Scienza e religione.

Aperto da iano, 10 Maggio 2021, 01:22:22 AM

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Ipazia

#120
Sempre accurato e illuminante il nostro Phil a cui dedico questa striscia.
Venendo alla parte che più mi compete:

Citazione di: Phil il 15 Maggio 2021, 15:31:17 PM
il fil rouge implicito mi pare essere la forza del fondamento (e/o il fondamento della forza); la risposta tautologica (ad es. «il fondamento morale dell'umanesimo è l'umano», cit. Ipazia) dimostra come ogni fondamento sia forte all'interno del suo sistema ed ogni sistema abbia la sua forza nell'accettare come veri i propri fondamenti; dinamica autoreferenziale che spazia dalla politica alla matematica, dalla linguistica ai giochi di società. L'appello alla forza richiede un fondamento che sprigioni/spieghi tale forza, ma se tale forza è solo quella dell'adesione/fede nel sistema fondato, non sarà teoreticamente più forte di quella di altri sistemi (risulterà magari più forte nell'imporsi con vari metodi o nell'avere successo storico, ma ciò non costituisce forza teoretica)...
... Una volta compreso che il male teologicamente inteso non è altro che il socialmente disfunzionale (investito di trascendenza ad libitum), declinato differentemente dalle varie culture e società, la morale demistificata si rivela come percezione sociale di valori culturali in una comunità (banalizzando: uccidere non è male perché si va all'inferno o si sporca il karma, ma soltanto perché se tutti potessero uccidere la società si disgregherebbe, verrebbero penalizzati i più deboli, etc. mentre l'uomo ha da sempre bisogno di vivere in branco per sopravvivere nel mondo, oggi più che mai). Ogni morale è dunque ben forte e salda a casa sua, il problema della debolezza emerge spontaneamente con il confronto (o scontro) fra i propri fondamenti e quelli altrui quando le case sono così confinanti da diventare condomini (o quando le distanze comunicative e relazionali si accorciano al punto che si può nascere cristiani, crescere induisti e morire taoisti senza uscire dal proprio iglù, connessione internet permettendo).

La forza del fondamento umanistico, che ne fonda pure la forza effettuale, è che il condominio è sufficiente ampio per farci stare tutti gli umani, racchiudendoli nel medesimo cerchio tautologico in cui vale ciò che ho evidenziato in corsivo. Tale ampiezza comporta qualche rilassamento e mediazione etica poco massimo sistemistica, ma alla fine si porta a casa il risultato di una adesione allo spirito del proprio tempo in sintonia con le problematicità del medesimo, con una forza che deriva dalla materialità dei suoi fondamenti. I quali, spiritualizzandosi, tendono a sublimare in più piccole parrocchie autoreferenziali all'interno di metaetiche di carattere estetico ed esistenziale, non confliggenti però con la metaetica di base che le "comprende" in un'etica comune attenta al benessere dell'intera specie.

Questo per la teoresi. Per la prassi, il congegno storico umanistico ha dato buona prova di sé in tutte le epoche in cui si è posto l'umano, nella sua concretezza psicosomatica, al centro dell'attenzione, con cadute anche verticali quando si è metafisicizzato il tutto in nome di idoli sacri o profani. Le tappe sono note e mi astengo dall'enumerarle. Oggi il filo rosso pare essersi incagliato in una parte bassa del processo antropologico evolutivo, ma come altre volte in precedenza la Krisis è il luogo in cui si recuperano energie e si correggono le strategie per nuovi balzi.

L'umanesimo non ha mai sposato la metaetica tecnoscientifica e Marx, ancor più che Nietzsche, sono sentinelle accurate di tale attenzione. Ma pure Freud e tutta la critica novecentesca dell'alienazione metropolitana dimostrano tale attenzione e preoccupazione. Essendo poi una critica meno ideologicamente delimitata com'è la teologia, ha saputo cogliere con più acume i nodi del processo in atto. E pure cavalcarli nella prassi. Se, come accenna pure phil, la tecnica è destino antropologico fin dalla selce, non sarà rifiutandola che se ne migliorerà, in senso etico, l'uso, posto che una volta sperimentata te la ritroverai sempre davanti (come l'aggeggio al centro della rivoluzione epocale su cui sto scrivendo).

