Perché il perdono è indispensabile per arrivare alle vette delle spiritualità?

Aperto da Freedom, 28 Marzo 2021, 11:18:54 AM

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Freedom

La premessa necessaria che non ho potuto mettere nel titolo del thread (altrimenti occupava troppo spazio e non ci sarebbe stato tutto) è: "se per vette della spiritualità intendiamo amare gli altri come sé stessi".

Ebbene, se è così, allora per amare di un tale amore gli altri è necessario giungere al perdono. Quello totale, assoluto. In altre parole <il porgere l'altra guancia>.

Altrimenti non ce la si fa. Perché la vera difficoltà, nell'amare gli altri, è superare i loro difetti. Come si fa ad amare una persona che si comporta male? Non solo il classico delinquente ma proprio quello che ci taglia la strada in automobile, il vicino di casa rumoroso, il collega fastidioso, sino ad arrivare a quelli che ci fanno veramente male: i nostri amici, i nostri familiari! I figli, solitamente, per legge di natura! ci "costringono" ad amarli oltre ogni limite immaginabile. E però un limite c'è anche in questo caso.

Se si perdona, se si porge l'altra guancia allora non ci sono più limiti. Si può amare tutti senza riserve. Dopo diventa quasi facile. Ecco perché quelli più avanti nel cammino ci dicono che la perfezione consiste nel porgere l'altra guancia.

Questa riflessione riguarda il metodo, la strada. Come tuttavia percorrere questa via non è al momento nelle mie possibilità di comprensione. Non posso esprimere nessuna indicazione se non un generico: deve necessariamente intervenire la Grazia dell Spirito.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

bobmax

Ma la Grazia non può che giungere dalla Verità.

Perciò non è più questione di "perdonare".
Perdonare chi? Perdonare che cosa?

Semmai, attraverso la Verità, possiamo essere colti dalla compassione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Il perdono è un tema che mi ha sempre affascinato. Proprio oggi ascoltavo la testimonianza di E. Bruck su radio 3 "https://it.m.wikipedia.org/wiki/Edith_Bruck."
Quando fu liberata insieme a sua sorella, accettò di fare il viaggio di ritorno, da Bergen Belsen all'Ungheria insieme a collaborazionisti ungheresi, che avevano aiutato i loro carnefici nazisti. Divisero il cibo, che gli americani davano esclusivamente a loro, per disprezzo nei confronti dei collaborazionisti. E al termine del viaggio, le ringraziarono con il classico "che Dio vi benedica". In quel perdono fatto di "azioni concrete", E. Bruck racconta di aver trovato la pace e anche la speranza che quelle persone perdonate avessero, attraverso il perdono, cambiato le loro idee di sopraffazione.
Dal mio punto di vista laico, non ritengo tutti i "perdoni" con lo stesso significato e valore. Il perdono dei cristiani nella fossa dei leoni è un perdono senza conseguenze, se non nella successiva iconografia martiriologica cristiana.
La vita prosegue e i carnefici si rinforzano nel loro pensiero di dominio, considerando quel perdono, un simbolo di debolezza.
Il perdono, ricco di significato, avviene quando gli "iniqui", i "prevaricatori" sono messi di fronte alla loro responsabilità e a quel punto spetta alla vittima perdonare. In altre parole il perdono per essere "vivo" è un processo intersoggettivo , che diventa crescita collettiva, solo quando chi ha sbagliato è messo di fronte al suo errore, da un potere più grande, statale, sovrastatale, ma comunque fornito, potenzialmente, di mezzi di coercizione. Dal perdono può nascere la sospensione della punizione e/o la riconciliazione sociale, secondo il modello famoso della Commissione per la verità e la riconciliazione in Sudafrica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve freedom. Citandoti : "La premessa necessaria che non ho potuto mettere nel titolo del thread (altrimenti occupava troppo spazio e non ci sarebbe stato tutto) è: "se per vette della spiritualità intendiamo amare gli altri più di sé stessi"".

Viene evidentemente confermato che io sono uno zuccone che non riesce a comprendere cose che - per chi la pensa come te - risultano, a quanto pare, seraficamente ovvie.

Per te e chi la pensa come te il vertice della spiritualità consisterebbe nel trovarsi ad esercitare l'amore nei confronti di altri (e non certo di sè stessi, mi par di capire).

Ma l'amore in sè mi sembra essere la massima espressione del sentimento, ed il sentimento - appunto - sembra a sua volta rappresentare la massima espressione della spiritualità. Sei d'accordo o la pensi diversamente ?.

