Riti della spiritualità umana

Aperto da Angelo Cannata, 19 Agosto 2017, 06:31:25 AM

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Angelo Cannata

Se teniamo conto di quest'aspetto del saluto come segno di non belligeranza, penso che sarebbe fruttuoso portarne più avanti il significato, altrimenti si ridurrebbe a qualcosa di negativo, anche se si tratta di negazione della belligeranza. Un passo in avanti potrebbe essere una considerazione del saluto come segno di disponibilità alla collaborazione, alla conoscenza reciproca, alla responsabilità: ti saluto per dirti che mi fa piacere conoscerti. D'altra parte, si tratta proprio di un'espressione tipica: "piacere di conoscerla" nel dare la mano. Invece di ridurre il gesto a un rito puramente formale, si può riflettere sul suo senso: mi sta facendo davvero piacere conoscere questa persona? Sto apprezzando tutte le potenziali e reali ricchezze che vi sono in essa proprio in quanto persona? Che rapporti di crescita potrei avviare con questa persona? Naturalmente non si tratta di porsi queste domande in modo troppo programmatico, meccanico, ma di apprezzare e coltivare l'atteggiamento a cui esse guidano.

anthonyi

A me sembra che l'associazione rito-spiritualità sia alquanto ristretta. La ritualità ha caratteristiche prettamente biologiche, oltretutto evoluzionisticamente spiegabili, il ripetere meccanicamente un comportamento che è già stato inquadrato come utile per l'individuo da il vantaggio di non spendere energie per decidere cosa fare.
Per questo noi chiudiamo gli sportelli, spegniamo la luce etc. automaticamente, senza accorgercene.
Con lo stesso meccanismo funzionano i riti di saluto, o di comunicazione (Tipo dire "come va" per iniziare un discorso).
La specificazione per me interessante è quella di "rito sociale", cioè di un rito che fa identificare l'individuo nel suo ruolo sociale. Anche il saluto è un rito, se io saluto neile forme consuete, indico agli altri che sono parte della loro comunità.
I riti religiosi sono riti sociali, magari in passato lo erano molto di più, ma anche oggi in realtà periferiche come quella in cui vivo io, i riti religiosi hanno significato sociale, se non partecipi questo condiziona l'opinione che gli altri hanno di te.
Certo Gesù ci ha detto che dobbiamo pregare nel segreto della stanza, ma chi lo è stato a sentire? 

Angelo Cannata

Credo che la spiritualità abbia molto da guadagnare se intesa anche come esperienza sociale. La definizione di partenza di spiritualità è "vita interiore", ma credo che ogni forma di vita interiore sia valida nella misura in cui si riconosce condizionata anche dalle relazioni con gli altri. Il pregare nel segreto della stanza ha senso se in quel segreto mi porto il ricordo, la memoria degli altri. Se mi isolo nella preghiera con la pretesa di dimenticare l'altro, gli altri, penso che in questo caso stia cominciando a costruirmi una spiritualità viziata, slegata dall'universo principale in cui siamo inseriti, che non è l'universo fatto di pianeti e galassie, ma quello fatto di persone.
Da questo punto di vista, il rito inteso come elemento di spiritualità ha tutto da guadagnare nel relazionarsi con la società e viceversa, cioè anche il rito inteso come semplice fatto sociale può arricchirsi di senso nel momento in cui venga reso oggetto di meditazione, crescita, che in questo modo può diventare crescita, maturazione di tutta la società.

Carlo Pierini

Citazione di: anthonyi il 25 Agosto 2017, 18:11:31 PM
I riti religiosi sono riti sociali, magari in passato lo erano molto di più, ma anche oggi in realtà periferiche come quella in cui vivo io, i riti religiosi hanno significato sociale, se non partecipi questo condiziona l'opinione che gli altri hanno di te.
Certo Gesù ci ha detto che dobbiamo pregare nel segreto della stanza, ma chi lo è stato a sentire?