La rivoluzione. Sottoscrivo quanto replicato in vece mia da Anthonyi, con la postilla che il nuovo ordine dovrebbe essere migliore di quello che l'ha preceduto. Dalle latomie ricolme di schiavi alle cooperative e fabbriche sindacalizzate pare sia avvenuto così. Anche se nulla osta che le latomie ritornino e anche la schiavitù evolva in forme più subdole ed efficaci, fin dentro la corteccia neuronica dei nuovi schiavi. Ma allora la risposta non può essere di tipo luddistico o nostalgico, ma tecnica se vuole essere efficace. Detto tra parentesi, le nuove tecnologie sono omologanti, ma faticano assai a controllare ciò che attraverso le medesime omologante non è.

L'incipit di 2001 Odissea nello spazio è uno dei trattati di antropologia più sintetici e ben costruiti per capire come sono andate le cose anche in senso etico. Prima del primum non nocere viene il primum non soccombere. Risolto il quale ben vengano le astronavi al posto dell'osso e la musica di J.Strauss al posto dei grugniti e del digrignare di denti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#121
Citazione di: Alexander il 16 Maggio 2021, 13:06:07 PM

Buona domenica Iano

Concordo con te che bisogna sforzarsi di preservare almeno la diversità personale, lo spirito critico, che sembra ormai l'" ultima rocca" della filosofia. Non vorrei però che diventasse semplicemente la "schiuma" sul fiume.  Una diversità apparente sopra dinamiche omogenee e globali. Sarebbe una forma di illusione  , magari gratificante per il singolo o il piccolo gruppo, la nicchia appunto, ma ininfluente sui processi determinanti.La religiosità ha già questa dimensione (apparente diversità su comportamenti omogenei sottostanti). la scienza non se ne preoccupa, perseguendo ricerche principalmente orientate alle esigenze di mercato e di finanziamento.
A proposito di coltivare la diversità dentro di se', dopo aver illustrato il mio punto di vista troppo positivo, passo a quello troppo negativo.
In questo mondo che va' così veloce le dinamiche della nascitura società globale digitalizzata fanno già numero e statistica, e una loro possibile lettura ci propone tutt'altro che un villaggio globale, ma tanti villaggi non localizzati, ma ancora più esclusivi di quelli locali, come portatori di diversità  non produttiva , in quanto questi diversi villaggi potranno farsi la guerra digitale, senza mai incontrarsi, cioè senza mai poter mettere a proficuo confronto la loro diversità.
Non sembra quindi la nuova società preveda un succedaneo allo scontro incontro fisico come fonte di ricchezza.
I meccanismi della nuova società favoriscono piuttosto che no le radicalizzazioni che sono ormai fatti di cronaca.
Va a finire che ci toccherà resuscitare davvero la pratica filosofica per bilanciare questa aberrazione sociale.
Meno male che noi ci siamo già portati avanti col lavoro. 😊
Inierei col riflettere sul fatto che la conoscenza delle vecchie dinamiche sociali possa aiutarci poco per prevedere e/o prevenire le nuove e la soluzione temo la scopriremo vivendo.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paul11

Citazione di: Phil il 16 Maggio 2021, 12:04:28 PM
Per agevolare la comprensione di quel che intendo con «categorie adeguate all'attualità», posto la nota tabella (non l'ho trovata completa in italiano) redatta da I. Hassan in un suo testo del 1971 (se non sbaglio):

quale delle due colonne, 50 anni dopo la pubblicazione, ci aiuta ancora a comprendere (attenzione: non «valutare») la contemporaneità?


https://en.wikipedia.org/wiki/Ihab_Hassan

citaz. Phil
L'assenza di un meta-criterio culturale che renda possibile "classificare" le altre culture è un'evidenza teoretica e metodologica che percorre tutto il mio post, sino all'ultima frase.

]Sarebbe questa tabella il meta-criterio? O è un esempio? Ma soprattutto non capisco dove si vuol andare.