Ora, io trovo che l'amore consista nel volersi appropriare del bene che sta fuori di noi oppure - a seconda delle circostanze - nel voler venir inclusi dal bene che sta fuori di noi. Dico bene.....sei d'accordo o la pensi diversamente ?.

Quindi io dedurrei che che l'amore riesca ad esprimere il massimo del proprio valore spirituale grazie solamente alla propria intensità, e non certo grazie alla direzione in cui si rivolge. Dico bene o la pensi diversamente ?.

Perciò il fatto che io ami l'altro più di me stesso.........piuttosto che io ami me stesso più dell'altro.........a mio parere lascia perfettamente invariato il valore della pulsione amorosa..........l'una situazione - dal punto di vista spirituale - dovrebbe risultare perfettamente simmetrica ed equivalente all'altra !! Sempre amore è.

Due donne dovevano andare tutti i giorni alla fonte caricandosi d'acqua. Esse erano profondamente egoiste e, quando si incrociavano lungo il percorso, si gettavano a malapena un'occhiata l'un l'altra e proseguivano lamentandosi e sbuffando.Un bel dì esse lessero - ciascuna per conto proprio - l'invito all'altruismo di un certo Freedom e ne furono come folgorate : decisero che - dal giorno successivo - avrebbero abbandonato l'egoismo per dedicarsi entrambe al dar sollievo alle fatiche dell'altra.Le rividi l'altro giorno : portavano ciascuna l'identica tanica da 30 litri, lungo l'identico percorso. sempre sbuffando e tirando le medesime "saracche". Ma sembravano contente di star facendolo non per proprio lurido egoismo, ma per ragioni di altruistica amorevole spiritualità.

Ma, caro freedom...............la mamma non ti ha mai insegnato che se - di colpo - tutti diventassimo altruisti.................il numero totale ed il peso totale dei problemi del mondo non cambierebbe di una virgola ?.

Comunque non preoccuparti. Sono io  che non capisco certe cose, ed è per quello che il mondo va male ! Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Freedom

Citazione di: Jacopus il 28 Marzo 2021, 12:06:50 PM
Il perdono, ricco di significato, avviene quando gli "iniqui", i "prevaricatori" sono messi di fronte alla loro responsabilità e a quel punto spetta alla vittima perdonare. In altre parole il perdono per essere "vivo" è un processo intersoggettivo , che diventa crescita collettiva, solo quando chi ha sbagliato è messo di fronte al suo errore, da un potere più grande, statale, sovrastatale, ma comunque fornito, potenzialmente, di mezzi di coercizione. Dal perdono può nascere la sospensione della punizione e/o la riconciliazione sociale, secondo il modello famoso della Commissione per la verità e la riconciliazione in Sudafrica.
E' un concetto utilitaristico del perdono. Che va già molto bene considerando la vena giustizialista così diffusa al giorno d'oggi. Ed è certamente una grande occasione di riscatto per colui che è oggetto del perdono.

Non è tuttavia il perdono che intendo, anche nella sua accezione non cristiana, che è totalmente gratuito. E che andrebbe dato indipendentemente dall'atteggiamento di cui che dovrebbe riceverlo.


Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Salve freedom. Citandoti : "La premessa necessaria che non ho potuto mettere nel titolo del thread (altrimenti occupava troppo spazio e non ci sarebbe stato tutto) è: "se per vette della spiritualità intendiamo amare gli altri più di sé stessi"".

Viene evidentemente confermato che io sono uno zuccone che non riesce a comprendere cose che - per chi la pensa come te - risultano, a quanto pare, seraficamente ovvie.

