Ma Dio...è buono o cattivo?

Aperto da Sariputra, 05 Settembre 2016, 16:59:31 PM

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Freedom

#15
Citazione di: giona2068 il 06 Settembre 2016, 19:55:53 PM
Che dire? Se ci si impunta chiamare fede la fiducia secondo il mondo non c'è possibilità di dialogo, ma se diventa una cosa razionale perché chiamarla fede? Non sarebbe meglio chiamare questa conclusione esito scientifico?
La fede appartiene al cuore, non alla mente e beati quelli che lo scopriranno perché  crederanno che il Signore Dio sia giusto.
Però ai partecipanti alla discussione andrebbero spiegate alcune cose. In primo luogo, ma in fondo si evince dai tuoi interventi, dovresti dichiarare se tu godi della fede. Ce l'hai, giusto? La domanda è retorica perché se tu non ce l'avessi, il tuo discorso, sarebbe una semplice ed opinabile opinione. Invece tu non stai sostenendo un' opinione ma stai affermando un fatto, una verità.

In secondo luogo bisognerebbe suggerire il metodo per conseguirla (se esiste un metodo) e non limitarsi ad esortare a scacciare gli idoli. A me sembra che molti utenti (me compreso) non chiedano altro che giungere all'amore per Dio e sono convinto che abbandonerebbero (e magari qualcuno l'ha già fatto) tutti gl'idoli. E tutte le discussioni o elucubrazioni mentali che sono, direi che è evidente, tentativi di arrivare in qualche posto poiché non si hanno altre frecce nella propria faretra. Non si tratta di ostinazione o superbia. Mi pare, tuttavia, che forse la tua ricetta non sia.....come dire.......esaustiva.

Nella mia ignoranza penso, ipotizzo che certi doni (che sono convinto molti santi abbiano avuto) siano ricevuti per grazia. O, forse, per accordo tra la volontà umana con quella divina.

Ma quello che trovo francamente contraddittorio nei tuoi interventi è cercare di convincere razionalmente che la fede è questione di cuore. Un po' come colui che afferma che la cioccolata è buona, desiderabile, etc. E sostiene che è del tutto inutile disquisire sulla bontà della cioccolata se non la si assaggia. Dimenticandosi che la cioccolata non si sa dov'è. Addirittura non si sa nemmeno se esiste! Giungendo alla critica verso chi, ipotizzando l'esistenza di questa agognata cioccolata e cercandola con le proprie, magari scarse, possibilità; si da un gran daffare studiando, ragionando, cercando, argomentando, etc.

O qualcosa è, in qualche modo, condivisibile, oggettivabile, comunicabile, razionalizzabile, o diventa difficile farne oggetto di confronto.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

giona2068

#16
Freedom
In secondo luogo bisognerebbe suggerire il metodo per conseguirla (se esiste un metodo) e non limitarsi ad esortare a scacciare gli idoli. A me sembra che molti utenti (me compreso) non chiedano altro che giungere all'amore per Dio e sono convinto che abbandonerebbero (e magari qualcuno l'ha già fatto) tutti gl'idoli. E tutte le discussioni o elucubrazioni mentali che sono, direi che è evidente, tentativi di arrivare in qualche posto poiché non si hanno altre frecce nella propria faretra. Non si tratta di ostinazione o superbia. Mi pare, tuttavia, che forse la tua ricetta non sia.....come dire.......esaustiva.


