Perché Gesù è dovuto morire in croce per liberarci dal peccato originale?

Aperto da sterpiu, 02 Dicembre 2017, 10:26:44 AM

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Loris Bagnara

Citazione di: Angelo Cannata il 31 Marzo 2018, 23:13:52 PM
Come hai scritto tu stesso, la fede fa il tragitto più breve, cioè non ha bisogno di fondarsi sulla scienza, né sulla filosofia; ha il dovere di mantenersi in dialogo con esse, ma dialogare è diverso da fondarsi. Se per avere fede intendi aspettare di avere prima sufficienti elementi forniti dalla scienza o dalla filosofia, allora non solo non giungerai mai alla fede, ma l'eventuale fede a cui giungerai sarà una fede falsa, distorta, perché fondata su elementi che non possono fondare la fede.
La tua concezione della fede è esattamente quella che ha mandato al rogo milioni di persone per eresia, stregoneria e simili. Allora si doveva credere alla lettera della Bibbia e ai dogmi, anche se i concetti espressi nelle lettera della Bibbia e nei dogmi erano palesemente in contrasto con nuove le nuove acquisizioni della scienza, e perfino in molti casi difficilmente sostenibili dal punto di vista logico e razionale.
Hai ammesso tu stesso, Angelo, che la Chiesa ha dovuto rivedere il proprio atteggiamento, e che ha capito di dover evitare di mettersi in contrasto con la scienza. Il dialogo di cui tu parli, fra fede e scienza, per me è pura ipocrisia: la fede cerca disperatamente di conservare il proprio potere sulle coscienze degli individui, e per far questo cautamente apre alle nuove scoperte, ma un po' alla volta, per timore d'essere spazzata via in un sol colpo.

Io credo che se gli esseri umani sono dotati di sensi e ragione, debbano usare questi strumenti fin dove è possibile spingerli. Non è pensabile che il creatore ci abbia fornito di strumenti di conoscenza che non devono essere usati, e che usandoli si arrivi a una conoscenza (tu la chiami "fede") "falsa e distorta". Allora Dio sarebbe davvero lo Yaldabaoth degli gnostici.
La verità è una, e non ci può essere disaccordo fra gli strumenti che ho a disposizione per raggiungerla.

La fede è uno strumento potente, che però ha il difetto di non impedire che si possa credere ciecamente anche alle più incredibili fesserie. La storia è piena di questo, e anche il cristianesimo, purtroppo.

Quindi, che cosa può farci evitare di cadere in madornali errori? Semplice, gli altri strumenti che abbiamo a disposizione: sensi e ragione.
Anziché correggere le verità di fede man mano che la conoscenza scientifica progredisce, faccio l'operazione contraria.
Prima costruisco un solido basamento di conoscenze scientifiche, e questo mi evita gli errori più madornali.
Su questo basamento, costruisco un secondo livello con la ragione, con la filosofia, e questo mi evita gli errori più sottili, incongruenza interne e varie assurdità (ad es. i concetti di un Dio infinito e di creazione dal nulla, che sono incompatibili fra loro).
Infine, quando ho scartato tutto quello che so per certo comportare errore, solo allora uso lo strumento della fede, per sostenere innanzitutto di fronte a me stesso la verità che mi pare più adatta a fornire le risposte che cerco.
Certo, la fede fa il percorso più breve ed è quella che raggiunge il cielo, ma solo se parte dal punto più favorevole: altrimenti, il cielo non lo raggiunge. Se non per puro caso o per predestinazione, per grazia divina; ma a me ripugna credere che uno si salvi e l'altro no "per puro caso", o perché predestinato...

Mi interessa però approfondire la tua personale visione cristiana, Angelo.
Da quel che dici non puoi essere cattolico. E da quel che hai scritto riguardo al Dio dell'antico testamento, e alle sue "colpe" nei riguardi del peccato di Adamo ed Eva, ci avviciniamo alla posizione degli gnostici per i quali il Dio dell'AT, Yaldabaoth, era un Dio malvagio, e il vero Dio "buono" era oltre.
Lo gnosticismo, nelle sue varie correnti, è stata forse la concezione prevalente fra i cristiani fino a quando la chiesa non si è saldata con l'impero, per pure questioni di potere, e allora tutte le correnti gnostiche furono messe al bando e perseguitate, fino a farle quasi scomparire. Anche la messa al bando del concetto di reincarnazione, molto diffuso fra i primi cristiani, fu bandito per una pura questione di potere.
Potrebbe essere gnostica, la tua visione? E perché non potrebbe accogliere l'idea di reincarnazione, che non è esclusa in alcun luogo del NT?
Mi chiedo anche, Angelo, quale sia la tua posizione riguardo al dogma trinitario. Questo dogma è certamente frutto di un'elaborazione teologica successiva, proprio come il concetto del peccato originale e del potere salvifico del sacrificio di Cristo.
E sulla resurrezione fisica dei corpi? Questo è un concetto che personalmente trovo fra i più - chiedo scusa, ma è il mio sentire - grotteschi (e anche inutili, considerato che l'anima già è immortale) fra quelli mai elaborati da una religione.
E ci sarebbero molte altre questioni, ma mi fermo qui. Grazie, se vorrai rispondere.