Ipazia

Diffido di tutte le dicotomie. Trovarne poi 33 in un colpo dovendole scegliere in blocco mi pare un metodo massimosistemico che rientra dalla finestra dopo essere uscito con gran fanfara situazionista dalla porta. Anni '70 e li mostra tutti. Forse bisognerebbe aggiornare anche parecchie voci della seconda colonna.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@paul11 e @Ipazia
Confermo l'assenza del meta-criterio culturale: ciò che Hassan propone sono infatti criteri (indubbiamente prospettici) per decifrare la postmodernità (per come era osservabile negli anni '70, ovviamente), rilevando come il paradigma interpretativo della (sua) attualità non possa essere più solo quello moderno, perché alcune categorie non sono più applicabili o sono quantomeno indebolite e messe in discussione dalla società.
Chiaramente, in puro spirito postmoderno (riluttante ai "massimi sistemi"), Hassan non propone con la sua tabella "le tavole della legge postmoderna", infatti, come ci ricorda la pagina di wikipedia, egli stesso commenta la suddetta tabella con: «Yet the dichotomies this table represents remain insecure, equivocal. For differences shift, defer, even collapse; concepts in any one vertical column are not all equivalent; and inversions and exceptions, in both modernism and postmodernism, abound.» («Eppure le dicotomie rappresentate da questa tabella rimangono insicure, ambigue. Perché le differenze cambiano, differiscono, addirittura crollano; i concetti in una qualsiasi colonna verticale non sono tutti equivalenti; e le inversioni e le eccezioni, sia nel modernismo che nel postmodernismo, abbondano»).

@paul11
Il senso di quella tabella, che non classifica bene/male, giusto/sbagliato, etc., richiama l'istanza metodologica di usare categorie interpretative adatte ed aderenti all'attualità, anche se ciò significa abbandonare quelle più tradizionali (religiose o meno) e che, individualmente, possiamo trovare "giuste". Il restare fedeli a categorie inattuali rende, come si diceva, problematico decifrare il reale e spinge ad un giudizio negativo fondato su una comprensione viziata da, appunto, categorie anacronistiche; che non significa sbagliate o false, ma solo non più adeguatamente pertinenti per comprendere. Il giudicare, come detto, dovrebbe, secondo me, essere una fase secondaria che non può prescindere da adeguata comprensione; da qui la domanda: quale colonna ci aiuta a capire l'attualità? E rilanciando sull'opportuno suggerimento di Ipazia: come possiamo aggiornare la proposta di Hassan 50 anni dopo?
Questo potrebbe essere uno spunto per una filosofia, più ermeneutica che giudicante, rivolta al futuro partendo dalla comprensione del presente.

Ipazia

Il taglio è molto lacaniano, antipsichiatrico, decostruttivista. Ci può stare. Bisognerebbe spulciare lemma per lemma, perchè spesso si nascondono dei falsi amici. Ad esempio se Irony‎ significa ironia la contrapposizione con metafisica risulta decisamente problematica perché lo sbeffeggiamento non è superamento. Contrapporre alla semantica la retorica può avere molteplici chiavi di lettura. Concordo sulla contrapposizione laddove evidenzia l'aspetto edificante, Bildung, sintetico, "radicale", presente, della modernità contrapposto a quello decostruttivo, antitetico, "rizomatico", assente, della post modernità. Vada pure per l'ultima dicotomia, la più pesante. La modernità, da Hegel a Einstein fino a Pasolini è ancora attratta dalla trascendenza. La post modernità non più.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

In ossequio alla sezione in cui siamo e per par condicio: altri esempi di paradigmi con cui interpretare la realtà sociale potrebbero essere certamente rintracciati, seppur magari non in forma di tabella, nell'ultima enciclica papale (sebbene egli non abbia il ruolo di interpretare l'attualità, ma di guidare la comunità di credenti) o in un testo di Severino o in altre fonti filosofiche o teologiche. Lo schema di Hassan l'ho citato solo come esempio concreto (e sintetico) di come non tutte le categorie siano ugualmente "calzanti" nel confrontarsi con l'attualità; fermo restando che è sicuramente possibile approcciare la contemporaneità da altri punti di vista (poi non resta che testare l'efficacia della interpretazione scelta volgendo lo sguardo a ciò che ci circonda, sempre tenendo ben ferma la distinzione fra comprensione ermeneutico-filosofica e giudizio di valore morale). In sintesi: l'interpretazione di Hassan non è certo da assolutizzare né vuole  porsi come assoluta, tuttavia, debolezza per debolezza, non mi sembra la più debole nel mettere a fuoco la contemporaneità.

