Riflessioni sul suicidio.

Aperto da Socrate78, 18 Maggio 2021, 20:49:43 PM

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Socrate78

Come mai nelle religioni e in particolare in quella cattolica, ma anche molto in quella islamica, vi è l'idea secondo cui il suicidio condanni l'anima della persona che lo commette alla dannazione eterna o comunque ad un destino di sofferenza dopo la morte? In realtà se lo scopo del suicidio è quello di smettere di soffrire, Dio che è infinità bontà non può condannare chi lo compie, proprio perché Dio vuole che l'uomo sia felice, non che soffra, altrimenti sarebbe sadico! Quindi semmai si dovrebbe persino dire che il suicidio è ammissibile e non condannato da una divinità buona, anzi, Dio potrebbe persino ritenerlo in alcuni casi un atto di coraggio. Una persona piena zeppa di problemi gravissimi, disperata, che non fa nulla per risolverle la sua situazione potrebbe infatti anche pensare spesso al suicidio, ma non avere il coraggio di attuarlo, quindi in questo caso è sostanzialmente un vile che non sa prendere in mano le redini della sua vita.
Vi sono tantissimi casi di suicidio, ad esempio il suicidio di Socrate fu un suicidio quasi eroico, egli affrontò la morte come un'estrema sottomissione alle leggi della polis, quindi egli decise così di dimostrare la sua fedeltà alla patria, mentre avrebbe potuto benissimo fuggire. Io quindi non mi immagino affatto Socrate tra le fiamme infernali per aver commesso suicidio, anzi ritengo che un'ipotetica divinità abbia addirittura approvato quell'atto. Inoltre, cosa più importante, l'atto del suicidio era comunque previsto da Dio essendo Egli onnisciente, di conseguenza se Dio non l'ha impedito significa che in qualche modo esso faceva parte di un progetto, di un piano verso quella persona.
Voi personalmente come ritenete l'atto del suicidio, come vi ponete nella sua valutazione etica? Lo ritenete sempre o quasi condannabile, come un atto vigliacco e cattivo, oppure ritenete che vi siano casi di suicidio non condannabili?

anthonyi

Ciao Socrate, intanto il tuo omonimo non si è suicidato, è stato condannato a morte.
Mi risulta il caso di un veggente, che chiedeva a un'entità spirituale che ne era di un suo amico che si era suicidato buttandosi da un precipizio. Questa entità gli spiegava che la durata della caduta era stata sufficiente per il pentimento.
Nelle esperienze NDE da tentati suicidi spesso vengono raccontate esperienze molto brutte, a differenza degli altri casi NDE, caratterizzate da profondi stati di angoscia e dalla precipitazione in luoghi bui dove si sente la presenza di tanta gente disperata, per cui io sarei dell'idea che il suicidio è un atto molto pesante per l'anima, da non confondere con il sacrificio eroico per un principio, un valore, come è appunto il sacrificio di Socrate.

Alexander

Buongiorno a tutti


Dietro ad un suicidio, che non sia dovuto ad atto di guerra o rituale, c'è sempre una grossa sofferenza. Cristo è venuto a sanare, non a giudicare. Il tempo del dio-giudice è superato.

Ipazia

L'occidente ha una arcaica repulsione per il suicidio. Altrettanto non può dirsi per la cultura orientale, inclusa quella islamica che negli ultimi tempi ha esaltato assai la figura dello shahid. La figura del martire viene esaltata anche nel mondo cristiano, ma è storia antica. Ci sono pure i martiri riconosciuti tali da ideologie secolari, patrie e ideologie varie, ma questo genere di suicidio non pare suscitare più grandi passioni. I giapponesi sono i più aperti verso il suicidio che viene considerato l'unica via d'uscita dignitosa in molte situazioni di fallimento esistenziale. Anche da noi il fallimento esistenziale (affari, affetti) sta diventando un motore suicidario importante, benchè spiritualmente siamo lontani dalla cultura del seppuku.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 20 Maggio 2021, 21:34:25 PM
L'occidente ha una arcaica repulsione per il suicidio. Altrettanto non può dirsi per la cultura orientale, inclusa quella islamica che negli ultimi tempi ha esaltato assai la figura dello shahid. La figura del martire viene esaltata anche nel mondo cristiano, ma è storia antica. Ci sono pure i martiri riconosciuti tali da ideologie secolari, patrie e ideologie varie, ma questo genere di suicidio non pare suscitare più grandi passioni. I giapponesi sono i più aperti verso il suicidio che viene considerato l'unica via d'uscita dignitosa in molte situazioni di fallimento esistenziale. Anche da noi il fallimento esistenziale (affari, affetti) sta diventando un motore suicidario importante, benchè spiritualmente siamo lontani dalla cultura del seppuku.
Ciao ipazia, un martire ed un suicida sono cose differenti. Al di là di chi compie l'atto c'è la differenza profonda nella prospettiva. Il martirio è una morte per la vita, di chi crede in qualcosa che riguarda la vita degli altri. Il suicidio è una morte per la morte, di chi non crede più in nulla di positivo. Falcone e Borsellino sono martiri, non suicidi, ma capisco che tu non lo possa capire, materialista come sei.

