pentimento ed espiazione

Aperto da sgiombo, 10 Luglio 2016, 18:52:28 PM

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sgiombo

(Spero di non far perdere la pazienza a tutti con una nutrita serie di "premesse" di interesse per lo meno dubbio; invito chi faticasse a seguire le mie considerazioni a "saltare" oltre i cinque asterischi rossi che porrò alla fine delle premesse medesime, per entrare nel "sodo" delle considerazioni che mi sento di proporre).

Frequento di solito il forum di filosofia, che però in questi ultimi tempi mi sembra impegnato in discussioni alquanto "poco filosofiche" (e comunque per me soggettivamente poco interessanti).

Apro la presente discussione in questa sezione (dal titolo per me assai poco allettante!) perché, avendo cercato nel forum con la parola chiave "pentimento", vi sono stato indirizzato (in particolare a un intervento di Paul11 nella discussione sul perdono; e avendo constatato che quanto vorrei proporre all' attenzione dei frequentatori del forum non si prestava bene ad esservi inserito).

Spesso si pone il problema del vero o presunto "pentimento" da parte di chi ha compiuto delitti, soprattutto se particolarmente esecrabili (contro bimbi, oppure con motivazioni decisamente abbiette come intenti razzisti o indiscriminatamente terroristici).
Ricordo che la questione si pose alla mia attenzione per la prima volta negli anni '70 - '80 del secolo scorso di fronte ai primi pentimenti dei terroristi di (quelle che mi dispiace per i politicamente corretti, ma per me sono sempre state e continuano ad essere) le "sedicenti Brigate Rosse" (che, a parte l' eventuale buona fede di qualche utile idiota, di fatto hanno sempre egregiamente, diligentemente e molto efficacemente servito "il re di Prussia". Almeno nel caso delle "prime brigate rosse"; sospenderei invece il giudizio sui giustizieri dei nemici del popolo Biagi e D' Antona, che mi sembrano paragonabili a quegli anarchici di fine '800 che, come Bresci, in modo ingenuo e politicamente inefficace ma per lo meno eticamente apprezzabile -da parte mia ovviamente!- cercavano appunto per lo meno di vendicare il popolo dei soprusi dei suoi peggiori e più miserabili oppressori; ma prego i certamente numerosi politicamente corretti fra i frequentatori del forum di ignorare queste utlime mie considerazioni, certamente assai discutibili, che non ho saputo trattenere ma che non vogliono essere l' argomento principale di questo mio intervento e che non mi sembra si prestino ad essere serenamente discusse nel forum stesso: spero vi limiterete a manifestare il vostro deciso, magari sdegnato e scandalizzato dissenso senza argomentare, cosa che comunque mi guarderò bene dal fare da parte mia, anche in caso di vostre considerazioni più o meno dettagliate in proposito).



*  *  *  *  *



Per tornare a quella che a mio parere é invece una questione, oltre che interessante, anche tale da prestarsi a una serena discussione nel forum, noto che queste professioni di "pentimento" sono solitamente (direi "di regola"; e con scarsissime, "più uniche che rare" eccezioni) associate a richieste di riduzioni delle pene comminate o in attesa di essere decise dalla giustizia legale (e hanno tutta l' aria di essere suggerite dagli avvocati difensori per poterne trarre vantaggio nei processi).
E questo me le fa inevitabilmente ritenere dei puri e semplici e alquanto miserabili escamotages per cercare appunto di "farla franca" nei limiti del possibile.
Infatti le mie convinzioni in proposito, che credo fra le poche rimaste intatte dall' educazione cristiana alquanto tradizionalista che ho ricevuto in famiglia fin dalla più tenera età (mentre ho decisamente superato criticamente quasi tutte le altre da quando ho cominciato a ragionare con la mia testa), ma che potrebberio avere "radici giudaiche", oltre e forse più che "cristiane", sono che

il "pentimento" implica necessariamente come una conditio sine qua non per essere realmente tale, per essere autentico, la richiesta di "epiazione".

