Ogni volta che lo leggo... lo trovo di una bellezza unica.

Aperto da bluemax, 07 Dicembre 2016, 10:11:10 AM

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bluemax

Citazione[font="Trebuchet MS", Trebuchet, sans-serif]Sorrise e levò lo sguardo a una foglia di pippala stagliata contro il cielo azzurro, la cui punta ondeggiava verso di lui come se lo chiamasse. Osservandola in profondità, Gautama vi distinse chiaramente la presenza del sole e delle stelle; perché senza sole, senza luce e calore, quella foglia non sarebbe esistita. Questo è in questo modo, perché quello è in quel modo. Anche le nuvole vide nella foglia, perché senza nuvole non c'è la pioggia e, senza pioggia, quella foglia non poteva esistere. E vide la terra, il tempo, lo spazio, la mente: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l'universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente.

Generalmente si pensa che una foglia sia nata a primavera, ma Gautama vide che esisteva già da tanto, tanto tempo nella luce del sole, nelle nuvole, nell'albero e in se stesso. Comprendendo che quella foglia non era mai nata, comprese che anche lui non era mai nato. Entrambi, la foglia e lui stesso, si erano semplicemente manifestati. Poiché non erano mai nati, non potevano morire. Questa visione profonda dissolse le idee di nascita e morte, di comparsa e scomparsa; e il vero volto della foglia, assieme al suo stesso volto, divennero manifesti. Vide che è l'esistenza di ciascun fenomeno a rendere possibile l'esistenza di tutti gli altri fenomeni. L'uno contiene il tutto, e il tutto è contenuto nell'uno.

La foglia e il suo corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere indipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura interdipendente di tutti i fenomeni, Siddhartha ne vide perciò la natura vuota: tutte le cose sono vuote di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'interdipendenza e del non sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che non erano mai nate, non sarebbero mai morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò Gautama, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie.[/font]

tra le varie differenze con le altre religioni che ricordo brevemente: 


  •  Non vi è alcun Dio onnipotente nel Buddismo per il semplice fatto che non potrebbe esistere, non esiste alcuna entità in grado di giudicare e distribuire ricompense o punizioni, non esiste nessun giorno del giudizio;

  • Il Buddhismo non è una religione intesa come fede e culto ad un essere soprannaturale;
  • Nessun concetto di Salvatore nel Buddhismo. Il Buddha non è un salvatore e anche se un buddhista cerca rifugio in lui, come guida incomparabile nella via della purezza, non è servile nei suoi confronti. Un buddhista è consapevole che egli non può ottenere la purezza semplicemente cercando rifugio nel Buddha o per un semplice atto di fede. Non è nel potere di un Buddha lavare le impurità degli altri;
  • Buddha non è l'incarnazione di un Dio. La relazione tra Buddha e i suoi discepoli è quella di insegnante/studente;
  • La liberazione di se stessi è unica responsabilità di se stessi. Il Buddhismo non richiede una fede cieca ed indiscutibile, bensì richiede fiducia in se stessi, auto-disciplina sforzo individuale ed analisi;
  • Prendere rifugio nella Triplice gemma (Buddha, Dharma e Sangha) non significa auto-abbandono o affidamento totale su una agenti esterni per un aiuto o per la salvezza;
  • Il Dharma esiste indipendentemente dal Buddha. Siddharta Sakyamuni il Buddha storico ha scoperto e condiviso gli insegnamenti e le verità universali con tutti gli esseri senzienti, non è né il creatore di tali insegnamenti, né il profeta di un Dio onnipotente per trasmettere tali insegnamenti;
  • Nel Buddhismo tutti gli esseri senzienti hanno la Natura di Buddha. Pertanto tutti possono diventare un Buddha a tempo debito, se si pratica con diligenza e si raggiunge la purezza della mente;
  • Nel buddhismo l'obiettivo finale è l'illuminazione e la liberazione dal samsara, piuttosto che andare in un luogo quale il paradiso;
  • Il karma è un capisaldo e riguarda il concetto metafisico sulla correlazione tra le proprie azioni e le loro conseguenze, sul mistero del cosiddetto destino e della predestinazione, in ultimo anche sulla disuguaglianza evidente del genere umano.
  • Il concetto di vacuità (ossia l'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni ma il suo esistere dipende solo da cause e condizioni esterne. Questo vale anche per la mente) è altro capisaldo del buddismo.

penso che la piu' bella e piu' importante sia il concetto di vacuità:

La vacuità è fonte di liberazione per il praticante, perché attraverso la meditazione sulla stessa, l'individuo realizza un graduale distacco dal proprio egocentrismo. E' importante però non limitarsi ad una mera comprensione intellettuale, ma cercare invece di praticarlo quotidianamente anche se molto difficile.
Per definizione, la vacuità è l'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni, intendendo qui per fenomeni sia la realtà sensibile sia i diversi aspetti dell'Io umano. 
e qui, anche grazie all'aiuto delle neuroscienze viene il bello...
Tutti i fenomeni hanno due modi di esistere; il primo è un modo di esistere convenzionale, così come è percepito dai nostri sensi ordinari, mentre il secondo è la vacuità di esistenza intrinseca. 

