Non avrai altro Dio fuori di me

Aperto da acquario69, 20 Agosto 2017, 14:46:32 PM

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acquario69

Pawel è il figlio di un professore universitario, Krzysztof, un razionalista che ha come unico Dio il suo computer e la scienza, da lui vista come il futuro e il progresso. La scienza non può sbagliare, risponde a tutte le tue domande, è infallibile. Si trova costretto a crescere suo figlio da solo con l'aiuto della sorella Irena, una cattolica. Pawel è in quell'età in cui si è curiosi di dare una risposta a tutte le domande che ci circondano, quindi le su domande sono di quelle per cui è impossibile dare una risposta sicura: esiste un'anima? Cosa è la morte? Senza opprimere il bambino né da una parte né dall'altra, padre e zia rispondono secondo le proprie inclinazioni naturali, il primo negandone l'esistenza e l'altra facendola corrispondere all'amore di Dio. Però in fondo Pawel continuerà a fidarsi del padre e del computer, ad esempio quando la zia gli dirà che il computer non è in grado di dirgli cosa la madre sta sognando il bambino risponde che è un problema che riguarda la potenza del computer.
Kieslowski illustra con grande delicatezza il rapporto padre-figlio: i due condividono insieme la curiosità per la matematica e la logica (giocano a scacchi insieme e il padre vince grazie ai consigli del figlio), si fidano l'uno dell'altro. Ma ancora di più Krzysztof si fida della sua fede cieca nella scienza; è il computer sempre pronto a rispondere a problemi (I Am Ready) 
Un giorno il lago vicino a casa ghiaccia ed il bambino desidera andarci a pattinare. Il padre, allora, da bravo scienziato esegue una serie di calcoli al computer, che gli permettono di stabilire che il ghiaccio è in grado di reggere il suo peso. Per maggiore sicurezza esegue nuovamente i calcoli e va a verificarne l'esattezza con una prova empirica. Il padre avverte il figlio che non c'è pericolo.
Giunti a questo punto già lo spettatore sa che tutto questo è un preludio alla tragedia. Lo si è capito dall'inizio, vero, ma anche dai vari segnali inequivocabili che come degli avvertimenti Kieslowski dissemina qua e là. Il più evidente rimane quello della boccetta d'inchiostro rotta di Krzysztof, che si rovescia sul foglio bianco improvvisamente allargandosi come una macchia nera. La metafora è tanto esplicita da non poter essere ignorata, è un turbamento della tranquillità, solo Krzysztof  fa finta di non capire quello che significa, ma comincia a turbarsi. Come farà finta di non capire quando sentirà le sirene dell'ambulanza, quando gli amici di Pawel lo vanno a cercare invano a casa sua, quando  vedrà una madre in lacrime precipitarsi giù per le scale dell'appartamento, o quando andando dalla maestra di Pawel questa le dirà che non ha fatto lezione, li ha mandati via perché influenzata. Anche quando sentirà che il ghiaccio si è rotto la sua speranza, pur vacillando, continua a mantenersi salda. Ma quando il corpo del figlio viene estratto finalmente Krzysztof si arrende, distrutto. E mentre attorno a lui le persone raccolte a guardare quel buco nero nel ghiaccio si inginocchiano in segno di rispetto o di preghiera per il morto, lui rimane in piedi, incredulo.
Tornando a casa il computer è ancora acceso: "I Am Ready"...pronto a rispondere ad un'altra domanda...

(dal film Il Decalogo - regia Krzysztof Kieslowsky)


Qui sotto il film completo....capolavoro!
https://www.youtube.com/playlist?list=PLLAhyxM8bPvVqxA1-qApEtvWQB3G8pqnQ

Jacopus

Ho seguito il tuo consiglio e visto il film che non fa che rafforzare il mio principio politeista. Che sia scienza o religione quando la fede ti toglie la capacita' di vedere si diventa disumani e a farne le spese siamo noi stessi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

donquixote

Citazione di: Jacopus il 20 Agosto 2017, 19:19:20 PMHo seguito il tuo consiglio e visto il film che non fa che rafforzare il mio principio politeista. Che sia scienza o religione quando la fede ti toglie la capacita' di vedere si diventa disumani e a farne le spese siamo noi stessi.

La  miopia del mondo moderno è ad un livello talmente incurabile che a prima vista la frase qui sopra appare del tutto ragionevole, mentre invece è una bestemmia (che, come diceva Goering, più volte sarà ripetuta e prima apparirà una verità certa). Non esiste alcun "o" perchè scienza e metafisica (che è alla base di tutte le religioni) non sono commensurabili in quanto la seconda "contiene" necessariamente la prima, e il magnifico film di Kieslowsky lo evidenzia chiaramente. Se si vuole ridurre il mondo ad una serie di calcoli inerenti la materia si è costretti ad operare delle semplificazioni e a trascurare una serie di altri segnali non "misurabili" che poi alla fine è molto probabile (e, se si ragiona globalmente, è ormai certo) che porteranno a risultati disastrosi. È come, analogamente, occuparsi esclusivamente della cura del corpo trascurando completamente ciò che fa di un mero organismo biologico un "essere umano", e che dipende da tutto meno che dal corpo o dalla sua salute. Ogni essere umano ha un suo equilibrio intrinseco che deve essere mantenuto, e l'organismo nel suo complesso emette costantemente dei "segnali" per indicare la compromissione di un qualche equilibrio, che va ristabilito. Allo stesso modo il mondo, che altro non è che un grande organismo in cui ogni fenomeno, ogni processo, è interconnesso ed è contestualmente effetto e causa di una innumerevole serie di altri fenomeni e di altri processi, emette segnali della presenza di qualche  squilibrio che vanno compresi e riconosciuti, e non trascurati come "irrilevanti" o "ininfluenti" solo perchè non siamo in grado di "misurarli" o di connetterli direttamente al nostro asfittico e computerizzato "sistema". La metafisica si può definire, in questo contesto, la "scienza dell'equilibrio", e la scienza (moderna) dovrebbe occuparsi nel suo ambito e su indicazione della metafisica di mantenere l'equilibrio di un sistema, oppure di ripristinarlo nel caso questo sia instabile o assente.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