Senza richiesta di "espiazione" non si da sincero, reale "pentimento" (ma casomai solo furbesco tentativo di attenuare le meritate pene).
Non per niente negli ultimi anni in cui sono stato credente (nella mia ormai lontana adolescenza) il "sacramento" che prima era comunemente denominato "confessione" (dal suo aspetto più superficialmente evidente) cominciava ad essere chiamato "penitenza", che é un sinonimo di "espiazione", di sofferenza etero- o anche auto- inflitta per placare un bisogno di giustizia.

Solo chiedendo inasprimenti (e non affatto attenuazioni!) delle pene si può dimostrare un autentico pentimento per il male perpetrato, cioé il fatto di rendersi conto che il proprio agire é stato malvagio e dunque degno di punizione secondo etica e giustizia (oltre ovviamente che cercando se e per quanto possibile di rimediare, di riparare i "danni materiali, morali ed etici" perpetrati).
E solo in questo modo si può almeno in qualche misura (difficilmente valutabile) riacquistare rispettabilità etica e umana e chiedere (e auspicabilmente ottenere) "perdono" anche da parte delle vittime o dalle persone care sopravvissute alle vittime: solo alla conditio sine qua non di esigere per primi, anche indipendentemente dalla giustizia legale, di essere adeguatamente puniti, e dunque di "pagare" per ciò che si é fatto, di pagare comunque più di quanto la legge prescriva e ci si potrebbe limitare a subire, così annullando il "debito morale" (verso le vittime dirette e indirettamente verso tutta l' umanità onesta e devota alla giustizia che si sono offese) in cui si é precipitati.

Sariputra

#1
Il legame profondo tra il pentimento e l'espiazione viene mirabilmente sviluppato da quell'immenso narratore che è F.M.Dostoevskij in uno dei suoi grandi capolavori: "Delitto e Castigo".
Il protagonista, lo studente idealista Raskolnikov, dopo il brutale omicidio di una vecchia usuraia e la di lei serva, una donna inerme e pure ritardata mentalmente, matura, tra una febbre interiore e l'altra, la decisione di costituirsi e confessare il crimine. E' vero che ormai il cerchio si sta stringendo su di lui ma, al di là dei sospetti, nessuna prova può incastralo...Sarà l'incontro con la povera Sonja ( rimando al vecchio forum...) a farlo precipitare in se stesso , nella sua dimensione più umana, più autentica. Sonja come immagine, presenza del Cristo che accompagna la "discesa agli inferi" del pentito. E' proprio in questo annientamento della volontà nell'espiazione che può nascere l'"uomo nuovo". Il pentimento diventa così il primo passo verso la resurrezione, verso il rientrare in sè che abbraccia il proprio passato per superarlo e lasciarlo andare...Dostoevskij fa intendere che è nell'amore autentico che può esserci vera espiazione e vero pentimento. Da autore profondamente cristiano lo vede in una Bibbia che Sonja legge ogni giorno al carcerato Raskolnikov; una lettura che, come un balsamo, lenisce e sana lentamente, goccia a goccia, la rabbia profonda che è stata il motore primo della colpa commessa.
L'espiazione diventa una necessità per ritrovarsi e dovrebbe, come giustamente scrivi, essere accettata non con semplice, umana rassegnazione ma con spirito di sfida verso se stessi, per poter ri-nascere, per dare un senso alla parola pentimento.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2016, 18:52:28 PMil "pentimento" implica necessariamente come una conditio sine qua non per essere realmente tale, per essere autentico, la richiesta di "epiazione". Senza richiesta di "espiazione" non si da sincero, reale "pentimento" [...] Non per niente negli ultimi anni in cui sono stato credente (nella mia ormai lontana adolescenza) il "sacramento" che prima era comunemente denominato "confessione" (dal suo aspetto più superficialmente evidente) cominciava ad essere chiamato "penitenza", che é un sinonimo di "espiazione", di sofferenza etero- o anche auto- inflitta per placare un bisogno di giustizia 
Non sono troppo pratico di cristianesimo (che, se non erro, è la prospettiva a cui ti riferisci pur non essendo fedele), ma credo che il binomio espiazione-sofferenza non sia esattamente alla base della confessione: per quel che so, l'amore divino richiede pentimento sincero, ma non necessariamente castigo o punizione terrena (semmai, ciò accadrà dopo la morte, se non ricordo male...). Non a caso, il prete che confessa non prescrive autoflagellamenti o "sofferenze", ma semplicemente preghiere a conferma del pentimento ("atto di dolore" e simili...) e l'impegno a non ripetere il peccato-colpa. L'espiazione cristianamente intesa non mi pare sia sinonimo di "sofferenza etero- o anche auto- inflitta per placare un bisogno di giustizia" (cit.)
[Se ho scritto delle inesattezze chiedo a chi è più ferrato nella religione di correggermi...]


Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2016, 18:52:28 PMSolo chiedendo inasprimenti (e non affatto attenuazioni!) delle pene si può dimostrare un autentico pentimento per il male perpetrato [...] E solo in questo modo si può almeno in qualche misura (difficilmente valutabile) riacquistare rispettabilità etica e umana [...] solo alla conditio sine qua non di esigere per primi, anche indipendentemente dalla giustizia legale, di essere adeguatamente puniti, e dunque di "pagare" per ciò che si é fatto
Passando alla dimensione pubblica, lasciando dunque tra parentesi la dimensione religiosa individuale, distinguerei fra "pentimento", "perdono", "punizione": il primo resta personale (o lo si è, o non lo si è), il secondo è una concessione-risposta degli altri (della società, delle vittime, etc....), la terza è la modalità con cui si dimostra il proprio pentimento oppure è semplicemente la conseguenza delle proprie malefatte. 
L'espiazione può anche non aver nessun legame con il pentimento: non è necessario che tutti i detenuti siano pentiti di ciò che hanno fatto, eppure stanno espiando... mentre, d'altro canto, suppongo che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si sarà pentito sinceramente di ciò che ha fatto, pur non avendo poi espiato la propria colpa in nessun modo...

Non confonderei quindi il pentimento (ovvero l'intimo riconoscimento di un errore-colpa) con le possibili conseguenze esteriori di una colpa, che può portare anche all'espiazione "dimostrativa" tramite prassi religiose o sociali.
Il pentimento e l'ammissione di colpa, come ben ricordavi, possono essere solo un escamotage strumentale per arginare i contraccolpi di un errore, ma anche l'espiazione può risultare talvolta solo un escamotage per tutelare la società, almeno per qualche anno, ma senza garanzie che il colpevole non si dimostri poi recidivo e affatto pentito della colpa precedente... 
A farla breve, secondo me, il pentimento è inverificabile...

Sariputra

@ Phil scrive:
A farla breve, secondo me, il pentimento è inverificabile...


Beh...se una persona chiede di espiare una colpa  non ti sembra una dimostrazione di pentimento?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Non prendermi per misantropo, ma talvolta la diffidenza è lecita... mi viene in mente un esempio sciocco: un po' di tempo fà, un comico fece una battuta un po' pesante, o forse semplicemente fuori luogo, su un bambino obeso; la stampa pubblicò la notizia; il comico si scusò e, supponiamo, abbia poi regalato al bambino e alla famiglia 50 biglietti per i suoi spettacoli, o abbia speso con lui una giornata al parco, o... decidi tu... possiamo essere sicuri che il comico sia davvero pentito della battutaccia, avendo "espiato" tramite doni economici o di tempo personale, pur non essendo costretto a farlo? 
Ripeto che l'esempio è davvero banale, ma dimostra come talvolta anche le espiazioni (proprio come l'ammissione di colpa) possano avere una loro logica di interesse (in questo caso tutelare l'immagine pubblica e salvaguardare la carriera), ed essere un tentativo demagogico di puntare al danno minore...

