Scienza e religione.

Aperto da iano, 10 Maggio 2021, 01:22:22 AM

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iano

#90
Citazione di: Ipazia il 14 Maggio 2021, 22:16:09 PM
Tocca alla politica gestire la polis. E la politica non ha bisogno di subordinarsi nè alla religione, nè alla tecnoscienza. L'illuminismo che ha portato alla fine del modello assolutista regio e della religione di stato a che tecnoscienza era subalterno ? Ovviamente aveva un suo progetto sociale che, laicamente, non poteva incarnarsi in una escatologia dogmatica ma abbozzare un tipo di società secondo i suoi valori etici trasferiti in politica (libertè, egalitè, fraternitè). Idem per il comunismo, che ha toppato quando è diventato una religione di stato coi suoi dogmi rivelatisi sempre più fuori dal tempo.

Posti dei valori etici forti, la gestione di essi non può restare dogmaticamente fissa in eterno. Il pensiero debole è nato per contrastare l'ossificazione e sclerotizzazione di valori feticizzati in forme non più in grado di assecondare l'evolversi dei bisogni e desideri umani. Il rischio è che con le forme si perdano anche i valori, ma a ciò deve presidiare la politica intesa in senso etico e filosofico, depositaria di un sapere sociale non subalterno a nulla.

Se la politica fallisce, è donchisciottesco fare la guerra ai mulini a vento della tecnoscienza.

Il fondamento morale dell'umanesimo è l'umano. La tutela della vita umana e la soddisfazione dei suoi bisogni innanzitutto. E dei suoi desideri per quanto compatibili con le possibilità materiali ed etiche. Ovvero etologiche.
Sarà' perché io non sono in grado di immergermi nei dettagli della storia, che, come disse la volpe, mi appare come uva acerba, ma devo e/o preferisco semplificare.
Tralasciamo anche il come nasca la morale. Basti dire che è cosa umana e che non mancherà di accompagnare l'uomo come ha sempre fatto. Perché dovrei infatti temere che esso la perda se non so' come ha fatto a trovarla?
L'uomo cambia in quanto comprensivo della sua tecnica che cambia, e in quanto animale socievole riorganizza la società in conseguenza.
Mi pare tu spesso parli di desiderio, e io credo che l'unico desiderio dell'uomo sia essere sempre se' stesso, e per far ciò deve continuamente riorganizzarsi socialmente in virtù dei suoi mutamenti, facendo ogni tot il tagliando alla morale.
Il vero problema di cui parliamo senza dargli nome è la velocità insolita cui avvengono i cambiamenti tanto da farci mancare la terra sotto i piedi come dice Paul.
Aristotele affermava, in base alla sua idea di moto, che un cavallo che corre debba avere sempre almeno una zampa che tocchi terrà.
Con l'invenzione della fotografia si è dimostrato ciò essere falso.
Si può procedere anche senza toccar terra.



L'uomo cambia in continuazione e di conseguenza cambia la sua morale.
Non è ne' bene ne' male che cambi.
È dunque un male che la morale cambi?
Ciò si può sostenere solo ammettendo che l'uomo non cambi, dandone una definizione che ciò dimostri, o, peggio, dandola per scontata, così come fanno le religioni.
Esse ci dicono il passato e il futuro dell'uomo, l'origine e le possibili fini, si , ma di quale uomo parlano?
Questo dovremmo saperlo tutti, e quindi non occorre dirlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Buona mattinata. Scrissi in carattere piccolo per non farmi sentire. Ho letto un po' quel che nel frattempo si è detto e ho letto pure qualche bestialità. Trovandomi dalla parte di Paul11 (origini dell'uomo importanti) ho pensato per quale motivo altre persone non la ritengono importante. L'etica è ciò che dovrebbe risolvere la questione secondo loro. Mi fa sempre sorridere tra l'altro l'ironia di Viator quando dice "Spero di non esserci capiti.................in tal modo la discussione potrà proseguire con giubilo di tutti gli amici forumisti", paradigma che mi ricorda il Gattopardo. Sono pure disposto a rinunciare all'origine (cosa che peraltro ritengo presuntuosamente di avere risolto) quando tale etica fosse chiara data pure la mancanza sul campo di uomini di buona volontà. Potrebbe essere benissimo infatti che l'etica proposta possa scuotere le persone facendole diventare persone di buona volontà. Ma quale sarebbe questa Etica? Visto che io sto dalla parte di Paul11, e immagino pure Alexander, per quel che mi riguarda l'etica giusta sarebbe quella proposta da un movimento il cui nome sarebbe "Movimento democratico destinazione anarchia" il cui ruolo sarebbe quello di porre in atto una sapiente e meticolosa decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali. Saluti

niko

#92
Citazione di: paul11 il 13 Maggio 2021, 15:05:42 PM
Alcune precisazioni.


Citaz. Niko #42
Ma non vi viene in mente, signori che assumendo che il mondo/cosmo sia ingenerato e imperituro (e in qualche non immediatamente evidente senso noi con esso!), la domanda
"da dove veniamo" possa semplicemente essere mal posta? 


Semplicemente perché un universo "ingenerato" e "imperituro" non è né religione e neppure scienza.


Chi parlò di "ingenerato e imperituro" fu un certo Parmenide della scuola di Elea riferito all'ESSERE. Quando Parmenide sostiene che l'essere non può diventare non-essere, attribuisce i sopra indicati attributi. Un universo ingenerato e imperituro come fa a diventare non- universo? Come fa a divenire, sarebbe eterno e senza tempo ,come fanno a formarsi galassie ,stelle sistemi planetari e le stelle avere internamente reazioni di fusioni atomica fino ad esaurirsi. E' l'evidenza prima ancora che la scienza a dichiarare che c'è una dinamica temporale universale. E perché noi viventi , nasciamo e moriamo se il sistema universale sarebbe ingenerato e imperituro?


Citaz. Niko
io credo piuttosto sia interno alla buona filosofia accogliere la domanda sulle origini solo ed esclusivamente nella misura in cui essa è utile alla felicità terrena. 


E cosa si intende per felicità, la mia senza la tua, la nostra escludendo qualcuno, insomma quella egoistica o quella sociale? Direi più semplicemente che una buona filosofia è colei che speiga il motivo per cui debba esserci un "buon governo" della polis, della società e indichi i motivi e argomenti perché sia necessario esservi e come vi si giunge (la Repubblica e Leggi di Platone sono un buon esempio)


citaz. Niko
Qualcuno ha parlato di "vivere nel qui e ora" come se fosse una questione esclusivamente etica, 