Ipazia

Falcone e Borsellino non si sono imbottiti di esplosivo; li hanno imbottiti. La differenza tra suicida e martire può essere enorme, ma anche diventare insussistente. In genere l'insussistenza è in rapporto alla necrofilia del sistema ideologico che stimola l'atto. Crociati e shahid appartengono a sistemi di pensiero necrofili. Ma non posso pretendere che chi fa riferimento a quei sistemi di pensiero capisca.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2021, 10:21:56 AM
Falcone e Borsellino non si sono imbottiti di esplosivo; li hanno imbottiti. La differenza tra suicida e martire può essere enorme, ma anche diventare insussistente. In genere l'insussistenza è in rapporto alla necrofilia del sistema ideologico che stimola l'atto. Crociati e shahid appartengono a sistemi di pensiero necrofili. Ma non posso pretendere che chi fa riferimento a quei sistemi di pensiero capisca.
Falcone e Borsellino sono morti perché credevano in qualcosa, per questo sono martiri. Chi abbia determinato materialmente la loro morte è secondario, é per questa ragione che io considero anche Socrate un martire per un principio di giustizia, indipendentemente dal fatto che poi la cicuta l'abbia portata lui alla bocca.
Per favore, ipazia, non ripetere le mie parole come un pappagallo, ci fai brutta figura.

Jacopus

A mio parere la distinzione che fa Ipazia è corretta. Il martirio di stampo religioso è un inno alla morte anche se ha un possibile significato di rinascita in un'altra vita, per cui si va verso la morte con gioia, certi di essere nuovamente in vita l'istante dopo la morte, in un contesto diverso e finalmente completo e appagante. A questo significato se ne è aggiunto uno per estensione, come quello dei martiri del lavoro a cui possono essere accomunati Falcone e Borsellino. Ma Falcone e Borsellino, pur consapevoli dei rischi che correvano, prendevano le loro contromisure, avevano la scorta, la macchina corrazzata. Non andavano verso la morte con un senso di beatitudine e di compimento. Ancora diverso il caso di Socrate, che si pone in una zona di mezzo e che a mio parere, mette in atto l'azione più eroica fra tutte. Si da la morte per accettare la legge della sua città, pur avendo una alternativa (esilio), e pur non pensando di essere accolto in paradiso.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 21 Maggio 2021, 11:32:38 AM
A mio parere la distinzione che fa Ipazia è corretta. Il martirio di stampo religioso è un inno alla morte anche se ha un possibile significato di rinascita in un'altra vita, per cui si va verso la morte con gioia, certi di essere nuovamente in vita l'istante dopo la morte, in un contesto diverso e finalmente completo e appagante. A questo significato se ne è aggiunto uno per estensione, come quello dei martiri del lavoro a cui possono essere accomunati Falcone e Borsellino. Ma Falcone e Borsellino, pur consapevoli dei rischi che correvano, prendevano le loro contromisure, avevano la scorta, la macchina corrazzata. Non andavano verso la morte con un senso di beatitudine e di compimento. Ancora diverso il caso di Socrate, che si pone in una zona di mezzo e che a mio parere, mette in atto l'azione più eroica fra tutte. Si da la morte per accettare la legge della sua città, pur avendo una alternativa (esilio), e pur non pensando di essere accolto in paradiso.
Intanto ipazia, come te è OT, ha introdotto per suoi motivi ideologici il martirio in un topic sul suicidio.
Se poi tu mi dici che il martirio di stampo religioso(questa specifica siete voi che la fate) é un inno alla morte non posso che evidenziare in te le stesse motivazioni ideologiche.
Martire significa testimone, un testimone di qualcosa in cui crede e che testimonia ciò di fronte a tutti gli uomini, viventi e non morti. Non c'entra niente la sopravvivenza dopo la morte. Falcone e Borsellino sono certamente morti sul lavoro, ma sono anche morti perché credevano in un ideale di giustizia che hanno perseguito anche a rischio della loro vita. Un ideale di giustizia che rimane a tutti noi, esattamente come i valori della religione cristiana rimanevano ai cristiani sopravvissuti nei primi 3 secoli dell'era cristiana.

