impersonale.

Come è possibile  risultare assoluti in sè e contemporaneamente mostrarsi umanamente relativi, come una veste personale di Dio invece richiederebbe
?. Saluti.

Ciao Viator, siccome qui abbiamo il problema di definire Dio, come si può dire a priori che debba rispettare alcune caratteristiche?
Le caratteristiche divine non so se possano essere un problema filosofico, sicuramente sono state un problema teologico, nel quale i teologi sono entrati in contraddizione. Ma la contraddizione è proprio effetto delle caratteristiche poste a priori.
Tu affermi che Dio, in filosofia, debba essere l'assoluto. Per quale ragione escludi che Dio possa essere, in qualche sua componente, relativo?
Se crediamo che esista il male ecco allora che abbiamo qualcosa dove Dio non ci sono molte ragioni che ci sia.
Se crediamo di avere il libero arbitrio, ecco che c'è qualcosa che può comportare scelte non coincidenti con la volontà di Dio, ed anche qui ci sono ragioni perché Dio non sia presente.
Naturalmente un personalismo di Dio non comporta un relativismo umano, che poi anche se fosse non sarebbe tanto incoerente visto che è scritto che siamo fatti "a sua immagine".
Un saluto

Kobayashi

Il giudaismo-cristianesimo si basa sul concetto di alleanza, tra Dio e l'uomo.
Un'alleanza descritta nei testi sacri come voluta da Dio, come avviata per iniziativa di Dio.
Per cui l'interrogativo sulla vita di Dio al di fuori dell'alleanza con l'uomo rischia di far perdere il senso autentico della religione.
Che invece si basa su questa domanda: qual'è l'obiettivo di questa alleanza?
E la risposta è: diventare umani, capire che cosa voglia dire essere umani.
La Rivelazione non dice che cosa è Dio, ma cosa è l'uomo.

Ciò che noi tradizionalmente chiamiamo Dio può essere immaginato come il luogo sconosciuto da cui viene il messaggio.
Perché credere all'esistenza, alla realtà di questo "luogo" trascendente?
Per la bellezza e la potenza del contenuto del messaggio. Perché in ciò che rivela il messaggio sentiamo un'attrazione come il desiderio di trovare finalmente la vera pace tornando a casa dopo un lunghissimo e doloroso pellegrinaggio.

Insomma, la teologia sulla scorta del pensiero filosofico greco si è concentrata sulla natura di questo luogo trascendente. Ma il punto essenziale è proprio l'accettazione dell'inconoscibilità di quella dimensione. La fede è appunto questo: credere che il messaggio venga da Dio senza sapere che cosa sia Dio. Accettare questo vuoto.
Inutile dire che poi l'uomo non ha fatto altro che cercare di riempire questo vuoto con le più disparate definizioni teologiche.
Scordandosi sempre la cosa più importante: il contenuto del messaggio, l'invito a diventare veramente umani, ovvero a entrare nel Regno.

viator

Salve Bobmax. Citandoti : "Esistere non coincide con Essere.
Esistere significa infatti "stare fuori". Per stare fuori abbisogna dell'essere.
Mentre l'essere basta a se stesso.

Questo "stare fuori" indica perciò un ente, che esiste proprio in quanto se ne sta lá fuori...

Disquisire sull'esistenza o meno di Dio dà per implicito che Dio sia un ente.
Mentre l'Assoluto non può essere riducibile a un ente...

Il Tutto, per esempio, non è un qualcosa, cioè non è un ente!
Per rendersene conto, occorre mettere da parte l'ovvio.".


Infatti non ho mai sostenuto che "essere" ed "esistere" coincidano.
L'"esistere" (come l'insistere, il sussistere, il consistere etc.) rappresenta una condizione ulteriore e particolare rispetto all'essere e può stabilirsi solo subordinatamente alla condizione dell'"essere".

Perdona la pedanteria ma ti propongo il mio distinguo tra "ente" ed "entità" :

ENTE = ciò che è in modo specificato e riconoscibile (l'Assoluto, l'"essere", Dio, l'Anima etc. etc. non sono enti specificabili e riconoscibili universalmente .in  quanto si tratta di concetti ampiamente controversi sia a individuale che a livello culturale collettivo).
ente

ENTITA' = ciò che è in modo NON specificato, non universalmente riconoscibile o definibile.

Infatti - come tu stesso noti - Dio ed Assoluto sono ENTITA', mentre il TUTTO è invece proprio un ENTE in quanto concetto universalmente riconducibile alla "ovvia" definizione di "l'insieme di ciò che è".

