Riflessioni sulla pena di morte.

Aperto da SaraM, 14 Agosto 2018, 20:10:40 PM

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SaraM

Quando si sentono notizie di delitti efferati viene spontaneo di desiderare sofferenze o anche la morte di chi li ha commessi.In effetti,nonostante il cambiamento nei secoli delle leggi giudiziarie,la legge del taglione è ancora insita nell'uomo e il desiderio di vendetta è ancora forte.La vendetta consistente nella pena massima per il colpevole diventa un lenitivo per chi ha subito il male o per i parenti delle vittime che comunque non avranno più i propri cari.Spesso gli uomini vogliono penalizzare anche Dio quando lo ritengono responsabile di qualche catastrofe e bestemmiano o diventano atei (perchè altro non possono fare).Indubbiamente la pena per chi commette il male è giusta.La reclusione è una sicurezza per gli altri e deve essere anche PIU' DURATURA di quanto non lo sia troppe volte.L'impossibilità di delinquere ma,soprattutto l'esclusione dalla società,è una pena che il colpevole deve scontare(anche tutta la vita se è recidivo)Per quanto riguarda la pena di morte il discorso è diverso.A parte che il diritto alla vita o alla morte di un individuo spetta solo a Dio,creatore della vita;a parte che la giustizia umana può sbagliare;a parte che la pena di morte non è un esempio per eliminare la delinquenza(basti pensare alla delinquenza sempre in crescita anche negli Stati dove c'è la pena di morte),il motivo principale di non far morire il delinquente è il fatto che gli si preclude ogni via di riscatto,si elimina l'operaio dell'ultima ora che,come sappiamo dal Vangelo,riceve la stessa paga del primo,si uccide il figlio prodigo senza dargli la possibilità di ritornare al Padre.Non si tratta di un falso bonismo come qualcuno può pensare.Anche Gesù ha consigliato di trattare chi non si ravvede dopo vari tentativi come un peccatore (cioè di non avere contatti con lui).Può darsi che molti dei colpevoli non si ravvedano come può darsi che alcuni diventino meglio di altri:questo lo sa solo Dio.Se San Francesco fosse stato ucciso quando era un ragazzo scapestrato non avremmo avuto un San Francesco,se Paolo di Tarso fosse stato eliminato quando assisteva all'uccisione di Stefano non avremmo avuto un San Paolo e di altri esempi ce ne sono a decine!!

doxa

 
Sara se ti è possibile cerca di leggere meno testi di religione e di ragionare di più con la tua testa.
Sara ha scritto:
Citazioneil diritto alla vita o alla morte di un individuo spetta solo a Dio,creatore della vita


E per chi non crede nel tuo inesistente ed  immaginario Dio creatore della vita a chi spetta il diritto di vita o di morte ?

Non dimenticare che nell'antichità esisteva la cosiddetta "legge del taglione". In Wikipedia si legge che era "un principio di diritto consistente nella possibilità riconosciuta a una persona che avesse ricevuto intenzionalmente un danno  causato da un'altra persona, di infliggere a quest'ultima un danno, anche uguale all'offesa ricevuta.

In opere letterarie, sebbene influenzate da testi "sacri", si preferisce parlare di legge del contrappasso, in particolare del caso di "contrappasso per analogia".

Il principio è comunemente espresso dalla locuzione "occhio per occhio, dente per dente", che appare anche nel biblico libro del Levitico: "Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all'altro". 

Jacopus

Per Altamarea: da un lato ritieni Dio inesistente e immaginario. Dall'altro invece richiami quella stessa tradizione religiosa per corroborare la tesi della pena di morte. Non capisco.
Ti posso dire comunque come la penso personalmente e molto laicamente. La pena di morte è uno spettacolo dedicato agli istinti morbosi del pubblico, eventualmente utilizzabile per sfamare i sentimenti di ingiustizia del "popolo" che può rifarsi su uno ancora più disgraziato di loro, invece che prendersela con i suoi veri affamatori. Inoltre è ormai accertato che la pena di morte non ha alcun potere sul tasso di criminalità di un paese e che anzi sono proprio i paesi con un diritto penale mite ad avere i livelli di criminalità più bassi. Breivik, assassino di 77 ragazzi norvegesi, e' stato condannato a 21 anni di reclusione (eventualmente rinnovabili di 5 anni in 5 anni). La Norvegia affitta le sue carceri alle più "monella" Svezia.
Inoltre eticamente l'ordinamento pubblico, uccidendo, si pone allo stesso livello del criminale. Non fa altro che "fare vendetta". La giustizia non dovrebbe mai essere vendicativa. Anche perchè le cause della criminalità sono molto complesse. Ridurle alla legge del contrappasso è degno di un paese islamico fondamentalista, rispetto al quale molti dei nostri concittadini sono assimilabili, in quanto a concezioni e pensieri.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

doxa

Jacopus ha scritto:
CitazionePer Altamarea: da un lato ritieni Dio inesistente e immaginario. Dall'altro invece richiami quella stessa tradizione religiosa per corroborare la tesi della pena di morte. Non capisco.