Giona2068
Probabilmente sono stato frainteso, ma da tempo vado sostenendo che la fede è una cosa spontanea come la fame la quale la si sente senza bisogno di conoscenze.
La fede è un credere con una percentuale inferiore a 100 variabile da persona a persona. Quando raggiunge/conserva il 100x100 diventa credere.
Il credere è spontaneo nell'uomo puro/bambino o meglio nell'uomo che ha conservato l'infanzia spirituale.
Chi ha portato questa percentuale al disotto di 100 è passato da credente ad uomo di fede secondo il suo livello, ma la causa dell'abbassamento della percentuale è l'attaccamento alle cose del mondo (idoli).
Il cammino spirituale per ritornare al credere è un cammino a ritroso.
Infatti si parla di conversione perché è simile alla conversione ad U prevista dal codice della strada per ritornare al punto di partenza.
Quindi camminare e/o rinunciare agli idoli sono la stessa cosa e la via, a te piace chiamarlo metodo, richiede la scopertura di quello che stiamo adorando e la scopertura delle persone nelle quali stiamo confidando che sono idoli anche quelli.
Geremia: Benedetto l'uomo che confida nel Signore Dio e maledetto l'uomo che confida nell'uomo. Chi non odia, come attaccamento, suo padre, sua madre ecc...non è degno di me. Chi non odia il mondo non può venire dietro di me ecc....
Il Signore Gesù sta dicendo questo perché Lui solo è la vita.
San Paolo chiama le cose del mondo spazzatura perché ne ha compreso l'inutilità ai fini della salvezza, anzi ha compreso che sono un ostacolo, un inciampo e un pericolo.
Quando diciamo rinunciare diciamo smettere di adorare le cose di cui sopra, ma essendoci state donate  occorre ugualmente rispettarle che è cosa diversa dall'adorare e confidare.
Purtroppo quasi sempre manca la disponibilità alla rinuncia perché le cose del mondo nutrono il nostro "io" che è la cosa più difficile alla quale rinunciare, anche da parte di quelli che dicono di volersi incontrare con il Signore Dio.
Per questo si cerca la fede affidandosi alla logica del mondo senza  speranza di arrivarci perché nelle elucubrazioni mentali non c'è rinuncia alcuna da fare e si crede che la rinuncia agli idoli non sia sufficiente e che occorre un metodo, ma il metodo è propria la rinuncia.
L'uomo è quello che adora, ho aperto un topic scoprire: Io chi sono?, ma non ha riscosso successo perché è un argomento scomodo.
Si può rinunciare ai nostri idoli, persone comprese, se prima non si coscientizza  quali di loro si sta adorando?
No! Allora è impossibile arrivare alla fede, del credere neanche parliamo.]

Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneSono molto dubbioso che la fede possa reggersi sul sentimento, sulla sensazione del sentirsi "connessi" a Dio. Questa sensazione, come tutte le sensazioni e sentimenti, è mutevole e si rischia , al suo svanire, di trovarsi in preda all'angoscia , del sentirsi vuoti e privi di quella fede che ci dava tanta gioia e speranza. Una fede senza il supporto della ragione è più simile ad un uomo infatuato di una bellissima donna e che scambia questa passione per vero amore .  In più l'inganno della mente è sempre in agguato. Noi finiamo sempre per credere in quello in cui vogliamo credere. La fede si alimenta della volontà di aver fede, nonostante tutto e nonostante il dubbio della ragione.


Stamattina mentre ero a Messa, al momento di ricevere la "comunione"(come tutte le mattine per grazia ricevuta), ossia, quando sono ritornato alla mia panca con l'Eucaristia nella mia bocca, mentre incominciava a disgregarsi sulla mia lingua, intanto che ero lì in ginocchio come sempre tutto raccolto, il mio pensiero, invece di focalizzarsi sulle mie consuete orazioni e meditazioni, è stato illuminato da un'intuizione inaspettata, improvvisa, che mi diceva: "...dai prova a spiegarti razionalmente che diamine hai ingerito?..." - "...fai come se adesso dovessi esporre con logica a te stesso - o agli amici del @Forum - che quel Dio di cui tu hai fede è nel tuo palato..." - "...come puoi far credere che in questo cerchietto di pane vi sia contenuta tutta la potenza divina che ha creato l'universo e l'amore?!..." - "...dai, sforzati, perdinci sei senza parole, delucidati con un esempio razionale che non solo Dio è in corpo, sangue, anima e divinità dentro di te, ma che, contro ogni legge fisica universale conosciuta, e contro il principio di scissione dell'atomo, è presente con la stessa potenza salvifica- e in ognuna delle particole distribuite ogni giorno in tutto il mondo, nella stessa maniera, incluso nelle briciole sminuzzate, anche quelle poco visibili all'occhio umano che cadono nella patena - e con la stessa eternità dello Spirito Santo, in ognuno dei fedeli a te vicini !..." -

Non ho incontrato parole razionali, in quel determinato momento, che potessero spiegarmi logicamente quel che stavo vivendo, ho semplicemente portato le mani giunte alla faccia e con maggiore partecipazione ho ricordato che la fede è la prova di quel che non si vede, e subito lo stupore di quella rara inquietudine, io che uno stinco di santo non sono, si è trasformata in gioia, in una meravigliosa gioia di sentirmi consapevole di essere amato, e con ulteriore fede, conferitami dal gustare con maggior consapevolezza quel grano e acqua consacrati nella mia bocca, ho avvertito che la logica di quel rito era corrispondere con amore sincero e vero all'amore ricevuto in precedenza. Ed ho sorriso in lacrime e con una pace sconosciuta al crocifisso eretto glorioso sull'altare, mentre il sacerdote intonava: "...Mistero della fede...", che non dovrebbe essere interpretato come ciò che per il momento rimane ancora oscuro dei contenuti della fede, ma come presupposto e fondamento di ogni relazione con Dio: la sua esistenza e la sua azione di salvezza: "...Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta..."
La fede è anche percezione certa, più che sicura, della "connessione" a Dio, quando la fede è rendersi responsabili all'amore che Dio nutre per noi.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

giona2068

Duc in Altum scrive


La fede è anche percezione certa, più che sicura, della "connessione" a Dio, quando la fede è rendersi responsabili all'amore che Dio nutre per noi.

