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Religione e ragione

Aperto da 0xdeadbeef, 19 Maggio 2019, 16:30:50 PM

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0xdeadbeef

Che rapporto c'è, se c'è, fra la religione e la ragione?
Io credo che un rapporto vi sia; e che questo consista essenzialmente nella "speranza" dell'esistenza
reale della divinità.
E' forse frutto della ragione il non sperarlo? Come possiamo non sperare di rivedere un giorno i nostri
cari che non ci sono più? O come possiamo non sperare che i giusti siano, alla fine, distinti dagli
ingiusti?
Magari qualcuno dirà: "ma questa speranza è irrazionale". Sì d'accordo, ma irrazionale è semmai l'"oggetto"
della speranza, non LA speranza...
Ecco, io trovo che LA speranza sia perfettamente conciliabile con la ragione (mentre non lo è l'oggetto
della speranza - cioè non lo è la divinità). Diciamo anzi che trovo profondamente irrazionali coloro
che non nutrono almeno un piccolo barlume di questa speranza...
In fondo, cosa sarebbe la nostra vita senza questa speranza? Non sarebbe forse stato meglio essere
come degli animali "inferiori"; che nascono, vivono e muoiono nell'inconsapevolezza?
saluti

Jacopus

#1
CitazioneLascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore che nega gli dèi e solleva i macigni. Anch'egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.

A. Camus
Questa è la mia visione della speranza. Non necessariamente chi è a-teo non nutre speranze e non necessariamente chi è credente è irrazionale. Se davvero così fosse tutti gli atei si suiciderebbero e le società religiose del passato non sarebbero state il precedente storico e culturale di quelle attuali.
Io penso che credere in Dio sia un fatto consolatorio estremamente potente, perché permette di vedere un senso e di concepire un riequilibrio di tutto ciò che viviamo di ingiusto, dalla morte dei nostri cari fino al mozzicone buttato a terra.
Le religioni inoltre hanno educato per millenni gli uomini che venivano da una preistoria estremamente violenta e priva di ogni sofisticato meccanismo regolatore, così come noi li conosciamo.
Inoltre di fronte a certe involuzioni anche attuali, il pensiero religioso mi è molto più affine di altri modelli contemporanei.
Se ti dicessi che credo nei Vangeli epurati da Dio cosa mi risponderesti ( oltre a denunciarmi come eretico  :) )?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

#2
Ciao Jacopus
Bellissimo questo tuo riferimento a Camus (contemporaneo al mio nella risposta all'amico Altamarea -
il post è "La virtù del discernimento").
Voglio allora citarti il Dott.Rieux ("La Peste"), il quale incalzato dalle domande "metafisiche" di
Padre Paneloux al capezzale di un bambino appena morto gli risponde: "senta Padre, io non lo so, ma
adesso muoviamoci" (andiamo a cercare di salvare altri bambini)...
Camus è notoriamente ateo, ma è consapevole. Non ha risposte "alternative" a quelle della religione
sui grandi temi dell'esistenza, e dice espressamente: "mi sono fermato un attimo prima" (di
abbracciare la religione).
Altri, penso a Dostoevskij o a Kant, non si sono fermati un attimo prima ma lo hanno fatto un attimo
dopo; accettando cioè l'idea di Dio ma senza abbracciare il culto formalistico (Kant lo definisce
apertamente "superstizioso").
Dal punto di vista della ragione, non vedo come teismo e ateismo possano essere diversi da questi
due luminosi "estremi" (ma così tanto vicini...)
saluti

anthonyi

Ciao 0xdeadbeef, interpretando il tuo post mi sembra sarebbe più preciso parlare di fede che di religione. La religione (Intendendo con essa un insieme di attributi rituali e sociali) considerata da sola non necessita di speranza perché ha punti di riferimento certi (Il luogo di culto, gli altri che esercitano lo stesso culto e che generano una comunità ...). La fede invece punti di riferimento non ne può avere, è qualcosa di puramente ideale.
Però guarda un po', anche la razionalità è ideale (Non a caso Hegel pone il rapporto tra razionalità e realtà come espressione del rapporto tra idealismo e materialismo).
Per questo io non escludo che la razionalità possa essere al servizio della fede, o meglio possa servire a rendere più forte quella speranza.
Un saluto