Suttree

Citazione di: Loris Bagnara il 31 Marzo 2018, 22:08:28 PM
Buona questa!  :D
E' vero, ma questo significa dire che il cristianesimo è stato inventato dai Padri della Chiesa, quelli che peraltro hanno selezionato i testi che supportavano la teologia da loro elaborata, e scartato gli altri come apocrifi.
Questo significa mettere in crisi un bel po' di cose.
Intanto ci sarebbero tutti gli apocrifi da considerare, con tutti i diversi punti di vista.
E poi, potrei mettere in dubbio la realtà stessa della resurrezione: e se fosse frutto di una manipolazione per supportare una certa teologia?
Aggiungiamoci quel che dice Angelo, e cioè che l'AT è un atto di accusa contro Dio. Sono pienamente d'accordo.
Tanto d'accordo che, a mio avviso, l'AT non è nemmeno da considerare in generale un insieme di testi di ispirazione divina.
Ma allora? L'AT è inservibile. Quanto al NT, come detto sopra, si spalancano molti dubbi e incertezze.
Stando così le cose, mi pare impossibile trarre dalla storia di Gesù Cristo più che un messaggio di carattere etico. Elevatissimo, certo.
Ma nessuna delle grandi risposte che io, ad esempio, cerco, e che mi fanno propendere per altre dottrine (la teosofia, nello specifico).

Concordo con te, il cristianesimo come religione istituzionalizzata fu confezionata dai padri della Chiesa, e credo debba il 90% del suo successo a Paolo. Questo però è altro discorso sia dal messaggio di Gesù, sia dalla realtà o meno di ciò che lui affermò di essere, resurrezione compresa.
Devo dire che proprio le differenze tra i vangeli canonici, mi fanno pensare ad una trascrizione più o meno veritiera. Se invece fossero stati tutti più o meno concordi nella narrazione
avrei pensato ad un riediting pesante. E' come per gli alibi, quando son troppo perfetti, quasi sempre hai trovato l'assassino :D Oltretutto, a differenza di quanto si pensasse, la loro datazione è stata retrodatata e gli storici li ritengono scritti nell'attuale forma già dal primo secolo.
Anche la non eliminazione di passi francamenti scomodi mi fa ritenere che si sia tentato di non alterare le parole di Gesù. Cosa dire infatti del passo di Luca in cui preannuncia il suo trionfante ritorno imminente, per giudicare tutti e in quella stessa generazione?
L'esegesi di quelle frasi ha fatto andare ai matti generazioni di teologi, con notevolissime arrampicate sugli specchi :)

Suttree

A proposito poi del peccato originale, è ovvio che non essendo in natura possibile un monogenismo stretto per nessuna specie, l'idea di una realtà storica di Adamo ed Eva viene a cadere. E quindi, chi avrebbe commesso questo peccato originale? L'idea del sacrificio di Gesù per emendarci da questo peccato, è una palese aggiunta di Paolo.
Gesù, mi ripeto, non ne ha fatto alcun cenno.

Angelo Cannata

Loris, la fede non si può costruire su basi scientifiche per il semplice fatto che Dio non potrà mai essere individuato dalla scienza, né dimostrato in maniera stringente, capace di resistere alla critica, da alcun tipo di ragionamento filosofico. Ciò è dovuto non a qualche limite di misura della scienza o della filosofia, nel senso che ci sia pur sempre speranza di arrivarci in futuro, ma ad una differenza fondamentale di ambiti di azione.
Dio, per definizione, trascende il mondo fisico, si pone in modalità relazionali con l'uomo che pongono in questione ogni nostra concezione del mondo fisico. Ciò è simboleggiato dalla relazione di Dio con i miracoli, indipendentemente dal fatto che essi siano veri o falsi. Il fatto che nelle religioni Dio venga collegato al miracolo è, tra l'altro, un linguaggio che esprime il suo essere infinitamente superiore al mondo fisico, ma superiore non nel senso di fisica superiore ad altra fisica. Ad esempio, l'universo, nella sua infinità nel piccolo, nel grande, nelle caratteristiche, è infinitamente superiore alla scienza, ma si tratta comunque di caratteristiche che la scienza può pretendere di indagare. Ma nel caso di Dio non è questione di misura o di complessità; è questione di trascendenza, cioè di incommensurabilità, di superiorità tale che non potrà, per principio, mai essere raggiunta a partire da ciò che è fisico. Se Dio, nel miracolo, decide di manifestarsi nel fisico, ciò viene sempre interpretato come sua decisione di abbassarsi, accondiscendere al bisogno dell'uomo. Sta qui l'errore fondamentale di tutte le superstizioni: il pensare che, siccome nel miracolo Dio incontra il mondo fisico, allora sia possibile la strada inversa, cioè giungere a lui semplicemente a partire dal mondo fisico. Ma ciò è escluso per principio, perché per principio Dio si relaziona con l'uomo come un essere del tutto irriducibile a qualsiasi cosa concepita come fisica, al punto da mettere in questione il significato stesso della parola essere, esistere. Dio è oltre ciò che riusciamo a pensare come oggetto del verbo essere, esistere; il verbo essere è troppo poco, del tutto insufficiente, per poter essere applicato a Dio. Per fare un paragone, è come se un atomo volesse tentare di capire il cervello: il cervello può tentare di capire l'atomo, ma la via inversa è troppo sproporzionata, del tutto estranea per poter essere anche solo immaginata.

Ora, sembra che tu però interpreti la trascendenza di Dio di cui ho appena parlato come inevitabilità, per conseguenza, di dover interpretare la Bibbia in maniera letterale. A dire il vero, sei stato proprio tu a reclamare come migliore l'interpretazione letterale della Bibbia, nel messaggio n.22 di questa discussione, quindi, se c'è qualcuno che manderebbe al rogo persone, saresti proprio tu.
Hai chiamato ipocrisia il dialogo della fede con la scienza, ma ciò sarebbe vero se si dimostrasse che in questo dialogo venga tradita almeno una delle due, la scienza oppure la fede. Ciò non è mai stato dimostrato, se non da chi abbia preteso di avere qualche monopolio su come la fede debba essere interpretata.

