Riflessioni sul suicidio.

Aperto da Socrate78, 18 Maggio 2021, 20:49:43 PM

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Jacopus

Condannare moralmente o religiosamente un suicida o ritenere un disperato che non si suicida un vile, sono due facce della stessa medaglia, quella che potremmo definire la "medaglia del non riconoscimento". I motivi per cui un essere umano decide di suicidarsi sono molteplici e condannarlo per il suo atto è come versare sale su una ferita, come un conferma della giustezza del suicidio, di fronte ad una così orribile incapacità di comprendere.
Le religioni condannano questo atto di solito per motivi legati al loro "ordine" e al loro "potere", poichè darsi la morte avrebbe un significato di hybris verso Dio, unico artefice della vita e della morte. Morire per propria mano inoltre è una decisione che spiazza chi crede in un disegno divino che lega tutte le vite. Vi è una singolare riunione nella divina Commedia che pone i suicidi (scialaquatori della propria vita) insieme a coloro che hanno sperperato il loro patrimonio.
Non trovo niente di individualistico nel rispettare il desiderio di morire di un mio simile. E' molto più individualistico e bigotto il pensiero di chi condanna chi è a favore del suicidio assistito o dell'interruzione volontaria di gravidanza ma allegramente si dimentica  della precedente sofferenza del soggetto che decide di morire o della successiva sofferenza del soggetto che viene fatto nascere contro la volontà della madre.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: Donalduck il 07 Giugno 2021, 15:37:37 PM
Citazione di: anthonyi il 07 Giugno 2021, 13:47:49 PM
Infatti, Donald, io non ho contestato la tua argomentazione critica.
La parte che ho ripreso la considero ideologica perché fondata su una visione individualistica della società, una visione che oltre ad essere estrema è anche errata perché gli uomini sono esseri sociali.
Estrema, non vedo proprio perché, e tu non accenni neppure a spiegarlo.
Fondata su una visione individualistica della società, neppure. Fondata su semplice, elementare buonsenso, che sa distinguere i confini tra ciò che è dominio dell'individuo e ciò che è competenza della società. Società che, nella mia concezione, prevedrebbe anche forti limitazioni alla proprietà privata e ad ogni accentramento e accumulo di potere individuale o oligarchico. Niente a che fare con quello che generalmente viene chiamato individualismo.