Per te e chi la pensa come te il vertice della spiritualità consisterebbe nel trovarsi ad esercitare l'amore nei confronti di altri (e non certo di sè stessi, mi par di capire).
No bè, non più di sé stessi ma come sé stessi. Non so perché mi viene da scrivere così ma ci abbiamo già fatto sopra un lungo thread nel quale concludevo che va benissimo come sé stessi. Il mio è un eccesso di zelo che salta sempre fuori ;D Appena me ne sono ricordato ho modificato ma, evidentemente, avevi già quotato.
Comunque ai fini di questa discussione non mi pare che sia un aspetto decisivo ed infatti non mi pare, se ho ben compreso, che ti cambi qualcosa tra >= .
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Ma l'amore in sè mi sembra essere la massima espressione del sentimento, ed il sentimento - appunto - sembra a sua volta rappresentare la massima espressione della spiritualità. Sei d'accordo o la pensi diversamente ?
D'accordo.
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Ora, io trovo che l'amore consista nel volersi appropriare del bene che sta fuori di noi oppure - a seconda delle circostanze - nel voler venir inclusi dal bene che sta fuori di noi. Dico bene.....sei d'accordo o la pensi diversamente ?
Oddio mi sembra un po' riduttivo. O forse questione di carattere. Comunque dai, stai parlando di un solo aspetto dell'amore (quello passionale) e comunque non è un concetto esaustivo quello che hai espresso. C'è l'amore per il solo amore di servire (non so, un amico, un progetto, una causa, etc.) per il solo amore di contemplare (un opera d'arte). Per esempio io non vorrei mai possedere un quadro perché so che, guardandolo tutti i giorni, ne perderei, in qualche modo, la magia del guardarlo per pochi e fuggenti attimi in un museo.
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Quindi io dedurrei che che l'amore riesca ad esprimere il massimo del proprio valore spirituale grazie solamente alla propria intensità, e non certo grazie alla direzione in cui si rivolge. Dico bene o la pensi diversamente ?
Non mi pare. Penso, per esempio, al cosiddetto "amore malato". Amare un partner che ti fa del male, una situazione che ti fa soffrire, etc. Amore che ti conduce ad uno stato di dipendenza quando va bene. La direzione è non solo importante ma proprio decisiva. L'intensità è un elemento ma nemmeno il più importante. Forse la durata lo è di più.
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Perciò il fatto che io ami l'altro più di me stesso.........piuttosto che io ami me stesso più dell'altro.........a mio parere lascia perfettamente invariato il valore della pulsione amorosa..........l'una situazione - dal punto di vista spirituale - dovrebbe risultare perfettamente simmetrica ed equivalente all'altra !! Sempre amore è.
Bè forse qua ci troviamo d'accordo considerando la mia rettifica: amare gli altri come te stesso. Anche se, a ben guardare un conflitto nasce nel momento in cui, per esempio, ci sia un solo bene a disposizione per due desideranti. A meno che il bene non si possa dividere. Se infatti amo una donna ed amo te ed amo me stesso come la mettiamo? Come vedi, e come tenterò di dimostrare nel prossimo concetto che stiamo esaminando; la matematica  mal si addice a questi ragionamenti.
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Due donne dovevano andare tutti i giorni alla fonte caricandosi d'acqua. Esse erano profondamente egoiste e, quando si incrociavano lungo il percorso, si gettavano a malapena un'occhiata l'un l'altra e proseguivano lamentandosi e sbuffando.Un bel dì esse lessero - ciascuna per conto proprio - l'invito all'altruismo di un certo Freedom e ne furono come folgorate : decisero che - dal giorno successivo - avrebbero abbandonato l'egoismo per dedicarsi entrambe al dar sollievo alle fatiche dell'altra.Le rividi l'altro giorno : portavano ciascuna l'identica tanica da 30 litri, lungo l'identico percorso. sempre sbuffando e tirando le medesime "saracche". Ma sembravano contente di star facendolo non per proprio lurido egoismo, ma per ragioni di altruistica amorevole spiritualità.
Questo ragionamento, apparentemente inattaccabile secondo la ferrea logica con la quale è forgiato, appare, almeno ai miei occhi, non appropriato per discutere di argomenti come l'amore ed il perdono. Le relazioni tra gli esseri umani, nonostante siano certamente influenzati dalla logica matematica e dunque dalla legge, non possono essere interpretate esclusivamente dalla logica matematica medesima.

E' talmente complessa e articolata la realtà delle cose e delle persone che, necessariamente, bisogna considerare tutti gli elementi in gioco o almeno quelli che vediamo.

Se per esempio, una delle due donne fosse zoppa, incinta, etc. esse, di comune accordo, potrebbero decidere di dividersi il carico 40/20. La cui somma fa certamente ancora 60 ma non è più la stessa cosa che hai mostrato tu.


Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Ma, caro freedom...............la mamma non ti ha mai insegnato che se - di colpo - tutti diventassimo altruisti.................il numero totale ed il peso totale dei problemi del mondo non cambierebbe di una virgola ?
Non vorrei sembrare esagerato ma ci tengo molto allo stile, all'eleganza e al garbo. E quindi la mamma la tirerei fuori, anche se comprendo che il tuo è solo un modo di dire, per ben altri argomenti. Per quanto riguarda il numero totale ed il peso totale dei problemi del mondo è vero che non cambierebbero ma muterebbe la loro distribuzione. E, forse, ne usciremmo tutti migliori. Perché non provare?
Citazione di: viator il 28 Marzo 2021, 14:12:13 PM
Comunque non preoccuparti. Sono io  che non capisco certe cose, ed è per quello che il mondo va male ! Saluti.
Non fare la vittima! 8) :D
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

viator

Salve Freedom. Bravo. Mi piace la rapidità e la precisione con la quale tu sai replicarmi. Complimenti. L'argomento potrebbe riempire la biblioteca dell'Hermitage di San Pietroburgo (ex Leningrado), e la maggior parte di esso dovrebbe stare nei suoi cortili a godersi le piacevolezze del clima locale.

Una piccola precisazione solamente : Citandoti : "C'è l'amore per il solo amore di servire (non so, un amico, un progetto, una causa, etc.) per il solo amore di contemplare (un opera d'arte). Per esempio io non vorrei mai possedere un quadro perché so che, guardandolo tutti i giorni, ne perderei, in qualche modo, la magia del guardarlo per pochi e fuggenti attimi in un museo".
Ma ciò di cui parli qui sopra che c'entra con l'amore ? Chi ama servire etc. lo fa - con ogni evidenza - per facoltà e non per obbligo, quindi per soddisfare un proprio personale impulso e desiderio, quindi è solo un egoista che fa ciò che placa i suoi personali bisogni e tendenze, ottenendo - magari in modo indiretto ma sempre rigorosamente incidentale - effetti utili al prossimo !

Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Perdona Freedom, ma io sono attirato dalle assurdità allo stesso modo in cui i mosconi sono attirati da altre sostanze. Ricitandoti ancon più brevemente: "Per quanto riguarda il numero totale ed il peso totale dei problemi del mondo è vero che non cambierebbero ma muterebbe la loro distribuzione. E, forse, ne usciremmo tutti migliori. Perché non provare?".
Perchè non provarci ?. Eh, già........tanto abbiamo quasi nulla da fare. Anche un certo Hitler un bel dì si chiese : ma perchè non provarci ?. Tanto le prove sono tutte gratis !. E successe quel che doveva succedere. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander

Buonasera





«  Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.   (Luca 6,27-31)


Un'interpretazione che tenga in considerazione l'ambiente storico e culturale ebraico dell'epoca ci dice che, all'epoca, quando si colpiva una persona inferiore per condizione socio-economica, una persona misera, lo si faceva con il dorso della mano. Se però l'altro "porgeva l'altra guancia" il persecutore si trovava davanti a  un dilemma: la sinistra veniva usata per scopi "impuri" e quindi  un colpo con quella mano non sarebbe stato fatto. Si poteva sì dare uno schiaffo a mano aperta, o un pugno, ma quel gesto era considerato una sfida e quindi come una dichiarazione di uguaglianza. Di fatto, "porgendo l'altra guancia" i miseri e perseguitati chiedevano l'uguaglianza.
Un'interpretazione più figurata, che tiene in considerazione il fatto che Gesù insegnava spesso utilizzando metafore, potrebbe essere quella che mette in evidenza il non reagire al male con il male, ma tenendo invece un atteggiamento opposto. Se uno mi insulta, non reagisco insultandolo a mia volta, ma me ne vado per non litigare e far precipitare la situazione, o uso un tono conciliante, ecc. In questo caso "porgere l'altra guancia" significa presentare un'altro volto,  opporre il positivo al negativo e, quando non è possibile, semplicemente non ricambiare con la stessa moneta. Perdonare può essere inteso così come lo sforzo per non cadere nella provocazione malvagia altrui, che però non è un atteggiamento passivo e inerte, ma un'azione opposta: mostrare un volto benigno ("l'altra guancia"). La frase viene infatti posta al termine di una serie di inviti a tenere una condotta opposta a quella che verrebbe istintivo fare: all'odio opporre l'amore; fare del bene a quelli che invece vogliono il vostro male; dire bene di quelli che invece dicono male di voi, ecc.
Perdonare è poi in definitiva proprio questo e presenta due aspetti positivi: Non cedo alle mie inclinazioni negative  (la "guancia oscura" la chiamerei in senso figurato) e, coltivando quelle benigne, posso diventare un punto interrogativo per la persona che invece cede ad esse.




bobmax

In gioco vi è sempre la Verità.