Riguardo a me, sono un ex prete e dopo aver lasciato il sacerdozio ho portato avanti la via che già seguivo da prete, cioè un continuo approfondimento di una visione delle cose antimetafisica, cioè che sottopone a critica radicale i concetti di realtà, essere, oggettività, certezza, verità, propendendo invece per una visione relativistica, soggettivista, critica e autocritica, dubbiosa su tutto e su sé stessa. In questo senso mi sono orientato verso l'ateismo, ma questo termine è del tutto inadeguato, perché, una volta che pongo in questione il concetto stesso di essere ed esistere, per me non ha senso dire né che Dio esiste, né che non esiste. Infatti conservo una stima totale per la religione in cui sono cresciuto, per la Bibbia, per Gesù, per qualsiasi religione e anche per le superstizioni; non nel senso che creda alle superstizioni, ma nel senso che le ritengo manifestazioni importantissime della natura umana, allo stesso modo in cui possiamo considerare importantissime religioni come quella degli Egizi, oppure dei Greci, non perché i loro déi siano veri, ma perché testimoniano profondità dell'animo umano impossibili da individuare con la scienza. Dico profondità, nel senso di quelle raggiungibili anche con le arti, come la letteratura, la musica, la pittura; non intendo riferirmi a facoltà extra sensoriali o fantomatici poteri, che hanno il difetto di cui ho detto sopra, di pensare di raggiungere il trascendente per la via inversa.

Angelo Cannata

Citazione di: Suttree il 01 Aprile 2018, 11:58:05 AMAnche la non eliminazione di passi francamenti scomodi mi fa ritenere che si sia tentato di non alterare le parole di Gesù. Cosa dire infatti del passo di Luca in cui preannuncia il suo trionfante ritorno imminente, per giudicare tutti e in quella stessa generazione?
Non esiste una maggiore aderenza dei Vangeli alle parole di Gesù, rispetto a ciò che possiamo trovare, ad esempio, in Paolo. Ci può essere una maggiore vicinanza sul metodo, nel senso che i Vangeli raccontano la fede sotto forma di racconto della vita di Gesù, mentre Paolo si dedica maggiormente ad esaminarne le conseguenze teologiche. Ma tutte le volte che i Vangeli affermano che Gesù fece oppure disse una certa cosa non è possibile dare per scontato che egli abbia davvero fatto o detto quella cosa. Le parole di Gesù nei Vangeli non sono state soltanto alterate, ma perfino inventate di sana pianta; ciò è facilmente deducibile, ad esempio, quando leggiamo la trascrizione dei suoi pensieri più intimi e delle preghiere che egli rivolse al Padre nel suo cuore; non avrebbe senso né ipotizzare che ci fosse lì un giornalista pronto a trascrivere le cose che Gesù diceva, né che Gesù si sia preoccupato di mettere i suoi seguaci al corrente di ogni suo pensiero intimo o delle esatte parole con cui pregava il Padre.

Ciò non significa che riguardo alla veridicità storica dei Vangeli si brancoli totalmente nel buio. La critica storica è una scienza e riesce, attraverso la ricerca, a determinare, pur con differenti probabilità, diversi elementi della vita di Gesù che possiamo considerare storici. Ad esempio, che lui sia esistito, che sia stato messo in croce, che abbia predicato e avuto degli apostoli, sono cose che si possono pacificamente considerare verità storiche. Al contrario, non si può considerare storico tutto ciò che in lui riguarda il soprannaturale, cioè i miracoli e la risurrezione. Non poter considerare storici questi eventi non significa negarli. Negarli significherebbe già renderli oggetto di certezza storica, cioè la certezza della loro falsità. La storia non può pronunciarsi sugli eventi soprannaturali perché essa, in quanto scienza, per sua natura non è in grado di prendere in considerazione ciò che si presenta come trascendente.

Suttree

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Aprile 2018, 17:32:02 PM
Citazione di: Suttree il 01 Aprile 2018, 11:58:05 AMAnche la non eliminazione di passi francamenti scomodi mi fa ritenere che si sia tentato di non alterare le parole di Gesù. Cosa dire infatti del passo di Luca in cui preannuncia il suo trionfante ritorno imminente, per giudicare tutti e in quella stessa generazione?
Non esiste una maggiore aderenza dei Vangeli alle parole di Gesù, rispetto a ciò che possiamo trovare, ad esempio, in Paolo. Ci può essere una maggiore vicinanza sul metodo, nel senso che i Vangeli raccontano la fede sotto forma di racconto della vita di Gesù, mentre Paolo si dedica maggiormente ad esaminarne le conseguenze teologiche. Ma tutte le volte che i Vangeli affermano che Gesù fece oppure disse una certa cosa non è possibile dare per scontato che egli abbia davvero fatto o detto quella cosa.
Sono d'accordo con te, ma questo l'ha ammesso perfino un jefè dei gesuiti come padre Sosa: a quei tempi non esisteva un registratore, vai a sapere davvero cos'ha detto Gesù :)