0xdeadbeef

Ciao Anthony
Sì, forse è più opportuno parlare di "fede" o "spiritualità" che non di "religione" (il qual
termine richiama a precise forme storiche).
Condivido anche il richiamo ad Hegel nel senso di un richiamo alla "sintesi" di materialità
ed idealità che è, attenzione, necessaria, cioè ineludibile.
Nel clima post-parmenideo si è creduto che "razionale" fosse solo: "ciò che è visto con l'occhio"
(contro Parmenide che invece affermava: "la ragione, non l'occhio, vede il vero"), e tale è
rimasto fino ai nostri giorni (dove a dominare è l'"evidenza empirica").
Ecco, il mio post è volto a cercare di recuperare quella, chiamiamola, "razionalità nascosta"
(nelle misteriose lande della spiritualità) che finora è stata ritenuta oggetto di mera "fede".
saluti

davintro

direi che la ragione si occupa della divinità entro i limiti nei quali la sua realtà appare necessaria nel risolvere questioni teoretiche destinate a restare insolubili fin tanto che si resta all'interno della causalità naturale. Questa delimitazione del campo di indagine coincide con la delimitazione della visione dell'oggetto in questione... quello che eventualmente la ragione fonda del divino costituisce un'immagine molto più ristretta delle rappresentazioni che Dio elaborano le religioni storiche, il Dio che la ragione ammette si attesta a quelle proprietà necessarie a garantirgli l'efficacia esplicativa nelle questioni per le quali si è ritenuto necessario argomentarne l'esistenza (Causa incausata, infinitezza del pensiero, onnipotenza della volontà...) tagliando fuori quelle proprietà non necessarie alla risoluzioni di tali questioni e di cui solo per fede avrebbe senso attribuirgli. Direi che nel punto di vista religioso, inteso come rappresentazione che esprime fede in una rivelazione mondana del divino, la concezione di Dio appare invece più antropomorfa, in quanto espressione e proiezione di aspettative sentimentali umane e storiche (l'esempio più lampante sono i miracoli) che vanno al di là degli attributi che invece alla ragione basterebbero per trattare il divino in relazione ai suoi problemi. Se si vuole, l'accezione religiosa del divino è più "concreta" e vitale di quella razionale, in quanto espressione di una complessità di esigenze umane non riducibili a quelle teoretiche a cui si ferma la razionale, ma al tempo stesso più soggettiva e incapace di legittimare la propria presunzione di verità in termini oggettivi. Ma non solo il Dio delle religioni presenta degli aspetti superflui rispetto all'ambito tematico nel quale la ragione si muove (fino a questo punto saremmo nel piano dell' "arazionale"), bensì accade anche come molti di questi aspetti siano in aperta contraddizione con quelli dell'accezione religiosa, quindi non solo arazionali, ma irrazionali. Ciò in quanto la rivelazione storica è sempre manifestazione allo sguardo umano, uno sguardo che non è puro spirito, perfettamente adeguato alla natura puramente spirituale e trascendente del Dio a cui la ragione metafisica può fermarsi, ma sguardo condizionato dalla sensibilità corporea, e dunque il Dio che si rivela necessariamente dovrà rinunciare al suo carattere di pura spiritualità per rendersi comprensibile a uomini incapaci di esperire lo spirito in forma pura, uomini che poi presumeranno di porsi come depositari e rappresentanti di questa verità rivelata (a meno di non considerare la datità sensibile come mero simbolo rinviante a un significato del tutto trascendente e spirituale, ma questo vorrebbe dire rinunciare alla reale presenza del divino nel contesto storico in cui si rivela, e incrinare l'autorità dottrinaria delle chiese che da questo contesto storico traggono la loro fondazione). E il Dio che si rivela come sensibile cade in contraddizione con quegli attributi (causa prima, infinità ecc.) che la ragione poteva riconoscergli e necessitanti della sua condizione di pura spiritualità impossibile da conciliarsi con l'assunzione di una natura materiale, tramite cui rivelarsi a menti umane, il caso più evidente è l'incarnazione cristiana che Paolo stessa ammetteva come "stoltezza" per i greci, nella consapevolezza di quel livello di contrapposizione tra il Dio dei filosofi e quello dei profeti ebraici, che poi citerà anche Pascal