Beh, potresti indicare chi è quel "qualcuno", non mi offendo. Si può vivere anche senza morale, che per me è interpretabile come concetto razionale, nulla a che fare con istinti animali  o pulsioni psicoanalitiche che da oltre un secolo si fanno elucubrazioni senza cavare un ragno nel buco, ma c'è sempre un'etica. L'etica la intendo come comportamento sociale, costruito quindi da miriadi di atti sociali: es. acquistare un giornale in edicola, fare un cenno di saluto, fare la coda....ai vaccini.
Nascono da convenzioni sociali, educazione famigliare e scolastica. Questo spiega perché ogni popolo umano, pur essendo tutti i popoli umani, hanno diversi comportamenti sociali: è la cultura che indirizza un modo di essere e di fare . Un'etica senza morale diventa essenzialmente fondata dalle forme giuridiche che limitano i singoli comportamenti sociali in funzioni di concetti ritenuti fondamentali nella società, ma può benissimo non fondarsi assolutamente su una morale.
Ma accade, come avviene periodicamente e poco tempo fa, che alti funzionati dell'antimafia, o il Presidente della Repubblica giustamente indichino che se la corruzione è molto diffusa è perché manca la moralità.........noi stiamo decadendo proprio in questo e le leggi non possono entrare nelle coscienze di ogni indviduo, non è questo il compito della scienza giuridica , manca educazione e "buon esempio" a cominciare dalle famiglie...che infatti decadono. La moralità è arrossire, avere una remore , avere il pudore della coscienza che un atto anche semplicemente di scortesia,come saltare una coda o fare i "furbetti" non si deve fare  . Oggi si uccide ,si bruciano i cadaveri, si tengono in frigo........."fuori di testa" . Se non capiamo ancora che stanno saltando le più elementari remore, quei "freni inibitori" dettati dalla psicologia ,che sono evidenti sempre più i "malcostumi".....bisogna essere allenati alla cecità per non vedere che decadiamo sempre più.
La moralità non può insegnarlo la scienza moderna, che al massimo dice "è utile", "è opportuno", quindi tratta la morale come se fosse economia, come convenienza egoistica. Applica la teoria dei giochi alle teorie delle scelte e delle decisioni, ......come se fossimo algoritmi. E a me, pare chiaro dove l'umanità andrà a finire. Se non si compiono serie riflessioni che non sono solo di ambito disciplinare o interdisciplinare, come antropologia, sociologia, psicologia, che continuano a menarla da un secolo sull'utilitarismo, perché sono mainstream del sistema ,assecondano il sistema culturale in atto ,sono loro stesse ancelle del sistema culturale, finiremo male: a me pare sicuro. Cosa me ne faccio di una casa domotica ,dell'auto "connessa" a tik tok, facebook,....se ho paura dei miei simili , se tutto mi appare così precarizzato e mi fido della scienza ,ma non dei miei fratelli e sorelle? E' chiaro perché la morale è così importante? Si può essere allora felici per i comfort, ma chiusi in casa e con la paura a mezzanotte su un marciapiede quasi solitari  di sentire passi dietro di sé e pensare male? La sicurezza, la felicità , la danno i comfort ?


Ciao non ti rispondo su tutto ma mi pare ovvio che universo ingenerato e imperituro non significa immodificabile gli esempi di pensatori greci che ti posso fare sono tantissmi gli atomisti. Empedocle gli stoici. lo stesso Aristotele secondo cui certo il mondo non e' creato e non finira' mai. Lo stesso esiodo secondo cui in principio vi era il caos e non il nulla quindi implicitamente l'universo e ordinato dal caos e non creato dal nulla


il cocentto di infinito spaziale o temporale poi rientra nel pensiero greco ancora quantomeno con Aristotele per cui lo spazio e' finito ma il tempo e' infinito .con gli atomisti  per cui sono infiniti spazio e tempo con .melisso per cui l'essere di  Parmenide comincia a coincidere con l'infinito spaziale temporale e naturale. insomma il cosmo secondo i greci antichi  e' ingeneraTo e imperituro lo affermo perché ne sono abbastanza sicuro.


anche quelli come Parmenide che lo vedevano immodificabile in senso forte poi ammetteva il divenire sia pure come apparenza ma se l'essere e' eterno e immodificabile anche la falsa apparenza di divenire che proietta o emana sui sensi degli uomini e' altrettanto eterna
Quindi ne risulta sia pure come illusione per l'ennesima volta un cosmo ingenerato e imperituro.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

#93
Citazione di: daniele22 il 15 Maggio 2021, 09:35:05 AM
Buona mattinata. Scrissi in carattere piccolo per non farmi sentire. Ho letto un po' quel che nel frattempo si è detto e ho letto pure qualche bestialità. Trovandomi dalla parte di Paul11 (origini dell'uomo importanti) ho pensato per quale motivo altre persone non la ritengono importante. L'etica è ciò che dovrebbe risolvere la questione secondo loro. Mi fa sempre sorridere tra l'altro l'ironia di Viator quando dice "Spero di non esserci capiti.................in tal modo la discussione potrà proseguire con giubilo di tutti gli amici forumisti", paradigma che mi ricorda il Gattopardo. Sono pure disposto a rinunciare all'origine (cosa che peraltro ritengo presuntuosamente di avere risolto) quando tale etica fosse chiara data pure la mancanza sul campo di uomini di buona volontà. Potrebbe essere benissimo infatti che l'etica proposta possa scuotere le persone facendole diventare persone di buona volontà. Ma quale sarebbe questa Etica? Visto che io sto dalla parte di Paul11, e immagino pure Alexander, per quel che mi riguarda l'etica giusta sarebbe quella proposta da un movimento il cui nome sarebbe "Movimento democratico destinazione anarchia" il cui ruolo sarebbe quello di porre in atto una sapiente e meticolosa decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali. Saluti
L'etica è quella cosa che nel bene e nel male ha sempre risolto i problemi antropologici seguendo lo spirito del tempo. Con alti e bassi come la storia ci insegna.

Qui nessuno rinuncia all'origine che è quella della scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio. Da allora ci siamo evoluti (sempre nel bene e nel male) e abbiamo istituito e costituito i nostri concetti di bene e male (ethos: "Ma quale sarebbe questa Etica ?") e di giustizia che ne sono la ricaduta, implementazione, sociale istituzionale (nomos). Nulla è nato sotto un fungo o nell'iperuranio. Le tavole mosaiche, prescindendo dai numi, formulano principi etici validi anche oggi, cominciando dal non uccidere che è fondativo etico e giuridico principale di tutte le giurisdizioni attuali. E non a caso.

Tutte le rivoluzioni hanno operato una "decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali", politici, religiosi, consuetudinari. Non c'è nulla da inventare ex novo, ma umilmente prendere il testimone da chi ci ha preceduto e svolgere onorevolmente il nostro compito generazionale. Con la radicalità dovuta alle circostanze storiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 16:00:50 PM