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 31 Marzo 2018, 17:00:48 PM
Citazione di: InVerno il 31 Marzo 2018, 12:35:22 PM
Come ha giustamente fatto notare Cannata, Cristo accetta il suo destino di crocifisso e gli va in contro. Addirittura alcuni apocrifi raccontano che si fosse messo d'accordo con Giuda e a tal punto accettò il suo destino. La figura di Giuda è la figura dell'ipocrita per eccellenza,il simbolo di tutto ciò che il Cristo aveva aspramente combattuto ad ogni livello, l'ipocrita evangelico non è più il semplice attore mestierante(etimo),ma colui che è attore della propria vita. La connessione tra l'ipocrisia e il peccato originale è stringente, non c'è ipocrisia senza conoscenza, perchè la prima non è altro che manipolazione della seconda. Se per esempio accettassimo che Cristo avesse conosciuto le intenzioni di Giuda, faremmo di lui un ipocrita di pari grado, non a caso la dottrina ha tenuto la storia negli apocrifi. La mia impressione è che la morte di Cristo anzichè liberarci (salvezza utile alla creazione di un credo) dal peccato originale ci abbia ricordato che è ancora tra noi attraverso un gesto di denuncia definitiva, esortandoci a continuare a "portare la croce" di questo conflitto. Un messaggio estremamente importante per tutte le persone\società\organizzazioni che nell'autoreferenzialità tipica di alcune tentano di mostrarsi come pure e coese negli atti e nello spirito,e se al tempo di Cristo questa denuncia poteva essere valida per una pasciuta e autoreferenziale casta ebraico-romana, oggi assomiglia più ad una bomba sepolta sotto l'altare di San Pietro. Tutte queste diatribe logiche\teologiche saranno pure in parte dovute al cattivo approccio dello studente, ma anche per via del fatto che qualcuno ha provato a costruirci sopra uno stato etico, oggi fortunatamente ridotto al lumicino, ma di cui sopravvivono ancora le leggi assolute (dogmi) che in quanto tali provocano ovviamente infiniti conflitti logici se poste di fronte a concetti finiti. Ragionare dogmaticamente è ovviamente un ossimoro, ed è quello che mi pare sta facendo Bagnara..
Sulla prima frase su cui ho messo il neretto: non capisco come mai Gesù dovrebbe risultare ipocrita in caso di conoscenza delle intenzioni di Giuda: i vangeli infatti presentano Gesù proprio come a conoscenza delle sue intenzioni: c'è il momento in cui dice "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà" e poi, in Giovanni, "Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto»".

Riguardo al senso della liberazione compiuta dalla morte di Gesù, c'è sicuramente un malinteso, che in gran parte mi sembra si sia diffuso in tutta la Chiesa Cattolica. Il malinteso riguarda l'idea che Gesù ci abbia liberato dal peccato perché ha sofferto. Ma in realtà ciò che è liberante nell'opera di Gesù non è il fatto in sé di aver sofferto. Dio Padre non è un mostro assetato di sofferenza, disposto a cancellare il peccato solo se vede qualcuno soffrire. Anche perché la sofferenza in sé è un male e dal male non ci si può aspettare altro che male, a meno che qualcuno lo trasformi in bene, ma in tal caso, appunto, non è più male, perché è stato trasformato. Ciò che è liberante nell'opera di Gesù è la sua capacità di rendere l'uomo nuovo, rendere l'uomo in grado di compiere un salto di qualità, trascendersi, trasformarsi, elevarsi a un livello superiore. Ciò viene compiuto non dalla sofferenza in sé, ma dal modo in cui Gesù attraversò la sofferenza. Allora si può capire meglio che la venuta di Gesù possa essere considerata effettivamente trasformante, salvifica. Una difficoltà fondamentale a comprendere la salvificità di Gesù può derivare proprio da questo: l'aver identificato la sua opera di salvezza con il fatto puro e semplice di aver sofferto, aver pagato un prezzo. Quel prezzo ci fu, ma il suo valore non consiste nell'essere stato un prezzo, consiste nella sua capacità di trasformare coloro che decidono di coinvolgersi in esso.
Ho avuto l'impressione esattamente opposta quando uscì la passione di Cristo di M.Gibson, vi fu infatti una levata di scudi praticamente unanime da parte di tutto il mondo cattolico davanti al fatto che Cristo fosse stato cosi apertamente proposto nella sua sofferenza carnale. Ho interpretato sommariamente la cosa come un disgusto nel vedere il proprio idolo soffrire, e se fosse cosi questo non solo contraddirebbe la tua tesi, ma riporterebbe alla vecchia questione dell'idoloatria anzichè della fede. A parte il fatto che il film era apertamente antisemita, non ho veramente capito cosa vi fosse vi fosse di cosi tremendo nella rappresentazione di quella violenza che è chiaramente espressa nel vangelo. Non ho mai al contrario capito altre rappresentazioni ben più immacolate come quella di Zeffirelli, dove il sangue non si vede, quando chiaramente fa parte della narrazione. Onestamente io non propendo per nessun estremo a riguardo e rimando invece alla valenza biunivoca del termine "pathos", che non deve a mio avviso mancare della sofferenza carnale cosi come della tensione emotiva e intima del gesto.

@Ps. Riguardo al grassetto, nell'apocrifo non si dice semplicemente che Cristo sapesse, ma che avesse ordinato a Giuda di tradirlo, questo farebbe di lui un ipocrita (mi riferivo all'ipotetisi apocrifa)
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

La Chiesa non ha mai espresso disgusto nel vedere il proprio Dio soffrire. Al contrario, i pericoli spesso additati sono stati sul versante opposto, cioè nelle esagerazioni. In ambito cattolico esistono molte devozioni popolari che indugiano proprio nell'esaltare nelle maniere più patetiche e strazianti le sofferenze di Gesù. Il difetto di questo insistere sui dolori di Gesù consiste nel suo fungere da compensazione ad un vuoto di teologia e di spiritualità. È chiaro che questo tipo di devozioni fanno più presa sul popolino, perché proprio il popolino ha maggiori difficoltà ad orientarsi verso la teologia, la meditazione, mentre risulta più facile alla commozione, al pianto, al tragico. In questo senso si usa sottolineare come le narrazioni evangeliche mostrino invece particolare sobrietà nel raccontare le sofferenze di Gesù; non si fanno scrupolo di tacerne, ma lasciano intendere che la sostanza della passione di Gesù non sta nella pesantezza delle sue sofferenze. Non è difficile, d'altra parte, immaginare che moltissime persone, nella storia di tutto il mondo, abbiano patito sofferenze ben più crudeli di quelle sopportate da Gesù. In questo senso il vero difetto di un film come quello di Mel Gibson viene ad essere lo stesso delle devozioni popolari: povertà di contenuti teologici e spirituali, mancanza di significati che facciano pensare, meditare, che suggeriscano cammini di crescita arricchenti.