#3
Buonasera Don. Non capisco davvero. Se vuoi porre la metafisica sopra la scienza è una tua scelta legittima e puoi definire bestemmiatore chi non segue questa linea, ma è proprio questo pensiero assolutistico che mi è estraneo. Non sono certo io a voler santificare la scienza e spero che si sia capito, come credo che un essere umano dipende molto dal suo corpo e da come lo cura ma anche da altre cose, che indirettamente influenzano il suo corpo. Basti pensare che i nostri pensieri influenzano la stessa struttura organica plastica del cervello, per non parlare delle azioni.
Spero che il mio pensiero sia legittimo come il tuo, che non qualifico come bestemmia ma semplicemente come opinione passibile di critica come ogni discorso umano, anche eventualmente inerente il sovraumano.
Che la metafisica debba controllare e dirigere la scienza, sono d'accordo anche su questo, anche se più che di metafisica parlerei di valori etici costruiti attraverso la storia umana. Non credo ci convenga dimenticare quando la "metafisica" zittiva gli scienziati mostrando loro gli strumenti di tortura se non avessero ripudiato le loro teorie blasfeme ma scientificamente "vere" (fatto realmente accaduto a un certo Galileo Galilei).
Sul resto del discorso sono completamente d'accordo. Dovremmo pensarci di più come un organismo unico, umanità, natura, pianeta terra.
P.S.: a proposito di Kieslowski: è abbastanza chiaro che parteggia per la metafisica, ma il rovesciamento di ruoli, Il Dio-macchina, lascia ampio spazio ad una valutazione ambigua, tipica di ogni grande opera d'arte.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

acquario69

Jacopus tu appena si accenna anche lontanamente a qualcosa di "religioso" subito, l'unica cosa che ti viene da pensare e' alla santa inquisizione!..trascurando di fatto il vero messaggio che ci sta dietro che - come nel film - esula a prescindere da una ipotetica e immaginaria "posizione"..presunta pro-religione da una parte ed anti-scentifica dall'altra..innanzitutto qui non centra appunto niente il volersi "posizionare", il che sarebbe solo un pregiudizio

la religione nel film non e' certo da intendersi come qualcosa che riprenderebbe il posto della scienza, come in fondo lo sarebbero due facce della stessa medaglia.
Il regista non patteggia ne per l'una e ne per l'altra,la sua non e' faziosità dell'una contro l'altra ma ne indica che le cose ne sono al di sopra e il film lo chiarisce come non mai...sia sulla pretesa assurda e ridicola di voler tutto calcolare secondo parametri misurabili (esclusivamente umani -vedi nota aggiuntiva sotto-) e che misurabili non sono e sia quello di affidarsi ad una credenza altrettanto cieca (ed altrettanto individuale) di una pseudo religione, in tal caso assolutista e come da te inteso ma che nel film non era nemmeno avvisabile

In entrambi casi cio che subentra e' solo una distorsione della realtà e che anzi semplicemente la nega con tutte le sue conseguenze

* e non solo,Inoltre infatti pure tragicamente consegnati alla tecnologia ("im ready" dice il computer) da cui ora tutto dipende, tutto all'infuori di noi

Angelo Cannata

#5
A me sembra che il problema del divinizzare sia originato da ciò che chiamerei oblìo della provvisorietà. Mi spiego meglio.

Nel tentare di conoscere le cose, la nostra mente si pone in ascolto di esse. Presto però si rende conto che quest'ascolto non può essere essere praticato permanentemente a 360 gradi, perché la nostra mente è limitata, il numero dei nostri neuroni non è infinito, non ci è possibile tenere consapevolezza di tutto ciò che attraversa la nostra mente. Ascolto non significa altro che un continuo mettere in discussione. Per esempio, finché io sto in ascolto del vento, il mio cervello sta lavorando in continuazione, mette continuamente in discussione le idee che si sta formando riguardo al suono del vento, conformandole (adaequatio rei et intellectus, intesa come azione sempre in atto, mai conclusa, mai concludibile), in continuazione, a ciò che mi arriva attraverso le orecchie o tutto il corpo. Presto però mi accorgo che il suono del vento mi trasmette una pluralità di messaggi: mi dice vento, ma mi dice anche temperatura, intensità, somiglianze con altri suoni, quindi anche emozioni, associazioni d'idee: presto mi accorgo che ciò che mi arriva è un'infinità, un oceano di messaggi in cui mi perdo. Il mio cervello non è in grado di porsi in ascolto consapevole e contemporaneo di tutti gli aspetti di quest'oceano che riesce ad intravedere. Il mio cervello deve necessariamente limitare l'attenzione a pochi aspetti, non ce la fa a pensare a tutti contemporaneamente. Allora molti aspetti vengono accantonati, messi da parte, presi in considerazione non per ciò che stanno continuando a trasmettermi, ma piuttosto nel loro aspetto ormai conosciuto. Ad esempio, smetto di fare attenzione al pensiero che il vento è costituito da atomi che si muovono, per dedicarmi maggiormente alle emozioni che esso mi dà; oppure viceversa, lascio perdere le emozioni e dedico il mio pensiero alla costituzione fisica del vento.

