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Paradisiaci dubbi

Aperto da viator, 24 Ottobre 2017, 15:46:59 PM

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Angelo Cannata

Approfitto della segnalazione di Apeiron del sito https://www.studibiblici.it per chiarire che comunque, sia con il sito segnalato, sia con Enzo Bianchi, siamo pur sempre nel campo della serietà e dell'impegno. Esistono altri siti e personaggi che invece non meritano neanche lo spreco di tempo di elaborare una critica, perché non dimostrano alcuno sforzo di serietà scientifica, metodica, critica, nonostante si possano comunque trovare occasionalmente osservazioni importanti anche in costoro.

Apeiron

Grazie del chiarimento Angelo ;)

Ecco ho ritenuto giusto invitare a sentire direttamente l'opinione dei cattolici perchè appunto non essendo io (in questo momento  ;D ) cattolico potrei rappresentare male la loro posizione.

Concordo con te che c'è un condizionamento, d'altronde per un credente "l'assioma" di partenza è ovviamente l'esistenza di un Dio buono ecc. La cosa interessante è che tra gli stessi cristiani (cattolici e non) c'è una grossa varietà di posizioni sulla questione. Da come vedo io la questione negli ultimi decenni si è cercato di dare più significato all'"agape" e ciò ha modificato l'usuale concezione di inferno e paradiso (evitando così la triste conclusione che chi non crede va sicuramente in quella destinazione). Per come la vedo io il messaggio è un invito ad "aprire il cuore", ad amare ecc. Il mistero della libertà però è che possiamo scegliere di condannarci alla "discarica": qui però come noti tu c'è un altro problema. Perchè Dio ci ha creati in un modo che possiamo scegliere il male (anche in fin dei conti per noi stessi)? Ecco a questa domanda credo che sia impossibile dare una risposta se non "ammettere che in fin dei conti non si sa". Si può tentare di dire che la vita non sarebbe significativa se non fossimo liberi di scegliere il male ma non sono sicuro che questo risolverebbe l'enigma. Il motivo per cui volevo tirarmi fuori da questa discussione è proprio questo: non credo sia possibile trovare una risposta che non lasci un minimo di mistero o di (apparente?) inconsistenza. Ritengo però di aver trovato in certi cattolici una posizione molto interessante che può essere importante anche nella mia vita. Per esempio non posso trovare nulla di importante nella dottrina della predestinazione.

Ad ogni modo ritengo che uno dei grossi problemi nell'interpretazione di ogni testo antico sia la contestualizzazione dei concetti oltre che ovviamente la traduzione. Per esempio il Nuovo Testamento è scritto in greco antico, lingua molto diversa dalll'italiano. E oltre a questo certe espressioni a "quel tempo" avevano un significato diverso da quello di oggi. Motivo per cui ritengo un "peccato" che pochi si rendano conto di queste "difficoltà". Mi pare che il sito https://www.studibiblici.it sia molto interessante da questo punto di vista (e anche molto "illuminante" su certi aspetti per gli interessati).

Buona Domenica!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Sì, ammetto che a volte mi faccio prendere dalla polemica e ne chiedo scusa.

Per la questione della libertà, solitamente addotta a difesa di Dio riguardo al problema della teodicea, può essere utile osservare che quello dell'inferno è un problema diverso.

Nel problema della teodicea ci si chiede come mai nel mondo c'è il male se Dio, essendo onnipotente e infinitamente buono, potrebbe eliminarlo immediatamente. Una risposta a questo problema è l'appello alla libertà umana: l'uomo può dirsi davvero libero solo se ha la possibilità di compiere anche il male. Non sto qui ora ad approfondire questa questione.

Ma nel caso dell'inferno non ci si chiede come mai c'è il male. Ci si chiede piuttosto come mai Dio compie questo male, cioè il male di privare per sempre l'uomo da ogni possibilità di redenzione o ravvedimento.

Cioè, se riguardo al problema della teodicea può esserci qualche dubbio su chi sia il responsabile del male, riguardo all'eternità dell'inferno non c'è alcun dubbio: il responsabile è solo ed esclusivamente Dio. L'uomo non ha alcuna possibilità di scegliere attivamente l'inferno come pena eterna, per due motivi: 1) come ho detto sopra, l'uomo non ha potere sul proprio futuro, non è in grado di prevedere propri cambiamenti di idea futuri, quindi non è in grado, né con la propria consapevolezza, né col proprio comportamento fattuale, di esprimere una scelta verso l'inferno come pena eterna. Egli può decidere di allontanarsi da Dio nel presente, ma non ha alcuna possibilità di dire "Io non vorrò mai più ritornare a Dio", poiché egli non ha alcuna possibilità di sapere se in futuro potrebbe cambiare idea e decidere di tornare a Dio. 2) Non è pensabile che, una volta nell'inferno, l'uomo pensi: "Sì, voglio continuare a rimanerci ancora", e così per tutta l'eternità, rinnovando continuamente la propria scelta.
Perciò è chiaro che l'eternità dell'inferno è da imputare solo a Dio e quindi la libertà umana non ha niente a che vedere con il problema.