Così la penso io. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Anthonyi. Citandoti : "Tu affermi che Dio, in filosofia, debba essere l'assoluto. Per quale ragione escludi che Dio possa essere, in qualche sua componente, relativo?
Se crediamo che esista il male ecco allora che abbiamo qualcosa dove Dio non ci sono molte ragioni che ci sia.".


Se Dio è entità assoluta nella sua intierezza, evidentemente non può contenere nessuna propria parte in sè relativa, la cui presenza smentirebbe-smonterebbe appunto la sua totale, completa assolutezza.

Se noi prendiamo una piccola parte di DIO e la mettiamo in un cantuccio dal quale tale parte  non abbia più rapporto con il resto di Dio, avremmo un Dio mutilato di diversa consistenza di quello "intero" e "assoluto" che avevamo in partenza. Faremmo bene a chiamarlo con un altro nome.

Circa infine la presenza, all'interno, dell'assolutezza divina, di aspetti ed attributi contradditori (infinita bontà ed infinita crudeltà etc. etc.), essi si pongono come tali solo secondo un'ottica relativa quale quella umana, per la quale esistono sempre riferimenti che sembrano generare contraddizione, negazione, opposizione di termini.

Così noi chiamiamo male e crudeltà solo l'assenza o la carenza del riferimento loro opposto dal quale facciamo "partire" le nostre considerazioni (in genere, quelli per noi più convenienti, come appunto il bene e la bontà).

Dio è come la corrente elettrica considerata come "cosa in sè".

Esso E' indipendentemente dalla direzione e dalla carica +/- che noi vorremmo attribuirgli. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Rimane sempre, Viator, il "Se" iniziale del tuo ragionamento, e l'affermazione che "se Dio è assoluto, allora è tale in ogni sua parte". E se Dio non fosse assoluto? E se l'assolutezza di Dio non riguardasse ogni sua componente? Per quale motivo non deve essere possibile fare queste ipotesi in ambito filosofico?
Un saluto

viator

Salve Anthonyi.

SE Dio è (l') Assoluto vale appunto per esso la definizione : ASSOLUTO = ciò che non è influenzabile da altro che da sè. Questa definizione, che io credo possa soddisfare sia il filosofofo che il credente, è anche quella che può rendere ragione della sinonimia tra i concetti di ASSOLUTO - MONDO - DIO - ESSERE - TUTTO - UNO. (provare a  riflettere un poco su ciascuno di essi).

SE invece si suppone (cosa  filosoficamente lecitissima) che il concetto di Dio possa o debba essere relativo, per esso varrà quest'altra definizione : DIO = entità relativa quindi influenzante verso- ed influenzabile da- ogni altro relativo.

Porre il concetto di Dio come Assoluto dovrebbe - dicevo sopra - soddisfare tutte le menti e tutte le anime prive di secondi scopi.

I problemi nascono quando si comincia a dire che Dio ha la barba bianca, suo figlio era biondo, chi veste un certo abito conosce la sua volontà mentre chi veste abiti civili può solo stare ad ascoltarla. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

#21
Citazione di: viator il 14 Luglio 2019, 16:17:46 PM
Salve Anthonyi.

SE Dio è (l') Assoluto vale appunto per esso la definizione : ASSOLUTO = ciò che non è influenzabile da altro che da sè. Questa definizione, che io credo possa soddisfare sia il filosofofo che il credente, è anche quella che può rendere ragione della sinonimia tra i concetti di ASSOLUTO - MONDO - DIO - ESSERE - TUTTO - UNO. (provare a  riflettere un poco su ciascuno di essi).

SE invece si suppone (cosa  filosoficamente lecitissima) che il concetto di Dio possa o debba essere relativo, per esso varrà quest'altra definizione : DIO = entità relativa quindi influenzante verso- ed influenzabile da- ogni altro relativo.

Porre il concetto di Dio come Assoluto dovrebbe - dicevo sopra - soddisfare tutte le menti e tutte le anime prive di secondi scopi.

I problemi nascono quando si comincia a dire che Dio ha la barba bianca, suo figlio era biondo, chi veste un certo abito conosce la sua volontà mentre chi veste abiti civili può solo stare ad ascoltarla. Saluti.