Jacopus

A proposito della tabella di Hassan. Sicuramente può essere accettata come un modo per riflettere sul grande cambiamento dal moderno al postmoderno, ma risente notevolemente dell'atmosfera degli anni '70 dello scorso secolo, al punto che la postmodernità assume dei connotati da pensiero critico (Foucault, Lacan) e dall'immaginario post-sessantottino. Nella visione di Hassan (che confesso di non conoscere) sembra anche che risuonino le categorie del pensiero di Bauman quando descrive l'attuale società liquida. Credo che attualmente il post-moderno possa essere descritto attraverso altre dicotomie, mentre alcune restano ancora valide. Ad esempio a Paranoia ormai è da opporre "Narcissism" e non più "Schizophrenia".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Non conoscevo la tabella soprapostata, ma qualsiasi tentativo di aumentare la chiarezza terminologica è più che benvenuto in "certi topic". Tuttavia mi viene un pò da sorridere, perchè il punto interessante da penetrare sarebbe quello indicato da vettori grafici e che perciò rimane verbalmente incognito, la fenomenologia lessicale lo è molto di meno, compreso le definizioni generali stesse (che sarebbero "prime in ordine di importanza", vedo) ma che in realtà di generale hanno ben poco.

I vettori indicherebbero perciò due diverse spinte, verticali o orizzontali, in qualche modo organizzate e coerenti.Mi trovo in disaccordo su questo ultimo punto, perchè il cosidetto "post-modernismo" non può essere la negazione di sé stesso (cioè essere postmodernisti significherebbe aderire alla narrativa postmodernista), lo stesso problema dei nichilisti che crederebbero di non credere in niente. Non a caso quando poi si tirano le fila su queste definizioni paradossali, viene quasi da dire: meglio quest'altro, "se non altro, ha alla base l'etos" https://www.youtube.com/watch?v=Rt-YqNr95LE
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Sarà forse una contingenza di passaggio, ma mi pare che la pandemia ci abbia riportato di brutto verso le categorie moderniste dello schema di Hassan, sciogliendo come neve al sole tutte le pretese postmoderniste, cominciando dalla paranoia covidemica (Covidemia è il precipitato psicologico, animistico, della malattia pandemica), che lascia isolato lo schizo nel nuovo ordine covidemico.

Il quale, andando in ordine, ha tutti i parametri del modernismo: Forma chiusa (segregazione), Scopo (coartato), Gerarchia, Competenza, Distanza, Totalizzazione, Sintesi (morte all'eretico), Presenza (militarizzata), Centralità, Confine, Paradigma (covidemia), Selezione (salvati e sommersi), Radicalità,  Narrazione, Codifica unica del pensiero, Sintomo (desiderio severamente multato), Omologazione, Paranoia, Causalità, Stato padre, Metafisica (del coronavirus), Determinazione (a omologare tutti), e Trascendenza (a questo punto solo un Vaccino ci può salvare).

Il narcisista può attendere. Largo al paranoico.

Ho tralasciato i passi più specialistici ma sono convinta che anche lì avrei trovato conferme.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Essendo reo di aver, per amor di esempio e ben oltre le mie intenzioni, dirottato verso il postmoderno un topic della sezione spiritualità, espio la colpa cercando almeno di fare indegnamente (per impreparazione) l'avvocato di Hassan e del postmoderno in genere:
Citazione di: InVerno il 17 Maggio 2021, 18:17:17 PM
I vettori indicherebbero perciò due diverse spinte, verticali o orizzontali, in qualche modo organizzate e coerenti.Mi trovo in disaccordo su questo ultimo punto, perchè il cosidetto "post-modernismo" non può essere la negazione di sé stesso (cioè essere postmodernisti significherebbe aderire alla narrativa postmodernista), lo stesso problema dei nichilisti che crederebbero di non credere in niente.
aderire alla narrativa postmodernista non è incoerenza per un postmoderno, almeno finché si è consapevoli che sia appunto una narrativa (mentre i moderni, per ambizione o inconsapevolezza, ritengono la propria interpretazione non solo una narrativa; la modernità è «narrativa» per i postmoderni, non nell'autocomprensione dei moderni) e, soprattutto, la narrativa postmoderna è da «petit histoire», come esplicitamente dichiarato in tabella.
Redigere una tabella (strumento razionale tipico della tassono-mania moderna) e (auto)commentarla con «Eppure le dicotomie rappresentate da questa tabella rimangono insicure, ambigue. Perché le differenze cambiano, differiscono, addirittura crollano; i concetti in una qualsiasi colonna verticale non sono tutti equivalenti; e le inversioni e le eccezioni, sia nel modernismo che nel postmodernismo, abbondano», è un gesto coerentemente postmoderno, ma anche un "test d'ingresso" al lettore per (auto)verificare di aver capito quale sia lo stile postmoderno (che se letto con criteri moderni risulta incoerente, almeno tanto quanto lo è postare una tabella e poi chiedere di non considerarla come una dicotomia chiusa e definitiva; in fondo, non potrebbe essere altrimenti).