paul11

Dal punto di vista del diritto, il pentimento è un ravvedimento, il riconoscimento di aver causato un'offesa, lenisce la pena ma la parte
lesa necessita di giustizia
Dal punto di vista spirituale Sariputra ha ricordato le pagine mirabili di Dostoevskiij, profondo indagatore dell'animo umano, infatti scrive anche Umiliati e offesi.
La Confessione è un sacramento e la sua procedura è un'invenzione della chiesa.
Infatti diversi cristianesimi adottano forme diverse di pentimento.Non vorrei andare fuori tema, ma l'intermediazione del prete, figura
istituzionale benchè abbia il segreto confessionale, è una strana forma di raccontare i propri errori e limiti, ovvero i peccati non direttamente a Dio ,ma a qualcuno che come al solito intercede. personalmente la ritengo una ragione storica, dove la figura del prete è il pastore del gregge è una figura di guida spirituale e pedagogica.Ha senso ,sempre a mio parere, all'interno di bassi livelli spirituali da parte dei componenti del gregge.
L'espiazione è francamente un termine  a me sgradevole, una pubblica ammenda.Allora chi tira il sasso per primo a Maddalena?
Dal delitto al castigo all'umiliazione? Il vero e sincero pentimento è interiore fra l'individuo e Dio e solo i successivi comportamenti possono dimostrare se si è ravveduti.

Sariputra

@ Phil
Deve essere sempre presente una componente di sacrificio nell'espiazione di una colpa.  Dare dei biglietti omaggio o dei gadgets ad una persona offesa non comporta certo un grosso sacrificio dal punto di vista personale. Diventa quasi una forma pubblicitaria che innalza il colpevole, che invece deve abbassare la testa...Dal punto di vista cristiano abbiamo la simbologia della Croce. Nell'atto del supremo sacrificio il Cristo realizza l'espiazione del peccato del mondo. Sacrificio di purificazione che diventa rito di propiziazione. Espiando si placa l'ira della divinità. L'espiazione, il concetto che sta alla base del termine greco Ιλασμος, si può intendere come lo sforzo umano di trarre dalla propria parte la potenza misteriosa e spesso funesta della divinità ,adirata per le nostre mancanze e in particolare per il nostro mancato ( o finto) pentimento. Solo espiando si dimostra tangibilmente il nostro sincero ravvedimento che altrimenti rimane un impulso interiore, una riflessione che, come tutte le riflessioni, muta, si trasforma con il passare del tempo e degli anni della nostra vita, arrivando persino a rimuovere inconsciamente in noi il ricordo stesso del male compiuto. Conosciamo bene gli inganni della nostra mente e come sia sempre pronta ad autogiustificarsi, a trovare validissimi motivi ( per lei...) per autoassolversi. L'espiazione va contro proprio ai desideri della mente ( "passi da me questo calice...") che rischia di escogitare e mettere in scena il "pentimento" proprio per non sacrificarsi, per non espiare, per non uscire dal proprio sè narcisistico che si alimenta proprio dalla "sensazione" del pentimento. Che inganno!...
Raskolnikov infatti è sinceramente pentito del male commesso, del duplice omicidio. A cosa serve espiare se è già sicuro di essere pentito , si chiede il giovane...ma è proprio Sonja ( il Cristo...) a chiedergli di uscire da questo inganno, di abbracciare l'espiazione per poter essere di nuovo vivo nella resurrezione. A cosa serviva morire atrocemente sulla Croce se il Cristo aveva già compreso e assunto in sè tutto il male e il dolore del mondo? Non bastava questa intima certezza, questa convinzione? Invece no...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

Ma come può chiedere un inasprimento della pena chi si pente per convenienza.
Hai ragione @Sgiombo, la stragrande maggioranza dei condannati pentiti cercano di farla franca attenuandosi le pene, altro che espiazione !
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Mariano