Quel sè illusorio che nasce nella nostra mente, che le neuroscienze definiscono come "sensazione" essenziale e prodotta dal nostro cervello per mettersi in relazione con l'ambiente esterno è, quando compresa, di una bellezza unica. La spiegazione finale e la cessazione di ogni turbamento.

ora la domanda... quando viene compresa la vacuità penso (forse erroneamente) che il resto degli insegnamenti perda di importanza (se non di significato) o qualcosa mi sfugge ?


ciao :)

giona2068

Citazione di: bluemax il 07 Dicembre 2016, 10:11:10 AM
CitazioneSorrise e levò lo sguardo a una foglia di pippala stagliata contro il cielo azzurro, la cui punta ondeggiava verso di lui come se lo chiamasse. Osservandola in profondità, Gautama vi distinse chiaramente la presenza del sole e delle stelle; perché senza sole, senza luce e calore, quella foglia non sarebbe esistita. Questo è in questo modo, perché quello è in quel modo. Anche le nuvole vide nella foglia, perché senza nuvole non c'è la pioggia e, senza pioggia, quella foglia non poteva esistere. E vide la terra, il tempo, lo spazio, la mente: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l'universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente.

Generalmente si pensa che una foglia sia nata a primavera, ma Gautama vide che esisteva già da tanto, tanto tempo nella luce del sole, nelle nuvole, nell'albero e in se stesso. Comprendendo che quella foglia non era mai nata, comprese che anche lui non era mai nato. Entrambi, la foglia e lui stesso, si erano semplicemente manifestati. Poiché non erano mai nati, non potevano morire. Questa visione profonda dissolse le idee di nascita e morte, di comparsa e scomparsa; e il vero volto della foglia, assieme al suo stesso volto, divennero manifesti. Vide che è l'esistenza di ciascun fenomeno a rendere possibile l'esistenza di tutti gli altri fenomeni. L'uno contiene il tutto, e il tutto è contenuto nell'uno.

La foglia e il suo corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere indipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura interdipendente di tutti i fenomeni, Siddhartha ne vide perciò la natura vuota: tutte le cose sono vuote di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'interdipendenza e del non sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che non erano mai nate, non sarebbero mai morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò Gautama, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie.

tra le varie differenze con le altre religioni che ricordo brevemente:


  • Non vi è alcun Dio onnipotente nel Buddismo per il semplice fatto che non potrebbe esistere, non esiste alcuna entità in grado di giudicare e distribuire ricompense o punizioni, non esiste nessun giorno del giudizio;

  • Il Buddhismo non è una religione intesa come fede e culto ad un essere soprannaturale;
  • Nessun concetto di Salvatore nel Buddhismo. Il Buddha non è un salvatore e anche se un buddhista cerca rifugio in lui, come guida incomparabile nella via della purezza, non è servile nei suoi confronti. Un buddhista è consapevole che egli non può ottenere la purezza semplicemente cercando rifugio nel Buddha o per un semplice atto di fede. Non è nel potere di un Buddha lavare le impurità degli altri;
  • Buddha non è l'incarnazione di un Dio. La relazione tra Buddha e i suoi discepoli è quella di insegnante/studente;
  • La liberazione di se stessi è unica responsabilità di se stessi. Il Buddhismo non richiede una fede cieca ed indiscutibile, bensì richiede fiducia in se stessi, auto-disciplina sforzo individuale ed analisi;
  • Prendere rifugio nella Triplice gemma (Buddha, Dharma e Sangha) non significa auto-abbandono o affidamento totale su una agenti esterni per un aiuto o per la salvezza;
  • Il Dharma esiste indipendentemente dal Buddha. Siddharta Sakyamuni il Buddha storico ha scoperto e condiviso gli insegnamenti e le verità universali con tutti gli esseri senzienti, non è né il creatore di tali insegnamenti, né il profeta di un Dio onnipotente per trasmettere tali insegnamenti;
  • Nel Buddhismo tutti gli esseri senzienti hanno la Natura di Buddha. Pertanto tutti possono diventare un Buddha a tempo debito, se si pratica con diligenza e si raggiunge la purezza della mente;
  • Nel buddhismo l'obiettivo finale è l'illuminazione e la liberazione dal samsara, piuttosto che andare in un luogo quale il paradiso;
  • Il karma è un capisaldo e riguarda il concetto metafisico sulla correlazione tra le proprie azioni e le loro conseguenze, sul mistero del cosiddetto destino e della predestinazione, in ultimo anche sulla disuguaglianza evidente del genere umano.
  • Il concetto di vacuità (ossia l'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni ma il suo esistere dipende solo da cause e condizioni esterne. Questo vale anche per la mente) è altro capisaldo del buddismo.

penso che la piu' bella e piu' importante sia il concetto di vacuità:

La vacuità è fonte di liberazione per il praticante, perché attraverso la meditazione sulla stessa, l'individuo realizza un graduale distacco dal proprio egocentrismo. E' importante però non limitarsi ad una mera comprensione intellettuale, ma cercare invece di praticarlo quotidianamente anche se molto difficile.
Per definizione, la vacuità è l'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni, intendendo qui per fenomeni sia la realtà sensibile sia i diversi aspetti dell'Io umano.
e qui, anche grazie all'aiuto delle neuroscienze viene il bello...
Tutti i fenomeni hanno due modi di esistere; il primo è un modo di esistere convenzionale, così come è percepito dai nostri sensi ordinari, mentre il secondo è la vacuità di esistenza intrinseca.