Casomai sarebbe estrema, caratteristica dei regimi dittatoriali e liberticidi, una concezioni in cui la società si arroga il diritto di condizionare e prevaricare anche le decisioni di un individuo sulla sua sfera più personale e intima, e non solo quelle sul rapporto con gli altri, insomma in cui l'ndividuo è ridotto a semplice componente della società, la cui volontà non conta nulla ma deve essere sempre subordinata a quella della collettività, ossia in concreto a quella di chi detiene il potere.
Le religioni, che nella loro essenza altro non sono che ideologie di appoggio a regimi totalitari e schiavisti, portano questa espropriazione del dominio individuale fino alle estreme conseguenze: la tua vita non ti appartiene affatto, ma appartiene a Dio (in concreto a chi detiene il potere e si autoproclama portavoce di Dio) e tu non hai alcun diritto di disporne; e se trasgredisci, sarai sottoposto alle più terribili punizioni.
Solo questo tipo di ideologie, a mio parere abominevoli, possono concepire una condanna del suicidio, tanto più se a priori, senza considerare attentamente ogni singola specifica situazione.
L'estremalita é riferita all'individualismo, che è sostanzialmente l'assunzione della totale assenza di relazione tra gli individui e le loro scelte, fondamentalmente e l'idea che la società non esiste.
Se gli individui sono in relazione questo vuol dire che a priori non esiste uno spazio di azione libero per l'individuo, ma questo è il frutto di una convenzione definita tra gli individui.
Normalmente gli individui non hanno il diritto di andare in giro nudi, ora io non so se tu intendi il fatto di coprirsi o meno come un dominio dell'individuo, certamente non lo è per la società nella quale viviamo. L'esistenza di sanzioni, anche se meramente amministrative, nei confronti di chi si droga, ci dà un altro esempio di intromissione nello "spazio libero di azione dell'individuo". Potrei fare altri esempi, ma la sostanza è che quello "spazio libero di azione" che tu consideri dato e assoluto, in realtà é una risoluzione sociale, sono cioè tutti gli individui che trovano un accordo convenzionale sullo stesso.
E ho parlato di scelte certamente meno importanti della scelta sulla propria vita, sulla quale a maggior ragione la sensibilità sociale ha ragione di intervenire, tenuto anche conto del fatto che tipicamente si tratta di una scelta fatta in momenti di angoscia emotiva nei quali non si riesce neanche ad essere lucidi.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 07 Giugno 2021, 16:12:26 PM
Condannare moralmente o religiosamente un suicida o ritenere un disperato che non si suicida un vile, sono due facce della stessa medaglia, quella che potremmo definire la "medaglia del non riconoscimento". I motivi per cui un essere umano decide di suicidarsi sono molteplici e condannarlo per il suo atto è come versare sale su una ferita, come un conferma della giustezza del suicidio, di fronte ad una così orribile incapacità di comprendere.
Le religioni condannano questo atto di solito per motivi legati al loro "ordine" e al loro "potere", poichè darsi la morte avrebbe un significato di hybris verso Dio, unico artefice della vita e della morte. Morire per propria mano inoltre è una decisione che spiazza chi crede in un disegno divino che lega tutte le vite. Vi è una singolare riunione nella divina Commedia che pone i suicidi (scialaquatori della propria vita) insieme a coloro che hanno sperperato il loro patrimonio.
Non trovo niente di individualistico nel rispettare il desiderio di morire di un mio simile. E' molto più individualistico e bigotto il pensiero di chi condanna chi è a favore del suicidio assistito o dell'interruzione volontaria di gravidanza ma allegramente si dimentica  della precedente sofferenza del soggetto che decide di morire o della successiva sofferenza del soggetto che viene fatto nascere contro la volontà della madre.
La condanna morale di atti che danneggiano l'individuo, come il suicidio o l'abuso di droghe, serve a proteggere l'individuo dal male che può farsi da solo.
Voi ragionate come se la volontà dell'individuo fosse un assoluto, e anche per questo siete individualisti. Nella realtà ciascun individuo é condizionato dall'ambiente in cui vive, e da quello che dicono attorno a lui, non dimentichiamo d'altronde l'instabilità delle scelte individuali, oggi una persona sceglie la morte, ma domani può cambiare idea, naturalmente può farlo solo se ha scelta la vita, e questo vale sia per il fenomeno suicidio, sia per l'aborto.
La scelta della morte è in effetti comoda, non si soffre più, (almeno nel caso in cui non esista una realtà ultraterrena) però è un atto irreversibile del quale molte potenziali madri si pentono vivendo a volte veri e propri traumi psichici