Giona risponde.

La fede è il cavo che ci connette con il cuore del  Signore Dio e questo cavo sarà tanto più grosso quanto più grande è la nostra fede, fino a diventare un cavo infinito in chi arriva al credere.
Su questo cavo, che possiamo chiamare anche ponte, passa l'Amore del Signore Dio per noi e il nostro amore di ritorno per Lui.
Non può quindi essere che esista fede senza sentimento, sarebbe come collegare il cavo alla rete elettrica e credere che in questo non passi la corrente.
Umanamente può capitare che non vogliamo bene ad una persona della quale ci fidiamo? No! Immaginiamo ora cosa avviene quando dall'altro capo c'è la sorgente dell'Amore.
Purtroppo esiste anche la "fede" senza sentimento, ma non è la fede vera è una falsa fede costruita con anni di lavoro mentale.
Quella vera è spontanea nell'uomo puro.
Letteralmente la fede è un  confidare in qualcosa o qualcuno ed è spontanea perché gli umani sentono che da soli non fare nulla. Bisogna però vedere cosa si sceglie.
Scegliere cose diverse dal Signore Dio è l'errore più grave perché stacca il cavo dalla potenza divina con conseguenze devastanti al punto tale da non accorgersi della devastazione che ne è conseguita.
In ogni caso ogni anima confida o spera in qualcosa, la fede sempre c'è, ma quando è riposta al difuori del Signore Dio non genera vita perché non è più fede ma fiducia secondo il mondo.
La fede è anche speranza, non essendo credere, cioè fiducia totale, l'uomo spera che si verifichi l'evento atteso. Un po' come la speranza matematica in statistica.
La fede è pazienza per attendere senza perdere la speranza che il Signore conceda secondo la nostra speranza.
La fede è Pace perché impedisce al cuore di essere turbato con la consapevolezza che nessuno può danneggiarci.
La fede è carità perché rende la persona tranquilla e nella tranquillità passa la carità che è amore.
La fede è gioia perché suscita la fiducia in noi stessi, nel nostro prossimo e nel Signore Dio diventando una cosa sola.
In una parola la fede è: VITA.

Giona2068


anthonyi

Volevo rispondere a Sariputra risposta 2

Le tue considerazioni razionali sulla natura di Dio sono inappuntabili, la Teologia barocca ha costruito un'immagine di Dio insostenibile al vaglio dell'analisi, e lo ha fatto assegnando a Dio stesso attributi che lui stesso non si dà, quando interagisce con l'uomo.
Per me l'unica evoluzione possibile di questi problemi è la destrutturazione, il prendere un concetto complesso come quello di Dio, analizzandone le componenti, e valutando quelle che hanno aspetti critici. L'alternativa è la logica manichea, del tutto o niente, o si accetta Dio secondo un modello definito a priori, che poi bisogna capire come si è formato nel tempo (Io do per certo che all'origine c'è l'azione Divina, ma poi c'è sempre l'intermediazione dell'uomo).


A giona2068 risposta 3 volevo dire che la ricerca delle verità divine non è per me un atto di superbia, è un atto naturale effetto della nostra capacità di pensare. L'idea che sia un atto di superbia è stata costruita dalla chiesa istituzionalizzata che vedeva giustamente questa ricerca come lesiva del suo monopolio culturale
Anche in risposta 7 ritorna la stessa teoria discutibile per la quale Dio può essere solo adorato e non osservato analiticamente, ma se noi uomini abbiamo la capacità di analizzare Dio, ed essendo stati creati da lui, questa capacità ce l'ha data lui, è un talento che abbiamo, la conosci la parabola dei talenti? Devono essere utilizzati, certamente bene e a fin di bene, ma devono essere utilizzati.