Quel sè illusorio che nasce nella nostra mente, che le neuroscienze definiscono come "sensazione" essenziale e prodotta dal nostro cervello per mettersi in relazione con l'ambiente esterno è, quando compresa, di una bellezza unica. La spiegazione finale e la cessazione di ogni turbamento.

ora la domanda... quando viene compresa la vacuità penso (forse erroneamente) che il resto degli insegnamenti perda di importanza (se non di significato) o qualcosa mi sfugge ?


ciao :)

Io rispetto i Buddisti e i loro insegnamenti che impediscono all'uomo di scivolare nell'iniquità e aiutano a migliorarsi, ma non vanno oltre un certo livello perché manca la conoscenza della verità tutt'intera. Il Mistero umano non è nella mente ma nel cuore. La differenza fra Buddismo e cristianesimo è che il primo s'interessa principalmente  della mente mentre il secondo si occupa del cuore che è l'unico modo per miglioraci in modo risolutivo, ciò che si chiama salvezza.

Sariputra

#2
@bluemax scrive:
ora la domanda... quando viene compresa la vacuità penso (forse erroneamente) che il resto degli insegnamenti perda di importanza (se non di significato) o qualcosa mi sfugge ?

Perdono di importanza e di significato se si raggiunge la buddhità (Nibbana). Ma le cause dell'attaccamento alle idee condizionate non si esaurisce semplicemente con la comprensione intellettuale del concetto di vacuità. Pertanto, come giustamente scrivi:

E' importante però non limitarsi ad una mera comprensione intellettuale, ma cercare invece di praticarlo quotidianamente anche se molto difficile.

Il concetto compreso di "vacuità ( shunyata) dovrebbe spingere alla pratica della realizzazione esistenziale , se così si può dire, della condizione.  Il rischio è di diventare degli "adoratori" della vacuità. Ovviamente questo sarebbe un assurdo dal punto di vista del Dhamma...
Quando , nel sutra del Cuore, il bodhisattva Avalokiteshvara si rivolge al mio omonimo Sariputra rivela: "Forma è vuoto, vuoto è forma. Così anche per i quattro restanti skandha".
Normalmente si mette l'accento sulla prima parte ( forma è vacuità di forma), ma bisogna considerare anche la seconda parte (La vacuità è forma). Questo per non cadere in due errori basilari: ritenere che la vacuità esista indipendentemente  dalla forma (questo porterebbe all'estremo positivo dell'eternalismo, darebbe uno statuto ontologico alla vacuità) e quello di ritenere che la forma venga annientata dalla sua vacuità ( quest'altro porterebbe all'estremo negativo del nichilismo, ambedue chiaramente rigettati dal Buddha come concezioni erronee della realtà). La vacuità è essa stessa priva di esistenza intrinseca, infatti se ne può parlare solo in rapporto alla forma: se non c'è forma , non può esserci vacuità della forma. L'aspetto più problematico è l'aspetto paradossale o "illogico" del concetto di Shunyata. Come può un elemento della realtà essere e non-essere nello stesso identico istante? Per risolvere, o almeno mitigare questo dilemma, dobbiamo tenere bene a mente che la concezione intellettuale della Vacuità non è la Vacuità di per sé. La prima è un'astrazione proiettata e creata dalla mente degli uomini, mentre la seconda è un'esperienza diretta in cui ci si imbatte nell'Illuminazione. questo significa che la Shunyata concettuale è enormemente differente dalla Shunyata esistenziale. Possiamo crearci un concetto di Shunyata, ma non possiamo percepire direttamente la Shunyata in sè mediante la concettualizzazione. Se anche sembra che il concetto di Vacuità sia in contrasto con quello di Essere ( bhava ), la Shunyata in sé non è in opposizione con gli esseri.
Se la Shunyata fosse qualcosa si potrebbe dire che è in opposizione a qualcos'altro, ma siccome la Shunyata non è per niente un "qualcosa", come potrebbe essere in opposizione o in contraddizione a qualcosa? "La forma è vuoto e il vuoto è forma" è una descrizione di una realtà esistenziale, non una teoria filosofica astratta. Quando il bodhisattva Avalokiteshvara dice "la forma è vuoto", non ha intenzione di dare a chi lo ascolta un'idea o un concetto; tenta solamente di riferire, con i limiti strutturali del linguaggio, un'esperienza di prima mano assai, assai difficile da descrivere. Dal momento che tutti i nostri concetti sono per natura limitati dal linguaggio stesso, qualsiasi concetto di Vacuità fallisce necessariamente il suo scopo. Così si finisce che la formulazione di un concetto di Shunyata annulla di solito il suo fine. Per questo i "saggi illuminati" rimangono in silenzio... :)
Come possiamo fare per non considerare la vacuità un qualcosa ?  La difficoltà mi pare inevitabile e può essere smantellata solo tramite realizzazioni dirette, esistenziali della vera vacuità. Però aggiungerei che, anche se la Shunyata non è di per sé un concetto, farsi un concetto della stessa può aiutare a colpire un bersaglio altrimenti irraggiungibile. Ovviamente, anche qui, come la famosa zattera che ci porta all'altra riva, va abbandonato una volta che si è centrato il bersaglio...
Nel suo fondamentale trattato Madhyamika-Karika (13.7), Nagarjuna dice:

Se ci fosse una cosa che è non-vuota,
Allora ci dovrebbe essere qualcosa che è vuoto.
Dal momento che niente è non-vuoto,
Come ci potrebbe essere una cosa vuota?
I Vittoriosi affermano la Vacuità
Allo scopo di rifiutare tutti i punti di vista;
Colui il quale afferma che c'é una Vacuità
Tutti i Buddha lo diranno incurabile.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bluemax

Citazione di: giona2068 il 07 Dicembre 2016, 11:20:37 AM
Io rispetto i Buddisti e i loro insegnamenti che impediscono all'uomo di scivolare nell'iniquità e aiutano a migliorarsi, ma non vanno oltre un certo livello perché manca la conoscenza della verità tutt'intera. Il Mistero umano non è nella mente ma nel cuore. La differenza fra Buddismo e cristianesimo è che il primo s'interessa principalmente  della mente mentre il secondo si occupa del cuore che è l'unico modo per miglioraci in modo risolutivo, ciò che si chiama salvezza.


ciao... io rispetto moltissimo ogni tipo di religione e sono stato cattolico prima di essere buddista. 
Motivo per cui la domanda non era improntata su quale religione è la migliore anche se ho volutamente sottolinearne le differenza ma,  Essendo stato (forzosamente) cattolico, e poi evoluto nel buddismo (evoluto naturalmente è soggettivo) posso dirti che la mente, nel buddismo, comprende anche cio' che nel cristianesimo viene definito "cuore".

grazie comunque della tua risposta :) te ne sono grato

bluemax

Citazione di: Sariputra il 07 Dicembre 2016, 15:54:12 PM
@bluemax scrive:
ora la domanda... quando viene compresa la vacuità penso (forse erroneamente) che il resto degli insegnamenti perda di importanza (se non di significato) o qualcosa mi sfugge ?

Perdono di importanza e di significato se si raggiunge la buddhità (Nibbana). Ma le cause dell'attaccamento alle idee condizionate non si esaurisce semplicemente con la comprensione intellettuale del concetto di vacuità. Pertanto, come giustamente scrivi:

E' importante però non limitarsi ad una mera comprensione intellettuale, ma cercare invece di praticarlo quotidianamente anche se molto difficile.

Il concetto compreso di "vacuità ( shunyata) dovrebbe spingere alla pratica della realizzazione esistenziale , se così si può dire, della condizione.  Il rischio è di diventare degli "adoratori" della vacuità. Ovviamente questo sarebbe un assurdo dal punto di vista del Dhamma...
Quando , nel sutra del Cuore, il bodhisattva Avalokiteshvara si rivolge al mio omonimo Sariputra rivela: "Forma è vuoto, vuoto è forma. Così anche per i quattro restanti skandha".
Normalmente si mette l'accento sulla prima parte ( forma è vacuità di forma), ma bisogna considerare anche la seconda parte (La vacuità è forma). Questo per non cadere in due errori basilari: ritenere che la vacuità esista indipendentemente  dalla forma (questo porterebbe all'estremo positivo dell'eternalismo, darebbe uno statuto ontologico alla vacuità) e quello di ritenere che la forma venga annientata dalla sua vacuità ( quest'altro porterebbe all'estremo negativo del nichilismo, ambedue chiaramente rigettati dal Buddha come concezioni erronee della realtà). La vacuità è essa stessa priva di esistenza intrinseca, infatti se ne può parlare solo in rapporto alla forma: se non c'è forma , non può esserci vacuità della forma. L'aspetto più problematico è l'aspetto paradossale o "illogico" del concetto di Shunyata. Come può un elemento della realtà essere e non-essere nello stesso identico istante? Per risolvere, o almeno mitigare questo dilemma, dobbiamo tenere bene a mente che la concezione intellettuale della Vacuità non è la Vacuità di per sé. La prima è un'astrazione proiettata e creata dalla mente degli uomini, mentre la seconda è un'esperienza diretta in cui ci si imbatte nell'Illuminazione. questo significa che la Shunyata concettuale è enormemente differente dalla Shunyata esistenziale. Possiamo crearci un concetto di Shunyata, ma non possiamo percepire direttamente la Shunyata in sè mediante la concettualizzazione. Se anche sembra che il concetto di Vacuità sia in contrasto con quello di Essere ( bhava ), la Shunyata in sé non è in opposizione con gli esseri.
Se la Shunyata fosse qualcosa si potrebbe dire che è in opposizione a qualcos'altro, ma siccome la Shunyata non è per niente un "qualcosa", come potrebbe essere in opposizione o in contraddizione a qualcosa? "La forma è vuoto e il vuoto è forma" è una descrizione di una realtà esistenziale, non una teoria filosofica astratta. Quando il bodhisattva Avalokiteshvara dice "la forma è vuoto", non ha intenzione di dare a chi lo ascolta un'idea o un concetto; tenta solamente di riferire, con i limiti strutturali del linguaggio, un'esperienza di prima mano assai, assai difficile da descrivere. Dal momento che tutti i nostri concetti sono per natura limitati dal linguaggio stesso, qualsiasi concetto di Vacuità fallisce necessariamente il suo scopo. Così si finisce che la formulazione di un concetto di Shunyata annulla di solito il suo fine. Per questo i "saggi illuminati" rimangono in silenzio... :)
Come possiamo fare per non considerare la vacuità un qualcosa ?  La difficoltà mi pare inevitabile e può essere smantellata solo tramite realizzazioni dirette, esistenziali della vera vacuità. Però aggiungerei che, anche se la Shunyata non è di per sé un concetto, farsi un concetto della stessa può aiutare a colpire un bersaglio altrimenti irraggiungibile. Ovviamente, anche qui, come la famosa zattera che ci porta all'altra riva, va abbandonato una volta che si è centrato il bersaglio...
Nel suo fondamentale trattato Madhyamika-Karika (13.7), Nagarjuna dice:

Se ci fosse una cosa che è non-vuota,
Allora ci dovrebbe essere qualcosa che è vuoto.
Dal momento che niente è non-vuoto,
Come ci potrebbe essere una cosa vuota?
I Vittoriosi affermano la Vacuità
Allo scopo di rifiutare tutti i punti di vista;
Colui il quale afferma che c'é una Vacuità
Tutti i Buddha lo diranno incurabile.

ti ringrazio tantissimo per la tua risposta... effettivamente ha aggiunto piccoli tasselli alla con - prensione di tale concetto.
cosa ne pensi per quanto riguarda il concetto di vacuità del sè ? Se posso chiedertelo ?

Effettivamente le neuroscienze hanno ormai confermato che la coscienza e la sensazione di "io" sono mere illusioni del cervello... questo significa che quell' io a cui siamo tanto attaccati è illusione necessaria per compiere le funzioni basilari biologiche e preservare la salute delle "cellule" che compongono i nostri "AGGREGATI" psico-fisici. 
Sorge quindi una nuova domanda...

dato che quell' IO è illusione e dato che tutta la realtà percepita è fondamentalmente limitata dalla nostra mente che non riesce a vedere come un qualcosa di "manifesto" e non come "oggetto". Puo' darsi che la "speranza" di una rinascita (diverso da reincarnazione) sia sempre una illusione dell' IO che non vuole "cessare" in quanto necessario al nostro cervello ?


Ti diro'... quando ho compreso l'illusione dell' io ho passato istanti terribili... ho ancora il ricordo... mi è tremata per un attimo la terra sotto i piedi, mi sono sentito svenire, un terremoto cerebrale mai provato prima... seguito istantaneamente dal puro PANICO per qualche minuto... 
Poi... una tranquillità estrema... un abbandono a quel che è stupendo... una pace mai provata prima... :) ho pensato che in fondo... se l'io è illusione, come gli studi confermano, non vi è nulla di piu' 'piacevole'  al mondo di questa situazione dove io sono il semplice risultato di cause e condizioni e cosi' i miei pensieri... ecc... ecc....

difficilissimo da spiegare, anzi scusami... arrivo alla domanda...
quindi puo' essere che il concetto di "rinascita" sia una forma di EGO che vuole sopravvivere ? Ti spiego perchè dopo aver provato quella comprensione per qualche minuto, sinceramente non è piu' importante che vi sia qualcosa come la rinascita o simile... va bene cosi'... :) 

ciao e spero di essermi spiegato :)  (scrivo di fretta)

giona2068

Citazione di: bluemax il 07 Dicembre 2016, 16:33:03 PM
Citazione di: giona2068 il 07 Dicembre 2016, 11:20:37 AM
Io rispetto i Buddisti e i loro insegnamenti che impediscono all'uomo di scivolare nell'iniquità e aiutano a migliorarsi, ma non vanno oltre un certo livello perché manca la conoscenza della verità tutt'intera. Il Mistero umano non è nella mente ma nel cuore. La differenza fra Buddismo e cristianesimo è che il primo s'interessa principalmente  della mente mentre il secondo si occupa del cuore che è l'unico modo per miglioraci in modo risolutivo, ciò che si chiama salvezza.


ciao... io rispetto moltissimo ogni tipo di religione e sono stato cattolico prima di essere buddista.
Motivo per cui la domanda non era improntata su quale religione è la migliore anche se ho volutamente sottolinearne le differenza ma,  Essendo stato (forzosamente) cattolico, e poi evoluto nel buddismo (evoluto naturalmente è soggettivo) posso dirti che la mente, nel buddismo, comprende anche cio' che nel cristianesimo viene definito "cuore".