Jacopus

Anthonyi. Davvero pensi che la condanna morale possa servire a proteggere un individuo che vuol farsi del male da solo? La condanna morale personalmente a me farebbe venir voglia di drogarmi ancora di più per dimenticare con quali persone assurde devo condividere il mondo. Da parte mia, ho una certa idiosincrasia verso ogni "assoluto" e quindi non credo di aver mai dichiarato l'individualismo come un assoluto. Anzi l'individualismo non lo ritengo neppure un valore di per sè, perchè va sempre bilanciato con i valori collettivi e pubblici. Rispetto ad aborto e morte assistita occorre adottare dei protocolli seri che, anche in questo caso, bilancino esigenze diverse, perchè quello che tu dici è verissimo, tanto che soggetti rimasti in vita ciechi, dopo aver tentato il suicidio hanno preferito restare in vita da ciechi, mentre prima del tentativo preferivano morire da vedenti. L'animo umano è variegato e spesso imprevedibile ma ciò non toglie che la società si deve far carico di problemi che in passato non esistevano, perchè no esistevano tecnologie che potevano farci sopravvivere (ad esempio) ma a prezzo di grandi sofferenze. La scelta dell'aborto è una scelta traumatica, anche questo è vero, ma qui non si tratta di incentivare l'aborto, ma di considerarlo un diritto organizzato e legalizzato e nello stesso tempo offrire tutte le opportunità, comprese quelle economiche, per evitare che si abortisca. Il tutto nero/tutto bianco è un tipo di ragionamento che tendo ad evitare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 07 Giugno 2021, 18:25:17 PM
Anthonyi. Davvero pensi che la condanna morale possa servire a proteggere un individuo che vuol farsi del male da solo? La condanna morale personalmente a me farebbe venir voglia di drogarmi ancora di più per dimenticare con quali persone assurde devo condividere il mondo. Da parte mia, ho una certa idiosincrasia verso ogni "assoluto" e quindi non credo di aver mai dichiarato l'individualismo come un assoluto. Anzi l'individualismo non lo ritengo neppure un valore di per sè, perchè va sempre bilanciato con i valori collettivi e pubblici. Rispetto ad aborto e morte assistita occorre adottare dei protocolli seri che, anche in questo caso, bilancino esigenze diverse, perchè quello che tu dici è verissimo, tanto che soggetti rimasti in vita ciechi, dopo aver tentato il suicidio hanno preferito restare in vita da ciechi, mentre prima del tentativo preferivano morire da vedenti. L'animo umano è variegato e spesso imprevedibile ma ciò non toglie che la società si deve far carico di problemi che in passato non esistevano, perchè no esistevano tecnologie che potevano farci sopravvivere (ad esempio) ma a prezzo di grandi sofferenze. La scelta dell'aborto è una scelta traumatica, anche questo è vero, ma qui non si tratta di incentivare l'aborto, ma di considerarlo un diritto organizzato e legalizzato e nello stesso tempo offrire tutte le opportunità, comprese quelle economiche, per evitare che si abortisca. Il tutto nero/tutto bianco è un tipo di ragionamento che tendo ad evitare.
E' vero che c'è il gusto della trasgressione, ritengo comunque che la sanzione morale abbia comunque un effetto sulla gran parte degli individui, se così non fosse non vedo per quale ragione, anche in questo 3d, si contesta tanto la condanna morale che sarebbe illegittima, tale contestazione non avrebbe senso se la condanna stessa non avesse un peso, un peso che, si spera, porti l'individuo sulla strada reputata come socialmente più giusta.
Mi fa piacere lo spirito concreto con il quale hai sviluppato la problematica, rispetto alla quale io sono sensibile, non sono contrario all'eutanasia, ma non si può partire dall'idea che su questioni di questo genere  uno può fare quello che gli pare perché sono fatti suoi.

Ipazia

La vita è  il massimo bene (in tutti i sensi) incontrovertibile di ogni vivente. È l'unica sacrosanta proprietà, inalienabile, e tocca a ciascun legittimo proprietario disporne liberamente al di là di ogni tarantolato, velenoso, moralismo. Giù  le zampe dalla nostra vita e dalla nostra morte, in un ambito in cui esiste solo l'individuo per legge di natura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