Ipazia

Piano con l'OT. Suicidio e martirio sono cugini stretti di visioni del mondo che svalorizzano la vita al punto da rifiutarla. Tale svalorizzazione può avere motivazioni fisiche, sociali o ideologiche, andando in ordine inverso di plausibilità. Nessuno nasce suicida. E fa assai comodo a chi sostiene ideologie antivitalistiche e oltremondane ridurre la fenomenologia del suicidio integralmente a responsabilità individuali. Sono convinta che il contesto sociale sia in ogni caso determinante nell'autosoluzione finale. Talvolta pure in senso positivo, come nell'eutanasia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2021, 15:38:22 PM
Piano con l'OT. Suicidio e martirio sono cugini stretti di visioni del mondo che svalorizzano la vita al punto da rifiutarla. Tale svalorizzazione può avere motivazioni fisiche, sociali o ideologiche, andando in ordine inverso di plausibilità. Nessuno nasce suicida. E fa assai comodo a chi sostiene ideologie antivitalistiche e oltremondane ridurre la fenomenologia del suicidio integralmente a responsabilità individuali. Sono convinta che il contesto sociale sia in ogni caso determinante nell'autosoluzione finale. Talvolta pure in senso positivo, come nell'eutanasia.
Nel suicidio la vita è svalutata, o meglio la vita propria e svalutata.
Nel martirio c'è un valore, un principio, che viene posto al di sopra della vita propria. Ora se questo principio è un principio a favore della vita, non possiamo dire che la vita è svalutata, ma solo che l'urgenza della propria vita è stata messa in secondo piano rispetto a quella di tutti gli altri in un atto d'amore.
La scelta del suicida è spesso una scelta egoistica, la scelta del martire (che non è quella di uccidersi ma di affrontare una morte causata da altri) é una scelta altruistica.


niko

Probabilmente il Socrate storico non credeva che una vita migliore o un paradiso di qualche tipo lo attendesse dopo il suo suicidio-condanna a morte, ma già il Socrate platonico, cioè il personaggio di Socrate per come lo racconta e lo descrive Platone, lascia più volte intendere qualcosa del genere.


Celebre è il passo del canto dei cigni, nel Fedone, che è secondo me uno dei punti di massima vicinanza e anticipazione tra cristianesimo teologico tradizionale e pensiero di Platone, e quindi anche una delle principali e più famose svolte in senso metafisico o, a voler essere critici, "necrofilo", o quanto meno antimaterialistico, del pensiero occidentale in generale.


In esso il personaggio di Socrate, stravolgendo la concezione naturalistica precedente del pensiero greco, per cui si pensava che i cigni cantassero in prossimità della loro morte per il dolore e la tristezza di stare per perdere la loro (unica) vita, come un tragico saluto ad essa e un effimero tentativo di godere appieno degli ultimi istanti, afferma invece, tutto al contrario, che i cigni sanno che una vita migliore li attende dopo la morte, e, in prossimità del momento fatale, cantano per la gioia di stare per raggiungere questa vita migliore, quindi non in saluto della vecchia vita che se ne va, ma di una presunta nuova che viene.


E naturalmente anche Socrate da questa bizzarra e anti-tradizionale interpretazione di un fatto naturale, ne trae un ulteriore motivo per non temere il suo imminente martirio-morte, perché quello che vale per i cigni, ovvero la prospettiva della vita ultraterrena, vale anche per gli uomini.


E così il duro realismo e la tragicità intrinseca del primo modo di interpretare il canto e i suoi motivi, si perde nel razionale quanto indimostrabile ottimismo del secondo.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

#12
Salve. Interessantissimi i post qui appena precedenti : cosa non farebbero quasi tutti pur di assecondare le proprie personali ideologie ! Tutto riescono a giustificare in base al cristianesimo piuttosto che al materialismo.