Loris Bagnara

Innanzitutto grazie, Angelo, per la tua risposta: ora comprendo che hai intrapreso un tuo personale, e forse anche difficile, percorso di ricerca.

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Aprile 2018, 17:12:26 PM
Loris, la fede non si può costruire su basi scientifiche per il semplice fatto che Dio non potrà mai essere individuato dalla scienza, né dimostrato in maniera stringente, capace di resistere alla critica, da alcun tipo di ragionamento filosofico. Ciò è dovuto non a qualche limite di misura della scienza o della filosofia, nel senso che ci sia pur sempre speranza di arrivarci in futuro, ma ad una differenza fondamentale di ambiti di azione.
Dio, per definizione, trascende il mondo fisico, si pone in modalità relazionali con l'uomo che pongono in questione ogni nostra concezione del mondo fisico. [...]

Ora, sembra che tu però interpreti la trascendenza di Dio di cui ho appena parlato come inevitabilità, per conseguenza, di dover interpretare la Bibbia in maniera letterale. A dire il vero, sei stato proprio tu a reclamare come migliore l'interpretazione letterale della Bibbia, nel messaggio n.22 di questa discussione, quindi, se c'è qualcuno che manderebbe al rogo persone, saresti proprio tu.
Hai chiamato ipocrisia il dialogo della fede con la scienza, ma ciò sarebbe vero se si dimostrasse che in questo dialogo venga tradita almeno una delle due, la scienza oppure la fede. Ciò non è mai stato dimostrato, se non da chi abbia preteso di avere qualche monopolio su come la fede debba essere interpretata.

Riguardo ai punti di cui sopra, aggiungo quanto segue a chiarimento del mio pensiero.

1) La trascendenza di Dio. La mia visione è assolutamente monista: l'universo (o meglio, gli infiniti universi) sono manifestazioni dell'UNO, e dunque tutto partecipa della stessa sostanza fondamentale. In questo contesto il concetto di trascendenza non ha senso, e pertanto, invece acquista pienamente senso e legittimità il percorso che suggerisco io, dal basso verso l'alto, dalla scienza verso il divino attraverso l'uso della ragione. Questo non per definire scientificamente e matematicamente il divino (un'area inafferrabile resterà sempre e comunque), ma per mettere a fuoco e per restringere il campo della ricerca e delle possibili soluzioni. E poi perché, come dicevo, ritengo che il cosmo sia armonia, che l'alto sia come il basso (fondamentale principio ermetico) e che tutti gli strumenti convergano verso la stessa verità.

2) Interpretazione letterale della Bibbia. Io credo che in primo luogo si debba verificare se l'interpretazione letterale del testo possa avere un significato concreto (magari anche teologicamente scomodo), prima di proporre interpretazioni allegoriche, simboliche, o comunque più alambiccate. A mio avviso, moltissimi passi dell'AT potrebbero essere semplicemente letti in senso letterale, ma questo condurrebbe verso uno scenario incompatibile con la teologia. Per me, quindi, l'AT è essenzialmente un documento storico, un resoconto di fatti concreti (un resoconto magari, a volte, ingenuo e semplificato) dove alcuni di questi fatti sono raccontati in un linguaggio che, ai nostri occhi, diventa "mito". Insomma, io non manderei nessuno al rogo perché non crede a quel che è riportato in un documento storico...

3) L'ipocrisia del dialogo scienza fede. A mio avviso, proprio la fede è stata tradita, usandola come strumento contro la scienza, e poi ritraendo la mano, facendo quasi finta di nulla. Con l'imposizione delle verità di fede (una fede ottusa e dogmatica) Galileo è stato prima costretto all'abiura, e poi riabilitato quattro secoli dopo. Peggio è andata a Giordano Bruno, che, oltre ad aver perso la vita, non so se sia nemmeno stato riabilitato. Ora la chiesa propone delle verità di fede più sfumate, più aperte all'interpretazione simbolica, ben attenta a non andare contro le verità della scienza; ben attenta a mantenere il proprio "orticello" e a conservare il controllo sulle coscienze. Una sorta di spartizione di territori fra grandi potenze: la Chiesa riconosce la sovranità della Scienza nel suo territorio, e la Scienza restituisce il favore. E' questo che intendo per ipocrisia.

Angelo Cannata

Faccio delle annotazioni in corrispondenza dei tre punti che hai esposto.

1) Si creano sempre confusioni, aporie, contraddizioni, se si parte da un contesto e poi gli si vogliono applicare le regole di un contesto diverso; sarebbe come iniziare una partita di calcio e a metà della partita continuare a giocare, ma usando invece le regole della pallavolo. È un'operazione che ho visto compiere a tanti, partire dalla religione cristiana e poi proseguire la riflessione attenendosi a presupposti ad essa estranei, come per esempio il monismo a cui hai fatto riferimento. Non è vietato fare questo, ma bisogna anzitutto avere consapevolezza che si stanno applicando ad un contesto delle regole ad esso estranee; in secondo luogo, sarà senz'altro di giovamento alla discussione chiarire che si sta facendo quest'operazione, altrimenti si pesca nel torbido. In questo senso non è vietato che tu parta dal Cristianesimo e poi decida di proseguire applicandovi qualsiasi tua ideologia. È bene però aver chiaro che cosa si sta facendo, cioè non ti stai più muovendo nel Cristianesimo, ma stai producendo una tua libera creazione. Con operazioni del genere non ha senso poi lamentarsi col Cristianesimo per eventuali incoerenze che ne risultano: è ovvio che devono risultare delle incoerenze, perché hai deciso di applicare idee che al Cristianesimo sono estranee. Operazioni del genere possono anche essere compiute per tentare di evidenziare elementi che in apparenza non appartengono al Cristianesimo, ma si ritiene che in realtà ne debbano far parte. Anche questo si può fare, ma ciò che conta è sempre la stessa cosa: fare chiarezza su ciò che si sta facendo. In fondo questo è proprio ciò che fece Gesù con la sua religione ebraica: vi applicò princìpi che furono sentiti come estranei ad essa, ma lui rivendicava che si trattasse di princìpi che in realtà ne erano, o avrebbero dovuto esserne, parte fondante.