Sono d'accordo con l'idea di acquario69 risposta 4, i concetti di buono e cattivo sono concetti umani, per degli enti spirituali serve altro, per Dio sarebbe buono il concetto di benigno, cioè colui che vede positivamente e favorisce il bene, cosi il demonio non è cattivo, ma è perfido, cioè vede positivamente e favorisce il male, naturalmente bene e male visti nell'ottica dell'ente spirituale, che è diversa dalla nostra di poveri esseri carnali.




giona2068

Citazione di: anthonyi il 07 Settembre 2016, 15:39:35 PM
Volevo rispondere a Sariputra risposta 2

Le tue considerazioni razionali sulla natura di Dio sono inappuntabili, la Teologia barocca ha costruito un'immagine di Dio insostenibile al vaglio dell'analisi, e lo ha fatto assegnando a Dio stesso attributi che lui stesso non si dà, quando interagisce con l'uomo.
Per me l'unica evoluzione possibile di questi problemi è la destrutturazione, il prendere un concetto complesso come quello di Dio, analizzandone le componenti, e valutando quelle che hanno aspetti critici. L'alternativa è la logica manichea, del tutto o niente, o si accetta Dio secondo un modello definito a priori, che poi bisogna capire come si è formato nel tempo (Io do per certo che all'origine c'è l'azione Divina, ma poi c'è sempre l'intermediazione dell'uomo).


A giona2068 risposta 3 volevo dire che la ricerca delle verità divine non è per me un atto di superbia, è un atto naturale effetto della nostra capacità di pensare. L'idea che sia un atto di superbia è stata costruita dalla chiesa istituzionalizzata che vedeva giustamente questa ricerca come lesiva del suo monopolio culturale
Anche in risposta 7 ritorna la stessa teoria discutibile per la quale Dio può essere solo adorato e non osservato analiticamente, ma se noi uomini abbiamo la capacità di analizzare Dio, ed essendo stati creati da lui, questa capacità ce l'ha data lui, è un talento che abbiamo, la conosci la parabola dei talenti? Devono essere utilizzati, certamente bene e a fin di bene, ma devono essere utilizzati.

Sono d'accordo con l'idea di acquario69 risposta 4, i concetti di buono e cattivo sono concetti umani, per degli enti spirituali serve altro, per Dio sarebbe buono il concetto di benigno, cioè colui che vede positivamente e favorisce il bene, cosi il demonio non è cattivo, ma è perfido, cioè vede positivamente e favorisce il male, naturalmente bene e male visti nell'ottica dell'ente spirituale, che è diversa dalla nostra di poveri esseri carnali.


Oh benedetto! Stai forse dicendo che vogliamo analizzare il Signore Dio, le sue criticità ecc...?
Non abbiamo nessunissima capacità di analizzare il Signore Dio e non siamo stati creati per questo. Il massimo che ci è dato di fare è analizzare chi è Lui per noi, per noi, e chi siamo noi per Lui. Detto con termini più precisi, con il Suo aiuto, senza il quale non possiamo fare nulla, possiamo scoprire chi siamo, chi eravamo e cosa dobbiamo fare per recuperare ciò che abbiamo perduto.
La verità è di due tipi oggettiva e soggettiva.
La verità oggettiva è il mistero divino e come tale è ben lungi dalla nostra capacità di comprenderla, mentre la verità soggettiva è la nostra verità di umani senza vita fino a quando non ci incontriamo con Lui.
Come si può pensare di conoscere chi è il Signore Dio, se non sappiamo chi siamo noi?
Solo l'incarnazione della superbia/satana può spingere l'uomo in questa impresa assurda.