Il problema nasce, a mio parere, in quest'atto dell'accantonare, del mettere da parte alcuni aspetti del flusso di messaggi che mi arriva, considerandoli nel loro aspetto di fatti conosciuti, piuttosto che di fatti da conoscere. Il problema è che, con il tempo, il cervello dimentica (ecco l'oblìo) che quell'accantonamento era stato operato per pura necessità e non perché quei fatti fossero davvero conosciuti e non ci fosse più altro da ascoltare. Dei fatti accantonati, infatti, il mio cervello si abitua a considerare ciò che sa e non il loro essere ancora da ascoltare e conoscere.
Il saputo, e proprio per questo accantonato, viene trattato come base su cui poggiare l'ascolto del resto, del non saputo. Allo stesso modo, per esempio, accantono il fatto che ormai so che 2+2=4, in modo da dedicarmi a come da lì si possa passare a elementi più complessi, come ad esempio le equazioni con incognita x. Se io mi lasciassi sommergere in continuazione dall'ascolto totale di tutto il mistero suscitato dal fenomeno 2+2=4, potrei stare tutta la vita a contemplare questo mistero e non mi resterebbe mai tempo per poter passare a considerare le equazioni con incognita x. Il problema è che, col passare del tempo, il mio cervello si abitua talmente a trattare 2+2=4 come cosa risaputa, da dimenticare che esso in realtà non era cosa davvero saputa e risaputa, ma era stata solo accantonata allo scopo di esplorare altri aspetti della matematica.

Con questa dimenticanza 2+2=4 diventa oggetto di idolatria: esso infatti salva la mia mente dal blocco paralitico nella contemplazione di esso e le consente di potersi dedicare ad altro.

A questo punto viene il Dio di Israele e dice all'uomo "Tu devi avere solo me come Dio". Perché lui e non altri o altro? Perché lui starà sempre a ricordare all'uomo che l'ascolto di lui non è mai concluso, ma c'è sempre da ascoltare ancora: lui, siccome è vivo (o ritenuto tale) è il solo che può combattere l'oblìo. Tutto il resto, che di fronte a lui è solo morte, non ha questa capacità di ricordare in continuazione all'uomo la necessità perenne di ulteriore ascolto. 2+2=4 è una verità morta, non è in grado di ricordarmi che ci sarebbe ancora tanto da riflettere su di essa, prima di passare alle equazioni con incognita. 2+2=4 non mi rimprovera, non grida il suo disaccordo con me, con le idee che me ne sono costruito; il Dio d'Israele sì. Da qui la conseguenza naturale di non farsi immagine alcuna di lui: perché l'immagine è un accantonare, un affidare alla raffigurazione un'idea intesa come ormai conquistata; ma Dio tiene a far capire che di lui non esistono idee conquistate, c'è da ascoltare in continuazione.

Questa caratteristica del Dio d'Israele viene sistematicamente tradita dalla religione istituzionalizzata, sia che si tratti della religione ebraica, sia che si tratti del cristianesimo. La religione istituzionalizzata infatti, proprio in quanto istituzione, è accantonamento di verità considerate come acquisite, stabilite, definite, mentre invece Dio desidera essere ascoltato in continuazione e nessuna verità definita potrà mai essere considerata esente da tradimento di ciò che lui davvero è.

A questo punto aggiungo la mia opinione di ateo. Io sono d'accordo sul fatto che qualsiasi verità su Dio deve sempre lasciare il posto all'ascolto diretto di lui; il problema è che proprio nel mio mettermi in ascolto di lui egli non parla: gli chiedo il perché del male ed egli non risponde. Allora il "non avrai altro Dio" diventa per me "non avrai alcun Dio"; l'unico mio Dio sarà la disponibilità all'ascolto (che equivale a disponibilità a mettersi in discussione) di tutto e di tutti. Il mio Dio è l'ascolto. E siccome la mia mente non ce la fa ad ascoltare tutto, il mio Dio è anche lavoro continuo di memoria, memoria del fatto che ciò che è accantonato non lo è perché stabilito, definito: anche tutto ciò che è accantonato richiede ancora ascolto, se e quando sarà possibile.
Quest'ascolto per me poi non è altro che la spiritualità.