#36
Citazione di: anthonyi il 07 Giugno 2021, 17:10:24 PM
L'estremalita é riferita all'individualismo, che è sostanzialmente l'assunzione della totale assenza di relazione tra gli individui e le loro scelte, fondamentalmente e l'idea che la società non esiste.
Se gli individui sono in relazione questo vuol dire che a priori non esiste uno spazio di azione libero per l'individuo, ma questo è il frutto di una convenzione definita tra gli individui.
Normalmente gli individui non hanno il diritto di andare in giro nudi, ora io non so se tu intendi il fatto di coprirsi o meno come un dominio dell'individuo, certamente non lo è per la società nella quale viviamo. L'esistenza di sanzioni, anche se meramente amministrative, nei confronti di chi si droga, ci dà un altro esempio di intromissione nello "spazio libero di azione dell'individuo". Potrei fare altri esempi, ma la sostanza è che quello "spazio libero di azione" che tu consideri dato e assoluto, in realtà é una risoluzione sociale, sono cioè tutti gli individui che trovano un accordo convenzionale sullo stesso.
E ho parlato di scelte certamente meno importanti della scelta sulla propria vita, sulla quale a maggior ragione la sensibilità sociale ha ragione di intervenire, tenuto anche conto del fatto che tipicamente si tratta di una scelta fatta in momenti di angoscia emotiva nei quali non si riesce neanche ad essere lucidi.
E' facile verificare che in quello che ho scritto non c'è assolutamente nulla che autorizzi ad attribuirmi "l'assunzione della totale assenza di relazione tra gli individui e le loro scelte, fondamentalmente e l'idea che la società non esiste", che sarebbe sbagliato e di gran lunga esagerato anche per qualunque forma di individualismo esistente, ma soprattutto lo è come presunta conseguenza di quanto ho affermato. E' chiaro che se si traggono conclusioni fantasiose da alcune frasi e poi si controbattono queste conclusioni fantasiose e non le frasi dette o scritte, la discussione non va molto avanti.

Inoltre tengo a precisare ancora una volta che non aderisco a nessuna ideologia, ma ho le mie idee. Ora, siccome è ben difficile che qualcuno concepisca delle idee che nessun altro ha mai concepito, o che non assimili idee dalle più svariate fonti, è chiaro che le idee di chiunque avranno necessariamente qualcosa in comune con quelle di qualcun altro e anche con quelle che fanno parte di qualche ideologia. Ma, mentre nel caso di una persona ideologizzata, tale individuo assimilerà tutte le idee di quella ideologia (o comunque la gran maggioranza) insieme alle loro relazioni, nel caso di un pensiero autonomo ci potranno essere punti di contatto con diverse ideologie contemporaneamente e la combinazione di queste idee potrà portare a esiti totalmente diversi da quelli di ciascuna di quelle ideologie. Ed è quindi fuorviante e dispersivo tirare in ballo qualche ideologia ogni volta che ci sembra di sentirne l'eco nelle affermazioni di qualcuno.
(E' vero che anch'io l'ho fatto a proposito della domanda di Socrate78, ma non mi riferivo alle sue idee, ma al fatto che il dare per scontato che il suicidio sia generalmente considerato da condannare - che chi lo afferma sia d'accordo o meno con tale condanna - significa, secondo me, sentirsi all'interno di un ambiente fortemente condizionato da ideologie, tra cui predomina quella cattolica - non a caso ci ritroviamo ancora i crocifissi nelle scuole, negli ospedali e perfino nei tribunali).

Quindi ti sarei grato se togliessi le ideologie e gli "ismi" da questa discussione, e ti limitassi a confrontare le idee, dato che non solo non aderisco a ideologie ma le discussioni sulle ideologie in generale non rientrano proprio nei miei interessi, se non eventualmente per denunciarne l'effetto nefasto.

Fatta questa premessa, veniamo al nocciolo della questione, che è il rapporto tra le istanze sociali e quelle individuali. Essendoci un legame innegabile tra le due entità, che si condizionano e si influenzano a vicenda, si tratta di capire in quali circostanze, in linea di massima, dovrebbe prevalere l'una o l'altra.
Ci possono essere due posizioni estreme e virtualmente un'infinità di posizioni intermedie.
Le due posizioni estreme sono ovviamente una che la volontà individuale sia sempre sovrana e nessuna interferenza sia accettata, l'altra che la volontà collettiva (ma qui sarebbe di decisiva importanza stabilire come questa volontà viene espressa, e se realmente l'organizzazione sociale nel suo insieme esprima una volontà collettiva) prevalga sempre su quella individuale. La prima porta all'assenza di regole collettive, quindi alla legge del più forte allo stato grezzo, senza nessun temperamento, ossia alla giungla. La seconda porta alla dittatura, ossia ancora una volta alla legge del più forte, ma non più in una situazione di "tutti contro tutti", ma nella situazione di pochi che dominano i molti. O anche a un'ipotetica (e mai realmente realizzata, a differenza delle dittature, e secondo me irrealizzabile) società democratica ma totalmente governata da istanze collettive al punto da sacrificare qualunque esigenza individuale a fini collettivi, compresa ovviamente la vita dell'individuo e la sua integrità fisica e psichica.
Se siamo d'accordo nel considerare entrambi questi punti di vista estremi come aberrazioni incompatibili con una concezione sana dell'individuo e della società, e se siamo d'accordo nel confrontare le idee e lasciar stare le ideologie, possiamo cercare di definire dei criteri in base ai quali stabilire, ovviamente in linea di principio, i confini tra potestà individuale e potestà sociale. E, dato questo messaggio è già parecchio lungo, ti invito a esporre per primo il tuo punto di vista.