Sariputra

La domanda che avevo posto all'inizio del topic non verteva sulla fede e le caratteristiche della fede ma bensì sulla percezione che il nostro animo aveva di "quel" particolare Dio biblico, nell'idea del quale quasi tutti noi siamo stati educati e condizionati. Per rispondere alla prorompente certezza del giovane Sari, cioè che uno degli attributi del Dio biblico è anche la Cattiveria, cercavo di analizzare la logica degli Attributi che la teologia cristiana assegna a questo essere infinito e trascendente il mondo. Mi sono sforzato di mettere in evidenza alcuni paradossi che  nascevano assumendo per vere queste caratteristiche. Un paradosso rivela una difficoltà logica, razionale in un particolare concetto. Per es. riporto un classico paradosso sull'Onniscienza di Dio:
ENUNCIATO: in quanto onnisciente Dio conosce ogni cosa.
PARADOSSO: può Dio conoscere qualcosa di cui stabilisce che non si debba sapere nulla?
Oppure un altro sul Bene e sul male:
ENUNCIATO: Essendo Dio infinitamente buono, non potrà mai causare il male; essendo Onnipresente è in ogni cosa, in ogni tempo e in ogni luogo; essendo Onnipotente può vincere contro qualsiasi forza che gli si oppone.
PARADOSSO:Accettando l'idea del "male" in senso cristiano, o Dio non è Onnipresente ( altrimenti il diavolo sarebbe una sua parte); o non è Onnipotente ( in quanto il diavolo esiste e si oppone alla sua opera); o Dio non è infinitamente buono in quanto il Diavolo sarebbe una sua creatura.
Ovviamente esistono anche le confutazioni ai vari paradossi logici. Spesso le varie confutazioni creano ulteriori paradossi...
Quando il giovane ribelle Sari afferma il carattere "cattivo" del Dio biblico lo fa perchè, proprio per un sentire esperienziale di cui parlano Duc e Giona, rileva un profondo paradosso tra l'immagine inculcata di un Dio infinitamente "buono" ( o benigno come osserva Anthony...) che si prende cura personalmente di tutte le sue creature e l'esperienza di dolore, solitudine, malattia fisica che lo pone , che lo fa sentire, "fuori" dal numero di tutte quelle creature, un essere quasi rifiutato dalla benevolenza del Dio, un paria della vita che altri godono per i cosiddetti "doni" di Dio.
Questo marchia per sempre il giovane Sari che, più tardi, cercherà la via per trasformare questo dolore e, non riuscendo a trovarla nei paradossi teologici che sempre più numerosi andavano affollando la sua giovane e ingenua mente molto curiosa...la cercherà altrove!
E' evidente che una persona che non viene eccessivamente provata dal dolore è più spontaneamente ben disposta ad accettare la fede in una divinità definita "infinitamente buona" ed elargitrice di "doni" e "grazie". Viceversa la persona che realizza l'onnipervadenza del carattere doloroso e insoddisfacente dell'esistenza troverà estrema difficoltà ad accettare un simile ideale trascendente.
 Fatto salvo che l'esperienza e la percezione del dolore è, anche qui, questione soggettiva e personale. Il dolore inaccettabile per alcuni può benissimo essere percepito come marginale per altri...
Il nostro "credere" è sempre influenzato dal nostro vissuto e dalla nostra percezione del reale. Per questo affermo che la fede è inficiata dalla volontà che , a- priori, decide di voler credere in qualcosa che risponda al bisogno di sanare le proprie mancanze, vissute o immaginate.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

giona2068

Citazione di: Sariputra il 07 Settembre 2016, 17:20:59 PM
La domanda che avevo posto all'inizio del topic non verteva sulla fede e le caratteristiche della fede ma bensì sulla percezione che il nostro animo aveva di "quel" particolare Dio biblico, nell'idea del quale quasi tutti noi siamo stati educati e condizionati. Per rispondere alla prorompente certezza del giovane Sari, cioè che uno degli attributi del Dio biblico è anche la Cattiveria, cercavo di analizzare la logica degli Attributi che la teologia cristiana assegna a questo essere infinito e trascendente il mondo. Mi sono sforzato di mettere in evidenza alcuni paradossi che  nascevano assumendo per vere queste caratteristiche. Un paradosso rivela una difficoltà logica, razionale in un particolare concetto. Per es. riporto un classico paradosso sull'Onniscienza di Dio:
ENUNCIATO: in quanto onnisciente Dio conosce ogni cosa.
PARADOSSO: può Dio conoscere qualcosa di cui stabilisce che non si debba sapere nulla?
Oppure un altro sul Bene e sul male:
ENUNCIATO: Essendo Dio infinitamente buono, non potrà mai causare il male; essendo Onnipresente è in ogni cosa, in ogni tempo e in ogni luogo; essendo Onnipotente può vincere contro qualsiasi forza che gli si oppone.
PARADOSSO:Accettando l'idea del "male" in senso cristiano, o Dio non è Onnipresente ( altrimenti il diavolo sarebbe una sua parte); o non è Onnipotente ( in quanto il diavolo esiste e si oppone alla sua opera); o Dio non è infinitamente buono in quanto il Diavolo sarebbe una sua creatura.
Ovviamente esistono anche le confutazioni ai vari paradossi logici. Spesso le varie confutazioni creano ulteriori paradossi...
Quando il giovane ribelle Sari afferma il carattere "cattivo" del Dio biblico lo fa perchè, proprio per un sentire esperienziale di cui parlano Duc e Giona, rileva un profondo paradosso tra l'immagine inculcata di un Dio infinitamente "buono" ( o benigno come osserva Anthony...) che si prende cura personalmente di tutte le sue creature e l'esperienza di dolore, solitudine, malattia fisica che lo pone , che lo fa sentire, "fuori" dal numero di tutte quelle creature, un essere quasi rifiutato dalla benevolenza del Dio, un paria della vita che altri godono per i cosiddetti "doni" di Dio.
Questo marchia per sempre il giovane Sari che, più tardi, cercherà la via per trasformare questo dolore e, non riuscendo a trovarla nei paradossi teologici che sempre più numerosi andavano affollando la sua giovane e ingenua mente molto curiosa...la cercherà altrove!
E' evidente che una persona che non viene eccessivamente provata dal dolore è più spontaneamente ben disposta ad accettare la fede in una divinità definita "infinitamente buona" ed elargitrice di "doni" e "grazie". Viceversa la persona che realizza l'onnipervadenza del carattere doloroso e insoddisfacente dell'esistenza troverà estrema difficoltà ad accettare un simile ideale trascendente.
Fatto salvo che l'esperienza e la percezione del dolore è, anche qui, questione soggettiva e personale. Il dolore inaccettabile per alcuni può benissimo essere percepito come marginale per altri...
Il nostro "credere" è sempre influenzato dal nostro vissuto e dalla nostra percezione del reale. Per questo affermo che la fede è inficiata dalla volontà che , a- priori, decide di voler credere in qualcosa che risponda al bisogno di sanare le proprie mancanze, vissute o immaginate.