donquixote

Citazione di: Jacopus il 21 Agosto 2017, 00:06:19 AMBuonasera Don. Non capisco davvero. Se vuoi porre la metafisica sopra la scienza è una tua scelta legittima e puoi definire bestemmiatore chi non segue questa linea, ma è proprio questo pensiero assolutistico che mi è estraneo. Non sono certo io a voler santificare la scienza e spero che si sia capito, come credo che un essere umano dipende molto dal suo corpo e da come lo cura ma anche da altre cose, che indirettamente influenzano il suo corpo. Basti pensare che i nostri pensieri influenzano la stessa struttura organica plastica del cervello, per non parlare delle azioni. Spero che il mio pensiero sia legittimo come il tuo, che non qualifico come bestemmia ma semplicemente come opinione passibile di critica come ogni discorso umano, anche eventualmente inerente il sovraumano. Che la metafisica debba controllare e dirigere la scienza, sono d'accordo anche su questo, anche se più che di metafisica parlerei di valori etici costruiti attraverso la storia umana. Non credo ci convenga dimenticare quando la "metafisica" zittiva gli scienziati mostrando loro gli strumenti di tortura se non avessero ripudiato le loro teorie blasfeme ma scientificamente "vere" (fatto realmente accaduto a un certo Galileo Galilei). Sul resto del discorso sono completamente d'accordo. Dovremmo pensarci di più come un organismo unico, umanità, natura, pianeta terra. P.S.: a proposito di Kieslowski: è abbastanza chiaro che parteggia per la metafisica, ma il rovesciamento di ruoli, Il Dio-macchina, lascia ampio spazio ad una valutazione ambigua, tipica di ogni grande opera d'arte.

"Ci sono più cose in cielo e in terra Orazio di quante ne sogni la tua filosofia" diceva Amleto. Limitare arbitrariamente la propria "conoscenza" del mondo (come quella del professore del film) escludendo tutto ciò che sta al di fuori di essa perchè non lo si riconosce, o non lo si comprende, o lo si ritiene irrilevante significa di conseguenza condannarsi alla sua incomprensione. Inoltre, come diceva Nietzsche, "Tutte le cose sono incatenate, intrecciate, innamorate", dunque tutte concorrono come concause al verificarsi dei fenomeni. La metafisica è la scienza del "tutto" e dunque ogni visione particolare deve essere inserita nella visione universale in maniera da mantenere l'equilibrio complessivo, e siccome quella della scienza è una visione particolare la sua assolutizzazione conduce alla formazione di uno squilibrio nella conoscenza che avrà conseguenze devastanti. Non vi può essere paragone fra metafisica (o, in un ambito più ristretto, religione) e scienza perchè è come paragonare la medicina intesa come scienza della salute del corpo umano con la pneumologia che si occupa della salute di una sola parte. Se si mette queste ultime sul medesimo piano e si considera "legittimamente opinabile" la prevalenza di una rispetto all'altra andrà a finire che avremo un morto con i polmoni sanissimi (ma siccome il funzionamento di questi ultimi dipende dal resto del corpo anch'essi ovviamente moriranno). Se condividi la visione organica del mondo ti dovrebbe essere facile anche dedurre le medesime considerazioni, e i "valori etici" di cui parli sono comunque deduzioni tratte dalla conoscenza metafisica ma, essendo elaborati da umani, saranno diversi fra loro e a volte anche "sbagliati", come nel caso di una civiltà che considera l'essere umano "moralmente superiore" a qualsiasi altro ente e dunque pone come "imperativo morale" la salvaguardia del medesimo (e addirittura della sua mera "vita biologica") a prescindere da qualsiasi altra considerazione, gettando in tal modo le basi della costituzione di uno squilibrio nel "funzionamento" del mondo dalle conseguenze necessariamente negative.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

Citazione di: Jacopus il 20 Agosto 2017, 19:19:20 PM
Ho seguito il tuo consiglio e visto il film che non fa che rafforzare il mio principio politeista. Che sia scienza o religione quando la fede ti toglie la capacita' di vedere si diventa disumani e a farne le spese siamo noi stessi.
E' molto importante in cosa ci identifichiamo, in che cosa è "io" e "noi". Più questo campo è ristretto ad una tradizione, una nazione, una cultura, una tribù, più in nome di essa le persone sono capaci delle più efferate nefandezze. E nessuno nega che quando la nostra sopravvivenza era al vaglio, questo fosse necessario. E non come effetto collaterale di qualche scoperta, ma come voluto risultato e anelito più profondo del proprio io. Se qualcuno che ha studiato un po di storia ha da spendere un nome, non due ma uno, per una persona che abbia calcato questa terra  e senza identificarsi in una singola tradizione e avvocandosi come "suo difensore\propagatore" si è macchiato di atti riprovevoli  ed è rimasto impresso sui libri di storia per ciò, lo citi, lo sfido. Si dirà "la morale era diversa, non si può giudicare gli antichi attraverso la "teologia dei diritti umani" moderna".
Si dica pure, e intanto sia oggi che ieri, quelli che abbiamo considerato "i buoni e i grandi" sono sempre stati quelli che hanno cercato di unire, di mettere in relazione, anzichè dividere, magari anche "portando la spada" ma in un ottica di un unione futura superiore a tutte le altre. Nessuno vuole le persone che portano problemi, tutti cercano persone che portano soluzioni, relazioni. Io non so che cosa tu intenda per "politeismo", ma se intendi mettere in relazione le diverse culture, senza tentare di distruggerle nel processo comprimendole (e perdendo perciò la relazione), io sono con te, e in questo penso che sopratutto gli altri cristiani dovrebbero esserlo, avendo una trinità, una relazione, come loro "padre". Purtroppo si sta buttando via il bambino e l'acqua sporca, e io onestamente me ne dispiaccio,  ma se per salvare il bambino bisogna giungere ad affermare che "prima l'acqua era pulita" beh non fa sopresa che nessuno ci creda quando ha ancora la bocca che puzza di lercio dopo averla bevuta, e corra ai ripari con metodi più drastici.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Daniele Bragagnolo