Avendo inserito questa discussione nella sezione del forum che tratta di spiritualità, ritengo che si debba restare in questo ambito e mi permetto di esprimere la mia personale idea.
Da Wikipedia ( che volenti o nolenti e "cui grano salis" è diventato il mezzo più rapido per chiarirsi le idee ) si può leggere che espiazione ha il significato di riparare ad una colpa scontandone la pena; nella sua accezione religiosa comporta usualmente un rito o un sacrificio compiuto per placare la divinità e renderla nuovamente propizia quando la si ritiene offesa.
Ritengo che il concetto di penitenza definita da un esterno a chi commette la colpa possa derivare dalla tradizione Cristiana alquanto tradizionalista che tutti noi abbiamo subito.
A mio avviso il vero pentimento (e che sia vero lo può sapere solo la persona che lo prova) comprende in se stesso anche l'espiazione in quanto pentirsi implica anche un profondo dolore per aver male agito.
Il voler cercare una "giusta" pena per un male commesso è un utopia che nella nastra societa spesso  può confondersi con vendetta.

sgiombo

Scrive Paul11, credo erroneamente, in un' altra discussione:

Lo stesso concetto di espiazione della colpa nella segregazione carceraria non è vista dal diritto come fine a se stessa.
Il carcere toglie dalla società una possible reiterazione nell'azione di un delitto, ovvero la persona è pericolosa socialmente.
Ma il diritto e la sua storia insegnano che il carcere deve essere il momento del ravvedimento, in cui la persona ritorna nella socialità, all a sua vita, quindi la società e la giustizia,come momenti astratti, riaccolgono nella comunità il reo, il peccatore affinchè ritorni alla sua vita sociale.Quindi il carcere dovrebbe essere il momento rieducativo.Non ha senso la pena a vita o addirittura la pena di morte.
Ma quale società può imporsi una verità così assoluta da decidere per quanto efferata potrebbe essere una colpa, un giudizio così totale per quella persona.
Quando la giustizia umana diventa astrazione IN SE' ecco che l'umanità perde i suoi significati , il pentimento perde la sua ragione, e la giustizia diventa il simulacro di una società ingiusta.




Credo sia vero.
Però personalmente non condivido la visione corrente del diritto.
Per me la punizione (il carcere) può anche contribuire a rieducare e fare reinserire a pieno titolo nella società titolo il reo, se la sua colpa non é troppo grave.
Ma secondo me il carcere é anche e innanzitutto la giusta punizione da infliggere da parte della società e da esigere anche da parte del reo se sinceramente pentito; e se la colpa é grave oltre un certo livello (per esempio omicidi plurimi e/o variamente aggravati) non può che essere "a vita" e dunque in questi casi é fisicamente impossibile possa servire a reinserire a pieno titolo nella società il reo (certe colpe sono irrimediabili; ma comunque espiabili).

Sono contro la pena di morte (anche se qualora personalmente mi sentissi in colpa e pentito per gravissime malefatte -omicidi- credo che me la infliggeri da me; come Giuda, secondo me grandissimo personaggio letterario, shakespeariano ante-litteram, che autopunendosi, e solo aurtopunendosi con adeguata severità, riacquista a mio parere dignità e rispettabilità etica) per il fatto che si può sempre sbagliare e la morte é irrimediabile; ma non sono contro l' ergastolo.

paul11

#10
Sgiombo,
mi hai "beccato", infatti ho sbagliato l'inserimento del post in altra discussione.
Aspergerò il capo di cenere al muro del pianto ,colpendomi al petto in penitenza........

No il carcere non è educare, in realtà è la socializzazione della violenza, per cui una persona sensibile o si uccide o si annichilisce moralmente, perchè dovrebbe essere seguita personalmente, cosa che nemmeno accade nella scuola di massa.
Ecco perchè il carcere è diseducativo soprattutto per i piccoli reati, quindi diventa il luogo di confino.