Sei disposto a entrare nell'inferno in nome della Verità?

Perché è proprio questo che ti si chiede con l'ama il prossimo tuo come te stesso.
Di cercare la Verità, a costo di andare all'inferno!

Perché sei tu e solo tu a condannarti.

In nome di cosa?

Della Verità!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

Non vedo il perdono necessariamente legato alla spiritualità, e la possibilità di perdonare dipende dalla capacita' di immedesimarsi nell'altro. Più ci riesco più il perdono diventa esercizio consequenziale e quindi lieve.
La fatica consiste invece nel riuscire ad immedesimarsi.
Amare gli altri come te stesso è facile quando riesci a rispecchiarti negli altri.
Mi sembra quindi qualcosa di molto umano.
Oserei dire perfino che un perdono, che il perdonato non percepisca come derivante da comprensione , possa essere controproducente. Immagino sarebbe percepito come un gesto di superiorità che rafforza nell'altro la sensazione di semtirsi escluso, e magari proprio da questa condizione di disagio potrebbe derivare il suo male agire.
Quando Gesù dice " Chi è senza peccato scagli la prima pietra" ci invita ad immedesimarci.
Non ci invita ad un atto di superiorità.
Un perdono genuino non può non produrre riconoscenza e sentimento di fratellanza.
Ma un perdono che derivi dall'applicazione asettica di un precetto non serve a nessuno, ne' a chi lo da' , ne' a chi lo riceve.
Riassumendo, non riuscire a perdonare, cosa più facile che no, è un fallimento completamente umano, e vale anche il suo viceversa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paul11

 Non è così semplice, a parer mio, l'argomento del perdono.
Prima di tutto ho una tale stima di chi perdona, da ........amare chi sa perdonare.
Penso che chi perdoni sia più prossimo alla Verità.
Chi compie una colpa, in qualche modo viene assoggettato come un debito ( di cui si accennava in altro topic). Chi crea una colpa crea uno squilibrio che spesso viene compensato con un altro squilibrio. Se si reca danno, la colpa deve essere compensata. Sostengo che il perdono sia un insegnamento , il migliore, il non far patire una colpa. Se l'insegnamento viene recepito da chi ha compiuto la colpa, lo segnerà per sempre interiormente e capirà a sua volta che dovrà perdonare.
Non è normale reiterare colpe dopo essere stato  perdonato , c'è un problema "mentale". Oppure va compreso nel suo problema. In questo mondo fallibile, dove tutti sbagliano e tendono "a nascondere la mano", perdonare è capire la persona , e capire è un po' amare e confessare è la vera espiazione, dire i motivi per cui si è sbagliato.
Se ogni vita, vale una vita, e non c'è quantità o qualità intima umana che possa essere requisita, chi può mai giudicare dal punto di vista assoluto? Chi conosce talmente la verità del mondo da potersi ergere a giudice dell'animo altrui? La colpa non corrisponde all'animo, è un atto non l'intimo umano. Il perdono è più alto quindi del giudizio , poiché non si riferisce all'atto della colpa, bensì all'animo umano: da anima a anima e lì è difficile mentire. Il giudizio riguarda la colpa, il perdono lo spirito; nei tribunali degli ordinamenti sociali e politici si giudica la colpa, il reato e il fine è la salvaguardia sociale della polis; ma nello spirito si sa che è impossible il giudizio che va oltre la colpa, incide sullo spirito .

InVerno

Il perdono può esistere solamente quando il giudizio è già stato espresso, io penso che per le "vette spirituali" bisorrebbe esercitare l'astensione dal giudizio (per i credenti, lasciandolo a Dio, per i non credenti, filosoficamente) e solamente nel caso non si sia riuscito a fare ciò, tentare di perdonare, cioè di annullare l'acredine che di quel giudizio era vettore. Impostare il discorso sul perdono, è un pò come impostarlo sulla penitenza, implicita ammissione dell'impossibilità di guarire il problema alla radice, e di doverlo sempre curare a posteriori. Lo stesso discorso sulla "tolleranza" che implicitamente è il superamento di qualcosa da tollerare, mentre il rispetto è qualcosa che può essere dato a priori. Perciò, se l'obbiettivo sono "le vette", la mia idea è che bisogna puntare più in alto del perdono, muoversi di anticipo, guarire, non curare.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

bobmax

All'inferno ti condanni perché non hai amato quando avresti dovuto.