Nei miei post ho argomentato sui sintomi sociali e umani della differenza fra religione e tecnoscienza. La religione insegna con la morale il limite di "rispetto" verso Dio e i propri simili, la tecnica per sua natura è illimitata e inarrestabile, perché dà potere militare, politico, economico, non ha una morale,  è l'uomo che decide come usarla, applicarla
Questo non significa, che l'uomo antico fosse migliore di quello moderno, perché si uccideva, rubava, si facevano guerre , ieri come oggi. Ma la morale fa capire chi sta facendo bene e chi compiva il male, il parametro è la giustizia che nessuna scienza può insegnare.
Può darla o una religione oppure una filosofia metafisica "forte".
Questa morale ,essendo inscritta nelle religioni, era socialemtne condivisa: questo è importante capire. Oggi una persona ha sempre meno  una morale condivisa comune, ognuno si fa una propria morale, in base alla propria indole, educazione, quindi la morale è "personale" sempre meno condivisa e sempre più individualistica, quell'individualismo tipico della modernità che esalta l'egocentrismo, a dimostrazione che la tecnoscienza non evolve , ma può e questo a mio parere è accaduto, involve l'uomo., lo fa decadere.
Quando rispondendo alla domanda dell'incipit della discussione ,di come religione e scienze interpetano il passato, presente e futuro , ho posto anche la "terza via" filosofica. Ho scelto due autori "anti-modernisti" che non seguono un pensiero religios e neppure tecnico, anzi ne fanno critiche. La mia tesi è che non è il super uomo o l'eterno ritono di Nietzsche ad indicarmi una via, non è l'orizzonte di senso heideggeraino a darmi senso sull'esistenza se non scioglie il nodo di cosa sia l'Essere, non basta cercare di definire l'esser-ci, ho bisogno di tracciare la linea di senso che  passi nell'oggi(il qui ed ora) ma che  necessariamente ha un'origine e dopo un fine, il prima e dopo l'esistenza .Vale dire l'esistenza di ogni umano, la vita, ha senso se il percorso ha un'origine e una fine, non è bastevole l'esistenza presa in se stessa.
Questo è a grandi lineee ,ciò che penso.
Ci siamo capiti?....spero.
Detto in amicizia, perchè non vorrei spazientirti, ma secondo me fai confusione tra fenomeni e cause. Da una parte c'è quello che potremmo chiamare "disincantamento" dall'altra quello che -purtroppo dovremo- chiamare "post-modernismo", i due sono sicuramente correlati, ma non è detto che vi sia un altro nesso. Ci sono parecchie nazioni che sono importanti culture tecnoscientifiche, in cui il fascino delle grandi narrative uniche non è mai passato di moda (Cina in primis, paesi arabi poi, etc) come concili l'ingombrante esistenza di queste realtà con la tua teoria? Un conto è sostenere che avendo l'uomo abbandonato le grandi religazioni annaspi nello cercare qualcos'altro che possa avere un valore oltre l'individuale e abbia momentaneamente trovato la scienza, un altro conto è sostenere che proprio perchè l'uomo ha trovato la scienza che ha abbandonato le tradizionali religioni. In ogni caso, la tecnica non porta necessariamente dove ha portato l'occidente, e la prova è il resto del mondo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

#95
Cerco di rispondere seguendo la cronologia degli interventi, per cui accanto al nome del forumista pongo il numero del post di riferimento di questa discussione.


@Ipazia  #85

già in epoca greco-romana-cristiana ci sono molte basi di tutto il diritto storico futuro.


Quando affermo che l'uomo non è cambiato nell'ultimo millennio, intendo il suo ESSERE  e fare . I desideri, i piaceri, la morale, le virtù, non è dalla tecnica che muta la psiche , l'anima, la sostanza umana. Il sesso, il mangiare, la convivialità, basta leggersi  i dialoghi socratici, sono gli stessi problemi in sostanza. Muta la scenografia storica, non il soggetto umano, oggi si corre in auto, allora con le bighe, c'erano palestre, terme, come ora. Basta leggersi la vita e costumi greci e romani descritti dagli storici di allora.


Il vero spartiacque fu Bacone fra medioevo e rivoluzione moderna con l'appoggio alla scienza galileana.


Non capisco l'adattamento. Se è vero che l'uomo necessariamente è adattato per sopravvivere alla natura, l'uomo dovrebbe adattarsi alla cultura da lui stesso  prodotta, come se la cultura fosse un oggetto a lui alieno? Non è la stessa cosa; se il sistema culturale aliena l'uomo, significa che è sbagliato e non che l'uomo deve adattarsi a ciò che ha creato sbagliando. Allora bisogna analizzare cosa si ritenga sbagliato di una cultura per potervi apporre soluzioni. In fondo Marx, a suo modo, non fa questo? Ma deve esserci un criterio e questo implica una scelta. Se nell'esempio di Marx il criterio è l'ingiustizia applica un arbitraggio, non esiste un analisi "neutra" , per quanto io stesso possa pensare che sia giusto il criterio dell'ingiustizia, qualcun altro può leggere la storia dell'umanità sotto un altro criterio, ad es. che sia giusto che i ricchi vivano meglio dei loro simili perché sono "i migliori". Sono solo esempio.


Entri in contraddizione con il tuo pensiero sociale se accetti che un "buon" sistema deve assecondare piaceri e desideri, perché questo attuale lo ritengo il migliore in assoluto mai apparso nella storia dell'umanità nel suo assecondare i "desiderata" umani Il consumismo e il "rincoglionimento" di massa contraddistinguono questo sistema e se è così è proprio perché è intrinseco nel suo nocciolo culturale, la tecnica deve sfornare comfort, tools, affinché siano soddisfatti piaceri e desideri . Basta vedere lo sfogo attuale da compressione della pandemia recente. La gente non è abituata alla solitudine, a riflettere, va in tilt mentalmente, necessita del cazzeggio dei social. Questa è la società dello spettacolo, dell'eterno grande fratello, del voyeurismo, del gossip portati all'estremo .


L'unico limite della tecnoscienza è il suo stesso campo di indagine e trasformazione la "risorsa" fisica/naturale, ed è la cultura moderna  che  la sollecita e la sospinge in avanti.
E' illimitata perché è spinta proprio dai piaceri e desideri umani, che sia la super villa a Beverly Hills, o il supereroe automatico per bambini, che siano i parchi giochi, o sia il laboratorio segreto dove modificano geneticamente virus e batteri per armi biologiche. La richiesta viene dal sistema militare, economico, civile, politico , dai loro desideri di potere e divertimento. Se desideri e piaceri anche poteri ovviamente ci sono sempre stati, oggi c'è proprio l'esaltazione al di là del limite, illimitati sono i desideri e illimitata deve essere la tecnica.


Mi pare lampante che una virtù , una morale deve avere dei custodi, è come la  Corte Costituzionale che incarna il ruolo di custode dei principi costituzionali italiani .
Nelle forme amministrative pubbliche ci sono organismi attivi, di controllo e di consultazione.


Citaz. Ipazia
Il punto di di convergenza non può essere nel "prima e dopo l'esistenza" di cui nessuno ha la chiave, e chi dice di averla mente sapendo di mentire .


Questa affermazione ha  dei sottointesi culturali che sono il nocciolo del pensiero ridotto ad opinione e del relativismo culturale, meriterebbe una discussione a sé , cercherò di rispondere più tardi.
Per ora ti dico che la tua è un'affermazione altrettanto assolutistica quanto lo è la verità rivelata delle religioni ed è questa la grande contraddizione e aporia della modernità e post modernità.