Io credo che non è molto importante capire quale fede si professa. Io credo, come è stato detto precedentemente, che sia capitale soffermarsi sul "noi", dato che viviamo un 'eterna soggettività immersa in un contesto sociale. Sartre, che non conosco molto bene, mi pare affermasse che l'altro è l'inferno, in quanto l'altro è il mio limite o meglio mostra i miei limiti.  Dico questo perchè esprime in modo semplice la difficoltà con il quale l'uomo si relaziona. Detto questo trovo interessante vedere come l'uomo difficilmente è capace di amare l'altro, in quanto amare l'altro implicherebbe amare i propri limiti. Parlare di Dio è sempre qualcosa di estremamente impegnativo in quanto ognuno vede e sente ciò che vuole. Non solo, lo stesso Dio noto che diventa oggetto delle nostre idolatrie. Un dio che viene veicolato dalle nostre difficoltà, bisogni e necessità. E con questo Dio noi ci creiamo una legge. Ma io credo che ci sia una verità di fondo che è l'amore. Di fatto nei secoli i vari filosofi hanno sempre cercato l'amore magari scontrandosi con l'idea di religione. Ma essere religiosi non sempre vuol dire cercare l'amore anzi, spesso la religione crea divisione, contrasti e giudizi ( e parlo da credente). Ma l'amore è il mio Dio, l'amore è cio che permette di dare un senso alla società. Questa è la verità: amate l'altro come voi stessi. Non guardiamo l'origine di questa frase che sempre crea pregiudizi ma guardiamo all'effetto di questo. L'amare è Il Dio che ognuno deve avere. Nell'amore si trova la più alta forma di conoscenza ( filosofia è amore per la sapienza, da non confendere con i vari sofismi che si creano attorno ad essa). Con l'amore si puo conoscere in quanto non è preceduto da pregiudizi ma è di natura libero. Quindi io credo che la vera bestemmia sia non credere nell'amore e nella conoscenza che discende da esso.

Jacopus

Citazione"Ci sono più cose in cielo e in terra Orazio di quante ne sogni la tua filosofia" diceva Amleto. Limitare arbitrariamente la propria "conoscenza" del mondo (come quella del professore del film) escludendo tutto ciò che sta al di fuori di essa perchè non lo si riconosce, o non lo si comprende, o lo si ritiene irrilevante significa di conseguenza condannarsi alla sua incomprensione. Inoltre, come diceva Nietzsche, "Tutte le cose sono incatenate, intrecciate, innamorate", dunque tutte concorrono come concause al verificarsi dei fenomeni. La metafisica è la scienza del "tutto" e dunque ogni visione particolare deve essere inserita nella visione universale in maniera da mantenere l'equilibrio complessivo, e siccome quella della scienza è una visione particolare la sua assolutizzazione conduce alla formazione di uno squilibrio nella conoscenza che avrà conseguenze devastanti. Non vi può essere paragone fra metafisica (o, in un ambito più ristretto, religione) e scienza perchè è come paragonare la medicina intesa come scienza della salute del corpo umano con la pneumologia che si occupa della salute di una sola parte. Se si mette queste ultime sul medesimo piano e si considera "legittimamente opinabile" la prevalenza di una rispetto all'altra andrà a finire che avremo un morto con i polmoni sanissimi (ma siccome il funzionamento di questi ultimi dipende dal resto del corpo anch'essi ovviamente moriranno). Se condividi la visione organica del mondo ti dovrebbe essere facile anche dedurre le medesime considerazioni, e i "valori etici" di cui parli sono comunque deduzioni tratte dalla conoscenza metafisica ma, essendo elaborati da umani, saranno diversi fra loro e a volte anche "sbagliati", come nel caso di una civiltà che considera l'essere umano "moralmente superiore" a qualsiasi altro ente e dunque pone come "imperativo morale" la salvaguardia del medesimo (e addirittura della sua mera "vita biologica") a prescindere da qualsiasi altra considerazione, gettando in tal modo le basi della costituzione di uno squilibrio nel "funzionamento" del mondo dalle conseguenze necessariamente negative.