grazie comunque della tua risposta :) te ne sono grato

Se la mente comprende anche il cuore, il che da quel poco che conosco non mi risulta, come si fa a sapere che se stiamo credendo come idea o se stiamo credendo con tutto il cuore?
La mente è il cuore sono due cose diametralmente opposte. Il cuore è il Signore Dio nell'uomo, mentre la mente in larga parte è satana nell'uomo.
In ogni caso proprio in questi giorni stiamo facendo degli incontri per stabilire se il sapere sia sufficiente per  cambiare e la scoperta, non per me, è che se non ho il potere sul mio volere non riesco a vivere ciò che conosco. Infatti il peccato si impossessa della volontà della persona e lo rende schiavo impedendogli di fare quello che vorrebbe. L'illuminazione al quale il buddismo tende è praticamente un'idea che non sarà mai realizzata. Per questo occorre un aiuto divino che nel cristianesimo si chiama salvatore.
Avere fiducia in se stessi è fondamentale perché chi non ha fiducia in se stesso è praticamente un malato di mente, ma guai a confidare in noi stessi perché non vinceremo mai. La differenza fra avere fiducia in se stessi e confidare in se stessi consiste in questo: Nel primo caso ho la certezza che sono capace di essere strumento del Signore Dio, nel secondo caso, confidare,  invece sono certo che con il Suo aiuto tutto per me è possibile se mi metto all'opera.
Questa seconda parte manca nel buddismo! Essa viene sostituita da me che aiuta me stesso.
Il risultato è che l'uomo rimane molto limitato.
Non è scritto da nessuna parte, ma sono convinto che ad ogni popolo il Signore Dio, comunque Lo si chiami, abbia dato un insegnamento adatto al suo karma, per cui il nostro Karma mal si adatta all'insegnamento data a chi ha un karma diverso dal nostro perché vive in un area con storie, tradizioni ed errori diversi.

Duc in altum!

**  scritto da bluemax:
CitazioneEffettivamente le neuroscienze hanno ormai confermato che la coscienza e la sensazione di "io" sono mere illusioni del cervello...
"Il cuore ha le sue ragioni che la ragione ( o l'illusione del cervello) non conosce". E questo vale anche per i neuroscienziati!  :D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

sgiombo

Citazione di: bluemax il 07 Dicembre 2016, 16:45:14 PM


CitazioneSto cercando di seguire questa discussione per cercare in qualche modo di conoscere qualcosa di "buddismo", dato che purtroppo sono del tutto digiuno di filosofia (e in generale di cultura) orientale (o per meglio dire: "non-occidentale"); in questo stimolato, grazie a questo forum, dalla conoscenza, sia pure meramente "virtuale" e comunque limitatissima, di una persona che mi fa un' ottima impressione di intelligenza, modestia, "leggerezza interiore" (nel senso del "non prendersi troppo sul serio") ma allo stesso tempo profondità di interessi e di pensiero: il "nostro" Sariputra (scrivo questo senza tema di passare per un viscido adulatore per il semplice fatto che i miei interventi nel forum di filosofia, spesso duramente polemici e del tutto privi di zuccherosa diplomazia, per chi li abbia letti o volesse farlo testimoniano il mio essere in proposito al di sopra di ogni sospetto; mi aspetto una tirata di orecchi dal buon Sari, che potrei senza volerlo aver messo un po' in imbarazzo con questa sviolinata, ma non so che farci: mi é proprio venuta "dal cuore". Spero anche di non contravvenire una qualche regola del forum; confesso di non averle lette interamente).

Fra l' altro trovo le tue (di Bulemax) considerazioni in questa discussione sulla mera apparenza fenomenica e non "realtà in sé, indipendentemente dall' accadere del suo essere sentito" di tutto ciò che può essere percepito, sensibilmente constatato o rilevato, "avvertito", sia di esteriore-materiale ("mondo" esterno", "non-io"), sia di "interiore-mentale" ("mondo interno", "io"), cioé  (se ben ti intendo) sulla "vacuità (ossia l'assenza di esistenza intrinseca o a se stante di tutti i fenomeni [...]  Questo vale anche per la mente)", che costituisce, secondo le tue parole, un "capisaldo del buddismo".

Se ben ti intendo, queste affermazioni concordano pienamente con quanto credo per parte mia, essendo convinto di seguire in questo soprattutto gli insegnamenti del grande filosofo scozzese David Hume (e anche limitatamente, solo per certi aspetti e non per punti fondamentali delle loro rispettive filosofie, Berkeley, Kant e soprattutto Spinoza).

Tuttavia mi chiedo come si fa a d affermare che:


Effettivamente le neuroscienze hanno ormai confermato che la coscienza e la sensazione di "io" sono mere illusioni del cervello... questo significa che quell' io a cui siamo tanto attaccati è illusione necessaria per compiere le funzioni basilari biologiche e preservare la salute delle "cellule" che compongono i nostri "AGGREGATI" psico-fisici.


Citazionele neuroscienze studiano il cervello comprese le sue necessarie correlazioni con i fatti di coscienza.

Ma questi ultimi in linea di principio potrebbero anche non accadere affatto e il funzionamento del cervello, così come tutto il resto della natura materiale di cui esso fa parte e che le scienze naturali -in particolare le neuroscienze- studiano accadrebbe esattamente così come accade (essendo inoltre di fatto, ma non necessariamente in linea di principio, accompagnato, in talune sue determinate evenienze, dalla coscienza): come ha notato il filosofo australiano David Chalmers, qualcuno o anche tutti gli altri uomini con cui abbiamo a che fare potrebbero in linea teorica, di principio, essere dei meri zombi privi di coscienza, e non potremmo accorgercene in alcun modo, nulla di nulla cambierebbe per le neuroscienze.