paul11

@ Ipazia # 88


Non nego le buone intenzioni dell'umanesimo, dell'illuminismo, ecc. ma  che "le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni, il senso di responsabilità è la conseguenza dell'azione".
Quando nascono pensatori come Nietzsche, catalogato come "irrazionalista" e Heidegger, catalogato come "esistenzialista" (ma lui non era d'accordo) che sono di fatto anti-modernisti per i loro scritti, è perché avvertono nel sistema socio culturale, nella stessa struttura del mainstream culturale ,già allora, che il positivismo, figlio dell'illuminismo, alimentava il vento culturale della tecnica e l'uomo diventava macchina. I migliori pensatori a cavallo del Novecento o prima con il pensiero socialista, avvertono che la cultura, che l'uomo sta decadendo .
Un bravo filosofo ha dichiarato anni fa che Nietzsche e d Heidegger fanno un "buon" naufragio. Significa che per quanto possa essere ritenuto il loro pensiero , ognuno con le sue specificità,  non risolutivo per le problematiche, hanno enormi spunti da cui praticamente tutti i filosofi a seguire hanno dovuto fare i conti. Ecco direi che non sono fallimentari i loro pensieri (in fondo quale pensiero non è mai fallito....) perché offrono analisi sull'uomo, sull'esistenza ,sui significati culturali. E' passato un secolo e più circa, non ne sono sorti di altri di questa statura: perché?
C'è un vuoto enorme culturale, un appiattimento al "trattato  filosofico sull'orgasmo  dell'orangotango"  (ovviamente scherzo, ma il livello è questo), nessuno discute più,  o sono rari, sui massimi sistemi. Allora Nietzsche, Heidegger avevano torto? Tutto va bene, la tecnoscienza funziona, l'uomo non è mai stato bene come oggi, è in pace con se stesso e il mondo. Perchè mi pare ovvio che sussista anche questa considerazione. Sicuramente lo è la parte del mondo Occidentale, dove non muore più nessuno di fame, dove c'è un minimo di sussitenza sociale: sanità, scuole. Verissimo, è innegabile, è evidente. Ma l'uomo è solo materia, ha superato le domande fondamentali: perché siamo al mondo, che senso e significato ha vivere, dove andiamo a finire?
Perchè se così fosse se qualunque adombramento che scuota la nostra quotidianità: la morte, un amore finito, insomma avevo già scritto, oggi è ancora più....meno capito, meno vissuto.
I funerali diventano raduni rock, le tombe nei cimiteri ostentazioni faraoniche pagane, finisce un amore si buttano acido, si incendiano amanti, si uccidono genitori per denaro....i sintomi a me appaiono evidenti che c'è un malessere crescente umano , il timore ossessivo dentro di sé di qualche cosa che la tecnoscienza non può né misurare né qualificare. C'è un malessere che qualcuno può definire psichico, altri dell'anima, che cresce.

viator

 Salve daniele22. Citandoti : "l'etica giusta sarebbe quella proposta da un movimento il cui nome sarebbe "Movimento democratico destinazione anarchia" il cui ruolo sarebbe quello di porre in atto una sapiente e meticolosa decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali"...........................mi permetto di commentare l'accostamento tra i termini "democrazia" ed "anarchia".

Non capisco cioè come una società anarchica (basata quindi sulla cooperazione spontanea e paritetica degli individui) possa risultare anche democratica.

La democrazia consiste nell'esercizio del potere da parte di una maggioranza. In pratica ed idealmente, la migliore democrazia sarebbe quella in cui una maggioranza di elettori dotata dei migliori valori etici (lasciamo perdere i dettagli filosofici dell'etica) vota ed elegge dei rappresentanti anch'essi esprimenti il meglio delle etiche in circolazione. A tal punto si creerebbe una società composta da una maggioranza di virtuosi e da una minoranza di meno virtuosi, entrambe governate da una minoranza di eletti che rappresentano però solo la maggioranza dei virtuosi. Naturalmente tale forma di governo resta nella realtà un pio sogno, oltre che estranea ai principi dell'anarchismo (semplicemente perchè, essendo composta da una maggioranza e da una minoranza, non risulterebbe egualitaristica !).


Ogni forma di democrazia diversa da quella descritta qui sopra, risulterebbe chiaramente ancor meno anarchistica ed egualitaristica. Se all'interno del meccanismo democratico (che resterà comunque quello basato su maggioranza/minoranza) noi sostituissimo il parametro "miglior etica possibile" con "miglior merito possibile", oppure "massimo consenso possibile", o "maggior intelligenza".......abilità, furbizia o qualsiasi altra dote o difettosità immaginabili...................non faremmo altro che confermare la mancanza di egualitarismo del sistema che si vorrebbe in questo modo costruire.



La questione "anarchismo" io l'ho sempre trovata incomprensibile (a livello di buonsenso, non di ragione) : poichè al mondo ci sarà sempre un (es.:10%) di persone più abili ed intelligenti delle restanti (es. : 90%)..........non comprendo in qual modo si potrà impedire che tale minoranza del 10%, facendo uso anche solamente lecito delle proprie "fortune naturali".........si eriga al potere.
Certo, è giusto che i talenti e le "fortune naturali" vengano moderati dalle Leggi (vedi il mio precedente richiamo alla liceità), ma vedo che secondo alcuni tali aspetti dovrebbero invece venir "piallati" in nome dell'eguaglianza (concetto che viene usato a raffica ed a sproposito per renderlo falsissimo sinonimo di "parità" !). 


Il problema non si risolve attraverso le utopie, ma unicamente attraverso le scelte, la fondamentale delle quali – ad esempio - io non ho mai visto affrontata seriamente qui dentro.


Ma è meglio (o più giusto) venir governati da chi è come noi oppure da chi è in qualche modo "migliore" di noi ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

 @ Iano #89


L'uomo nel suo essere non è cambiato nell'ultimo millennio ,come ho scritto a Ipazia.
La relazione culturale fra uomo e tecnica sta nel fatto che prima che la tecnica fosse ritenuta pensiero , era solo strumento. Il controllo della tecnica era determinato dalla cultura . Ma se si pone la tecnica come paradigma culturale ,allora l'uomo diventa funzionale alla tecnica, non lo domina, ne è dominato: questo è accaduto. O devo raccontare come dal luddismo ottocentesco , dove la tecnica toglieva manodopera, dalla moneta digitale.....l'invisibilità della tecnica emerge quando dirompe a livello sociale. In nome della tecnica e del denaro si muove la cultura, e l'uomo è solo "risorsa" come il petrolio, come una materia prima, un costo economico . Allora cosa c'entra l'umanesimo quando è l'uomo che subisce la tecnica? Non è l'uomo al centro del sistema, lo è la tecnica.


A mio parere non basta più nemmeno prendere coscienza, che sarebbe il primo passo, perché molti pensatori dal Novecento ad oggi hanno denunciato le problematiche sociali e culturali, ma nessuno ha capito che sta nel paradigma dell'umanesimo l'errore, quello di aver pensato che la tecnica non solo avrebbe aiutato l'uomo materialmente, nella conoscenza scientifica, ma che avrebbe emancipato l'umanità . Il cavallo su cui l'umanesimo ha montato si è imbizzarrito quasi subito , l'uomo è caduto e il cavallo è andato avanti......e l'uomo lo insegue.
Ciò che accomuna questo tempo ,padroni e servi, privilegiati e succubi, è che nessuno nemmeno i padroni riuscirebbero a domare quel cavallo che configurerà e riconfigurerà in continuazione scenari a cui l'uomo dovrà......adattarsi. Questo sistema non è affatto a misura di uomo e il fatto che siamo fortunati, in generale, perché stiamo dalla parte del mondo dove materialmente tutto sommato stiamo bene.........non giustifica il menefreghismo o il fatto di dire che questo sitema è il migliore possibile. Non bastano "aggiustamenti", manutenzioni, o si arriva alla radicalità del paradigma fallito oppure quell'"autenticità" di vissuto nietzscheano e heideggeriano è definitivamente tramontato.