0xdeadbeef

Ciao Davintro
Il tuo intervento mi ha ricordato in un certo qual modo la "Leggenda del Grande Inquisitore"
di Dostoevskij...
Sicuramente la religione "popolare" presenta aspetti riconducibili alla superstizione; ma
altrettanto certamente non va squalificata "in toto" come tale. Perchè sono convinto che, in
fondo, anche le profonde elucubrazioni dei sapienti nascondono malamente quella che è la
"comune paura": la morte come ritorno in quel Nulla dal quale proveniamo...
Sono altresì convinto che pagine bellissime in merito siano quelle de: "L'uomo in rivolta"
(Camus), nelle quali il sottovalutatissimo filosofo "isola" quella che è un pò la "madre
di tutte le rivolte": la rivolta metafisica come rivolta dell'essere finito contro la sua
stessa finitezza.
Ecco, a mio parere è proprio su questi temi che religione e ragione possono trovare un
terreno comune.
Saluti (e grazie per il solito, profondo, commento)

Ipazia

Davintro con la solita finezza ha evidenziato la frattura profonda che separa la "religione dei filosofi" dalla religione popolare. La religione dei filosofi si riduce però ad un mero esercizio filosofico di tipo logico centrato sulla critica razionale dell'immanente mettendone in mostra i limiti. Limiti sui quali banchetta la religione popolare inventandosi un superamento totalmente illusorio che Pascal nobilita nella sua scommessa nella quale è però impossibile non vedere il carattere utilitarista e retorico.

Ben più arduo è il compito di una spiritualità a-teistica che non oltrepassando i limiti deterministicamente ammissibili si sforza di fondare i suoi valori su ciò che l'immanenza offre, valorizzandola. Impresa che dalla scuola ionia in poi continua ad insegnarci a vivere in questo mondo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

#8
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Maggio 2019, 20:19:29 PM
Ciao Anthony
Sì, forse è più opportuno parlare di "fede" o "spiritualità" che non di "religione" (il qual
termine richiama a precise forme storiche).
Condivido anche il richiamo ad Hegel nel senso di un richiamo alla "sintesi" di materialità
ed idealità che è, attenzione, necessaria, cioè ineludibile.
Nel clima post-parmenideo si è creduto che "razionale" fosse solo: "ciò che è visto con l'occhio"
(contro Parmenide che invece affermava: "la ragione, non l'occhio, vede il vero"), e tale è
rimasto fino ai nostri giorni (dove a dominare è l'"evidenza empirica").
Ecco, il mio post è volto a cercare di recuperare quella, chiamiamola, "razionalità nascosta"
(nelle misteriose lande della spiritualità) che finora è stata ritenuta oggetto di mera "fede".
saluti


Ma l' evidenza empirica non é di certo inconciliabile con la razionalità!

Anzi, una razionalità bene intesa chiede (o meglio: impone) di tenere criticamente conto dell' evidenza empirica.
La quale, anche se razionalmente criticata "a dovere", "seppellisce" Parmenide, Severino e "affini".
(MI scuso per l' abuso di virgolette).



Credo che la razionalità non sia ai assoluta, non possa esserlo, se non come aspirazione limite cui asintoticamente tendere ...é il caso mio personale).

Dunque si può essere credenti in religioni o meno più o meno razionalisticamente a seconda dei casi (poi personalmente ritengo che essere razionalmente atei sia più conseguentemente razionalistico che essere religiosi, anche "nel modo più razionalistico possibile" (ma qui ci sarebbe troppo da argomentare...).

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Maggio 2019, 21:24:12 PM
sono convinto che, in fondo, anche le profonde elucubrazioni dei sapienti nascondono malamente quella che è la "comune paura": la morte come ritorno in quel Nulla dal quale proveniamo...
Citazione
Con Epicuro dissento categoricamente!