Gent.mo Sariputra, occorre aver timore del Signore Dio per essere sapienti perché il fondamento della sapienza è il timore di Dio.
Fino a quando in noi manca il  timore per Lui ci manca la sapienza, ma quando ci  manca la sapienza come dobbiamo definirci?
Il segno della mancanza di sapienza consiste nel credere che Lui sia "cattivo" e che sbaglia a fare Dio, ma che potrebbe migliorare se chiedesse il nostro consiglio!!!!!!!!!!!!!!!!!
Chi ti ricorda questo modus pensandi?

Sariputra

#23
Citazione di: giona2068 il 07 Settembre 2016, 17:45:44 PM
Gent.mo Sariputra, occorre aver timore del Signore Dio per essere sapienti perché il fondamento della sapienza è il timore di Dio. Fino a quando in noi manca il timore per Lui ci manca la sapienza, ma quando ci manca la sapienza come dobbiamo definirci? Il segno della mancanza di sapienza consiste nel credere che Lui sia "cattivo" e che sbaglia a fare Dio, ma che potrebbe migliorare se chiedesse il nostro consiglio!!!!!!!!!!!!!!!!! Chi ti ricorda questo modus pensandi?

Ma il giovane tredicenne Sari, nella sua ingenuità adolescenziale, non provava alcun timore del Dio biblico. Era anzi così arrabbiato con Lui che , seppur convalescente , si alzò sulle sue esili gambe e affermò con forza ( gesto notevole visto il carattere timido e taciturno) la propria convinzione. In quel momento, per l'esperienza del suo vivere, era una convinzione sacrosanta ; per quello quasi esplose in lui, nella sua gola, l'affermazione: "La Cattiveria" !!
Come poteva temere Dio e la sua severa punizione visto che si sentiva continuamente punito, ingiustamente, da Dio stesso ? Cosa poteva capitargli di peggio ? Anche perchè non rammentava di aver commesso infamie così grandi per le quali venire così severamente punito nelle carni.
Mai , in vita mia, ho provato "timore" per le cose che non conosco. Sempre ho provato timore per la fragilità della vita stessa, che invece amaramente conoscevo.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

giona2068

Citazione di: Sariputra il 07 Settembre 2016, 18:28:12 PM
Citazione di: giona2068 il 07 Settembre 2016, 17:45:44 PM
Gent.mo Sariputra, occorre aver timore del Signore Dio per essere sapienti perché il fondamento della sapienza è il timore di Dio. Fino a quando in noi manca il timore per Lui ci manca la sapienza, ma quando ci manca la sapienza come dobbiamo definirci? Il segno della mancanza di sapienza consiste nel credere che Lui sia "cattivo" e che sbaglia a fare Dio, ma che potrebbe migliorare se chiedesse il nostro consiglio!!!!!!!!!!!!!!!!! Chi ti ricorda questo modus pensandi?