Alexander

Buon sabato Daniele22



cit.:il cui ruolo sarebbe quello di porre in atto una sapiente e meticolosa decostruzione della normativa che governa tutti gli apparati istituzionali




Sono fondamentalmente in sintonia con te, quando parli di "decostruire" la struttura organizzativa e istituzionale moderna.Il "cul -de -sac" in cui sembra si stia ripiegando l'umanità per essere superato però avrebbe necessità di un'alternativa valida da opporre, che purtroppo non esiste. Lo spirito rivoluzionario delle religioni sopravvive in alcune frange estremiste islamiche, che però non propongono un modello alternativo di società ma un impossibile sogno di "return to medieval" teocratico. Persino la chiesa ha ormai abdicato all'equazione che fonda la nostra società che io riassumo così:


+ soldi = + beni materiali=+ benessere= + felicità


La dottrina sociale attuale si riassume così: + equa distribuzione delle risorse. Molto interessante, ma che i ricchi dividano equamente  (alla chiesa basterebbe un mediocre "+ equo", tanto ha capitolato ormai) le ricchezze  è come chiedere al leone di dividere equamente la zebra catturata con la povera iena che gli gira attorno. Solo nel momento in cui il leone ha la pancia che scoppia si decide a lasciare qualche ossa spolpata alla iena. E così fanno i ricchi filantropi odierni. Leggevo che la fondazione di Bill Gates ha destinato diversi miliardi ad opere di utilità sociale e sanitaria; poi però mi sono trovato a leggere del capitale di cui dispone la famiglia Gates, che si sta separando. E allora vedi che proprio di ossa spolpate si tratta, quello che è destinato ai poveracci. Il leone resta leone, è la sua natura. Non solo, la fondazione fattura più di quello che distribuisce. Significa che si fanno soldi  elemosinando soldi. Geniale! Capiamoci: tanto di cappello! Non è semplice farlo e non vorrei sembrare il classico rosicone. Il modello di società in cui viviamo è questo: da Occidente ad Oriente la gente persegue questo, sogna il benessere materiale ed è pronta a seguire il ricco di turno che si dà alla politica (perché fare politica è ormai appannaggio dei ricchi. Basta andare a vedere le possibilità economiche dei vari leaders politici) e che promette + benessere materiale per tutti (un pò più di ciccia sulle ossa, sarebbe più esatto). Non vorrei far arrabbiare molti forumisti, ma questo è inevitabilmente l'approdo sociale del materialismo. Non è colpa della scienza, è sicuramente colpa delle religioni che hanno fallito (basta andare a leggersi qualcosa sulle prime comunità cristiane e quello che poi ne hanno fatto i chierici), ed è anche colpa delle tecnoscienze che ormai sono la longa manus del sistema finanziario-capitalistico, che controlla ormai ogni aspetto del vivere sociale (compreso anche il pensiero, visto che, a parte rari casi che non incidono minimamente, non si leva straccio di rivolta. Nessuno sa cosa opporre in effetti). In libreria ho adocchiato un libro di un filosofo francese, di cui non ricordo il nome, ma forse qualcuno qui lo ha letto, che parlava dell'avvent del male e della catastrofe finale. Il curioso era che questo filosofo che non è un cristiano apocalittico, ma è invece ateo e antireligioso, di area marxista, sosteneva che la fine è inevitabile. Ovviamente prima faceva una profonda disamina della situazione da cui traeva queste infauste previsioni. Sosteneva poi che "gli ultimi tempi" forse saranno più piacevoli da vivere degli attuali perché nessuno avrà più qualcosa da perdere e allora tutti potremo finalmente essere "noi stessi" e darci dentro con il soddisfare i nostri desideri ( una specie di superuomo apocalittico). mi sono detto: se siamo a questo punto; se persino gli intellettuali non religiosi credono questo quello che ormai manca un pò a tutti è una cosa semplice: la speranza.Un'altra ne segue( e che fa felice Viator): ma noi siamo disposti a dividere equamente?

Ipazia

Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2021, 12:27:58 PM
@Ipazia  #85

già in epoca greco-romana-cristiana ci sono molte basi di tutto il diritto storico futuro.

Quando affermo che l'uomo non è cambiato nell'ultimo millennio, intendo il suo ESSERE  e fare . I desideri, i piaceri, la morale, le virtù, non è dalla tecnica che muta la psiche , l'anima, la sostanza umana. Il sesso, il mangiare, la convivialità, basta leggersi  i dialoghi socratici, sono gli stessi problemi in sostanza. Muta la scenografia storica, non il soggetto umano, oggi si corre in auto, allora con le bighe, c'erano palestre, terme, come ora. Basta leggersi la vita e costumi greci e romani descritti dagli storici di allora.

Il vero spartiacque fu Bacone fra medioevo e rivoluzione moderna con l'appoggio alla scienza galileana.
Il vero cambiamento degli ultimi 1000 anni fu la riscoperta della cultura antica e l'uscita dal monopolio culturale cristiano (scuole, istituzioni, stato). Anche l'ESSERE, inteso come spirito, è cambiato, con tutte le aspettative ed escatologie connesse. E pure il fare: altro che 1000 anni ! E' cambiato solo rispetto a 40 anni fa con la rivoluzione telematica. Ne sanno qualcosa le professioni burocratiche sopravvissute allo tsunami tagliateste.

CitazioneNon capisco l'adattamento. Se è vero che l'uomo necessariamente è adattato per sopravvivere alla natura, l'uomo dovrebbe adattarsi alla cultura da lui stesso  prodotta, come se la cultura fosse un oggetto a lui alieno? Non è la stessa cosa; se il sistema culturale aliena l'uomo, significa che è sbagliato e non che l'uomo deve adattarsi a ciò che ha creato sbagliando. Allora bisogna analizzare cosa si ritenga sbagliato di una cultura per potervi apporre soluzioni. In fondo Marx, a suo modo, non fa questo? Ma deve esserci un criterio e questo implica una scelta. Se nell'esempio di Marx il criterio è l'ingiustizia applica un arbitraggio, non esiste un analisi "neutra" , per quanto io stesso possa pensare che sia giusto il criterio dell'ingiustizia, qualcun altro può leggere la storia dell'umanità sotto un altro criterio, ad es. che sia giusto che i ricchi vivano meglio dei loro simili perché sono "i migliori". Sono solo esempio.
La cultura è sovrastrutturale rispetto alla struttura sociale la quale si regge sulla violenza istituzionalizzata. In ciò sta la forbice tra cultura/controcultura e realtà sociale. Marx questo l'ha insegnato e rimane valido anche oggi.

CitazioneEntri in contraddizione con il tuo pensiero sociale se accetti che un "buon" sistema deve assecondare piaceri e desideri, perché questo attuale lo ritengo il migliore in assoluto mai apparso nella storia dell'umanità nel suo assecondare i "desiderata" umani Il consumismo e il "rincoglionimento" di massa contraddistinguono questo sistema e se è così è proprio perché è intrinseco nel suo nocciolo culturale, la tecnica deve sfornare comfort, tools, affinché siano soddisfatti piaceri e desideri . Basta vedere lo sfogo attuale da compressione della pandemia recente. La gente non è abituata alla solitudine, a riflettere, va in tilt mentalmente, necessita del cazzeggio dei social. Questa è la società dello spettacolo, dell'eterno grande fratello, del voyeurismo, del gossip portati all'estremo .
Mentre lo spirito si può ingannare, più difficile è farlo con la pancia. E in ciò sta il mio rispetto per i pensieri di pancia. Quindi partirei dai bisogni. Non quelli indotti dall'alienazione capitalistica, ma quelli imposti da mamma natura: cibo, tana, protezione e salute, che sono il must di ogni "buon" sistema. Poi ci sono bisogni di natura sociale che hanno pure un valore originario essendo l'umano animale sociale. Infine i desideri che sono la parte più sensibile all'indottrinamento. Mica solo politico/economico, anche ideologico e religioso. In tale indottrinamento la funzione sbufalante della filosofia è l'unica zattera di salvataggio di cui disponiamo. Ma è evidente che fin dal "divide et impera" e il "panem et circenses" chi ha il potere è osso duro da sbufalare. E ci sa giocare alla grande:

CitazioneL'unico limite della tecnoscienza è il suo stesso campo di indagine e trasformazione la "risorsa" fisica/naturale, ed è la cultura moderna  che  la sollecita e la sospinge in avanti.
E' illimitata perché è spinta proprio dai piaceri e desideri umani, che sia la super villa a Beverly Hills, o il supereroe automatico per bambini, che siano i parchi giochi, o sia il laboratorio segreto dove modificano geneticamente virus e batteri per armi biologiche. La richiesta viene dal sistema militare, economico, civile, politico , dai loro desideri di potere e divertimento. Se desideri e piaceri anche poteri ovviamente ci sono sempre stati, oggi c'è proprio l'esaltazione al di là del limite, illimitati sono i desideri e illimitata deve essere la tecnica.
...usando, e non essendo usato, dalla tecnoscienza con cui usa gli schiavi moderni

CitazioneMi pare lampante che una virtù , una morale deve avere dei custodi, è come la  Corte Costituzionale che incarna il ruolo di custode dei principi costituzionali italiani .
Nelle forme amministrative pubbliche ci sono organismi attivi, di controllo e di consultazione.
I custodi sono tali se derivano da un accordo inter pares sempre negoziabile. Altrimenti sono custodi carcerari.

CitazioneCitaz. Ipazia
Il punto di di convergenza non può essere nel "prima e dopo l'esistenza" di cui nessuno ha la chiave, e chi dice di averla mente sapendo di mentire .

Questa affermazione ha  dei sottointesi culturali che sono il nocciolo del pensiero ridotto ad opinione e del relativismo culturale, meriterebbe una discussione a sé , cercherò di rispondere più tardi.
Per ora ti dico che la tua è un'affermazione altrettanto assolutistica quanto lo è la verità rivelata delle religioni ed è questa la grande contraddizione e aporia della modernità e post modernità.

Effettivamente c'è un errore in tale affermazione ed è che assai spesso chi mente non sa di mentire. Ma chi ha materia grigia sufficiente lo sa, e trova il punto di convergenza nei valori asseverabili del qui ed ora, tenendosi "il prima e il dopo", inverificabili, nel luogo riservato della sua coscienza senza imporlo, come nomos, a nessuno.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

@Iano #90


La morale nacque come nomos in Grecia antica e lo si ritrova anche nel pensiero di Platone/Socrate.
Il concetto nasce da come funziona la natura , che sia dipendente o meno dagli dei o da "dio" ha poca importanza. Ne derivò il concetto di sovranità, in quanto il sovrano incarnava e aveva l'obbligo di portare l'equilibrio della natura dentro il dominio dell'uomo, nell'individuo nel sociale . C'è un naturalismo "spirituale" ed è quello che accomuna il termine physis antico al pensiero anche di Nietzsche e non corrisponde al termine fisica della tecnoscienza.
La natura ,essendo quindi espressione divina o meno, è il riferimento del sistema socio culturale.
Quella natura ha sia l'espressione "spirituale" ,sia l'espressione di colei che dà il sostentamento all'uomo per poter sopravvivere. La natura è quindi gioia nell'abbondanza e tragedia nella penuria , ma quì vive ancora l'"uomo autentico" in quanto misura fra sé e il mondo naturale ,non c'è artificio tecnico , non c'è sovrastruttura culturale che condiziona nell'inautenticità l'uomo come pensa Nietzsche, per questo osteggia la cultura in generale. La natura non era da sfruttare era da far fruttare che è diverso, è la zona di rispetto dimenticata dall'uomo sempre più tecnico.


Quindi la morale nasce dall'osservazione della natura o nelle religioni da una rivelazione: quindi è esterna all'uomo come concetto. Essendo esterna, non si piega ai mutamenti strutturali del sistema sociale umano, entrerà in crisi quando già in quell'epoca si perderà di vista il "bene comune" sempre più a favore di un "diritto privato". La grande battaglia "morale" fu giocata nelle scienze giuridiche fin da allora ,quando il diritto cominciò ad occuparsi della famiglia della proprietà delle transazioni economiche (diritto romano), la necessità da una parte di regolare gli scambi economici e gli interessi privati . A quel punto muta anche il concetto di sovranità del nomos, divenendo sempre più il riequilibratore di esigenze da una parte dello Stato, sistema pubblico, e dall'altro privato .
A questo punto la morale sfugge, non è più un concetto che nasce esterno all'uomo ,come equilibrio della natura, ma come negozio giuridico privato, cioè iniziano a diventare  gli interessi privati , quindi il sistema economico più importanti della morale.  Ed è chiaro che se una morale diventa subalterna al sistema economico dove l'interesse personale presiede e non dipende da una morale, quella morale è destinata a sparire. Una scelta morale ha il criterio di bene di male, una scelta economica ha il criterio di utilità e convenienza personale. Faccio la carità per morale, ma sfrutto le persone per mia utilità.

paul11

 @Daniele 22 #91


rispondo anche ad Ipazia per una sua parte precedente.


La politica nel sistema delle prassi è l'ultima ruota del carro se non lo abbiamo ancora capito.
C'è una crisi di una società economica privata? Stila il numero degli addetti che devono essere licenziati e il sindacato accorre a contrattare. Chiedono magari un tavolo al Ministro del lavoro. Finisce sempre allo stesso modo. Il privato con il suo diritto di intraprendere fa quello che vuole, gli addetti invece di essere licenziati vanno in cassa integrazione. Il potere del diritto privato, che piaccia o no, è superiore al diritto pubblico ,alla faccia del primo articolo della Costituzione italiana.
L'Italsider di Taranto è la prova  vivente.  L'Alitalia è una storia a sé è quasi un'epica. Electroloux è un altro esempio....vado avanti all'infinito?


In questi anni si è proceduto ad una enorme riconversione dei siti produttivi delle auto, passando a motori ibridi e poi elettrici. Sapete quanti componenti ha un motore elettrico e quanti quello endotermico alimentato a benzina o diesel? A livello economico una cifra incredibile di addetti saranno di fatto licenziati perché un motore elettrico ha molta meno componentistica .
E voilà......si sveglia il sistema politico e inventa il recovery found.
Perchè è ovvio che se si passa ad auto elettriche ,tutto il sistema di produzione e distribuzione dell'energia elettrica deve essere riconvertito , magari utilizzando idrogeno come fonte "pulita", anche se l'idrogeno è un vettore e quindi a sua volta deve essere prodotto green.


Quello che intendo dire che mai com ora è visible che il sistema politico è indietro rispetto alla tecnoscienza .......chilometri e chilometri, dalla Terra al Sole. Il compito della politica è l'assistente sociale dei problemi che nascono nel sistema economico privato. E questo dobbiamo ringraziare gli illuministi, che decisero di dividere i poteri monarchici in tre: esecutivo o di governo, parlamentare o di legislazione, giudiziario nelle aule dei tribunali. Chissà come  e perchè non decisero di limitare il diritto privato e tanto meno quello economico .Qualcuno mi sa dire il perché?