Suicidio e martirio non hanno - di per sè - alcuna intrinseca connotazione egoistica piuttosto che altruistica. E' sempre e solamente questione di scelte legate alle circostanze.Chi venga colpito da gravissime invalidità i cui effetti onerosi, dolorosi, insopportabili, ricadano anche su coloro che li circondano, suicidandosi compie senz'altro atto altruistico.Chi affronti il martirio per non voler rinunciare alla tutela di valori coscenziali personali (esempio : Tizio non vuole abiurare ad una propria convinzione pur avendo a carico una propria famiglia composta da moglie, genitori invalidi e 15 figli).......ecco, costui è solamente uno stolto egoista. Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: viator il 21 Maggio 2021, 18:19:54 PM
Salve. Interessantissimi i post qui appena precedenti : cosa non farebbero quasi tutti pur di assecondare le proprie personali ideologie ! Tutto riescono a giustificare in base al cristianesimo piuttosto che al materialismo.





Suicidio e martirio non hanno - di per sè - alcuna intrinseca connotazione egoistica piuttosto che altruistica. E' sempre e solamente questione di scelte legate alle circostanze.Chi venga colpito da gravissime invalidità i cui effetti onerosi, dolorosi, insopportabili, ricadano anche su coloro che li circondano, suicidandosi compie senz'altro atto altruistico.Chi affronti il martirio per non voler rinunciare alla tutela di valori coscenziali personali (esempio : Tizio non vuole abiurare ad una propria convinzione pur avendo a carico una propria famiglia composta da moglie, genitori invalidi e 15 figli).......ecco, costui è solamente uno stolto egoista. Saluti.

Tenuto conto che solitamente i martiri, religiosi o laici, sono ricordati fortemente nella storia, mi sai fare un solo esempio storico  di un martire per ragioni egoistiche?
Il suicidio per ragioni altruistiche, comunque, io non lo nego, e mi astengo da valutazioni morali.
A proposito, viator, quale sarebbe la mia ideologia? Io cerco solo di rendere chiaro un concetto, una parola della lingua italiana, che qualcun altro cerca di stravolgere per ragioni ideologiche.



anthonyi

Citazione di: niko il 21 Maggio 2021, 17:41:59 PM
Probabilmente il Socrate storico non credeva che una vita migliore o un paradiso di qualche tipo lo attendesse dopo il suo suicidio-condanna a morte, ma già il Socrate platonico, cioè il personaggio di Socrate per come lo racconta e lo descrive Platone, lascia più volte intendere qualcosa del genere.


Celebre è il passo del canto dei cigni, nel Fedone, che è secondo me uno dei punti di massima vicinanza e anticipazione tra cristianesimo teologico tradizionale e pensiero di Platone, e quindi anche una delle principali e più famose svolte in senso metafisico o, a voler essere critici, "necrofilo", o quanto meno antimaterialistico, del pensiero occidentale in generale.


In esso il personaggio di Socrate, stravolgendo la concezione naturalistica precedente del pensiero greco, per cui si pensava che i cigni cantassero in prossimità della loro morte per il dolore e la tristezza di stare per perdere la loro (unica) vita, come un tragico saluto ad essa e un effimero tentativo di godere appieno degli ultimi istanti, afferma invece, tutto al contrario, che i cigni sanno che una vita migliore li attende dopo la morte, e, in prossimità del momento fatale, cantano per la gioia di stare per raggiungere questa vita migliore, quindi non in saluto della vecchia vita che se ne va, ma di una presunta nuova che viene.


E naturalmente anche Socrate da questa bizzarra e anti-tradizionale interpretazione di un fatto naturale, ne trae un ulteriore motivo per non temere il suo imminente martirio-morte, perché quello che vale per i cigni, ovvero la prospettiva della vita ultraterrena, vale anche per gli uomini.


E così il duro realismo e la tragicità intrinseca del primo modo di interpretare il canto e i suoi motivi, si perde nel razionale quanto indimostrabile ottimismo del secondo.
Ciao niko, ma poi cos'è che ti dice che la certezza di una vita oltre la vita ti fa desiderare la morte. Tutto dipende dalla bellezza della vita che ti aspetti di trovare rispetto a quella che vivi.

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