La vera espiazione è convivere con una colpa una vita intera, a volte è meglio finire l'esistenza che doversi accettare, e adatto che
sono strambo in certi pensieri, ritengo che siano proprio i vissuti a farci morire, così interpreto un passaggio biblico, in cui
si scrive che la durata della vita è direttamente proporzionale al decadimento spirituale, per cui oggi noi possiamo vivere al massimo 120 anni e non centinaia di anni, come prima del diluvio universale.

donquixote

Il pentimento, a mio avviso, è sempre indice di ipocrisia, anche quando è sincero o perlomeno al reo appare tale. Se ognuno agisce secondo giustizia (ovvero secondo ciò che l'attore considera tale) non ha alcuna ragione di pentirsi, anche se per la legge commette un reato. Un conto è il pentimento, che è personale, altro è l'espiazione della pena, che è un fatto sociale. Si può (e si deve, se si è "uomini") accettare e scontare la pena che la società ti infligge, ma non per questo si deve ammettere che si è sbagliato e fare atto di contrizione e sottomissione. Se ognuno è responsabile delle proprie azioni deve essere responsabile anche delle conseguenze a cui eventualmente portano, e solo le persone irresponsabili (e anche un po' vili) si comportano con leggerezza quando agiscono e poi si "pentono" con altrettanta leggerezza in modo tale da attenuare le conseguenze delle loro azioni. Socrate aveva commesso dei reati, secondo la legge di Atene: ma si è forse pentito? Ha però accettato serenamente le conseguenze delle sue azioni. Per Gesù Cristo è accaduto lo stesso. Si può pentire solo chi commette delle azioni sbagliate sapendo che sono sbagliate ("sbagliate" non significa necessariamente "contro la legge")  sperando di farla franca, ma allora anche il suo pentimento sarà falso e strumentale. Altra cosa è dire: "ho fatto questa cosa e ora non la rifarei perchè ho capito che è sbagliata", perchè in questo caso non ci sarebbe pentimento ma eventualmente "ravvedimento", ovvero acquisizione a posteriori di una ulteriore conoscenza che eviterebbe la commissione di un atto simile. Solo coloro che non vogliono o non sono in grado di sopportare le conseguenze delle proprie azioni (i vili, appunto, come Raskolnikov) possono pentirsi delle medesime e magari augurarsi di "tornare indietro" per poter rimediare.


PS: il carcere è il posto peggiore per rieducare un reo e reinserirlo nella società. Un vecchio e conosciutissimo proverbio recita: chi va con lo zoppo impara a zoppicare, quindi se si mette una persona in mezzo a tanti delinquenti come ci si può aspettare che rinsavisca? O si trova la maniera di inserirlo fra persone "buone" che con il loro esempio lo condurranno su di una "buona" strada o altrimenti meglio ripristinare il vecchio "esilio" oppure per i casi irrimediabili la pena di morte rimane la soluzione migliore: la società, il suo ordine e i suoi equilibri dovrebbero essere molto più importanti di un singolo componente della medesima perchè una società che salvaguarda i delinquenti incalliti (anche a spese e contro la  volontà di chi si comporta correttamente) non è una società civile ma una società corrotta.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Duc in altum!

**  scritto da Sgiombo:

Citazione(come Giuda, secondo me grandissimo personaggio letterario, shakespeariano ante-litteram, che autopunendosi, e solo aurtopunendosi con adeguata severità, riacquista a mio parere dignità e rispettabilità etica)

Per precisare, visto che siamo in spiritualità, il suicidio di Giuda (la sua autopunizione) potrebbe anche acquisire una rispettabilità etica, una moralità socialmente decente, ma solo dal punto di vista terrestre, generalizzando il pensiero umano, ma non agli occhi di Dio; giacché il suo gesto estremo, invece di riabilitarlo, venendo meno a 2 (Disperazione per la salvezza e Impenitenza finale) dei peccati contro lo Spirito Santo ("In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna" - Mc 3, 28-29), lo allontana maggiormente (e definitivamente, teologicamente parlando) dalla "misericordia", unico balsamo espiativo per un colpevole sinceramente contrito.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da paul11:
CitazioneNo il carcere non è educare, in realtà è la socializzazione della violenza [...] Ecco perchè il carcere è diseducativo soprattutto per i piccoli reati, quindi diventa il luogo di confino...
Non sarà educativo, ma in tanti in carcer, si riabilitano o incontrano ciò che erano molto prima di entrarvi, uscendo cambiati o trasformati per sempre (a differenza, opinione personalissima, di tanti altri che essendo riusciti ad evitarlo per sotterfugi, od a non essere stati beccati  in flagranti per pochissimo, continuano a delinquere, illudendosi anche di essere, per gli altri, interessanti modelli educativi).
Quindi penso che il discorso rieducativo nel sistema penitenziario, cada sempre, come ogni altra cosa, sul desiderio di amor proprio o amor di sé, sul senso che uno decide di attribuire alla propria esistenza.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Phil