Il diritto positivo è prassi, è volutamente rincorrere i costumi sociali mutevoli. Vi accorgete allora che tutte le istituzioni corrono dietro al sistema tecnoscientifico e capitalistico economico?
Non voglio uscire troppo dal seminato di questa discussione, ma si potrebbe comparare come agisce la dottrina positiva delle prassi nell'epoca della pandemia attuale in rapporto alle norme costituzionali , dove il governo, potere esecutivo, esautora il potere legislativo a colpi di DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri), regolando diritto alla libertà, diritto all'associazione, diritto alla circolazione, diritto alla scuola e addirittura sanzionando con pene amministrative e financo penali...un fatto straordinario è circoscritto nel tempo. Sapete quanti DPCM e quante ordinanza e persino quelli comunali oltre che regionali sono state compiute nell'ultimo anno in deroga ai principi costituzionali? Attenzione a queste abitudini di un presidenzialismo di fatto ......Infatti accade che più di qualcuno ,che non è fesso, impugni una multa e vada davanti al giudice richiamandosi alla Costituzione.
Avete sentito qualche dibattito "serio" in proposito? Io ,che avevo già forti dubbi, ho letto un lungo commento di una insegnante ordinaria di diritto costituzionale e infatti ha corroborato la mia tesi .
Mass media, columnist, filosofi (tranne Agamben e forse qualcun altro...) tutto tacque o addirittura diedero loro contro con veemenza.


Devo parlare della casta dei sacerdoti epidemiologi tecnoscientifici che arrivavano a querelare loro colleghi solo perchè avevano idee diverse?  E si pensa davvero che la tecnoscienza non sia una religione atea?

Alexander


L'ho trovato finalmente, il nome del filosofo e del libro che avevo visto in libreria:


Pierre–Henri Castel- Il male che viene. Saggio incalzante sulla fine dei tempi


Una breve recensione:


...un tentativo stimolante di affrontare l'idea di un orizzonte apocalittico secondo una prospettiva non religiosa...
Sostiene Castel: «Produrre i nostri alimenti in quantità industriale per quello che sembra essere il bene delle masse; alimentare di energia i luoghi in cui viviamo e lavoriamo; disfarci dei nostri rifiuti – in breve, vivere non solo normalmente ma, in molti casi, in stretta conformità con i nostri ideali di benessere individuale e collettivo e perfino con l'idea che ci facciamo della libertà e della giustizia, ecco cosa ci garantisce ormai lo sterminio». Il tutto «sullo sfondo di siccità e inondazioni, di carestie, di ingiustizie sociali dapprima circoscritte e poi generalizzate, di migrazioni, di epidemie, di crisi economiche». In poche parole, è il funzionamento stesso della civiltà, il modello del capitalismo che tutto riduce a merce e vuole riprodursi ovunque, a cospirare alla propria autodistruzione.


Ma l'analisi di Castel resta a livello filosofico e deliberatamente non fa cenno alle iniziative di mobilitazione come i Friday for Future: ciò che gli sta a cuore è delineare il volto del «Male che viene», di quella che Anders chiamava «un'apocalisse senza regno». Pur consapevole di muoversi su un terreno già abbondantemente arato dalle tradizioni religiose, egli non mette in campo nessuna osservazione desunta dal cristianesimo o dal buddhismo e preferisce illustrare ciò in cui consiste l'ateismo vero: «La consapevolezza che il reale non è stato "fatto" (da nessuna potenza divina) né perché lo si conosca, né perché lo si viva, né perché se ne goda». Nichilismo puro? Andiamoci piano, dato che le sue provocazioni vanno prese sul serio. Chiamiamo semmai la sua posizione catastrofismo illuminato.

Phil

Recupero e coniugo alcuni spunti:
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 16:00:50 PM
il parametro è la giustizia che nessuna scienza può insegnare.
Può darla o una religione oppure una filosofia metafisica "forte".
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 21:07:51 PM
non avendo una morale, che può nascere solo da un pensiero "forte",non ha alcun mezzo, alcun pensiero che possa in qualche modo indirizzare la tecnica ad un sistema più umano
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 22:04:54 PM
Ma tutti abbiamo giudizi morali, magari del tutto personali, ma ci sono...il problema è che dovreste chiedervi: sono fondati su che cosa?
il fil rouge implicito mi pare essere la forza del fondamento (e/o il fondamento della forza); la risposta tautologica (ad es. «il fondamento morale dell'umanesimo è l'umano», cit. Ipazia) dimostra come ogni fondamento sia forte all'interno del suo sistema ed ogni sistema abbia la sua forza nell'accettare come veri i propri fondamenti; dinamica autoreferenziale che spazia dalla politica alla matematica, dalla linguistica ai giochi di società. L'appello alla forza richiede un fondamento che sprigioni/spieghi tale forza, ma se tale forza è solo quella dell'adesione/fede nel sistema fondato, non sarà teoreticamente più forte di quella di altri sistemi (risulterà magari più forte nell'imporsi con vari metodi o nell'avere successo storico, ma ciò non costituisce forza teoretica). L'appello alla prassi potrebbe essere invece banco di prova super partes, ma il prezzo da pagare per tale verifica è che i valori morali diventano criteri funzionali/utilitaristici e la teologia cede il passo all'epistemologia, con conseguente perdita del valore (etico) atteso inizialmente. Tornando al fondamento forte: la religione rappresenta il tentativo di fondare con forza nel Cielo (rivelazione più o meno esplicita del divino) un paradigma che non possa essere falsificato dalla terra ma solo consolidato (tradizione), conformando una società coesa e funzionale (oltre che fornire risposte a domande esistenziali). Il rapporto con i paradigmi teologici geograficamente confinanti pone la questione che il cielo del fondamento è troppo affollato e propone fondamenti non sempre compatibili e trasversali; a questo punto o si innesca il conflitto fra teologie o nel tollerare diplomaticamente l'altrui fondamento si indebolisce il proprio, aprendo al dubbio (nemico della fede) la propria autofondazione. L'epistemologia, l'antropologia e altre scienze umane sbrogliano la questione razionalmente e rivelano l'escamotage dell'infalsificabile appello al cielo del fondamento divino. Tuttavia ciò non toglie che resta necessario comunque rispondere all'esigenza pragmatica di vivere in società appellandosi a paradigmi terrestri locali, almeno umanamente approntati se non divinamente rivelati, almeno dinamici e mutevoli (v. il mutare delle culture) se non più eterni.
Una volta compreso che il male teologicamente inteso non è altro che il socialmente disfunzionale (investito di trascendenza ad libitum), declinato differentemente dalle varie culture e società, la morale demistificata si rivela come percezione sociale di valori culturali in una comunità (banalizzando: uccidere non è male perché si va all'inferno o si sporca il karma, ma soltanto perché se tutti potessero uccidere la società si disgregherebbe, verrebbero penalizzati i più deboli, etc. mentre l'uomo ha da sempre bisogno di vivere in branco per sopravvivere nel mondo, oggi più che mai). Ogni morale è dunque ben forte e salda a casa sua, il problema della debolezza emerge spontaneamente con il confronto (o scontro) fra i propri fondamenti e quelli altrui quando le case sono così confinanti da diventare condomini (o quando le distanze comunicative e relazionali si accorciano al punto che si può nascere cristiani, crescere induisti e morire taoisti senza uscire dal proprio iglù, connessione internet permettendo).