Jacopus, il richiamo alla "tradizione" religiosa l'ho scritto non per rinforzare la mia opinione ma per far riflettere Sara, per farle constatare  che nell'Antico Testamento ci sono inviti alla vendetta.

Pensa a chi uccidono un figlio o la persona amata. Dovrebbe perdonare ?

Io caratterialmente non faccio parte di chi perdona.

Jacopus ha scritto:
Citazione. La pena di morte è uno spettacolo dedicato agli istinti morbosi del pubblico


Non siamo più al tempo della Rivoluzione francese con la ghigliottina sulla pubblica piazza. Adesso tutto viene fatto con "discrezione".

Jacopus ha scritto
Citazioneper sfamare i sentimenti di ingiustizia del "popolo" che può rifarsi su uno ancora più disgraziato di loro, invece che prendersela con i suoi veri affamatori.


Non comprendo il nesso tra la tua frase e la vendetta  privata o la giustizia distributiva da parte dello Stato.

Jacopus

CitazionePensa a chi uccidono un figlio o la persona amata. Dovrebbe perdonare ? 
Personalmente se mi uccidessero un figlio non perdonerei, ma si da il caso che io non sono lo Stato. Potrei anche farmi una bella vendetta privata, non so esattamente come reagirei, ma ci sarebbero delle conseguenze. Quello che volevo dire è proprio questo. Come singoli cittadini siamo una realtà diversa rispetto a quella rappresentata idealmente dallo Stato, che non può avere mai una intenzionalità vendicativa da "occhio per occhio":
1) perchè è ormai certo che non ha alcuna efficacia social-preventiva;
2) perché non ha un valore educativo, ma educa invece alla violenza, sia pure ammantata grazie alla legalità di stato (C'è una famosa frase di Sant'Agostino in merito).
3) perchè si abbasserebbe allo stesso livello del criminale.

CitazioneNon siamo più al tempo della Rivoluzione francese con la ghigliottina sulla pubblica piazza. Adesso tutto viene fatto con "discrezione".
Uno dei punti, discrezione o meno, per cui la Turchia non può entrare nella Unione Europea è la presenza nel suo ordinamento della pena di morte. Sarebbe davvero un bel passo in avanti verso una società migliore equipararci alla islamica Turchia. E comunque la morbosità ci sarebbe lo stesso anche se fosse fatto in modo candido e indolore dentro qualche reparto di psichiatria, o non conosci il potere dei media?

CitazioneNon comprendo il nesso tra la tua frase e la vendetta  privata o la giustizia distributiva da parte dello Stato.
Si chiama comunemente "specchietto per le allodole" ed è usato in mille modi dalla demagogia, per distrarre dai veri problemi e per far accartocciare dentro le proprie ossessioni e povertà, coloro che vengono sfruttati in vario modo dal sistema capitalistico. Un altro esempio è stato dato in passato dalle famosi "armi di distrazione di massa".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Kobayashi

In realtà la pena di morte ha molto a che fare con la religione. Deriva senz'altro dal sacrificio e dalle dinamiche del capro espiatorio. Ancora oggi negli Usa per esempio il condannato a morte, nei giorni che precedono l'esecuzione, viene separato dagli altri prigionieri e segue un regime di vita del tutto particolare.
Nel sacrificio l'animale che doveva subire l'uccisione veniva separato dal mondo, assumeva uno statuto straordinario, proprio perché nella sua morte doveva poter unire le due dimensioni dell'essere, quello di Dio e quello degli uomini.
È chiaro che la funzione della condanna a morte non è ottenere giustizia (per quanto poi sia difficile capire che cosa sia...), ma riappacificare la comunità.
Girard ha mostrato in modo persuasivo come il desiderio mimetico, ovvero il fatto che si impara a desiderare imitando gli altri e quindi desiderando gli stessi oggetti che le persone a noi più prossime desiderano, sia alla base dell'antagonismo che si sviluppa nella comunità (perché se io desidero ciò che il mio amico desidera alla fine saremo in lotta per ottenere la stessa cosa).
Questo antagonismo poi si sviluppa come se avesse una vita propria, ci si dimentica del perché, cioè dell'oggetto che ha fatto nascere la discordia, e ci si abbandona all'odio e alla formazione di alleanze e il contrasto rischia di tramutarsi in guerra civile mettendo in serio pericolo l'esistenza stessa della comunità.
Facendo confluire tutto questo odio su un unico soggetto, il capro espiatorio, nella sua uccisione la comunità può trovare di nuovo la pace.
Naturalmente c'è differenza tra il capro espiatorio che è una vittima innocente e la condanna a morte di un Breivik. Ma il meccanismo antropologico del bisogno di vedere nella morte del capro o del colpevole la possibilità di un nuovo inizio, come se la sua distruzione fisica fosse un atto di purificazione del mondo, è presente, fa parte dell'essere umano.
Tant'è che il sentimento più trattato dal cinema (la forma d'arte emotivamente più efficace) è la vendetta. La quale ha quell'intensità che rimanda al sacro, a differenza della liturgia che deve passare attraverso una faticosa interpretazione simbolica.