La ricerca della Verità porta all'inferno.

Ho amato più me stesso del mio prossimo.
E questo è il male.

Gesù porta la legge a compimento.

Da: "Io sono colui che sono"
A: "Ama il prossimo tuo come te stesso"

Questo riconoscimento conduce all'inferno.

E lì Dio è certo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

Io penso che se tutti diventassimo altruisti, sarebbe la stasi del mondo, perché al culmine della disponibilità a servire non ci sarebbe chi servire, nessun egoista a manifestare i problemi i desideri e la sofferenza a cui gli altruisti dovrebbero porre rimedio, quindi gli altruisti sarebbero come un immenso esercito in attesa dell'ordine di un generale silenzioso, che non darà mai nessun ordine.


Se tutti diventassimo egoisti, hobbesianamente le forze di azione umana nella possibilità di plasmare il mondo si contrasterebbero perfettamente tra di loro e di nuovo non ci sarebbe nessuna azione, nessun movimento, sarebbe una mischia così furibonda da essere composta da individui e forme di fatto indistinguibili, e quindi di una stasi.


Direi che la compresenza di egoisti e altruisti, o di gradi di egoismo e di altruismo nello stesso individuo, è quindi necessaria alla dinamica e alla distinguibilità dell'azione e dell'essenza umana.


Il porgere l'altra guancia ha a che fare con l'amore (intendo più che con il perdono), insomma con l'amare i malvagi anche se sono malvagi, il che non è ovviamente facile, perché se preso sul serio, come precetto e corso d'azione, vuol dire offrire alla loro malvagità, alla malvagità dei malvagi intendo, una vittima volontaria: la belva umana non è acquietata, ma anzi rinfocolata, dalla serie infinita delle suo vittime involontarie, che la fuggono o la contrastano, ma il maestro spirituale che si sacrifica, che si offre al martirio, lo fa nella convinzione "folle" che con una vittima volontaria la cosa possa essere diversa, e la belva possa esistenzialmente e psicologicamente calmarsi, quello che pensa chi porge l'altra guancia rispetto allo schiaffeggiatore è un "io ti do quello che vuoi anche se quello che vuoi è male, perché l'amore viene prima del giudizio" quindi non si vuole vedere nel malvagio a cui si porge l'altra guancia un sadico "sadiano", quindi un essere che intrinsecamente disdegnerebbe per noia la vittima volontaria e se ne andrebbe a cercare di involontarie, in questo senso irredimibile, ma un soggetto desiderante che tenta di obbedire ad una legge del desiderio in senso lacaniano, e quindi può non solo essere indifferente alla componente di volontarietà o involontarietà delle sue vittime, ma, nel migliore dei casi, pre-ferire la vittima volontaria, scoprendo così che alla base della sua furia "malvagia" che lo portava a schiaffeggiare vi era null'altro che il desiderio del desiderio, il desiderio, prescindente da ogni oggetto, che l'altro desideri il proprio stesso desiderio, e dunque l'amore.
Condividere lo stesso oggetto del desiderio è inimicizia e guerra, condividere lo stesso desiderio è amore e pace.

Il perdono invece ha a che fare con il recupero della disponibilità del passato alla volontà creatrice, se il passato non ferisce, o comunque non ferisce in modo così grave da essere incompatibile con il progetto per il futuro e la voglia di vivere, lo si può volere come passato, anche solo come pegno e prezzo da pagare per qualcosa che si pensa valere più di esso.
Viceversa, se non si vuole il passato, non si vuole quella cosa che, per definizione, a valanga, sommerge ogni lasso di tempo finito, il tempo è fatto in modo tale che ogni segmento di tempo finito si "passatifica", quindi non volere il passato è la fine, il destino di fallimento, di ogni volontà creatrice cosciente che voglia esercitarsi in un tempo finito, come ad esempio quella animale, quella umana, ogni volontà che non sia quella di Dio ammesso che esista.


Tale necessità di perdono vale però solo per la piena coscienza, perché un'entità istintuale, pulsionale, magmatica, cieca, direi che potrebbe agire anche senza perdonare sul passato semplicemente "prendendolo per la coda" dal futuro stante una struttura circolare del tempo, quindi è specificamente nella coscienza che la disponibilità del passato alla volontà si ricollega con la necessità del perdono perché è nella coscienza che il passato si costituisce falsamente e illusoriamente come immodificabile: entità e volontà puramente re-attive sono al di fuori di questa illusione.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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