2) Come ho detto già sopra, l'interpretazione letterale della Bibbia non è né la più elementare, né la più pulita, perché c'è sempre di mezzo la nostra mentalità moderna. Ritenere, ad esempio, che, quando nella Bibbia si parla di un'apparizione, la prima cosa più semplice da fare sia interpretarla alla lettera, in realtà non significa dare al testo il significato più semplice; significa invece applicare ad esso la nostra mentalità di moderni sul significato di apparizione. La nostra mentalità di moderni è condizionata da secoli di evoluzione della scienza e della filosofia, con la conseguenza che per noi oggi il termine apparizione assume una rilevanza, un significato, di una portata completamente diversa rispetto a ciò che esso aveva nella Bibbia. Nel contesto della Bibbia manca, ovviamente, tutto il presupposto mentale di tipo scientifico e filosofico che ognuno di noi oggi si porta nella mente senza accorgersene. Di conseguenza, quello che a noi oggi può sembrare il significato più semplice e immediato della parola apparizione è in realtà tutt'altro che semplice, tutt'altro che immediato, nient'affatto pulito; pensare di interpretare alla lettera significa in realtà applicare alle parole scritte migliaia di anni fa la portata che esse hanno nella mente di noi moderni. Questo significa applicare alle parole significati ad esse estranei.

3) Parlare di tradimento della fede significa aver stabilito che cosa la fede debba essere. Si può fare, ma bisogna chiarirlo. Nel momento in cui tu ritieni che un aggiustamento della fede, mirato a creare accordo con la scienza, sia un tradimento della fede, stai presupponendo che la fede da rispettare, da non intaccare con aggiustamenti, sia quella immaginata da te. Ma la Chiesa ti risponde che la fede autentica non è quella immaginata da te, è piuttosto quella che essa difende proprio attraverso gli aggiustamenti. Non è detto che sia sempre la Chiesa ad avere ragione. Anche in questo caso ciò che conta è chiarire, avere consapevolezza delle operazioni che si stanno facendo.

InVerno

Citazione di: Loris Bagnara il 02 Aprile 2018, 10:16:24 AM2) Interpretazione letterale della Bibbia. Io credo che in primo luogo si debba verificare se l'interpretazione letterale del testo possa avere un significato concreto (magari anche teologicamente scomodo), prima di proporre interpretazioni allegoriche, simboliche, o comunque più alambiccate. A mio avviso, moltissimi passi dell'AT potrebbero essere semplicemente letti in senso letterale, ma questo condurrebbe verso uno scenario incompatibile con la teologia. Per me, quindi, l'AT è essenzialmente un documento storico, un resoconto di fatti concreti (un resoconto magari, a volte, ingenuo e semplificato) dove alcuni di questi fatti sono raccontati in un linguaggio che, ai nostri occhi, diventa "mito". Insomma, io non manderei nessuno al rogo perché non crede a quel che è riportato in un documento storico...