Quindi, nel rito della messa, la consacrazione dell'ostia, l'elevazione del calice, l'incensazione delle offerte, ecc., sono solo pretesti per fare combriccola?

anthonyi

Citazione di: Carlo Pierini il 25 Agosto 2017, 19:11:21 PM
Citazione di: anthonyi il 25 Agosto 2017, 18:11:31 PM
I riti religiosi sono riti sociali, magari in passato lo erano molto di più, ma anche oggi in realtà periferiche come quella in cui vivo io, i riti religiosi hanno significato sociale, se non partecipi questo condiziona l'opinione che gli altri hanno di te.
Certo Gesù ci ha detto che dobbiamo pregare nel segreto della stanza, ma chi lo è stato a sentire?

Quindi, nel rito della messa, la consacrazione dell'ostia, l'elevazione del calice, l'incensazione delle offerte, ecc., sono solo pretesti per fare combriccola?

Probabilmente tu non hai lo stesso livello di cultura sociale che ho io. Il concetto di rito sociale è un qualcosa di assai più importante di una combriccola, è alla base di quelle strutture di costruzione del senso collettivo senza delle quali la società non esisterebbe, non esisterebbero le istituzioni, non esisterebbe la filosofia (Che ha anch'essa i suoi riti sociali). E quest'importanza non ha alcun rapporto con la verità del mondo spirituale, l'importante è crederci perché si realizzino quegli effetti sociali.

Carlo Pierini

Citazione di: anthonyi il 26 Agosto 2017, 10:47:18 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 25 Agosto 2017, 19:11:21 PM
Citazione di: anthonyi il 25 Agosto 2017, 18:11:31 PM
I riti religiosi sono riti sociali, magari in passato lo erano molto di più, ma anche oggi in realtà periferiche come quella in cui vivo io, i riti religiosi hanno significato sociale, se non partecipi questo condiziona l'opinione che gli altri hanno di te.
Certo Gesù ci ha detto che dobbiamo pregare nel segreto della stanza, ma chi lo è stato a sentire?

Quindi, nel rito della messa, la consacrazione dell'ostia, l'elevazione del calice, l'incensazione delle offerte, ecc., sono solo pretesti per fare combriccola?

Probabilmente tu non hai lo stesso livello di cultura sociale che ho io. Il concetto di rito sociale è un qualcosa di assai più importante di una combriccola, è alla base di quelle strutture di costruzione del senso collettivo senza delle quali la società non esisterebbe, non esisterebbero le istituzioni, non esisterebbe la filosofia (Che ha anch'essa i suoi riti sociali). E quest'importanza non ha alcun rapporto con la verità del mondo spirituale, l'importante è crederci perché si realizzino quegli effetti sociali.

Il fatto che un rito abbia anche una funzione di coesione sociale, non significa che questa sia la sola funzione o che sia la più centrale o la più importante. 
Per esempio, da giovani si va a scuola anche per socializzare, ma la funzione principale della scuola è quella di istruire; oppure, un processo penale si celebra per stabilire chi è innocente e chi è colpevole, non solo per un generico "socializzare"; ecc..

green demetr

Ciao Angelo, ben rivisto.

Credo di capire cosa intendi per spiritualità laica. E credendolo quindi sbaglio sicuramente.... ;)



Tralasciando la questione simbolica, che non c'entra nel tuo discorso, mi piacerebbe approfondire la questione della ritualità come socialità.


Effettivamente la vedevo più come un affare solitario, dove il rito, è una specie di mettere dei paletti, un esercizio spirituale, volto a non perdere la concentrazione sul proprio agire e pensare spirituale.


Di fatto la socialità mi pare così sul momento, definirsi proprio dalla necessita di richiamare l'attenzione su qualcosa di importante.