Buonasera di nuova Don. Scusa il ritardo delle risposte ma ho una vita movimentata. Capisco il tuo discorso ma, "secondo me", è facilmente attaccabile perché fondato su una visione teorica che non tiene conto della storia. Nella storia invece le religioni monoteistiche non sono state così olistiche come ritieni. Il Dio degli eserciti distingueva bene i suoi dai nemici che faceva di solito friggere nella genna, dopo averli affidati al braccio secolare, eventualmente. Nella mia ormai sclerotizzata visione del mondo non vedo facilmente il male, anzi spesso cerco di vederlo su di me piuttosto che sugli altri, ma se dovessi scegliere un "male", allora lo applicherei ad ogni forma di assolutismo e il monoteismo è una forma di assolutismo piuttosto pervasiva. Non sono contrario al senso religioso e alla spiritualità che può manifestarsi in mille forme ma credo che il monoteismo abbia molto a che fare anche con lo spirito scientista, ne è in qualche modo l'antesignano, così come con lo spirito che H. Arendt ha definito totalitarismo. Per lo stesso motivo ripudio il comunismo, che sulla carta potrebbe essere considerato il migliore dei mondi possibili, ma che nella realtà ha creato un universo concentrazionario e la riduzione degli uomini ad automi. Ed anche il neoliberismo spesso ormai acquista gli stessi connotati di verità, di unidimensionalità che impoverisce il pensiero e la critica.
Preferisco un mondo imperfetto, dove si possa lottare liberamente, dove ci sia spazio per la dignità di ognuno, ma senza voli pindarici perché il meglio è nemico del bene, di questo sono più che certo. E' un pò come pensare ad uno spazio democratico, realmente democratico, in cui ci si possa confrontare liberamente, come nel suo piccolo in questo forum. Il "bene", "l'armonia", "l'equilibrio", chi decide in cosa consistono? Scusami ma ho molte difficoltà a credere che lo spirito religioso nelle sue interpretazioni storiche possa essere di aiuto. Se invece pensiamo ad una forma di metafisica ancora da realizzare entriamo nel campo dell'utopia e allora nulla mi vieta di credere che anche il nazionalsocialismo, quello vero mai sperimentato, non quello storico, sia un toccasana per l'intera umanità.
Un discorso simile si può fare sui "valori etici". Mi rendo conto che sono valori relativi, fondati sul qui e ora, ma la mia visione del mondo ormai rigidina mi dice che questa è l'unica strada. I valori etici si costruiscono insieme attraverso mille discussioni, forum, lezioni universitarie, fogli di giornale, attraverso i mille mezzi comunicativi che abbiamo. Ma per fare questo in modo serio, circostanziato, argomentato, occorre una cosa di cui si sente sempre di più la mancanza: la cultura. Pensavo proprio oggi alla disparità di numeri fra questo piccolo forum, dove saremo un centinaio di persone a scambiarci pareri e opinioni serie, documentate mentre milioni di persone vomitano insulti e idee violente su altri social forum ben più famosi. Bisognerebbe invertire le proporzioni per costruire un'etica che possa condurre responsabilmente le nostre azioni, senza dover riferirci ad esseri sopranaturali, che sono, detto per inciso, le nostre proiezioni dell'infanzia felice, quando i nostri genitori erano, a nostri occhi, delle divinità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Jacopus

CitazioneE' molto importante in cosa ci identifichiamo, in che cosa è "io" e "noi". Più questo campo è ristretto ad una tradizione, una nazione, una cultura, una tribù, più in nome di essa le persone sono capaci delle più efferate nefandezze. E nessuno nega che quando la nostra sopravvivenza era al vaglio, questo fosse necessario. E non come effetto collaterale di qualche scoperta, ma come voluto risultato e anelito più profondo del proprio io. Se qualcuno che ha studiato un po di storia ha da spendere un nome, non due ma uno, per una persona che abbia calcato questa terra  e senza identificarsi in una singola tradizione e avvocandosi come "suo difensore\propagatore" si è macchiato di atti riprovevoli  ed è rimasto impresso sui libri di storia per ciò, lo citi, lo sfido. Si dirà "la morale era diversa, non si può giudicare gli antichi attraverso la "teologia dei diritti umani" moderna".
Si dica pure, e intanto sia oggi che ieri, quelli che abbiamo considerato "i buoni e i grandi" sono sempre stati quelli che hanno cercato di unire, di mettere in relazione, anzichè dividere, magari anche "portando la spada" ma in un ottica di un unione futura superiore a tutte le altre. Nessuno vuole le persone che portano problemi, tutti cercano persone che portano soluzioni, relazioni. Io non so che cosa tu intenda per "politeismo", ma se intendi mettere in relazione le diverse culture, senza tentare di distruggerle nel processo comprimendole (e perdendo perciò la relazione), io sono con te, e in questo penso che sopratutto gli altri cristiani dovrebbero esserlo, avendo una trinità, una relazione, come loro "padre". Purtroppo si sta buttando via il bambino e l'acqua sporca, e io onestamente me ne dispiaccio,  ma se per salvare il bambino bisogna giungere ad affermare che "prima l'acqua era pulita" beh non fa sopresa che nessuno ci creda quando ha ancora la bocca che puzza di lercio dopo averla bevuta, e corra ai ripari con metodi più drastici.
Sull'universalismo dei valori non ci credo più molto. Sarebbe già notevole tutelare i nostri valori italiani ma non in un senso aggressivo, semplicemente, ancora una volta, diffondendo cultura. Se gli italiani mediamente fossero più colti si accorgerebbero ad esempio di vivere su una immensa miniera d'oro: il nostro patrimonio artistico e culturale. Invece sull'ignoranza prosperano infinite rendite che sottraggono risorse agli sfortunati e alle generazioni future. Vivo in Liguria, regione fatta scempio dai palazzinari trenta anni fa. Eppure ancora oggi si vedono proliferare costruzioni antiestetiche, brutte, prive di ogni riferimento con il territorio, che rozzi lombardi acquistano a cuor leggero.
E' un esempio banale, circoscritto ma serve proprio per spiegare che l'unione, le relazioni nascono dalla comprensione e la comprensione dalla cultura e la cultura ci fa necessariamente relativisti, perché dopo aver letto il libro dei libri abbiamo letto molti altri libri ed abbiamo scoperto quello che Amleto dice ad Orazio. Il politeismo è questo, una sorta di politeismo sociale, saper accettare le idee, i modi di fare degli altri, accettare anche l'ibridazione, perché la vita è continuo rimescolamento. Chi crede nelle divisioni etniche è un illuso che non ha studiato bene la storia dell'uomo. Le uniche idee che vanno combattute sono quelle che usano la violenza fisica o culturale o psicologica, o la propaganda per avere il predominio e queste idee si diffondono assai meglio laddove la cultura è assente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

