Scienza e religione.

Aperto da iano, 10 Maggio 2021, 01:22:22 AM

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paul11

 Citaz Ipazia
I moderni (FN e MH) se la sfangano allegramente bypassando la questione perché si sono resi conto che la questione è ontologicamente, e quindi anche filosoficamente, insolubile.


E qui siamo daccapo alla solita filosofia scientista. Io posso pensare a Dio? Se lo penso lo creo, forse questo non lo hai ancora capito. Tu credi in Marx? Credi al comunismo? Un profeta ha scritto la sua bibbia. Dimmi ontologicamente dove sta la differenza? Troverai antimarxisti così come anticomunisti. Ma cosa è che ti spinge a crederci?
Non esiste proprio una filosofia insolubile. Perchè Nietzsche crede a qualcosa ,così pure Heidegger. Che cosa ha mai motivato il loro pensiero? Nel momento in cui hanno scritto: hanno creato.
Nietzsche piace? Quale sono le "rivelazioni" che spingono a dire "mi piace"?
Nel loro "piccolo" ognuno rivela qualcosa, anche se non è propriamente una religione.
Ontologicamente i fondativi sono necessari, quanto lo è un pensiero, quanto lo è un cervello umano dove vi sono collocati "mentalmente". O pensiamo per nulla e allora riteniamo che a nulla serve, ma veniamo smentiti dalla creazione umana: la cultura. L'edificazione di una cultura presuppone un pensiero originario e non ha importanza se si origina per scienza moderna, religione o filosofia o chissà altro.


Citaz.Ipazia
Già Epicuro metteva in guardia i suoi contemporanei dal porsi domande che non hanno risposta (gli dei, se ci sono, si fanno i fatti loro) e Socrate, a forza di testare l'infondatezza delle verità di fede, si trovò a bere la cicuta.


Siamo al livello di ...mi cascano i cosiddetti.
Epicuro è un insignificante filosofo che nella storia della filosofia è poco meno di niente.
Se non ci ponessimo domande saremmo ancora a "Wilma ....dammi la clava!" ai cartoni animati degli Antenati.
Socrate ha dato senso e significato alla propria vita e tutti sanno chi è più di duemila anni dopo.
Tanti insignificanti umani nel frattempo hanno vissuto, vivendo senza sapere di vivere: come gli animali.


Citaz, Ipazia
La scienza ha fatto propria la lezione di millenni di riflessione filosofica sulle cause e i causanti primi [/i], confezionandoci una cosmogonia plausibile (bigbang) con le sue brave pezze d'appoggio scientifiche, che ha pure il vantaggio, scansando l'intenzionalità, di non dover sottoporre gli eventuali soggetti trascendenti ad un processo etico da cui difficilmente uscirebbero indenni.


...e infatti senza un soggetto "trascendente" e senza una morale, questa teoria non spiega nulla della vita e dei fondamenti costitutivi universali, ci lascia semplicemente .....indifferenti.




Citaz. Ipazia
Lo snodo di tale passaggio metafisico epocale lo dobbiamo al tornitore di lenti ebraico-olandese che, analogamente a Socrate, venne scomunicato addirittura due volte dai depositari della verità del suo tempo, cristiani e giudei. I cristiani lo scomunicarono per definizione in quanto ebreo, e gli ebrei, con vista più acuta, perchè il passaggio dal Deus sive Natura[/i] al Natura sine Deus[/i] era così breve da saltare agevolmente l'abisso sottostante. Cosa di cui pure i cristiani si accorsero ben presto di fronte alle orde di illuministi che in quel passaggio si avventarono come orsi verso un mare di miele. Passaggio divenuto sempre più agevole per chi si occupa di filosofia e scienza. Al punto che la contrapposizione tra scienza e religione appare superata sul piano filosofico e rimane soltanto come residuo ideologico di politiche di dominio che si servono tanto dell'una che dell'altra, secondo le necessità e gli interlocutori da sottomettere.