Richiamerei in causa  la "necessità tematica" di distinguere fra la dimensione intima, personale, del pentimento:
Citazione di: paul11 il 11 Luglio 2016, 01:56:18 AMIl vero e sincero pentimento è interiore
Citazione di: Mariano il 11 Luglio 2016, 10:43:17 AMil vero pentimento (e che sia vero lo può sapere solo la persona che lo prova)
per cui 
Citazione di: Phil il 10 Luglio 2016, 23:42:12 PMil pentimento è inverificabile...
e la dimensione pubblica, in cui il pentimento va comunicato ed esternato poiché
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 09:32:08 AMSolo espiando si dimostra tangibilmente il nostro sincero ravvedimento che altrimenti rimane un impulso interiore,
[corsivo mio]
La "tangibilità" dell'espiazione, secondo me, resta comunque un gesto accessorio ed interpretabile: è il presunto pentimento che si espande fuori dal colpevole e viene palesato alla comunità, ma il pentimento può essere già completo e compiuto prima di diventare espiazione, prima di essere dimostrato (così come ogni sentimento o stato d'animo, può essere provato completamente e pienamente anche senza essere dichiarato e palesato...).
Per dirla in altri termini
Citazione di: donquixote il 11 Luglio 2016, 13:27:29 PMUn conto è il pentimento, che è personale, altro è l'espiazione della pena, che è un fatto sociale.
Mi trovo quindi in disaccordo con chi lega indissolubilmente e necessariamente il pentimento all'espiazione (Sariputra, sgiombo e Mariano se non ho frainteso), perché per me è come confondere la sfera pubblica con quella privata (e sappiamo quale delle due è la più autentica...). 
Poi, (ri)chiedo: a voi non è mai capitato di essere sinceramente pentiti senza aver espiato? O di aver "espiato astutamente" (fermo restando che non tutte le espiazioni sono fatte di sacrifici umani!)? Suvvia, possiamo pure dircelo, siamo fra ignoti forumisti  ;)

P.s.
Parentesi sul cristianesimo:
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 09:32:08 AMNell'atto del supremo sacrificio il Cristo realizza l'espiazione del peccato del mondo. Sacrificio di purificazione che diventa rito di propiziazione. Espiando si placa l'ira della divinità.
Ma in questo caso non è il colpevole (l'umanità) ad espiare, ma la divinità stessa che si incarna, si fa punire ed espia così colpe non certo sue (un bel gesto d'amore, ma è un esempio sovra-umano: nessun padre umano può espiare le colpe al posto della sua "creatura" tramite un "intermediario consustanziale"...). 
In fondo, a ben vedere, è un caso, se non il caso di espiazione-senza-pentimento... o no?

Sulla figura di Giuda
Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 14:44:32 PMil suo gesto estremo, invece di riabilitarlo, venendo meno a 2 (Disperazione per la salvezza e Impenitenza finale) dei peccati contro lo Spirito Santo[...], lo allontana maggiormente (e definitivamente, teologicamente parlando) dalla "misericordia", unico balsamo espiativo per un colpevole sinceramente contrito.
En passant, senza il ruolo di Giuda (o chi per lui) non si sarebbe compiuto il destino di Cristo... fra tutti gli apostoli è dunque quello più necessario per la nascita del cristianesimo: il suo "sacrificio" nel peccato del tradimento è la causa efficiente del sacrificio di Cristo per la redenzione... 
Sarebbe potuto uscire di scena diversamente? Certo, ma non voglio proporre "finali alternativi" perché rischierei di risultare involontariamente inopportuno e non voglio assolutamente mancare di rispetto ai credenti presenti nel forum (augurandomi di non averlo già fatto!).

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