Siccome richiama la ritualità del giudizio, ha a che fare, come al solito, con la questione gerarchica.
(laica o religiosa che sia)



Non mi pare che la cosa vada a braccetto rispetto alla strada che avevamo intrapreso prima dell'estate!(ma quando arriva un pò di fresco????  ;D )



Urge chiarimento.  :-\
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Simbolo significa segno, i segni si adoperano per comunicare, la comunicazione è un fatto essenzialmente sociale, dunque i simboli sono un fatto sociale. In questo senso, se un rito viene inteso come simbolo, allora lo si sta intendendo come fatto sociale.
Mi sembra che poi tutto dipenda da come i simboli vengono gestiti, valorizzati, in modo che non si trasformino in gabbie. In questo senso perfini la società può diventare una gabbia per i singoli.

green demetr

x angelo

ah ok.

certamente se spostiamo la questione sul piano simbolico, qui nell'accezione di segnico, siamo d'accordo.

sostanzialmente proporresti un fare insieme che si riconosca nei segni.

torneremmo così alla proposta "laica" che si basa sul gesù giovanneo, come la cena insieme etc...

ti pongo un problema filosofico però: nella società contemporanea bombardata dai segni, è possibile ancora trovare grandi possibilità come lo fu per la religione nei tempi andati? Quando cioè il tempo era lo stesso improntato da Dio ossia dalla Chiesa?

Penso che nonostante sono d'accordo sulla possibilità di pensare a forme segniche comuni, non so se siano potenti come immagino tu vorresti. (ma dovrei sbagliarmi, non sei un sostenitore del pensiero debole?)

visto la situazione  e se sposiamo le tesi del pensiero debole, allora dovremmo guardare con massimo sospetto a qualsiasi forma di simbolo, persino quello proposte da noi stessi.....anzi sopratutto dalle nostre.

saluti!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Le connotazioni di debole e potente possono risultare ambigue a questo punto della discussione. Trovo meglio chiarire lo scopo. Un simbolo, debole o potente che sia, deve servire alla crescita sociale; ma tutti sappiamo che in ogni epoca i simboli e i loro linguaggi sono stati sfruttati per lo scopo opposto, cioè impedire alle masse di crescere, in modo da poterle dominare. Così torniamo a ciò che ho scritto in partenza: un uso più consapevole dei riti e dei simboli, che siano sociali, o religiosi, o individuali, credo che sarebbe utile a favorire la crescita di tutti.

green demetr

Ma dunque ti riferisci a riti già pre-esistenti?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

No, mi sembra che ciò che ho scritto si possa applicare a qualsiasi cosa vogliamo considerare dal punto di vista del suo essere rito o simbolo, per esempio anche queste stesse parole che sto usando in questo messaggio.

doxa

Angelo ha scritto:
CitazioneSimbolo significa segno


Per Jung  il concetto di simbolo va distinto dal concetto di segno.Significato simbolico e significato semiotico sono diversi.  Il simbolo non è significante e non è il significare, ma l'indicare, il mostrare. Significanti sono le parole che riconducono a ciò che è indicato nel simbolo.

Il simbolo collega od  unisce due realtà apparentemente differenti.  Solo un accordo, una convenzione più o meno tacitamente concordata crea il legame che una volta accettato diventa anche emotivamente significativo (per esempio la bandiera o l'inno di una nazione, non sono la Nazione e tuttavia riescono ad emozionarci).


Il segno, invece,  (un disegno, una scritta o altro)  indica direttamente ciò che vuole significare.

Carlo Pierini

#28
Citazione di: altamarea il 26 Agosto 2017, 20:54:01 PM
Angelo ha scritto:
CitazioneSimbolo significa segno


Per Jung  il concetto di simbolo va distinto dal concetto di segno.Significato simbolico e significato semiotico sono diversi.  Il simbolo non è significante e non è il significare, ma l'indicare, il mostrare. Significanti sono le parole che riconducono a ciò che è indicato nel simbolo.