Infatti Spinoza ( e faresti meglio a scriverlo senza giocare ai sottointesi) piace ai materialisti perché di fatto è un panteista. E' di moda, ma conta  zero come Epicuro, nella formulazione religiosa. Epicuro un antesignano materialista e Spinoza, un panteista sono di moda nel tempo dell'esaltazione materialistica , ma non contano nulla culturalmente.

iano

#46
Citazione di: paul11 il 12 Maggio 2021, 00:25:41 AM






Quindi in termini, come dire, temporali ,come sono state collocate  dal post introduttivo di questa discussione: la religione è forte nel cercare di dare risposte sull' origine e fine, ma è debole nel "quì ed ora".Perchè è  nella propria e dalla propria esistenza che sorgono dubbi nella fede, perché comunque questa fede condiziona il vivere e lo scarto fra ciò che dice la fede e ciò che è il mondo vissuto, c'è sempre, quindi è debole nel "qu' ed ora",ciò che stà nel mezzo fra: origine- qui ed ora- fine; ma ritorna forte nel  fine, perché si muore solo fisicamente come corpo materico.



Per quel che ci capisco mi sembra la tua la migliore risposta fra tutte.
La religione si candida a dare risposte sull'origine e sulla fine dell'essere, in quanto non pone dubbi sull'essere.
Non lo definisce perché non occorre.
Per la scienza l'umanità è una specie animale la cui origine è nella convenzione che la definisce in base ad un criterio arbitrario, che tale può non apparire solo nella misura in cui non ne abbiamo coscienza.
Scienza e religione concordano sull'esistenza, ma non sull'essere.
Per la religione ogni essere è parte dell'esistenza. Quindi possiede l'esistenza. È in se'.
Per la scienza ogni essere è una astrazione dell'esistenza. Quindi non possiede l'esistenza. Non è in se'.
Se qualcosa non è in se', ha in se' la sua origine è la sua fine.
Nasce nel momento in cui lo si astrae, e muore nel momento in cui si smette di astrarlo.
I nostri concetti, in particolare quelli di continuo e discontinuo, sono attrezzi "astrattori".
L'esistenza in se' non è ne' continua ne discontinua .
La filosofia e la scienza dicono ora che è continua, e poi che è discontinua, quindi ancora continua in una staffetta infinita.
Un paradosso?
Se ciò si può tradurre con, usa ora il cacciavite, e poi la pinza, e poi ancora il cacciavite, non ci sarebbe alcun paradosso.
Il mondo non è fatto ne di cacciaviti ne' di pinze, anche se da sempre ci si prova a spiegarlo così.
Questo è il complesso del falegname per il quale il mondo è fatto di seghe, e finché si limita a fare il falegname non c'è cosa migliore a cui possa credere.
In questo modo noi crediamo nell'essere delle cose animate e inanimate.