Levi Strauss ha ben chiarito in metafora questa che tu chiami "ingenuità" attraverso la metafora del bricolage (mito) opposto all'ingegneria (scienza).(si badi bene, senza nessuna denigrazione del mito, anzi) Sebbene sia il bricoleur che l'ingegnere abbiano una propria progettualità, e si potrebbe cadere in errore pensando che la comune ricerca d'ordine e di progetto risulti in un significato equiparabile..l'ingegnere sviluppa il suo progetto ED i mezzi per svilupparlo ED anche i materiali più adatti.Il bricoleur al contrario ADATTA il progetto agli strumenti che già possiede, ed ai materiali a disposizione che non sono altro che un tesoro di oggetti che "un giorno potrebbero servire" accumulati in un deposito, e che vengono riadattati al caso del progetto. In questo sta la geniale definizione del mito come "tesoro di idee".
E' ovvio che il risultato finale del mito, ciò che ad esempio si può leggere sfogliando le pagine di AT, possa essere compreso solamente se si hanno ben chiari sia i mezzi che i materiali a disposizione del "bricoleur mitologico" perchè il progetto muta di pari passo con essi.
Cannata ha accennato alla questione diacronica, su cui in precedenza avevamo discusso e dove io propugnavo l'incomprensibilità dei testi per l'impossibilità di reperire il lettore originale, ma essa non basta a rendere l'idea della complessità di interpretazione del testo, che non può in nessun caso essere ricondotto ad un significato letterale perchè ciò significherebbe che il materiale (i concetti) sarebbe stato ingegnerizzato dal mitografo, cosa semplicemente non vera. Come si interpreta perciò una traversata del deserto che AT racconta come quarantennale, quando sappiamo che una guida medio-esperta può oggi percorrere lo stesso percorso in meno di due giorni? Con una semplice esaltazione del gesto? Le pecore erano testarde? Un ingenua voglia di rendere eroico ciò che non lo era? Ma non è che i palestinesi del tempo fossero proprio cosi fessi eh..Smettiamola di "primitivizzare", nel senso di guardare con paternalismo storico il "primitivo" pensando di trarre conclusioni semplicemente depotenziandone i termini, perchè è una metodologia che ha sistematicamente portato all'errore. Peraltro, gli ebrei hanno speso fior fior di quattrini per validare la storicità di AT, e con forti motivazioni essendo che sarebbe statala chiave di volta della diatriba palestinese. Mai soldi furono buttati peggio nel cesso (dal punto di vista di chi voleva convalidare storicamente), perchè il risultato è stato esattamente l'opposto. Ancora una volta l'unica maniera vagamente sensata di interpretare questi passi è attraverso il raffronto con altri mitologie assimibilabili, ovvero il raffronto tra "autori" che disponevano pressochè degli stessi mezzi e degli stessi materiali per eliminare essi dall'equazione e far risplendere la sola progettualità della mitopoetica. Cosa che ad esempio è vagamente praticabile per particelle mitologiche comuni (es. miti genesiaci di una determinata area) ma molto più difficilmente per altre questioni fortemente connotate, che sono in realtà la maggior parte, sopratutto in AT, un testo fortemente incentrato sull'etnicismo  ebraico.
Lo stesso tuttavia si applica anche alle religioni di per se, in risposta al tuo punto uno, il dialogo interreligioso è la chiave per scremare tutto ciò che è mezzo e materia e lasciare intatto il progetto (spirito) della religione (intesa come ciò che è vivo oggi in essa, non le sue origini).Ma dialogo interreligioso non significa sincretismo, quella è la fine del dialogo,il dialogo si fa tra due diversi, se si vuol fare un calderone unico di tutte tranciando minimi comun denominatori il dialogo sparisce, è un soliloquio all'interno di una dimensione immaginaria. Ieri ho sentito uno storico inquadrare la pasqua cattolica come una generica esuberenza di primavera (per via della data), un ormone primaverile imbizzarrito, dicendo che è normale, in tutti gli uomini in primavera "si sveglia qualcosa"..anche agli Aztechi! E se anche agli aztechi veniva duro, di che dubitare oltre?
Anche in un ottica monista, che vorrei azzardare come anche la mia e che ricordo sempre nella metafora Ghandiana "tutti i fiumi partono dalla montagna",bisogna comunque rispettare il percorso dei singoli fiumi, non arrivare alla foce dove tutti arrivano al mare, e pensare di essere arrivati invece alla sorgente! C'è una comunanza di bassa altitudine (mezzi e materiali) e i percorsi d'altura (per citare Eckart), la loro spiritualità, ma essi sono al di la dei segni e dei concetti, per questo la scienza davanti ad essi è inerme e sono folli coloro i quali pensano di poter percorrere gli stessi degli antichi semplicemente leggendo dei testi, qui sta l'elemento magico fondamentale delle religioni, nell'idea che il segno possa conservare quasi "in vitro" l'esperienza\punto di vista dell'autore\i e che esso possa essere rievocato attraversola ripetizione. Nel tuo caso quindi, ti proponi attraverso il significato letterale di dare un significato storico, e finisci dritto dritto nel significato religioso\magico, E' puro pensiero magico (nel senso di simpatico, che cerca simpatie tra elementi eterocliti incomunicabili) ed è cosi instillato nella nostra cultura che persino il razionalista più fervente non se ne riesce a fare una ragione, e magari si crederà capace di estrarre il significato originario di tauromachie paleolitiche o di mitogrammi litici "di per se", come se ne possedessero uno assoluto. Che vuoi che sia? Basta immaginare di avere le scarpe di pezza e il culo di fuori e il gioco è fatto..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

La mia personale esperienza sui testi antichi ebbe ,diversi anni fa, uno "scontro" con italiano che vive nei pressi dell'India e che per passione si "divertiva" a tradurre  i testi vedici(conosceva perfettamente il sanscrito) e compararli con altre tradizioni.
Mi ci è voluto tempo per capire che aveva ragione e a quel punto comincia a "vedere" la cultura antica  da una diversa prospettiva con un suo linguaggio.

La prima cosa da fare è cercare di avere il testo 'originale. 
La seconda è la traduzione LETTERALE.
La terza è compararla con altri scritti di quella tradizione e se è possibile  in riferimento a quel testo che si studia e poi di altre tradizioni.

Il risultato è che i testi antichi non sono trascendentali (è solo dopo che compaiono le spiritualità e le religioni),sono molto più
"materiali" di quanto la nostra cultura attuale li abbia interpretati.

La parte spirituale dei veda indiani nasce dopo .
Le interpretazioni religiose dei testi ebraici è stata continuamente rielaborata a qualche secolo prima di Cristo.

Ad esempio, quando Angelo Cannata, ha riportato il testo parziale di Genesi (la Bereshit ebraica) ha giustamente capito che letteralmente  è più "materiale" di quello che convenzionalmente oggi potremmo interpretare.
Infatti la religione ebraica è più materiale del cristianesimo che tende al trascendentale.
Non voglio quì dare miei giudizi se sia giusto ,sbagliato, ecc.

Se è vero che il cristianesimo ha origine dalla tradizione ebraica, essendo Gesù ebreo, c'è una netta discontinuità che va oltre alla persona messianica che rappresenta (disconosciuto dagli ebrei che ancora l'attendono) secondo il cristianesimo della figura di Gesù, ma furono le interpretazioni dei Padri della Chiesa, soprattutto Paolo a veicolare il pensiero cristiano in un certo modo (ribadisco a prescindere dai giudizi personali che si possono dare).