Sono altresì convinto che pagine bellissime in merito siano quelle de: "L'uomo in rivolta"
(Camus), nelle quali il sottovalutatissimo filosofo "isola" quella che è un pò la "madre
di tutte le rivolte": la rivolta metafisica come rivolta dell'essere finito contro la sua
stessa finitezza.
Citazione
Atteggiamento sommamente irrazionalistico da me aborrito (sempre in buona compagnia di Epicuro).





sgiombo

Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2019, 12:12:22 PM
Davintro con la solita finezza ha evidenziato la frattura profonda che separa la "religione dei filosofi" dalla religione popolare. La religione dei filosofi si riduce però ad un mero esercizio filosofico di tipo logico centrato sulla critica razionale dell'immanente mettendone in mostra i limiti. Limiti sui quali banchetta la religione popolare inventandosi un superamento totalmente illusorio che Pascal nobilita nella sua scommessa nella quale è però impossibile non vedere il carattere utilitarista e retorico.
Citazione
Però un atteggiamento razionalistico impone di "fregarsene altamente" (almeno a livello teorico puro, prescindendo per comodità di ragionamento da molte questioni pratiche; in particolare politiche - economiche - sociali) dei "banchetti" coi quali la religione popolare potrebbe ingrassarsi, per cercare la verità "a qualsiasi costo".




Ben più arduo è il compito di una spiritualità a-teistica che non oltrepassando i limiti deterministicamente ammissibili si sforza di fondare i suoi valori su ciò che l'immanenza offre, valorizzandola. Impresa che dalla scuola ionia in poi continua ad insegnarci a vivere in questo mondo.
Citazione
Ohibò (in senso positivo"; forse qui ci starebbe bene una faccina...): "deterministicamente"?

Ipazia

Sì, una spiritualità dell'immanenza deterministicamente limitata (nascita-morte) che Nietzsche chiamava amor fati.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Caspita!

Ci tieni proprio ad evitare accuratamente di darmi soddisfazione, nemmeno per isbaglio (me ne farò una ragione).

Almeno potevi indorare la pillola citando anche Spinoza e la "libertà come consapevolezza della necessità".

(Ah, se non fossi un "fondamentalista dell' abolizione delle faccine"...)

0xdeadbeef

#13
Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2019, 12:12:22 PM

Ben più arduo è il compito di una spiritualità a-teistica che non oltrepassando i limiti deterministicamente ammissibili si sforza di fondare i suoi valori su ciò che l'immanenza offre, valorizzandola. Impresa che dalla scuola ionia in poi continua ad insegnarci a vivere in questo mondo.


Ciao Ipazia
Beh sì, sono sostanzialmente d'accordo.
Del resto anche M.Weber, che è uno dei pensatori che più ammiro, si esprime più o meno in questi
termini: "se non si è capaci di sopportare virilmente tutta questa indeterminazione, ci si rifugi
fra le braccia compassionevoli della religione".
Senonchè questa visione, diciamo, "da vero macho" (...) a volte sbatte contro quelle che, parafrasando
Hegel, definirei "dure repliche della vita"...
Sembra che persino Leopardi, prima di morire, si sia confessato e comunicato...(e spero sia vero, perchè
me lo renderebbe immenso, infinito)
saluti

Pio

Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Maggio 2019, 16:50:21 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2019, 12:12:22 PMBen più arduo è il compito di una spiritualità a-teistica che non oltrepassando i limiti deterministicamente ammissibili si sforza di fondare i suoi valori su ciò che l'immanenza offre, valorizzandola. Impresa che dalla scuola ionia in poi continua ad insegnarci a vivere in questo mondo.
Ciao Ipazia Beh sì, sono sostanzialmente d'accordo. Del resto anche M.Weber, che è uno dei pensatori che più ammiro, si esprime più o meno in questi termini: "se non si è capaci di sopportare virilmente tutta questa indeterminazione, ci si rifugi fra le braccia compassionevoli della religione". Senonchè questa visione, diciamo, "da vero macho" (...) a volte sbatte contro quelle che, parafrasando Hegel, definirei "dure repliche della vita"... Sembra che persino Leopardi, prima di morire, si sia confessato e comunicato...(e spero sia vero, perchè me lo renderebbe immenso, infinito) saluti


Si, Leopardi si è confessato e comunicato. C'è anche una lettera dello stesso Leopardi al padre scritta prima di morire che lo conferma oltre alla nota presa in una parrocchia napoletana. Sembra anche che abbia voluto mangiare un bel po' di dolcetti di cui era goloso anche se gli facevano molto male.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

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