Non vedo poi come il dare più significato all'agape, a cui hai fatto riferimento, possa riuscire ad apportare alcuna modifica al problema, nei termini in cui l'ho esposto.

Il riferimento alla lontananza del contesto storico e ai misteri delle lingue antiche è ovviamente importante, ma non deve diventare una scappatoia troppo comoda per tutte le volte in cui la teologia si accorge di fare acqua.

InVerno

Che interpretazione dare del diverso peso che ha la dimensione ultraterrena (che sia inferno o paradiso) nelle scritture e nella concezione moderna, o per meglio dire post-dantesca? Voglio dire, nel vangelo ci sono accenni alla questione inferno paradiso ma nemmeno lontanamente paragonabili al peso che essi acquisiscono successivamente, ubiquamente, sia per il mondo cattolico che protestante che ortodosso? Se si comprende anche il vecchio testamento mi sembra facile tracciare una curva dove col passare del tempo questi due questioni attirano sempre più attenzione. E ragionare su come l'uomo abbia gradualmente reagito in maniera sempre più complessa all'idea della morte mi sembra possa portare dei frutti. Risolvere le migliaia di contraddizioni logiche insite nell'idea dell'ultraterreno mi sembra un opera gargantuesca e senza fine, ci sono decine di casi limite che non hanno alcun senso e che personalmente trovo stucchevole dibattere, per esempio mi sono sempre chiesto che fine dovesse fare un uomo che al momento della morte avesse completamente perso la memoria (caso certo non unico, anzi piuttosto comune). L'idea dell'espiazione di una colpa (per noi umani) ha a che fare con un senso di responsabilità della colpa stessa, ma se di questa colpa nemmeno possiamo ricordarci? Che Dio giusto quello che fa bollire tra le fiamme un uomo che manco si ricorda che cosa ha commesso, a che pro se non la pura e mefitica vendetta verso un anima peraltro mutilata? E potremmo fare altre decine di esempi paragonando la giustizia divina alla giustizia terrena, l'unica considerazione che ne ho mai tratto è che se prese letteralmente queste considerazioni sono abominevoli per quanto infantili. Un Dio grande e sopratutto onnisciente, la sua distanza tra lui e l'uomo, potrebbe essere forse paragonata a quella tra un uomo e una formica. Anche solo immaginare un uomo che, coltivando un formicaio, avesse messo degli obblighi alle formiche, e le punisse facendole bollire in eterno per averli trasgrediti, dovrebbe essere un immagine abbastanza forte di quanto questo Dio sia assurdamente infantile. Sono i bambini che si divertono a torturare lucertole e formiche, questa idea non porta frutti a chiunque la porti avanti da un punto di vista letterale a mio avviso, anzi, allontana da un messaggio ben più interessante e costruttivo che riguarda la relazione tra uomo e morte e le dinamiche storicamente intercorse.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Citazione di: InVerno il 29 Ottobre 2017, 20:20:28 PM...questa idea non porta frutti a chiunque la porti avanti da un punto di vista letterale a mio avviso, anzi, allontana da un messaggio ben più interessante e costruttivo che riguarda la relazione tra uomo e morte e le dinamiche storicamente intercorse.
È quello che sostengo anch'io: non ha senso passare il tempo a chiedersi "che cos'è, com'è fatto, come funziona": questa è la vecchia filosofia greca ispirata dal desiderio di dominio. Ormai i secoli ci hanno mostrato che è molto sterile, inutile, chiedersi di fronte a una sedia "che cos'è"; è molto più fruttuoso chiedersi "cosa posso farci". Così per ciò che riguarda l'umano, o che lo si voglia intendere come ultraterreno, oppure spirituale: è una perdita di tempo interrogarsi sulle neuroscienze, oppure sulla fisica quantistica che ora va di moda, sull'esistenza dell'immateriale: è un lavoro che è stato già fatto per secoli e si è visto che conduce a un solo risultato: la critica dell'essere, e quindi la critica di tutto, con la conseguente sensazione di resa, fallimento del pensare.

dinamiche storicamente intercorse

Lo direi al presente: dinamiche che storicamente intercorrono. È questo il chiedersi "cosa posso farci". È questo l'andare al particolare in contrapposizione all'universale, tanto caro al pensiero greco che si era fissato con gli universalismi; procedere per narrazioni piuttosto che per ragionamenti. Credo che ci si debba convincere dell'opposto di cui finora siamo stati abituati a pensare: dire "questa verità ha valore universale" equivale a dire "questa verità non vale niente"; al contrario, dire "è mia opinione" significa dire qualcosa di serio, qualcosa che merita di essere preso in considerazione, proprio perché si presenta come particolare e non universale. Questo è seguire la strada di dinamiche storicamente intercorse. È l'opinione fa storia, crea dinamiche, crea vita, non l'appello a universalismi.

green demetr

Ma perchè l'uomo ha creato il paradiso, simbolicamente parlando ovvio?

Già la questione della resurrezione dei Morti, mi fa impallare il cervello, ma mixarlo col paradiso proprio non saprei.

Rimarebbe Dante come esempio massimo.

E cioè appunto come riflessione non dei luoghi ma all'interno dei luoghi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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