Il peccato origianale non esiste nella tradizione ebraica, ma proprio per niente.
Vi fu un'interpretazione fra il tempo di Adamo fino alla venuta di Gesù e infine quella che sarà la seconda venuta finale del Messia.
Quello che fecero i Padri della Chiesa  era di cercare di dare una continuità razionale dalla genesi alla fine dei tempi

jsebastianB

Citazione di: Loris Bagnara il 01 Aprile 2018, 10:10:59 AME sulla resurrezione fisica dei corpi? Questo è un concetto che personalmente trovo fra i più - chiedo scusa, ma è il mio sentire - grotteschi (e anche inutili, considerato che l'anima già è immortale) fra quelli mai elaborati da una religione.

Infatti questo principio dottrinale è ben riscontrabile negli ultimi articoli dei 2 Credo ( sia quello detto "Symbolo" ( credo nello S.Santo..ecc... la resurrezione della CARNE )-
che niceno-costantinopolitano ( aspetto la "resurrezione" dei morti e la vita eterna che verra' ).

Qui vogliono far intendere tutto l' opposto non solo di quanto annunciava il grande dottrinario di Tarso.. quanto lo stesso Rabbi storico ( la metafora della donna maritata con 7 mariti..) -

Cosa si vorrebbe significare con resurrezione ? Concetto questo del tutto sconosciuto (per secoli e secoli) nel giudaismo - 
Comparira' infatti solo con l' avvento dei Maccabei e/o ol famoso capitolo 7 di Daniele - e questo per la contaminazione degli ellenisti..
Si doveva elaborare una nuova dottrina per i martiri della fede, per coloro che non avrebbero  ricevuto - quaggiu' - la ricompensa dall' IddioYahwè. - -  I fatti di Antioco IV permisero cosi' di elaborare quanto appreso dai greci..ecc...eccc...

Tale nuova dottrina fu cosi' recepita e accettata dai farisei - ma non dai sadducei.. e il Tarso era un fariseo.   

Ma lo stesso Saulo considerava "stolto" colui che intendeva il RI-torno quaggiu' come una nuova esistenza - piuttosto la resurrezione la si doveva intendere come quella del (suo) Messia/Cristo Pneumatico ( Primizia della resurrezione !) - da qui quel suo famoso passo:
- carne e sangue non  erediteranno il regno...ecc...eccc...  
 
Ma i dogmi dei 2 credo non farebbero intendere quanto siano "stolti" gli appartenenti al Nuovo popolo degli eletti ?

jsebastianB

Citazione di: paul11 il 03 Aprile 2018, 11:58:30 AMSe è vero che il cristianesimo ha origine dalla tradizione ebraica, essendo Gesù ebreo, c'è una netta discontinuità che va oltre alla persona messianica che rappresenta

Non mi pare.. Anzi proprio il contrario. 
Gli autori dei testi evangelici si sforzano di ripetere come l' avvento del Rabbi storico abbia completato/adempiuto (!) Tutte le profezie a suo tempo annunciate dai diversi autori delle Scritture. 

In questa sublime figura, pur sempre PRE-scelta/PRE-stabilita secondo l' insondabile disegno dell' Iddio, sono comprensive tutte le prerogative, cosi' come ruolo e funzioni del tanto atteso Unto/Consacrato/Messia nel personaggio del figlio di Giuseppe.. quali:
- discendente di Davide (Natan) 
- re pacifico (Zaccaria) 
- l' EmanuEL (Isiaia) 
- servo sofferente (Deutero-Isaia) 
- figlio del' uomo (DaniEL)..eccc..ecc... 

Semmai la discontinuita' con l' ebraismo riguarderebbe la sua PRE-esistenza e - poi - la sua elevazione/innalzamento a rango divino - cosa inaudita per il giudaismo.. poichè tutti i precedenti Unti/Consacrati mai hanno Oscurato/ridimensionato la Signoria e Regalita' dell' Iddio-monoteista !     
                                         ---------------------------

Tu scrivi: soprattutto Paolo a veicolare il pensiero cristiano in un certo modo


Proprio con il Tarso prende avvio quell' imponente impalcatura dottrinaria.. che ben poco in comune ha con la religione professata e praticata (e mai messa in discussione) dal Gesu' della storia. 

MA l' avvento dell' islam ha fatto RI-entrare - trionfalmente - l' esiliato Iddio-monoteista sulla scena della storia ! 
Con questa religione il cristianesimo si dovra' contendere la supremazia.

Socrate78

Ma davvero volete paragonare il Cristianesimo con i suoi valori di pace, giustizia, valori che anche un ateo può perfettamente esprimere nella sua vita con l'Islam? Io non ho problemi a definirmi assolutamente antislamico: Maometto fu tutto tranne che una brava persona, fu massacratore di ebrei e di avversari religiosi e politici, a mio avviso impostore e consapevole falsario, non ha fatto altro che copiare a man bassa dalla Bibbia imitando praticamente tutto, a cominciare dall'Arcangelo Gabriele che gli avrebbe dettato tutto il Corano. Maometto era violento, per la mia morale PEDOFILO (sposò Aisha a 9 anni!), ha portato solo odio e divisione nel mondo perché ha scatenato una serie di conflitti con la cristianità e con gli altri popoli che non condividevano l'Islam. Egli sapeva a mio avviso che tutto quello che proponeva era falso, voleva solo potere e sfruttava il suo notevole carisma per affermarsi, come farebbe un aspirante re o dittatore che non si fa scrupoli a schiavizzare, alterare la storia, sottomettere popoli, predicare l'odio per ottenere un impero! E poi NON è vero, assolutamente, che fu Paolo il vero inventore del Cristianesimo, il Cristianesimo è nato con Gesù, sono gli atei a sostenere che l'inventore fu Paolo per minare le fondamenta della religione cristiana.

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