P.s.
L'appello all'autocontraddizione non funzionerebbe nemmeno per i nichilisti, se non per quelli da film, ma ho già dirottato abbastanza.

P.p.s.
@Ipazia
Lo "stato di emergenza" è infatti una forma della modernità politica il cui conflitto con la postmodernità sociale che la precedeva comporta disagio e annesse ripercussioni (psichiche e non solo), tanto maggiori quanto meno si era diventati "liquidi" prima della sgradevole emergenza. Concordo, come già detto, che la tabella sia da aggiornare; personalmente, per la comprensione dell'attualità, la ritengo comunque un passo avanti rispetto ad altri paradigmi classici, messianici e "soltanto" moderni, ed è per questo che l'ho postata, non perché sia "il meglio sulla piazza".

Alexander

Buongiorno a tutti


Due parole in libertà sul tema


Dubitare è una categoria né moderna né postmoderna. Sembra semplicemente un manifestarsi dell'intelligenza. Chi non dubita, raramente è una persona veramente intelligente. Anche il vero credente, di qualunque cosa o segno, dubita, altrimenti non lo è. Il dubbio è necessario per bruciare il settarismo, l'integralismo, il fideismo cieco. Dubitando si soffre e soffrendo si "cresce". Dubitare permette di rendere relativa la propria prospettiva, anche se naturalmente ad ognuno è cara sommamente la propria, e non è certamente disposto a sbarazzarsene senza tentare almeno di integrarla con prospettive altre. La pandemia ci ha mostrato come , di fronte ad un avvenimento "hard", naturale o supposto tale fino a prova contraria, una società "soft" (o "liquida")sia incapace di affrontare la realtà, rifugiandosi nei soliti schemi e riscoprendo una retorica novecentesca (resistenza-patria-responsabilità-lotta-ecc.) praticamente imposta dall'alto, come avveniva. Di solito si tende a connotare un periodo storico come se il tempo scorresse lungo una retta che va da A a B, quando invece il tempo come azione-avvenimento, quindi creazione, ci mostra l'evidenza di un tumultuoso vagare avanti e indietro piuttosto che un procedere diritto e sicuro. Spesso la storia personale non collima con quella generale, sociale, creando come un mulinello nel corso degli eventi. Il procedere della storia e delle società sembra quasi lo scorrere di miliardi di mulinelli, ognuno con la "sua" vita. Per questo non amo molto le statistiche, la tabelle, i riassunti. Forse sono utili, ma raramente riescono a cogliere questo tumulto. La religione spesso dà speranza quando la scienza non può più darne, e la speranza permette di sopportare la vita.La scienza invece dona conoscenza e dilegua spesso molte ombre che incutono timore, seppur con molti limiti e a volte errori. Trovo che il mondo si impoverirebbe se ci fosse un semplice prevalere dell'una sull'altra e non una possibile sinergia. Ci sarà sempre chi preferisce  una all'altra, questo è inevitabile visti i tipi umani, ma penso sia possibile arrivare a trarre il meglio da queste"narrazioni" (visto che siamo in tema), perché ambedue concorrono a rendere la vita più sopportabile. Spesso fallendo, purtroppo.