donquixote

Citazione di: Jacopus il 21 Agosto 2017, 21:51:59 PMBuonasera di nuova Don. Scusa il ritardo delle risposte ma ho una vita movimentata. Capisco il tuo discorso ma, "secondo me", è facilmente attaccabile perché fondato su una visione teorica che non tiene conto della storia. Nella storia invece le religioni monoteistiche non sono state così olistiche come ritieni. Il Dio degli eserciti distingueva bene i suoi dai nemici che faceva di solito friggere nella genna, dopo averli affidati al braccio secolare, eventualmente. Nella mia ormai sclerotizzata visione del mondo non vedo facilmente il male, anzi spesso cerco di vederlo su di me piuttosto che sugli altri, ma se dovessi scegliere un "male", allora lo applicherei ad ogni forma di assolutismo e il monoteismo è una forma di assolutismo piuttosto pervasiva. Non sono contrario al senso religioso e alla spiritualità che può manifestarsi in mille forme ma credo che il monoteismo abbia molto a che fare anche con lo spirito scientista, ne è in qualche modo l'antesignano, così come con lo spirito che H. Arendt ha definito totalitarismo. Per lo stesso motivo ripudio il comunismo, che sulla carta potrebbe essere considerato il migliore dei mondi possibili, ma che nella realtà ha creato un universo concentrazionario e la riduzione degli uomini ad automi. Ed anche il neoliberismo spesso ormai acquista gli stessi connotati di verità, di unidimensionalità che impoverisce il pensiero e la critica. Preferisco un mondo imperfetto, dove si possa lottare liberamente, dove ci sia spazio per la dignità di ognuno, ma senza voli pindarici perché il meglio è nemico del bene, di questo sono più che certo. E' un pò come pensare ad uno spazio democratico, realmente democratico, in cui ci si possa confrontare liberamente, come nel suo piccolo in questo forum. Il "bene", "l'armonia", "l'equilibrio", chi decide in cosa consistono? Scusami ma ho molte difficoltà a credere che lo spirito religioso nelle sue interpretazioni storiche possa essere di aiuto. Se invece pensiamo ad una forma di metafisica ancora da realizzare entriamo nel campo dell'utopia e allora nulla mi vieta di credere che anche il nazionalsocialismo, quello vero mai sperimentato, non quello storico, sia un toccasana per l'intera umanità. Un discorso simile si può fare sui "valori etici". Mi rendo conto che sono valori relativi, fondati sul qui e ora, ma la mia visione del mondo ormai rigidina mi dice che questa è l'unica strada. I valori etici si costruiscono insieme attraverso mille discussioni, forum, lezioni universitarie, fogli di giornale, attraverso i mille mezzi comunicativi che abbiamo. Ma per fare questo in modo serio, circostanziato, argomentato, occorre una cosa di cui si sente sempre di più la mancanza: la cultura. Pensavo proprio oggi alla disparità di numeri fra questo piccolo forum, dove saremo un centinaio di persone a scambiarci pareri e opinioni serie, documentate mentre milioni di persone vomitano insulti e idee violente su altri social forum ben più famosi. Bisognerebbe invertire le proporzioni per costruire un'etica che possa condurre responsabilmente le nostre azioni, senza dover riferirci ad esseri sopranaturali, che sono, detto per inciso, le nostre proiezioni dell'infanzia felice, quando i nostri genitori erano, a nostri occhi, delle divinità.