Il falegname è un lavoratore è il dubbio è nemico di chi lavora.
Tutto ben finché c'è lavoro.
Ma se il lavoro inizia a mancare inevitabile il dubbio si insinua, se ha scelto il mestiere giusto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#47
Citazione di: niko il 12 Maggio 2021, 23:43:54 PM
Forse non sono stato abbastanza sintetico da farmi capire, ma io ho risposto a te a a Paul11 perché:
Ipazia, tu parli di nesso tra causalità e creazione,
Sì, è la questione dell'uovo e della gallina. Gli umani ragionano così, per induzioni e deduzioni, ma le risposte che si danno, se non sono verificate sperimentalmente, restano congetture e desideri del tipo:
Citazionepaul11 dell'ineludibilità della domanda "da dove veniamo?"
Che elude la domanda della plausibilità della risposta (desiderante). Per cui concordo pienamente con:
CitazioneMa non vi viene in mente, gente, che, assumendo che il mondo/cosmo sia ingenerato e imperituro (e in qualche non immediatamente evidente ma reale senso noi con esso!), la famosa ed epica domanda "da dove veniamo", possa semplicemente essere mal posta?
Ma non porrei la risposta in questi mischioni tra fisica e metafisica...:
CitazioneDa dove veniamo "noi", ma noi chi? Mi viene in mente il recente argomento sul logos eracliteo, se il logo è impersonale, e guadagna verità progredendo nell'intersoggettivo fino a culminare nel non-soggettivo, non c'è neanche un "noi"/"io" che possa provenire da qualche parte...
Ci sono sistemi di pensiero in cui le domande sulle origini non esistono, o meglio, soprattutto, non esistono in senso creazionista. Banalmente, ad esempio, i filosofi che si sono rotti la testa sulla differenza tra creazione ed emanazione, e hanno a vario titolo sostenuto la seconda escludendo la prima (direi Platone e tutti i neoplatonici a seguire), penso che ci credevano veramente in quello che sostenevano, non erano, diciamo così, nella modalità mentale dell'accontentarsi del discorso sul possibile per non poter attingere l'impossibile, o del parlare per metafore.
...che eternano la fallacia metafisica di voler dare risposte metafisiche ad una questione che è esclusivamente fisica: l'origine del tutto di cui abbiamo percezione e contezza.
CitazioneQuindi non è che la domanda sulle origini sia impossibile, e dunque il filosofo, messo di fronte a tale dura impossibilità, psicologicamente sublima/surroga, gnoseologicamente aggiusta il tiro, occupandosi di altro; io credo piuttosto sia interno alla buona filosofia accogliere la domanda sulle origini solo ed esclusivamente nella misura in cui essa è utile alla felicità terrena.
La domanda sulle origini potrebbe anche non essere impossibile, ma la risposta che il tutto sia utile alla felicità terrena è sicuramente sbajata, perchè si ricade nel desiderio inverificato. A meno che il filosofo non sia di spessore tale da farci digerire la pillola senza ingannarci sul male. Qualcuno, antico e moderno, c'è stato e sono i grandi maestri dell'umanità.
CitazioneQualcuno ha parlato di "vivere nel qui e ora" come se fosse una questione esclusivamente etica, e ha visto in una certa misura la scienza corrispondere bene a questa funzione da cicala propria di un certo tipo di filosofia, immanente e immanentista, mentre la religione sarebbe la formica propria di un certo altro tipo, diciamo così della trascendenza o più teologico.
In realtà anche qui il banco secondo me deve saltare, rispetto alla domanda sulle origini, e sulla vita dopo la morte, e sulle altre domande fondamentali, "viviamo nel qui e ora", dico io, nella misura in cui ci identifichiamo e ci entifichiamo come esseri viventi con la nostra coscienza e conoscenza, e dunque da questa prospettiva in cui si è solo coscienza/conoscenza, in cui si è totalmente lucidi e trasparenti come un diamante o non si è, è giocoforza assumere l'equivalenza tra ignoto e nulla; quindi viviamo eccome "nel qui e ora", ma non per qualche etos derivante da qualche phisis tramite un qualche nomos, bensì perché, proprio dal punto di vista del qui e ora, ignoto=nulla, e quindi, per contro, qui e ora=essere.
Certo è così. La confusione deriva dal voler mettere il carro davanti ai buoi, invertendo le cause con gli effetti. Dio, l'eternità, il nomos trascendente che si incarna in ethos, e persino in physis che lo riflette, esistono perchè noi desideriamo tutto ciò e inondiamo il tutto di un senso che irrompe dal nostro desiderio. Insomma, per dirla con Eraclito: il mondo di un bambino. Ma prima o poi bisogna crescere e rimettere in ordine la catena causale.
CitazionePer uscire da questa eterna condizione di cicale e cominciare a fare un po' anche le formiche, nell'equilibrio che serve per la felicità, che della filosofia dovrebbe essere il vero scopo, non ci vuole un' altro tipo di etica, perché non è un problema etico che ci ha portato a fare le cicale (progressiste, pragmatiste e scientiste e quant'altro), ma un problema di identificazione e auto-identificazione; non è dal punto di vista della conoscenza che si può sopperire all'ignoto (che ci circonda e circonda le nostre origini e destinazioni finali, come un grande nulla intorno a un piccolo essere) con altre indispensabili facoltà umane quali  l'immaginazione, la mitopoiesi, e la buona filosofia stessa, perché, dal punto di vista della conoscenza, queste soluzioni vengono riassorbite nella conoscenza umana stessa e nella trasparenza dello scibile nel momento stesso in cui vengono poste, quindi allargano i confini del noto senza mai, in nessun caso, entrare nel merito dell'apparente inconoscibilità delle origini e della fine, allargano il campo l'originato senza entrare nel merito dell'origine.