Per questo motivo viviamo dentro di noi, su questo tema, dei dissidi.
Io, pur essendo contrario alla pena di morte, sinceramente sarei felice di assistere all'esecuzione pubblica di Breivik. Se fosse per me lo ucciderei bruciandolo vivo (la purificazione attraverso il fuoco è un'immagine talmente potente...).
La sua vita, il fatto di saperlo in una di quelle carceri in cui il regime di vita è di gran lunga migliore di quello che sono costretti a sopportare la maggior parte degli esseri umani (buone condizioni igienico-sanitarie, alimentazione adeguata, addirittura la possibilità di leggere e scrivere, di fare ginnastica...) è qualcosa che inquieta, che non dà pace.
L'odio da lui mobilitato non è stato sublimito in alcunché. Rimane una ferita aperta, diciamo così.
E le ferite se non vengono rimarginate si infettano...

Jacopus

#6
Buongiorno Kobayashi. Ho ripreso in mano "la violenza e il sacro", mia lettura giovanile perche' quello che hai scritto non mi convinceva. In effetti la posizione di Girard non e' favorevole alla pena di morte e all'uso del condannato come capro espiatorio. Al contrario, proprio per interrompere il ciclo mimetico della violenza il capro espiatorio deve essere al massimo grado innocente come Cristo, perche' solo cosi' possiamo evitare di proiettare il male e la malvagita' sugli altri.
Scrive Girard:
"Arriva sempre il momento in cui non ci si puo' opporre alla violenza se non mediante altra violenza e allora importa poco il successo o il fallimento: e' sempre lei quella che vince."
Il tentativo del cristianesimo, affinche' sia abolito questo "fuoco divoratore della violenza", lo pone per questo solo motivo fra le grandi correnti del pensiero. L'interruzione del processo mimetico della violenza avviene attraverso il sacrificio dell'innocente e la sua rituale ripetizione settimanale (l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo).
I condannati, i veri colpevoli, per quanto assurdo possa sembrare, non possono essere usati per questa dinamica: sarebbe l'ennessimo tassello di un cerchio ripetitivo di violenza. Anzi i veri colpevoli bisogna andarli a trovare in carcere, come prescrive il discorso della montagna.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Kobayashi

Ciao Jacopus.
Sì, conosco il pensiero di Girard, non era certo mia intenzione giustificare la pena di morte usando la sua opera, ma volevo riprendere le sue idee fondamentali di desiderio mimetico e di capro espiatorio per far notare essenzialmente due cose:
primo, l'origine della violenza si trova nei pressi del sacro e quindi della religione (certo anche se la straordinarietà del cristianesimo sta, come fai notare tu, nello svelare la verità celata dal rito del capro espiatorio, permettendo l'evolversi di una nuova storia);
secondo, c'è sempre una differenza tra la consapevolezza dei meccanismi della violenza e ciò che poi ci possiede realmente.

Io scelgo di bruciare Breivik, tu di compiere una vendetta privata in risposta ad una violenza nei confronti di un familiare.
Eppure entrambi conosciamo queste dinamiche. E allora perché non riusciamo a desistere?
Perché l'uomo è mobilitato da queste forze e non piuttosto da teorie razionali, limpide?
Non è il grande problema che tutta la politica del Novecento ha posto e che deve essere ancora compreso a fondo?
Negli ultimissimi anni, ancora una volta, di fronte a certi conflitti piuttosto primitivi si è rispolverata la spiegazione secondo cui sarebbe una questione di ignoranza, di mancanza di riflessione, determinata questa volta dalla cultura digitale che essendo basata sull'immagine comporta un deficit di logos.
Ma non è così.

stelle dell'auriga

Parlare ancora oggi di pena di morte o carcere duro, mi pare proprio un modo di pensare molto arcaico, lo so che è davvero difficile e complicato rieducare un delinquente, ma una società che si proclama civile dovrebbe perseguire proprio tale scopo, ci dovrebbero essere delle figure competenti atte a questa finalità.

Sopratutto non si dovrebbe arrivare a questo, l' educazione al rispetto dell' altro dovrebbe avvenire in primis in famiglia, sì per me la famiglia ha una grande responsabilità nel formare individui coscienti di sè, laddove sia possibile, perchè poi esistono anche le patologie mentali, lì le cose si complicano.

Socrate78

@SaraM: Perché continui a ragionare in termini religiosi? Che cosa sai veramente di quello che Dio, se esiste, vorrebbe dalla persona? Dio potrebbe essere totalmente indifferente al suo comportamento o addirittura volere che si comporti "male" per scopi che non conosciamo, ma forse ha già programmato ogni cosa ed assegnato a ciascuno un ruolo da cui egli non può scappare. San Francesco per me (è una mia idea...) non era affatto un santo, ma solo un esaltato che in fondo si è fatto del male privandosi di tutto e con il suo carisma ha coinvolto altri nella sua follia. Il fatto che  fosse felice delle sue scelte non significa che fosse davvero consapevole della Verità di Dio oppure che abbia agito per il suo bene obiettivo.

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