Qui cominciamo ad entrare in un altro ambito, Viator, cioè quello della Sociologia delle religioni e degli aspetti politici della religione.
Io invece ragiono su un approccio cognitivo, e secondo me anche filosofico. L'unica strada che noi abbiamo per comprendere Dio è quella del rapporto di questo con il mondo sensibile, e il mondo sensibile ci segnala sempre e solo cose relative. In altri termini l'assoluto noi non possiamo vederlo, il relativo si, e se in qualcosa di relativo noi vediamo Dio (E non ci inganniamo) questo vuol dire o che Dio si è fatto relativo per rendersi percepibile a noi, oppure che è effettivamente relativo.
Saluti

bobmax

#22
@Viator
Secondo me, Ente è ciò che è determinato. Ossia ciò che si distingue da tutto il resto.
Poiché la determinazione è in sostanza una negazione, l'esistenza di un ente consiste nella negazione di ciò che non è.

Per esistere Dio ha bisogno di me. Perché solo attraverso di me può apparirmi come ente. Solo gli enti esistono...

Nel momento però in cui Dio sta per comparirmi davanti... l'ho già perduto!
Perché Dio non è un ente.

Giustamente invoca perciò Meister Eckhart: "Prego Dio che mi libero da Dio!"
Perché finché c'è un Dio (esiste Dio) ossia lo si considera ente, è inevitabile la nostra caduta: quell'ente non è Dio!

Apprezzo la tua difesa intransigente della logica. La logica deve essere rispettata!
Questo rispetto (che si fonda sull'Etica) però dovrebbe permetterci di giungere fino ai limiti di questa nostra logica per constatarne lo smacco.
Il Tutto, per esempio, non può essere un ente perché non ha nulla da negare. Mentre ogni ente è fondato sulla Negazione.
Questa constatazione non consiste in un "sapere", va più in là.

Forse Nulla è il modo migliore di intendere Dio. Personalmente preferisco intenderlo come Negazione della negazione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve Anthonyi. Certo che non possiamo vedere o comunque PERCEPIRE Dio. E neppure ---- appunto ---- l'Assoluto.

Entrambi infatti li CONCEPIAMO.
CONCEPIRE. Definizione : "estrapolare l'ignoto impercepibile dal noto percepibile". Ovvero, dare per possibile ciò che l'esperienza materiale non potrà mai confermarci attraverso i sensi.

Naturalmente, se lo desideriamo, possiamo tranquillamente regredire alla condizione nella quale nessuno - per timore di sbagliarsi - si azzardi a concepire alcunchè. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Ciao Viator, quella che tu definisci estrapolazione è in effetti un esperienza cognitiva, o ricognitiva. Per la mia visione nessuno può concepire o concettualizzare, o ricognere un qualcosa senza una cognizione preventiva.
Ti faccio un esempio, Abramo sente una voce che gli parla e in questa voce riconosce Dio, per poterlo fare deve avere già un'idea di Dio preesistente.
Naturalmente l'esperienza cognitiva può essere a differenti livelli di astrazione, io vedo cadere un fulmine e in questo vedo un segno divino, cioè vedo Dio, perché al fulmine associo quella potenza, quella rapidità di azione, quella capacità di agire dall'alto, cioè dal luogo dov'è il potere. Tutti questi attributi, che io associo a Dio, formano allo stesso tempo il concetto e gli attributi assegnati a Dio. Il passaggio critico è quando questi attributi diventano assoluti perché questa assolutezza non si può cognere ed è puro processo astrattivo o ideale.
Dopo questo passaggio, quel concetto assoluto di Dio non può più essere rafforzato da ulteriori ricognizioni, mentre invece noi abbiamo, nella storia umana, una molteplicità di esperienze umane che vengono associate a Dio, evidentemente un Dio che magari è concepito con attributi assoluti, ma anche con attributi relativi e quindi riconoscibili.
Sostenere che esiste solo il Dio ideale o assoluto potrebbe essere una posizione deistica, estrema, che però ha forti problemi proprio nello spiegare il processo cognitivo che ha prodotto quello stesso concetto di Dio.
Un saluto

InVerno

Ho sentito rispondere alla domanda "Dio esiste?" in un modo particolare, "vivo come se Dio esistesse".. suppongo si possa dire anche il contrario. In ogni caso mi sembra una buona formulazione perchè non è incentrata nel dare esistenza a Dio in prima persona ("Dio esiste!") ma nel fatto che si può esperire una vita nella sua presenza. Con la seconda formulazione penso che la domanda iniziale di Viator venga risolta, perchè non necessita la propria affermazione come prova dell'esistenza di Dio, l'affermazione di Dio deriva invece dalla relazione individuale che si ha con lui.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

viator

#26
Salve Anthonyi. Citandoti : "Sostenere che esiste solo il Dio ideale o assoluto potrebbe essere una posizione deistica, estrema, che però ha forti problemi proprio nello spiegare il processo cognitivo che ha prodotto quello stesso concetto di Dio.".