Phil

Citazione di: Alexander il 18 Maggio 2021, 09:10:29 AM
La pandemia ci ha mostrato come , di fronte ad un avvenimento "hard", naturale o supposto tale fino a prova contraria, una società "soft" (o "liquida")sia incapace di affrontare la realtà, rifugiandosi nei soliti schemi e riscoprendo una retorica novecentesca (resistenza-patria-responsabilità-lotta-ecc.) praticamente imposta dall'alto, come avveniva.
La "liquidità" è uno dei tratti più "contronatura" (l'uomo cerca stelle fisse per orientarsi, non stelle cadenti) e quindi meno assimilabili, anche da una società che abbia alcuni connotati postmoderni (ovvero che abbia indebolito e/o rivisitato le categorie della modernità): la tendenza al paradigma forte è evidente anche pensando a come il dirompente effetto del postmoderno degli anni '70 si sia talvolta cristallizzato in una "alternatività" rigida, con le sue intransigenze, diventando ironicamente una seconda modernità ma con il meno davanti (lo spirito adolescenziale da "bastian contrario ad ogni costo"). Considerando come la liquidità non sia sinonimo esaustivo della postmodernità, la società attuale forse è generalmente liquida, ma è solitamente un liquido non newtoniano: più lo metti sotto pressione e più si solidifica, perdendo quei tratti della postmodernità che sembrava aver assimilato. Questo processo di compressione, dovuto alla pressione della pandemia (o dell'immigrazione o del terrorismo islamico o altro), dimostra come in fondo il postmodernismo si sia diffuso in generale (non per tutti e non ovunque, ovviamente) nei suoi tratti più macroscopici (coscienza sociale globale e non solo nazionale, tolleranza verso le diversità, critica delle ideologie, affabulazione per la tecnologie, gusto estetico trasversale e sperimentale, etc.), ma per quanto riguarda la capacità individuale di reinventarsi in una situazione critica, facendo della liquidità un "vantaggio darwiniano" (adattandosi riducendo i traumi), si tratta di una attitudine postmoderna ancora poco diffusa.

P.s.
Proposte ulteriori al postmodernismo sono il metamodernismo e l'ipermodernismo (che confermano, almeno etimologicamente, quanto la modernità sia sempre il punto di partenza per la contemporaneità), ma non voglio essere troppo recidivo nell'andare ulteriormente off topic.

Alexander

Buongiorno Phil


Più che stelle fisse io direi che l'uomo cerca un "centro di gravità permanente" (cit. F.Battiato) e una società che vorrebbe invece un'esistenza basata sul continuo "galleggiare" (sul liquido) non può andare incontro a questa profonda esigenza psicologica. D'altronde, forse la più grande conquista di ognuno di noi, insieme al linguaggio verbale, è stata quella di trovare il nostro equilibrio, indispensabile per poter camminare. L'equilibrio come fondamentale istanza di un vivere più possibilmente "sano" è evidente (infatti la malattia è soprattutto squilibrio). Una società che aumenta costantemente velocità va contro questa necessità fisiologica e quindi crea squilibrio. Leggevo un articolo del "Sole" in cui veniva riportato un sondaggio tra imprenditori e manager : il 56% di essi lamentava che il cambiamento digitale era "troppo veloce" e insostenibile per moltissime realtà aziendali (non si fa in tempo a finire un corso di aggiornamento che già è superato dalle nuove applicazioni).  Alla fine, non trovando questo "centro di gravità" nella società ognuno se lo costruisce da sè, in base alle proprie preferenze e inclinazioni. Non sono sicuro però che non sia sempre stato così, anche se sicuramente in maniera più lenta, ma con velocità in aumento (tipo trottola). La religione creava questo "centro"? In parte, ma attenzione a non confondere la religiosità, o spirito religioso, con l'adesione sociale ad una data istituzione religiosa. Sarebbe come affermare che tutti oggi aderiscono convintamente alla rivoluzione digitale, quando invece non c'è praticamente possibilità di scelta. Un tempo calava il Dio dall'alto, adesso ti cala Amazon. E bisogna sempre adeguarsi. Ecco, "Adeguarsi" potremmo definirlo quasi un assoluto per l'umanità. Infatti sopravvive ad ogni cambiamento e ad ogni rivoluzione.  ;D

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