Il simbolo collega od  unisce due realtà apparentemente differenti.  Solo un accordo, una convenzione più o meno tacitamente concordata crea il legame che una volta accettato diventa anche emotivamente significativo (per esempio la bandiera o l'inno di una nazione, non sono la Nazione e tuttavia riescono ad emozionarci).
Il segno, invece,  (un disegno, una scritta o altro)  indica direttamente ciò che vuole significare.
Esattamente.
Anche il simbolo è un segno. Ma mentre il segno è un grafema (o un fonema) essenzialmente convenzionale che noi associamo univocamente ad un oggetto noto (o a una classe di oggetti strettamente simili) per distinguerlo dagli altri oggetti (per esempio, un nome di cosa o di persona), il simbolo archetipico:
1 - contiene in sé (come un palinsesto) diversi strati di significato reciprocamente indipendenti (se pur complementari);
2 - mette in relazione significati conosciuti con significati completamente sconosciuti o poco conosciuti.

"Anche ai nostri giorni ci è dato di osservare la formazione spontanea di veri e propri simboli religiosi nell'individuo; essi spuntano dall'inconscio come fiori di specie ignota, e la coscienza rimane smarrita e non sa bene che cosa fare con tale nascita. Non è troppo difficile stabilire che quei simboli individuali provengono, per il loro contenuto come per la forma, da quello stesso "Spirito" inconscio (o quel che esso sia) da cui provengono le grandi religioni degli uomini. L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità".   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.157]

"Per il suo carattere sacrale, il simbolo sfugge ai limiti del mondo profano. Esso indica sempre una sorta di raccordo sulla via che collega il visibile all'invisibile. In tal modo il simbolo è irruzione nel nostro mondo di qualcosa che non appartiene al nostro mondo. Rudolph Otto accenna a qualcosa di totalmente altro, das ganz Andere.  [...] Tuttavia, sul piano sacrale, il simbolo rimane polivalente. Rivela significati diversi e perfino contrari. Al cuore stesso delle zone del reale che esso esprime, ogni simbolo rimane il segno di una realtà trascendente che concerne il sacro, il divino".   [M.- M. DAVY: Il Simbolismo medievale - pg.109]

"Se c'è un punto su cui concordano unanimemente le società primitive e le civiltà di tipo tradizionale più diverse, è proprio l'origine 'non umana' dei simboli e, in particolare, della simbolica dei Misteri magico-religiosi, dei miti e dei riti collegati alle iniziazioni. Ai livelli arcaici di cultura, però, il mondo umano e i segni che l'esprimono non costituiscono un sistema chiuso al 'non umano', sia esso 'infraumano' o 'sovraumano'. ll mondo degli 'Esseri divini', per 'trascendente' che sia sul piano del 'completamente diverso' implicante l'esperienza del Sacro, resta comunque accessibile grazie a riti e a simboli i quali non figurano né 'allegoricamente' né 'concettualmente' questo mondo 'non umano', ma lo riattualizzano dinamicamente".  [R. ALLEAU: La scienza dei simboli - pp.49-50]

doxa

#29
Scusami Carlo, ho bisogno di un ulteriore chiarimento.

Nel mio precedente post ho quotato la frase di Angelo che dice: "Simbolo significa segno" ed io ho risposto dicendo che simbolo e segno sono due entità diverse.

Tu hai replicato per dire: "Esattamente. Anche il simbolo è un segno." ed hai spiegato la tua opinione. Però non capisco se concordi con Carlo o con me.

A prescindere dagli archetipi di Jung, se dal punto di vista linguistico segni e simboli hanno la funzione di attribuire un senso a quanto si vede e sono distinti per funzioni, allora perché considerarli sovrapponibili?  Il linguista Ferdinand de Saussure definisce bene le caratteristiche del segno e non mi sembrano uguali a quelle del simbolo.

Il segno: è un'entità bifacciale, composta da significato e da significante. Come entità bifacciale ha la correlazione tra significato e significante.
Il significato è il concetto espresso, il significante è il supporto materiale che lo esprime, per esempio il cartello stradale. 


Il simbolo, invece,  può essere considerato come un ponte verso una realtà che non può essere spiegata solo con le parole. Per esempio la teologia usa molti simboli per colmare il divario tra immanente e trascendente. Anche nel linguaggio figurativo dell'arte la simbologia è molto usata.

Un simbolo può avere evocazioni molteplici, un segno ha un solo significante ed un solo significato.

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