Buonasera Jacopus. Hai introdotto un argomento molto ampio di cui è piuttosto difficile discutere perchè la Storia è una materia estremamente ambigua, oltre che tipicamente occidentale. Nietzsche diceva, secondo me inconfutabilmente, che "non vi sono fatti, ma solo interpretazioni" e dunque ogni "evento storico" è tale prima di tutto perchè qualcuno gli ha arbitrariamente fornito una rilevanza maggiore rispetto ad altri avvenimenti e in altre culture i medesimi accadimenti probabilmente non sarebbero stati degni di essere definiti "storici", inoltre nel corso dei secoli il giudizio sulla storia cambia con il cambiare della cultura adeguandosi alla variazione delle norme morali. Dunque essendo il "giudizio storico" un processo continuamente in fieri basarsi sulla storia per trarne delle considerazioni di una certa universalità è praticamente come scrivere sulla sabbia. Le religioni quindi non si possono giudicare sul piano storico per ciò che hanno prodotto in termini di "fatti" poichè questi dipendono da una innumerevole serie di fattori (fra cui certamente anche le religioni) che incidono in maniera diversa a seconda dei periodi, ma in termini di senso che hanno fornito alla comunità da cui sono state adottate. Più una religione sarà adatta al popolo che la adotta e più fornirà senso alla comunità, e quindi per più tempo questa rimarrà il fondamento culturale di uno o di tanti popoli. La religione vedica, nei suoi vari "darshana" che sono "punti di vista" particolari della medesima dottrina, è viva nel continente indiano da circa 4/5000 anni almeno e dunque appare quantomai adeguata alle caratteristiche dei popoli che vivono in quei luoghi. Anche l'induismo è un monoteismo, ed è più "totalitario" dei monoteismi nostrani poichè là non vi è nulla nella vita quotidiana che non sia ricondotto ad un aspetto della religione e non sia giustificato da questa, mentre ad esempio in Europa è sempre rimasta (pur se in certi periodi meno visibile) la distinzione fra "sacro" e "profano" adottata dai tempi dei romani. E mi pare che i popoli del continente indiano siano i meno aggressivi che la storia ricordi, tanto che l'India ebbe un esercito solo quando fu istituito dai colonizzatori inglesi poichè prima ne era sprovvista. Non proseguo su questa traccia solo per non uscire troppo dall'argomento del thread ma se vuoi si può continuare a discuterne altrove. Tornando invece al  tema della conoscenza e connettendolo alla questione dei "valori etici" che ti sta a cuore trovo che sia alquanto improbabile che si possano condividere valori etici discutendo poichè anche se fossimo solo in due a farlo bisognerebbe condividere  un valore che stia al di sopra delle esigenze di ognuno dei nostri "ego", elaborate e mediate dal nostro tipo e dal nostro livello di conoscenza dunque dalla nostra visione del mondo, a cui sacrificare alcune di queste esigenze in nome di un bene "superiore". E una volta trovato bisognerebbe necessariamente "assolutizzarlo" in quanto se si ponesse questo valore come relativo ognuno potrebbe negarlo quando più gli fa comodo. Moltiplica la medesima operazione per tutti i milioni di persone di uno stato moderno (o addirittura per i miliardi di persone che sono sulla terra) e poi sappiami dire se questa ti sembra una operazione possibile, o anche solo teoricamente sensata.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#12
Citazione di: Jacopus il 21 Agosto 2017, 22:07:45 PM
Sull'universalismo dei valori non ci credo più molto. Sarebbe già notevole tutelare i nostri valori italiani ma non in un senso aggressivo, semplicemente, ancora una volta, diffondendo cultura. Se gli italiani mediamente fossero più colti si accorgerebbero ad esempio di vivere su una immensa miniera d'oro: il nostro patrimonio artistico e culturale. Invece sull'ignoranza prosperano infinite rendite che sottraggono risorse agli sfortunati e alle generazioni future. Vivo in Liguria, regione fatta scempio dai palazzinari trenta anni fa. Eppure ancora oggi si vedono proliferare costruzioni antiestetiche, brutte, prive di ogni riferimento con il territorio, che rozzi lombardi acquistano a cuor leggero.
E' un esempio banale, circoscritto ma serve proprio per spiegare che l'unione, le relazioni nascono dalla comprensione e la comprensione dalla cultura e la cultura ci fa necessariamente relativisti, perché dopo aver letto il libro dei libri abbiamo letto molti altri libri ed abbiamo scoperto quello che Amleto dice ad Orazio. Il politeismo è questo, una sorta di politeismo sociale, saper accettare le idee, i modi di fare degli altri, accettare anche l'ibridazione, perché la vita è continuo rimescolamento. Chi crede nelle divisioni etniche è un illuso che non ha studiato bene la storia dell'uomo. Le uniche idee che vanno combattute sono quelle che usano la violenza fisica o culturale o psicologica, o la propaganda per avere il predominio e queste idee si diffondono assai meglio laddove la cultura è assente.
Caro corregionale, ti sarai accorto forse si, che abitiamo in una delle regioni più individualiste d'Italia (il "mito" ci vorrebbe semplicemente spilorci, ma questo è solamente un riflesso dell'egoismo tradizionale) ben prima che arrivasse il capitale (regionalizzato in "Milanesi") ma frutto della frammentazione del campanilismo preesistente. Vivi in Italia, dove fottere il prossimo è una religione perchè nessuno si identifica nel prossimo, vedi te se lo consideri alla base del nostro fallimento come società e radice di ogni problema o solo un evento di passaggio. Ultimamente ti arriva anche notizia dei risultati della ghettizzazione (attiva e passiva), persone "che non sono noi" falciate come birilli. Ridursi a vivere di tribalismi nel 2017, la nostra origine scimmiesca ci perseguita.

Ps. Don, L'induismo non è nemmeno (solo) una religione, figurarsi un monoteismo. Sono "induiste" anche le carovane di atei che vanno da casa a casa per convincerti che non esiste nessun Dio o trascendenza, se questo è monoteismo. Trovare un etica universale non è questione di media matematica, è per questo che la regola d'oro sfrutta l'egoismo e l'istinto di autoconservazione "non fare a te" per regolare le tue azioni verso gli altri, ed ecco che l'ego da ostacolo diventa risorsa.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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