F.Nietzsche associava la religione al ragno che tesse la tela, non alla formica che vi resta intrappolata. Formiche sono semmai coloro che hanno servito la casta religiosa sulla cui etica meglio stendere un minuto di silenzio. Non me la sento neppure, sibarita quale sono, di rinunciare alla cicala che si gode il suo bravo "qui e ora" senza paturnie metafisiche. Come fanno pure i nostri affezionati animali da compagnia. Rimettendo in ordine la catena causale si parte da physis (bigbang) che a sua insaputa determina un nomos (Natura sine Deus) che evolutivamente produce un ethos, entro il cui dominio arriviamo noi, che acquisiamo coscienza di tutto ciò e interagiamo et(olog)icamente con tutto l'ambaradan. L'etica arriva alla fine di tutto il processo evolutivo e si modifica con esso. Rimessa la realtà coi piedi per terra si può guardare avanti. E pure indietro. Con un po' più di cognizione di causa (non creazionista).
Citazionee dunque, è solo spostando il campo di identificazione, ed identificandosi non con la coscienza/conoscenza, ma con la vita/esperienza in tutte le sue contraddizioni, anche sensoriali, psicosomatiche e corporee, che si può apprezzare la differenza sottile, e non a comodamente portata di mano, intercorrente tra quanto supportato dai sensi e dal senso comune, e quanto posto solo immaginativamente e speculativamente, la differenza tra verità e certezza, che contraddistinguerà la filosofia moderna da Cartesio in poi, mentre potrei dire che quella antica era segnata dalla differenza tra verità e opinione: non è dal punto di vista della conoscenza, che una fiaba su Zeus o su Babbo Natale o su Dio si differenzia da una verità attestata dai sensi (come "oggi piove") o confermata dal metodo scientifico (come "la luna è un satellite"), ma dal punto di vista dell'esperienza (nessuno ha mai visto Babbo Natale, mentre la luna si vede, la pioggia si sente e gli esperimenti scientifici dovrebbero essere standardizzati e ripetibili); e l'esperienza è vita, ed è proprio facendo esperienza del fatto che le risposte sulle origini necessariamente non sono esperienza, che le risposte sulle origini si possono provare dare in quanto tali, si possono dare trascendendo e sapendo di trascendere l'esperienza, ma non la conoscenza e segnando così intenzionalmente il confine tra le due.
Essì, come insegna Newton bisogna rifuggire le finte ipotesi, che tali rimangono finchè non vengono dimostrate. Legittimo è desiderare, ma non creare accrocchi ideologici che invertono il rapporto tra desiderio e realtà. Non basta desiderare l'eternità perchè si inveri. Al massimo ci si può fare poesia o filosofia poetante motorizzata da metafore. Diciamo pure che in tale filosofeggiare gli antichi erano infinitamente più scusabili e creativi dei moderni.
CitazioneE' come la differenza tra sognare e basta e sapere di sognare, che è già difficile a concettualizzarsi, e tanto più difficile a mettersi in pratica: le facoltà che ci portano a inventare i miti sulle origini, sul dopo morte, su quello che si vuole, si attivano sempre spontaneamente e ci caratterizzano come umani, ma la filosofia è la storia del riconoscimento e della negazione/determinazione di tali facoltà come tali, quindi non sono le domande sulle origini a sfumare o a essere abbandonate in quanto insolubili nella mente del filosofo, ma le risposte tipizzate, banalizzate, strumentalizzate e logore a tali domande, compresa, forse prima tra tutte, la presa alla lettera della domanda stessa.
Possiamo trascenderla in una di quelle metafore proibite che ogni tanto ci azzeccano a muovere il sole e l'altre stelle; non dell'universo fisico, ma di quello umano certamente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#48
Possiamo ben evitare di chiederci l'origine delle cose, se non nella misura in cui non abbiamo coscienza che si originano in noi nel rapporto con la realtà .
O se preferite esistono in noi, e nascono e muoiono quando e se ci pare, e il fatto che abbiano carattere intersoggettivo non ne muta la natura, ma rafforza la bontà del criterio che ci definisce.
L'intersoggettivita' avrebbe valore se accompagnata dalla perfetta indipendenza dei soggetti.
Cioè se non ci potessimo definire umanità.
Si tratta comunque di una definizione variabile.
Varia con inerzia perché non riguarda il singolo.
È arrivato il momento di allargare la definizione.
È arrivato il momento di cambiare mestiere.
È arrivato il momento di smettere di credere che il mondo sia fatto di seghe.
Dobbiamo inventarci un nuovo attrezzo e un nuovo mestiere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
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iano