anthonyi

Il mio intervento iniziale , Donald, era su un post nel quale tu etichettavi come ideologiche le affermazioni di un altro, e devo dire che è stata proprio quella provocazione a stimolare il mio intervento.
Andando al discorso devo dire che non condivido la simmetria della tua rappresentazione tra sociale e individuale.
Non la condivido perché il sociale è in realtà sempre dominante, ed è sempre alla base di ogni diritto individuale.
Anche nel caso della scelta di morte, sono dell'idea che il soggetto non può restare solo, non dovrebbe poter legalmente fare una scelta senza il consenso di chi gli sta vicino, e comunque la scelta va valutata anche in termini psicologici, cioè un tecnico deve confermare che quella scelta è la vera volontà stabile e non patologica (un depresso non può scegliere di morire).
La scelta poi non deve essere di fuga dalle proprie responsabilità chi vuole morire perché non sopporta il carcere non deve poterlo fare.
Per me è emblematica la storia di welby, che non vuole morire per le sofferenze della sua condizione, ma perché non sopporta che la compagna che ama sacrifichi la sua vita per lui, la sua e una scelta d'amore.

Ipazia

L'ideologia pesa moltissimo nel giudizio personale sul suicidio e sua praticabilità. Se credo che la mia vita appartenga ad una divinità è ben diverso che se non ci credo. E in certe culture, come in Giappone, il suicidio diventa un obbligo morale di redenzione per chi è reo di comportamenti infamanti e il suo sottrarsi motivo di esecrazione. La stessa cultura del martirio, per motivi ideologici di testimonianza religiosa o secolare, sdogana forme di suicidio santificate.

Il tasso ideologico varia a seconda delle motivazioni ed è decisamente più basso in quelle individuali rispetto a quelle "sociali". E' pressochè assente nei motivi correlati all'eutanasia, e massima nelle varie forme di martirio perseguito come testimonianza di fede.

Rimane l'area grigia intermedia del disagio esistenziale, che non è riducibile al dogma della socialità in quanto tale disagio è sintomo di una socialità malata molto più di chi vi si sottrae col suicidio. Esistono anche forme di inattitudine alla vita, patologiche nella misura in cui oltrepassano il disagio medio degli individui di quella societa, considerato pure che l'antidoto giusnaturalistico denominato istinto di conservazione è più efficace di tutti i sermoni morali.

Che l'ideologia moralistica sia risolutiva del problema lo falsificano le statistiche suicidarie di culture in cui il suicidio non è considerato "peccato", che ritornano la patata bollente al benessere sociale al netto di ogni ideologia.

Indicatore ben più affidabile delle strategie moralistiche colpevolizzanti è il "tasso di felicità media" del contesto sociale. Difficile, ma non impossibile, da determinare. Cominciando l'analisi a partire da Brecht: "beati i popoli che non hanno bisogno di eroi".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

E' singolare l'imparzialità di chi critica la cultura religiosa definendola ideologica, ma poi non accetta che la propria critica possa essere etichettata come ideologica.
Tra i principi dell' "ideologia" Cristiana c'è un detto: "non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso", e direi che è perfettamente coerente, per chi afferma di non seguire tale ideologia, non rispettare tale detto.