Se si attende/auspica un pensiero forte, di una forza che travalichi le singole culture (e le loro commistioni) che sbrogli le questioni filosofiche "classiche", con al contempo una solidità epistemica minimamente degna della contemporaneità (per non ragionare ancora come metafisici dell'ottocento), ne scaturisce una impassse metodologica e l'annesso bisogno di "uscirne", ritrovandosi ad oscillare fra utopia, disagio e "messianismo" filosofico/teologico, in totale assenza di indizi plausibili verso un fondamento redimente (e ridimente).
Un'ulteriore domanda, accanto a quelle ereditate da millenni, allora potrebbe essere: siamo sicuri che solo una filosofia forte, meta-culturale, potrà salvarci? Salvarci da cosa e in virtù di quale forza? Se restiamo nell'alveo del pensiero classico, la risposta è scontata: una filosofia forte del suo sapere assoluto ci salverà dall'ignoranza, dal sonno della ragione e magari anche dal male. Progetto "canonico" e certamente in buona fede, ma che pare incagliarsi in una realtà che non presenta le basi epistemologiche per ancorare saldamente tale ambizione (u-topica, senza luogo, se non si compie il salto individuale nella fede). Che le speranze degli antichi siano ereditate e condivise dai moderni, non dimostra che siano speranze ben fondate, sensate o realizzabili. L'alternativa sarebbe affrontare la suddetta domanda da un paradigma più debole, più contingente/immanente o persino più estetico: in gioco non ci sarebbe allora nessuna salvezza né soteriologia, ma "solo" la tangibile interazione storicamente determinata fra culture, paradigmi e filosofie (comprese quelle antiche, quelle postmoderne, le religioni, etc.) senza una forza meta-filosofica che possa idillicamente risolvere le incongruenze e i conflitti facendo leva su un Assoluto. Se ci si rivolge al presente, lasciando che il mondo della materia (biologica e non) sia studiato dalla scienze e dalla tecnologia, la dimensione umana è comprensibile (prima di essere giudicata), nella sua pluralità multiculturale, abbandonando il titanismo del paradigma antico che prevede monismi univoci e redenzioni (se, oltre la filosofia, si accetta con umiltà di imparare anche le lezioni, verificate seppur non assiomatiche, dell'antropologia, della sociologia, etc.).
In fondo, quando formuliamo un giudizio di valore, positivo o negativo che sia, su un filosofo, su una prospettiva, su un periodo storico (attuale o meno), etc. in cosa consiste il fondamento (e quanto è forte?) di tale (pre)giudizio? L'aporia/indecidibilità del fondamento dei valori è il "punto cieco" di ogni prospettiva giudicante, e se ben inteso rende debole ogni discorso sulla "forza del fondamento" del giudizio di valore (ma questa stessa prospettiva che individua tale aporia del fondamento, non soffre della stessa aporia? Direi di no, perché non è valutativa o giudicante, ma solo analitica e "meccanicistica", non esprime giudizi di valore, non afferma che l'aporia di fondo è male/bene, etc.).

Se tuttavia preferiamo restare in un paradigma di valori teologici, dove il bene e il male non sono solo criteri di funzionamento degli ingranaggi sociali, credo concorderemo tutti nel rilevare che chiedere lezioni di etica alla tecnologia o alla scienza è come chiedere lezioni di epistemologia o gnoseologia alla religione: non è il chiedere in sé ad essere "fuori fuoco", ma lo è la scelta del settore/dominio in cui si cerca la risposta. Come scrissi tempo fa, di fronte al cadavere rischiamo di fare il processo alla pistola dimenticandoci che il grilletto non si preme da solo.
Per comprendere la contemporaneità, risulta fondamentale prendere atto (non si tratta di opinione, ma di constatazione) di come la cultura oggi non sia solo di stampo storico-religioso, ma anche scientifico e tecnico: analizzare la cultura (post)moderna che ci circonda senza comprendere, insiemisticamente ed ermeneuticamente, il ruolo della tecnologia significa infilarsi in vicolo cieco (di "cecità analitica"). Ben venga riconoscere l'innegabile imprinting religioso, ma non è l'unico fattore costituente la nostra cultura attuale: non c'è la cultura come scrigno statico e custode del bene contro la tecnica come parassita malevolo che ne insidia la virtù; sin dai tempi della selce scheggiata anche la tecnica forgia la cultura che dialetticamente interroga e direziona la tecnica (ad esempio, il contemporaneo successo dei social non è frutto di imposizione dittatoriale né di obbligo di legge: la tecnica ha dato risposte potenti alla innata fame di comunicazione e socialità già ben "irrigate" nella cultura precedente, dalla alfabetizzazione alla televisione, passando per i giornali, la posta, etc. uomini creano/usano tecnologia su altri uomini, la tecnoscienza è burattino e se ne possono agevolmente risalire i fili; si potrebbe poi discutere del tema della "giusta misura" d'impiego, ma basandoci su quali meta-criteri? Si ritorna alla suddetta aporia e conseguente debolezza da calare nel mare delle necessità pragmatiche).
Altrettanto verificabile è la multiculturalità globale (l'apertura al diverso è sempre stato innesco per lo sviluppo della tecnica, ma anche per l'ibridazione/indebolimento dell'identità culturale) e pensare che i denominatori comuni transculturali siano in quanto tali forieri di "verità", è una fallacia tanto logica quanto ontologica; ad esempio, che tutti i popoli antichi spiegassero il mondo e il post mortem ideando una divinità, non ha valore epistemico o probante, se non in quanto dimostrazione di alcuni meccanismi psicologici, sociali e cultu(r)ali (senza voler sminuire il valore esistenziale della fede individuale, né rinnegare il suddetto ruolo di collante sociale svolto dalla religione) che rendono l'uomo ciò che è.

Qualunque giudizio sulla contemporaneità (alienazione, avversione, ottimismo, etc.) è tanto più "solido" (ebbene sì, anche la debolezza ha le sue gradazioni, non significa affatto che un giudizio valga l'altro) quanto segue una comprensione adeguata e "corrente": leggere l'attualità alla luce di domande e paradigmi inattuali, non può che comportare incongruenze e disappunto; non sempre le domande, una volta poste (come quelle tramandateci dalla nostra tradizione giudaico-ellenica, lasciando da parte il differente "stile di domanda" dell'oriente), vanno ritenute inaggirabili: a volte non c'è riposta perché sono solo malposte o insensate (ed ostinarsi a voler rispondere a tutti i costi può comportare uno scollamento dall'attualità che le ha già decostruite o almeno "diversificate", pluralizzandone ed indebolendone le risposte).
Riconducendo le grandi narrazioni alla loro (debole?) pulsante dimensione culturale e dinamica, al loro valore esistenziale/letterario (più che genuinamente ontologico/gnoseologico), si può apprezzarne il valore estetico senza l'amaro della loro fallibilità logico-epistemica ("ingenuità", in senso buono); non è una questione di prima/dopo, ma principalmente di individuare i fattori che oggi rendono tale e fanno funzionare la nostra cultura; i giudizi di valore in merito, ovvero se essa funzioni bene/male, sono un passo successivo e (se sono riuscito a spiegarmi e se mi si concede l'infelice "trigger") «relativo» (ad esempio, il contrasto fra differenti prospettive politiche, differenti ideologie e valori, non può essere risolto, in campo morale, semplicemente partendo da fondamenti o assiomi o comandamenti differenti per poi concludere che chi non concorda è in errore; due autoreferenze non fanno una metaverità).

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