#50
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2021, 01:48:22 AM
Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
Ma perché scusa, finora a ieri cosa abbiamo fatto?
Lungi da me il volere screditare i sensi.
Difenderli è la mia battaglia di sempre.
Una scienza buona è quella che impara da essi.
I sensi non ci illudono tanto quanto la scienza non ci dice la verità.
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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Alexander

Buongiorno a tutti


Atto di fede su dei sensi che sappiamo già limitati e che forniscono solo visioni parziali dell'"immanente"? E sulla base di visioni parziali stabilire con certezza che esiste solo quella parzialità? Una formica può credere con certezza che esista solo l'erbetta del giardino, ma solo perché non ha mai visto una montagna. I sensi ci illudono eccome, sono deputati a questo. Un semplice strumento per farci adattare al "giardino" che noi assumiamo come vero.

Alexander

...Pensiamo solo all'ipotesi che l'essere umano fosse privo del senso della vista. Non esisterebbe alcuna cosmogonia...

daniele22

Citazione di: iano il 13 Maggio 2021, 01:51:14 AM
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2021, 01:48:22 AM
Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
Ma perché scusa, finora a ieri cosa abbiamo fatto?
Lungi da me il volere screditare i sensi.
Difenderli è la mia battaglia di sempre.
Una scienza buona è quella che impara da essi.
I sensi non ci illudono tanto quanto la scienza non ci dice la verità.


Buon Giovedì. Da quando frequento questo forum percepisco molte affinità con ciò che penso. Ma a volte mi sento un pesce fuor d'acqua. A parte la battuta di Viator (era una battuta?) non ho ancora capito chi siano i moderni FN e MH. In ogni caso non è questo il problema.
I sensi c'entrano poco con le nostre definizioni della realtà. Insomma, non si è ancora capito che la realtà è soltanto una proiezione delle nostre preoccupazioni? Non si è ancora capito che la realtà è sinonimo perfetto di conoscenza? Non si è ancora capito che le cose servono alla mente solo per tenere i piedi per terra? La pietra per un essere umano non è la pietra per una mosca. Eppure potrebbe benissimo essere che nel suo mondo esista qualcosa di analogo alla nostra pietra. Ma cosa sono infine le cose? Una cosa, dico io, è tutto ciò che la mente può imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Le cose non esistono di per sé. Siamo noi a crearle. Se tutto ciò fosse noto tanto peggio, giacché significherebbe una brutta fine per tutti.

Ipazia

#54
Citazione di: daniele22 il 13 Maggio 2021, 10:19:34 AM
Citazione di: iano il 13 Maggio 2021, 01:51:14 AM
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2021, 01:48:22 AM
Abbiamo creduto a tante baggianate, possiamo pure fare un piccolo atto di fede sui nostri sensi e sull'immanenza che ci circonda.
Ma perché scusa, finora a ieri cosa abbiamo fatto?
Lungi da me il volere screditare i sensi.
Difenderli è la mia battaglia di sempre.
Una scienza buona è quella che impara da essi.
I sensi non ci illudono tanto quanto la scienza non ci dice la verità.