Ipazia

Infatti l'ideologia pesa tanto che si creda nei numi, quanto che non si creda. Par condicio e differente approccio al problema. Non sono certo io, atea, a voler tenere il piede in entrambe le staffe.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 08 Giugno 2021, 09:23:16 AM
L'ideologia pesa moltissimo nel giudizio personale sul suicidio e sua praticabilità. Se credo che la mia vita appartenga ad una divinità è ben diverso che se non ci credo. E in certe culture, come in Giappone, il suicidio diventa un obbligo morale di redenzione per chi è reo di comportamenti infamanti e il suo sottrarsi motivo di esecrazione. La stessa cultura del martirio, per motivi ideologici di testimonianza religiosa o secolare, sdogana forme di suicidio santificate.

Il tasso ideologico varia a seconda delle motivazioni ed è decisamente più basso in quelle individuali rispetto a quelle "sociali". E' pressochè assente nei motivi correlati all'eutanasia, e massima nelle varie forme di martirio perseguito come testimonianza di fede.


Siamo alle solite, ipazia, il martirio, quello vero cioè la morte procurata da altri per chiudere la bocca a qualcuno rispetto a una certa testimonianza di vita, non è suicidio.
Ma da quale forza interiore proviene questo bisogno ossessivo che hai di denigrare sempre i simboli della fede cristiana?

viator

Salve anthonyi. Azzardo la condivisione da parte di Ipazia (oltre che mia personale) della motivazione antireligiosa fornita da Lenin : "La religione è l'oppio dei popoli".


Poi naturalmente, sia all'interno della farmacopea che all'interno della condizione e delle scelte esistenziali........le droghe hanno il loro degnissimo e talvolta "altamente funzionale"ruolo. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

Uno dei motivi che mi tiene ancorato vicino alla natura è poter assistere al fenomeno che forse ritengo più affascinante di tutti, molto più della coscienza il cui mistero sembra tutti abbagliare, ovvero l'istinto di sopravvivenza. Osservare un albero appigliato per poche radici ad una roccia tentare di sopravvivere alle folate di vento, o tastare il cuore di un animale sventrato tentare di battere ancora dopo diversi minuti dopo la morte, è un privilegio unico per chi ha la possibilità di apprezzarlo. Ritengo che l'istinto di autoconservazione sia forse una delle forze più potenti dell'universo, capace persino di sconfiggere la gravità che muove i pianeti. Per questo ne ho immenso rispetto, e per questo ho anche immenso rispetto per una forza sufficiente forte da annullare cotanta potenza. Proverei probabilmente a discutere con un aspirante suicida, non tanto per fargli cambiare idea quanto per essere di servizio e cercare di portare luce dove magari egli si fosse dimenticato di illuminare, ma di fronte alla decisione presa o al fatto avvenuto, penso che l'unica cosa da fare sarebbe tacere, di fronte a qualcosa che evidentemente ha superato le mie possibilità di comprensione, anche se istinti suicidi mi hanno temporaneamente attraversato, mai hanno vinto, perciò.. Le religionI (non ci sono solo i cristiani) possono continuare a lanciare anatemi e condanne sui morti, possono sempre prendersela con la scienza per il calo di consenso, anzichè affrontare la realtà di essere uomini piccoli piccoli che si difendono con giustificazioni minuscole..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: viator il 08 Giugno 2021, 12:53:09 PM
Salve anthonyi. Azzardo la condivisione da parte di Ipazia (oltre che mia personale) della motivazione antireligiosa fornita da Lenin : "La religione è l'oppio dei popoli".


Poi naturalmente, sia all'interno della farmacopea che all'interno della condizione e delle scelte esistenziali........le droghe hanno il loro degnissimo e talvolta "altamente funzionale"ruolo. Saluti.
Anche tu, viator, fai parte del club dell'offesa per associazione forzata, la religione è religione, e la droga è droga, indipendentemente da quello che tu pensi di entrambe.

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