Dal mio punto di vista non c'è alcun problema nello spiegare il processo psichico che ha prodotto - presso l'uomo - la maturazione cognitiva del concetto di Dio.

Semplicemente, partendo dalla sensazione-cognizione di essere una trascurabile presenza circondata da un mondo immenso e sconosciuto, l'uomo ha voluto-dovuto crearsi una "risposta" universale ai misteri dei quali era ed è in balia.

Ha quindi "costruito" uno strumento concettuale adatto a placare i propri dubbi ed ansie, blindandolo con un semplice dogma interiore : DA OGGI IL MONDO LO CHIAMERO' DIO, CIOE' LA PERSONIFICAZIONE DI CIO'-COLUI CHE PREDILIGE L'UOMO, BADA AI SUOI DESTINI E SOPRATTUTTO LO SOTTRARRA' ALLA MORTE. (il concetto divino ovviamente ha potuto instaurarsi solo in quanto si era diventati titolari di una COSCIENZA, la quale vide anch'essa mutato il proprio nome in ANIMA)

E il tutto è venuto molto facile e naturale poichè il rapporto credente-Dio è strutturato ESATTAMENTE come quello bimbo-genitore.
Il bimbo-figlio si riconosce come simile al genitore, è stato creato dal genitore, ha bisogno del genitore, lo ama ma contemporaneamente tende a sottrarsi alla sua autorità................... Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: viator il 17 Luglio 2019, 13:07:30 PM
Salve Anthonyi. Citandoti : "Sostenere che esiste solo il Dio ideale o assoluto potrebbe essere una posizione deistica, estrema, che però ha forti problemi proprio nello spiegare il processo cognitivo che ha prodotto quello stesso concetto di Dio.".

Dal mio punto di vista non c'è alcun problema nello spiegare il processo psichico che ha prodotto - presso l'uomo - la maturazione cognitiva del concetto di Dio.

Semplicemente, partendo dalla sensazione-cognizione di essere una trascurabile presenza circondata da un mondo immenso e sconosciuto, l'uomo ha voluto-dovuto crearsi una "risposta" universale ai misteri dei quali era ed è in balia.

Ha quindi "costruito" uno strumento concettuale adatto a placare i propri dubbi ed ansie, blindandolo con un semplice dogma interiore : DA OGGI IL MONDO LO CHIAMERO' DIO, CIOE' LA PERSONIFICAZIONE DI CIO'-COLUI CHE PREDILIGE L'UOMO, BADA AI SUOI DESTINI E SOPRATTUTTO LO SOTTRARRA' ALLA MORTE. (il concetto divino ovviamente ha potuto instaurarsi solo in quanto si era diventati titolari di una COSCIENZA, la quale vide anch'essa mutato il proprio nome in ANIMA)

E il tutto è venuto molto facile e naturale poichè il rapporto credente-Dio è strutturato ESATTAMENTE come quello bimbo-genitore.
Il bimbo-figlio si riconosce come simile al genitore, è stato creato dal genitore, ha bisogno del genitore, lo ama ma contemporaneamente tende a sottrarsi alla sua autorità................... Saluti.

Ciao Viator, l'idea che Dio sia la panacea alle ansie ed insicurezze, e che con tale ruolo si sia evoluto nella storia umana, è abbastanza riduttiva ed abbastanza irrazionale.
Quando io parlo di formazione del concetto di Dio, intendo questa come soggetta a logiche di sopravvivenza sociale ed evoluzionistica. Le paure che gli uomini vivono hanno un senso evoluzionistico di protezione preventiva da vari pericoli. Non parliamo poi di qualcuno che non ha paura di morire perché crede che vivrà dopo la morte, e che quindi non usa nessuna cautela rispetto alle situazioni di rischio.
Piuttosto potremmo dire che il concetto di Dio ha un ruolo sociale positivo nel creare comunità più compatte, rese unite dal fatto di avere fede nello stesso Dio, e socialmente più ordinate. Non che questo basti a spiegare, ma è sicuramente di più dell'argomentazione sociologica (Perché effettivamente in alcune branche della sociologia qualcosa di analogo alla tua spiegazione è utilizzato) che tu proponi.
L'uso della parola "cognitivo" poi, specifica il fatto che la costruzione deriva dall'osservazione dell'ambiente esterno, ambiente esterno nel quale la possibilità di una "rivelazione" è sempre da prendere in considerazione, visto che una molteplicità di narrazioni culturali parlano della stessa, questo sia nel caso che si voglia spiegare la rivelazione stessa nei termini di fenomeno naturale, sia che si voglia affermare che questa è appunto "rivelazione di Dio".
Un saluto