Buon Giovedì. Da quando frequento questo forum percepisco molte affinità con ciò che penso. Ma a volte mi sento un pesce fuor d'acqua. A parte la battuta di Viator (era una battuta?) non ho ancora capito chi siano i moderni FN e MH. In ogni caso non è questo il problema.
FN è Friedrich Nietzsche, MH è Martin Heidegger, chiamati in causa da Paul11 nella sua lunga requisitoria contro il pensiero scientifico. Chiamati in causa intorno ai concetti metafisici di infinito ed eterno su cui il pensiero religioso, sin dalla notte paleolitica dei tempi, si interroga e va a nozze. Colgo l'occasione per replicare. Questi due pensatori tirano all'estremo le possibilità della metafisica di restare nell'ambito della tradizione dei massimi sistemi filosofici, inaugurata da Platone e Aristotele. Lo fanno consapevoli del livello insopportabile della sfida in due momenti storici in cui il pensiero tecnoscientifico travolgeva tutto, nel bene e nel male. Con essi si chiude, alla grande, l'utopismo metafisico che va dalla Repubblica di Platone al transumanesimo marxista e nicciano. Il quale ultimo, con l'Ecce Homo, ci riconsegna la spugna inzuppata di acqua salata dell'esistere, non più supportato da massimi sistemi. Neppure quelli oggi tanto intronati della BigScience. La quale ...
CitazioneI sensi c'entrano poco con le nostre definizioni della realtà. Insomma, non si è ancora capito che la realtà è soltanto una proiezione delle nostre preoccupazioni? Non si è ancora capito che la realtà è sinonimo perfetto di conoscenza? Non si è ancora capito che le cose servono alla mente solo per tenere i piedi per terra? La pietra per un essere umano non è la pietra per una mosca. Eppure potrebbe benissimo essere che nel suo mondo esista qualcosa di analogo alla nostra pietra. Ma cosa sono infine le cose? Una cosa, dico io, è tutto ciò che la mente può imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Le cose non esistono di per sé. Siamo noi a crearle. Se tutto ciò fosse noto tanto peggio, giacché significherebbe una brutta fine per tutti.
... ha tutto da perdere ad assumere aure palingenetiche, andando a fare compagnia, nella discarica della storia del pensiero, ai massimi sistemi di cui sopra. Invece essa deve limitarsi, caro daniele 22, a ciò che l'evoluzione naturale ci ha fornito, ovvero i nostri sensi, potenziati e amplificati da quello più specifico e specista che dà ragione del nostro successo evolutivo, la ratio o ragione. La quale ci ha permesso di declinare un modello di realtà, plasmabile e conoscibile, sulla quale prospera ogni tipo di vita umana, compresa quella di chi lo rifiuta. Proponendo cosa ? Il ritorno ai massimi sistemi. Nostalgia. Ritorno a casa del dolore (etimo) incapace di cogliere l'infinito e l'eterno presenti in ogni attimo qui ed ora. Fuggente, certo, nel rispetto della legge eraclitea che va presa, niccianamente, per quel che è, con lo spirito affermativo dello Jasager che quel fato ha imparato ad amare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#55
Citazione di: Alexander il 13 Maggio 2021, 09:08:04 AM
...Pensiamo solo all'ipotesi che l'essere umano fosse privo del senso della vista. Non esisterebbe alcuna cosmogonia...
Certo che esisterebbe. Anche i ciechi pensano, e con gli altri sensi si fanno un'immagine della realtà perfettamente comunicabile a chi ci vede, il quale a sua volta impara ad interagire e comunicare con essi secondo l' "immagine" della realtà che si sono formati. Per una cosmogonia non basta e non è nemmeno necessaria la vista. E' necessario l'intelletto. Quello che gli antichi chiamavano nous, logos, atman,...

A ben guardare, o meglio sentire, l'infinito e l'eterno hanno più a che fare con l'udito che con la vista. Di fronte alla musica, non ce n'è per nessuno. L'aveva compreso persino una persona filosoficamente limitata come Wagner. A sua insaputa. Ma non del suo giovane ammiratore FN. Storia lunga che risale ai pitagorici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#56
Citazione di: Alexander il 13 Maggio 2021, 08:35:13 AM
Buongiorno a tutti


Atto di fede su dei sensi che sappiamo già limitati e che forniscono solo visioni parziali dell'"immanente"? E sulla base di visioni parziali stabilire con certezza che esiste solo quella parzialità? Una formica può credere con certezza che esista solo l'erbetta del giardino, ma solo perché non ha mai visto una montagna. I sensi ci illudono eccome, sono deputati a questo. Un semplice strumento per farci adattare al "giardino" che noi assumiamo come vero.
I sensi non ci illudono tanto quanto la scienza non ci dice la verità.
Però se credi che la scienza tenda al vero , con visioni sempre meno parziali, allora i sensi ci illudono.
Ma tu dici queste visioni parziali ci permettono di adattarci al giardino.
E una visione completa servirebbe invece a farci adattare a cosa?
Come fanno i sensi a smettere di illuderci, anche quando potenziati dagli strumenti della scienza, se ci illudono.
Non è che la verità te la danno al supermercato dopo che haii completato l'album dei bollini.
Ieri si vinceva l'erba, oggi la montagna ,e domani cosa?
Per giungere alla verità occorrerebbe un salto di qualità, che per alcuni è la scienza.
Ma tu credi davvero in queste salvifiche discontinuità?
Se non è uno spirito santo che cade dal cielo, allora sale laicamente dalla terra, reiterando il discontinuo atto creativo..