Ma il giovane tredicenne Sari, nella sua ingenuità adolescenziale, non provava alcun timore del Dio biblico. Era anzi così arrabbiato con Lui che , seppur convalescente , si alzò sulle sue esili gambe e affermò con forza ( gesto notevole visto il carattere timido e taciturno) la propria convinzione. In quel momento, per l'esperienza del suo vivere, era una convinzione sacrosanta ; per quello quasi esplose in lui, nella sua gola, l'affermazione: "La Cattiveria" !!
Come poteva temere Dio e la sua severa punizione visto che si sentiva continuamente punito, ingiustamente, da Dio stesso ? Cosa poteva capitargli di peggio ? Anche perchè non rammentava di aver commesso infamie così grandi per le quali venire così severamente punito nelle carni.
Mai , in vita mia, ho provato "timore" per le cose che non conosco. Sempre ho provato timore per la fragilità della vita stessa, che invece amaramente conoscevo.

Secondo la tua logica chi ha subito la punizione più grave sarebbe il Suo Figlio Gesù, visto che non rammentava di aver commesso grosse infamie!
Lo so che non si può provare timore per le cose che non si conoscono, ma la  colpa non consiste nel non aver provato timore bensì per la  non conoscenza di ciò che dovremmo conoscere per grazia ricevuta!

Sariputra

Citazione di: giona2068 il 07 Settembre 2016, 20:03:21 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Settembre 2016, 18:28:12 PMSecondo la tua logica chi ha subito la punizione più grave sarebbe il Suo Figlio Gesù, visto che non rammentava di aver commesso grosse infamie! Lo so che non si può provare timore per le cose che non si conoscono, ma la colpa non consiste nel non aver provato timore bensì per la non conoscenza di ciò che dovremmo conoscere per grazia ricevuta!

Scusami Giona ma il paragone non può porsi.  Avrebbe un senso se Yeoshwa fosse stato una creatura di Dio. Essendo però, secondo la teologia, Dio stesso incarnato, seppur un aspetto della trinità divina ma della stessa sostanza del Padre ( cosa che il giovani Sari non era) , casomai  si dovrebbe parlare di un Dio che punisce se stesso per le colpe dell'uomo ( ma Yeoshwa non viene punito, bensì assume su di sé la punizione spettante all'umanità con un  atto libero). Il giovane Sari invece non provava alcun desiderio di autopunirsi, vivendo l'eventuale punizione divina che si manifestava nel suo stato come una condanna ingiusta.
Non potendo aver fede che il suo stato fosse benefico per se stesso ( non riuscendo ad aver fede che il suo stato fosse benefico) non poteva manifestarsi in lui l'opera della Grazia redentrice. Non poteva ricevere questa Grazia mancando il presupposto dell'aver fede. Si può senz'altro sostenere che la Grazia bussava alla porta dell'animo, chiuso nella rivolta, del giovane Sari ma...deve aver bussato molto debolmente , visto che non riuscì mai a sentirne il tocco!
Il problema della Grazia è enorme e ha visto , da Agostino e la sua critica al Pelagianesimo in poi, spendersi fior di pensatori e riempire una moltitudine di libroni. E' uno dei problemi centrali del mistero della fede e si può forse riassumere nella domanda: "Perchè un uomo riesce a credere e un altro no, partendo dalla stessa comune base di peccatori?" .
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

giona2068

Citazione di: Sariputra il 08 Settembre 2016, 09:13:44 AM
Citazione di: giona2068 il 07 Settembre 2016, 20:03:21 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Settembre 2016, 18:28:12 PMSecondo la tua logica chi ha subito la punizione più grave sarebbe il Suo Figlio Gesù, visto che non rammentava di aver commesso grosse infamie! Lo so che non si può provare timore per le cose che non si conoscono, ma la colpa non consiste nel non aver provato timore bensì per la non conoscenza di ciò che dovremmo conoscere per grazia ricevuta!

Scusami Giona ma il paragone non può porsi.  Avrebbe un senso se Yeoshwa fosse stato una creatura di Dio. Essendo però, secondo la teologia, Dio stesso incarnato, seppur un aspetto della trinità divina ma della stessa sostanza del Padre ( cosa che il giovani Sari non era) , casomai  si dovrebbe parlare di un Dio che punisce se stesso per le colpe dell'uomo ( ma Yeoshwa non viene punito, bensì assume su di sé la punizione spettante all'umanità con un  atto libero). Il giovane Sari invece non provava alcun desiderio di autopunirsi, vivendo l'eventuale punizione divina che si manifestava nel suo stato come una condanna ingiusta.
Non potendo aver fede che il suo stato fosse benefico per se stesso ( non riuscendo ad aver fede che il suo stato fosse benefico) non poteva manifestarsi in lui l'opera della Grazia redentrice. Non poteva ricevere questa Grazia mancando il presupposto dell'aver fede. Si può senz'altro sostenere che la Grazia bussava alla porta dell'animo, chiuso nella rivolta, del giovane Sari ma...deve aver bussato molto debolmente , visto che non riuscì mai a sentirne il tocco!
Il problema della Grazia è enorme e ha visto , da Agostino e la sua critica al Pelagianesimo in poi, spendersi fior di pensatori e riempire una moltitudine di libroni. E' uno dei problemi centrali del mistero della fede e si può forse riassumere nella domanda: "Perchè un uomo riesce a credere e un altro no, partendo dalla stessa comune base di peccatori?" .