Qui "finiscono le neuroscienze" (non é poco, ma le loro "competenze" di scienze naturali volte alla conoscenza scientifica dei dati empirici del mondo fisico, non si estendono a eventuali -e sempre più che lecite, ovviamente- "elucubrazioni ulteriori" di natura metafisica).
La filosofia ci può fare ipotizzare (ed eventualmente credere; ci può indurre a considerare, non dimostrare) che le sensazioni interiori o mentali siano manifestazioni fenomeniche a un soggetto in sé delle sensazioni in generale -l' "io"- di un oggetto a sua volta costituito dal, o coincidente con il, soggetto stesso; e che le sensazioni esteriori o materiali siano manifestazioni fenomeniche al soggetto in sé delle sensazioni in generale -sempre l' "io"- di oggetti in sé dal soggetto stesso diversi, distinti, altri.
Ma le sensazioni interiori o mentali (le manifestazioni fenomeniche dell' oggetto in sé "io") sono comunque 
altrettanto reali (nè più, né meno) di quelle esteriori o materiali, delle quali fanno parte i cervelli (le manifestazioni fenomeniche di oggetti in sé "diversi, altri dall' io"). Cioé esattamente allo stesso modo sono reali unicamente come insiemi e successioni di enti ed eventi fenomenici reali unicamente in quanto tali, cioé unicamente se e quando e fintanto che accadono in quanto insiemi e successioni di sensazioni.

Il cervello (il quale é reale nelle esperienze coscienti di chi -direttamente o indirettamente- lo esperisce empiricamente; e non viceversa: le esperienze coscienti non sono reali nei cervelli, contrariamente a neuroni, assoni, potenziali d' azioni, eccitazioni e inibizioni trans.-sinaptiche, ecc.: ben altre cose!) é "illusione fenomenica, apparenza sensibile esattamente come (né più né meno de-) i pensieri, i sentimenti, desideri, appagamenti e non appagamenti di desideri, ecc.

E la coscienza e l' autocoscienza che accompagna il funzionamento dei cervelli (unicamente di quelli umani, secondo me, per quanto riguarda l' autocoscienza) non ha alcuna funzione biologica evolutivamente spiegabile, contrariamente ai fatti meramente materiali della neurofisiologia (del funzionamento dei cervelli) che ad essa necessariamente si accompagnano e biunivocamente corrispondono (ma anche viceversa).


Sariputra

Dopo le belle parole, immeritate, spese dall'amico Sgiombo, a cui ovviamente risponderò e ringrazierò in separata sede, e ancora in stato... confusionale  :o  cerco di rispondere al quesito postomi da bluemax su rinascita ed ego...

La domanda è: Se non ci sono , secondo la visione buddhista, né il sè né un'anima, chi o che cosa rinasce? Chi o che cosa trae beneficio o danno dai frutti delle azioni?
Fondamentalmente, secondo la mia opinione, non c'è nessuno che rinasca e nessuno che goda dei frutti delle azioni. Ciò che ri-nasce, in continuazione ( e lo possiamo già sperimentare nella nostra vita) è il desiderio e conseguente attaccamento. Il "processo" della rinascita non appartiene a nessuno, è solo un processo causato da condizioni. La comprensione di questo processo si ritrova nella teoria degli anelli della produzione condizionata ( paticcasammupada). Non mi addentro nel territorio minato dell'esperienza della rinascita, che molti bambini dicono , o a cui sembra di ricordare, aver sperimentato. Questi "ricordi" che tendono a sparire intorno ai 5-6 anni di vita sono oggetto di studio da parte di psichiatri che praticano l'ipnosi regressiva. Il più famoso è J.B. Tucker che ha esaminato migliaia di questi casi e fatto tutte le necessarie verifiche e che parla di "prove concrete della sopravvivenza  di emozioni umane ( ricordi) in presenza di specifiche circostanze ( soprattutto nel caso di morti improvvise o violente...). Un giorno forse racconterò la storia vera di Katsugoru e di Tozo. Personalmente non prendo posizione su queste cose e mi limito ( come faccio sempre... :) ) a citare il sommo poeta :
Ci sono più cose, in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia (Amleto).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

Sorrise e levò lo sguardo a una foglia di pippala stagliata contro il cielo azzurro, la cui punta ondeggiava verso di lui come se lo chiamasse. Osservandola in profondità, Gautama vi distinse chiaramente la presenza del sole e delle stelle; perché senza sole, senza luce e calore, quella foglia non sarebbe esistita. Questo è in questo modo, perché quello è in quel modo. Anche le nuvole vide nella foglia, perché senza nuvole non c'è la pioggia e, senza pioggia, quella foglia non poteva esistere. E vide la terra, il tempo, lo spazio, la mente: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l'universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente.

Generalmente si pensa che una foglia sia nata a primavera, ma Gautama vide che esisteva già da tanto, tanto tempo nella luce del sole, nelle nuvole, nell'albero e in se stesso. Comprendendo che quella foglia non era mai nata, comprese che anche lui non era mai nato. Entrambi, la foglia e lui stesso, si erano semplicemente manifestati. Poiché non erano mai nati, non potevano morire. Questa visione profonda dissolse le idee di nascita e morte, di comparsa e scomparsa; e il vero volto della foglia, assieme al suo stesso volto, divennero manifesti. Vide che è l'esistenza di ciascun fenomeno a rendere possibile l'esistenza di tutti gli altri fenomeni. L'uno contiene il tutto, e il tutto è contenuto nell'uno.