E se le visioni non fossero parziali, ma fossero visioni?
Puoi dire che una visione sia parziale solo se possiedi già la visione intera.
Se invece possiedi una visione ha senso chiedersi di quale completa visione sia parte?
Come si fa' a riconoscere la completezza di una visione , se a quella tendi?
Come si fa' a sapere quando l'album è completo, se non c'è lo hanno dato?
Più elegantemente la religione ci dice che non si può acquisire la verità, ma si può solo perdere, e infatti, non avendola, la pone nel passato, mentre la filosofia, non avendola parimenti, la pone nel futuro, mentre Ipazia saggiamente gli ha dato un calcio.
Tu però continui ad illuderti con le tue visioni.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

#57

Buongiorno Iano


Tantissim domande brevi...
Rispondo un po' lapidariamente, per questione di tempo, scusami.


cit.Ma tu dici queste visioni parziali ci permettono di adattarci al giardino.
È una visione completa servirebbe invece a farci adattare a cosa?


Teoricamente a farci adattare perfettamente. Ma è un'illusione ovviamente. La natura non tende alla "perfezione".


cit.:Come fanno i sensi a smettere di illuderci, anche quando potenziati dagli strumenti della scienza, se ci illudono.


Non possono infatti, non è il loro compito.


cit.Non è che la verità te la danno al supermercato dopo che haii completato l'album dei bollini.
Ieri si vinceva l'erba, oggi la montagna ,e domani cosa?


Qualcos'altro, ma sempre relativo.


cit.Per giungere alla verità occorrerebbe un salto di qualità, che per alcuni è la scienza.
Ma tu credi davvero in queste salvifiche discontinuità?


No.


cit.E se le visioni non fossero parziali, ma fossero visioni?

Lo sono ma, essendo relative a qualcosa di parziale non possono essere che parziali.


Se invece possiedi una visione ha senso chiedersi di quale completa visione sia parte?


Ha senso per me essere consapevoli che si tratta di una visione parziale. La visione completa sarebbe ipoteticamente possibile solo a un Dio, se esiste. Penso che questa prospettiva aiuiti ad allargare la visione.


cit.:Come si fa' a riconoscere la completezza di una visione , se a quella tendi?


Non si può, ma si può ampliarla sempre restando al fatto che è parziale. Più salgo sulla montagna più vedo l'insieme della valle, ma non vedo la valle oltre l'altra montagna.


cit.Come si fa' a sapere quando l'album è completo, se non c'è lo hanno dato?


Se intendi "l'album della conoscenza" (scientifica) non so se sarà mai completo. ma potrebbe rivelarsi anche poco interessante, dopo tutto, se in un futuro sarà possibile. Forse che la vita di Alexander è più piena e felice di quella di Teodosio lo spurgalatrine di Bisanzio? M'illudo di sì, ma forse Teosio, pur conoscendo (scientificamente) meno, si divertiva di più, chi lo sa!

viator

Salve iano. Citandoti : "si muore e si vive secondo l'ordine del tempo e naturalmente, finché non è dimostrata l'unità compositiva dell'uomo, resta lecito affermare che alcune parti compositive di esso alla morte si annichiliscano e altre sopravvivano".Perdonami ma - secondo me - non ci siamo proprio : anche convenendo con te (cosa che contrasta con le mie convinzioni) circa la (es.: dualità) compositiva dell'uomo (corpo+anima) i conti non tornano.Alla morte nessuna parte può annichilirsi : i componenti materiali ed energetici di un corpo non lo possono fare poichè la loro fisicità sarà soggetta alle leggi della termodinamica, le quali negano la possibilità di creazioni o scomparse nel "nulla" (il quale, come tu saprai, è solo un concetto filosofico e non certo una dimensione fisica), prevedendo solamente la disorganizzazione, la dispersione di ciò che è fisico. Perciò la continuazione, sotto altre forme, della loro esistenza fisica.
A tal punto - se un annichilimento deve a tutti i costi esserci - non potrebbe che riguardare i componenti spirituali (anima, spirito etc.). Ma ciò vorrebbe dire che non potrebbe esistere l'immortalità spirituale (il nulla, se vogliamo farlo esistere a tutti i costi, sarebbe la mancanza sia della materialità che della spiritualità, no?).E quindi, quali sarebbero i componenti di noi stessi destinati a sopravvivere ? O anche qui siamo di fronte ai misteri della fede ??. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Non è una mia citazione quella riportata nel tuo precedente post, Viator. 😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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