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 17 Luglio 2019, 15:40:34 PM

Ciao Viator, l'idea che Dio sia la panacea alle ansie ed insicurezze, e che con tale ruolo si sia evoluto nella storia umana, è abbastanza riduttiva ed abbastanza irrazionale.

Riduttiva forse sí, perché sopra questo stadio primitivo si sono sedimentate costruzioni mentali e psichiche più complesse che hanno agito retroattivamente. Ma non é certo irrazionale pensarlo. L'illusionismo desiderante opera alla grande anche nella nostra situazione evolutiva e non é solo prerogativa infantile, che la rende solo più trasparente e meno mistificabile

CitazioneQuando io parlo di formazione del concetto di Dio, intendo questa come soggetta a logiche di sopravvivenza sociale ed evoluzionistica. Le paure che gli uomini vivono hanno un senso evoluzionistico di protezione preventiva da vari pericoli. Non parliamo poi di qualcuno che non ha paura di morire perché crede che vivrà dopo la morte, e che quindi non usa nessuna cautela rispetto alle situazioni di rischio.

Innegabile peró l'illusionalità di tali atteggiamenti. Incluso l'aspetto evolutivo, al nostro tempo già in grossa crisi, sia gnoseologica che funzionale. Per cui non rimane tale concetto che quale surrogato di etiche più mature: ...

CitazionePiuttosto potremmo dire che il concetto di Dio ha un ruolo sociale positivo nel creare comunità più compatte, rese unite dal fatto di avere fede nello stesso Dio, e socialmente più ordinate. Non che questo basti a spiegare, ma è sicuramente di più dell'argomentazione sociologica (Perché effettivamente in alcune branche della sociologia qualcosa di analogo alla tua spiegazione è utilizzato) che tu proponi.

... che non hanno bisogno del babau per autoregolamentarsi e trovare motivazioni etiche positive.

Citazione
L'uso della parola "cognitivo" poi, specifica il fatto che la costruzione deriva dall'osservazione dell'ambiente esterno, ambiente esterno nel quale la possibilità di una "rivelazione" è sempre da prendere in considerazione, visto che una molteplicità di narrazioni culturali parlano della stessa, questo sia nel caso che si voglia spiegare la rivelazione stessa nei termini di fenomeno naturale, sia che si voglia affermare che questa è appunto "rivelazione di Dio"

Anche cognitivamente, più la Rivelazione si rivela più appare fondata la genesi umana del divino piuttosto che il contrario,   essendo pure le narrazioni culturali tutte convergenti sul fattore umano che le ha prodotte ed elaborate. Tanto nelle analogie che nelle differenze. Cosa di cui gli antenati greci del nostro pensiero erano già ben consapevoli.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 17 Luglio 2019, 17:28:30 PM

Riduttiva forse sí, perché sopra questo stadio primitivo si sono sedimentate costruzioni mentali e psichiche più complesse che hanno agito retroattivamente. Ma non é certo irrazionale pensarlo.

In realtà, Ipazia, proprio in relazione agli stadi primitivi della formazione della cultura umana, tempi cioè nei quali il problema della sopravvivenza era prioritario, quell'argomentazione è irrazionale. Dipingere l'uomo antico come qualcuno che si perdesse in fantasie per non affrontare la realtà, una realtà che era caratterizzata da necessità di sopravvivenza con le quali dovevi confrontarti con il massimo del tuo potenziale di razionalità, non ha senso.
Oltretutto io pongo la questione del processo cognitivo che fa evolvere il concetto di Dio. Se una comunità si illude che Dio gli fa vincere la guerra, e la guerra la vince veramente (Magari anche per effetto di questa credenza), allora va tutto bene e il concetto di Dio si rafforza. Il problema si pone quando la guerra la perdi, che effetto c'è sulla fede in Dio, chiaramente negativo, e come si spiega la continuità della fede nonostante le tante esperienze negative dell'umanità?
Un saluto.