La foglia e il suo corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere indipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura interdipendente di tutti i fenomeni, Siddhartha ne vide perciò la natura vuota: tutte le cose sono vuote di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'interdipendenza e del non sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che non erano mai nate, non sarebbero mai morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò Gautama, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie.


secondo me questo passo qui sopra e' davvero illuminante e mi riesce difficile pensare che non sia stato il "cuore" ad intervenire per arrivare ad una tale consapevolezza.
credo che questo vada ben oltre le nostre etichette e le nostre "appartenenze"

baylham

"La foglia e il suo corpo erano due cose distinte. Entrambi i due possedevano un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere dipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura indipendente di tutti i fenomeni, ne vide perciò la natura piena: tutte le cose sono piene di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'indipendenza e del sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che erano nate, sarebbero morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie."


Un cambio di prospettiva possibile.

donquixote

Citazione di: baylham il 08 Dicembre 2016, 09:31:52 AM
"La foglia e il suo corpo erano due cose distinte. Entrambi i due possedevano un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere dipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura indipendente di tutti i fenomeni, ne vide perciò la natura piena: tutte le cose sono piene di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'indipendenza e del sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che erano nate, sarebbero morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie."


Un cambio di prospettiva possibile.

Teoricamente possibile, ma realistica quanto affermare in matematica che 1+1 = 3. Con le parole si può dire tutto, ma poi questo deve avere un riscontro nella realtà altrimenti è puro verbalismo, e le parole si trasformano da simboli in meri suoni, puro rumore.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

baylham

Citazione di: donquixote il 08 Dicembre 2016, 10:48:20 AM
Citazione di: baylham il 08 Dicembre 2016, 09:31:52 AM
"La foglia e il suo corpo erano due cose distinte. Entrambi i due possedevano un sé permanente e separato, nessuno dei due poteva essere dipendente dal resto dell'universo. Vedendo la natura indipendente di tutti i fenomeni, ne vide perciò la natura piena: tutte le cose sono piene di un sé separato e isolato. Comprese che la chiave della liberazione sta nei due principi dell'indipendenza e del sé. Le nuvole correvano nel cielo, come uno sfondo bianco dietro la foglia traslucida di pippala. Forse quella sera stessa, incontrando una corrente fredda, le nuvole si sarebbero trasformate in pioggia. Le nuvole erano una manifestazione, e la pioggia un'altra manifestazione. Le nuvole, che erano nate, sarebbero morte. Se le nuvole potessero capirlo, pensò, avrebbero certo cantato di gioia cadendo sotto forma di pioggia sulle montagne, le foreste e le risaie."


Un cambio di prospettiva possibile.

Teoricamente possibile, ma realistica quanto affermare in matematica che 1+1 = 3. Con le parole si può dire tutto, ma poi questo deve avere un riscontro nella realtà altrimenti è puro verbalismo, e le parole si trasformano da simboli in meri suoni, puro rumore. 

D'accordo, ma la stessa obiezione può essere rivolta al testo originario : "La foglia e il suo corpo erano una cosa sola." equivale ad affermare che 1+1= 3.

donquixote

Citazione di: baylham il 08 Dicembre 2016, 10:54:16 AMD'accordo, ma la stessa obiezione può essere rivolta al testo originario : "La foglia e il suo corpo erano una cosa sola." equivale ad affermare che 1+1= 3.

Non è così, perchè essenzialmente quella è una affermazione vera, ovvero l'essenza del suo corpo e quella della foglia è la medesima. La parola che simboleggia qualcosa di non immediatamente percepibile dai sensi o la frase non immediatamente verificabile in maniera istintiva o addirittura apparentemente contraddittoria necessita di una concentrazione particolare per essere compresa nel suo senso effettivo. Tornando all'esempio della matematica anche un bambino comprende che 1+1 = 3 è un errore, ma se io trasformo gli addendi e la somma in complicatissime e lunghissime equazioni sarà molto più difficile sia identificare gli addendi che verificare se la loro somma è sbagliata.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

baylham

Citazione di: donquixote il 08 Dicembre 2016, 11:23:01 AM
Citazione di: baylham il 08 Dicembre 2016, 10:54:16 AMD'accordo, ma la stessa obiezione può essere rivolta al testo originario : "La foglia e il suo corpo erano una cosa sola." equivale ad affermare che 1+1= 3.

Non è così, perchè essenzialmente quella è una affermazione vera, ovvero l'essenza del suo corpo e quella della foglia è la medesima. La parola che simboleggia qualcosa di non immediatamente percepibile dai sensi o la frase non immediatamente verificabile in maniera istintiva o addirittura apparentemente contraddittoria necessita di una concentrazione particolare per essere compresa nel suo senso effettivo. Tornando all'esempio della matematica anche un bambino comprende che 1+1 = 3 è un errore, ma se io trasformo gli addendi e la somma in complicatissime e lunghissime equazioni sarà molto più difficile sia identificare gli addendi che verificare se la loro somma è sbagliata. 

Ma è vero anche il contrario, che l'essenza del suo corpo e quella della foglia sono diverse. Ed è altrettanto, se non più, realistico e ragionevole.
Non insisto oltre, ho contrapposto ad una visione che ritengo parziale il suo opposto, ma ritengo che la distinzione, la differenza sia più essenziale dell'indistinzione, dell'indifferenza.

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