Il peccato è peggio di un proiettile, può colpire di striscio o direttamente al cuore. Può lasciare feriti o cadaveri, per questo anche se tutti sono vittime dei proiettili non sono tutti ugualmente colpiti. Il peccato può far ammalare o morire, anche se lo scopo è far morire l'uomo, ma  tutto dipende da come l'uomo stesso lo accoglie. Vedi i due ladroni sulla croce. Chi è spiritualmente morto non può credere nulla e chi non è morto potrà credere secondo la sua condizione.
Transeat sul resto.

anthonyi

Citazione di: giona2068 il 07 Settembre 2016, 16:13:20 PM
Citazione di: anthonyi il 07 Settembre 2016, 15:39:35 PM
Volevo rispondere a Sariputra risposta 2

Le tue considerazioni razionali sulla natura di Dio sono inappuntabili, la Teologia barocca ha costruito un'immagine di Dio insostenibile al vaglio dell'analisi, e lo ha fatto assegnando a Dio stesso attributi che lui stesso non si dà, quando interagisce con l'uomo.
Per me l'unica evoluzione possibile di questi problemi è la destrutturazione, il prendere un concetto complesso come quello di Dio, analizzandone le componenti, e valutando quelle che hanno aspetti critici. L'alternativa è la logica manichea, del tutto o niente, o si accetta Dio secondo un modello definito a priori, che poi bisogna capire come si è formato nel tempo (Io do per certo che all'origine c'è l'azione Divina, ma poi c'è sempre l'intermediazione dell'uomo).


A giona2068 risposta 3 volevo dire che la ricerca delle verità divine non è per me un atto di superbia, è un atto naturale effetto della nostra capacità di pensare. L'idea che sia un atto di superbia è stata costruita dalla chiesa istituzionalizzata che vedeva giustamente questa ricerca come lesiva del suo monopolio culturale
Anche in risposta 7 ritorna la stessa teoria discutibile per la quale Dio può essere solo adorato e non osservato analiticamente, ma se noi uomini abbiamo la capacità di analizzare Dio, ed essendo stati creati da lui, questa capacità ce l'ha data lui, è un talento che abbiamo, la conosci la parabola dei talenti? Devono essere utilizzati, certamente bene e a fin di bene, ma devono essere utilizzati.

Sono d'accordo con l'idea di acquario69 risposta 4, i concetti di buono e cattivo sono concetti umani, per degli enti spirituali serve altro, per Dio sarebbe buono il concetto di benigno, cioè colui che vede positivamente e favorisce il bene, cosi il demonio non è cattivo, ma è perfido, cioè vede positivamente e favorisce il male, naturalmente bene e male visti nell'ottica dell'ente spirituale, che è diversa dalla nostra di poveri esseri carnali.


Oh benedetto! Stai forse dicendo che vogliamo analizzare il Signore Dio, le sue criticità ecc...?
Non abbiamo nessunissima capacità di analizzare il Signore Dio e non siamo stati creati per questo. Il massimo che ci è dato di fare è analizzare chi è Lui per noi, per noi, e chi siamo noi per Lui. Detto con termini più precisi, con il Suo aiuto, senza il quale non possiamo fare nulla, possiamo scoprire chi siamo, chi eravamo e cosa dobbiamo fare per recuperare ciò che abbiamo perduto.
La verità è di due tipi oggettiva e soggettiva.
La verità oggettiva è il mistero divino e come tale è ben lungi dalla nostra capacità di comprenderla, mentre la verità soggettiva è la nostra verità di umani senza vita fino a quando non ci incontriamo con Lui.
Come si può pensare di conoscere chi è il Signore Dio, se non sappiamo chi siamo noi?
Solo l'incarnazione della superbia/satana può spingere l'uomo in questa impresa assurda.

Quando mi riferisco ad analizzare, io mi riferisco al concetto di Dio, quello mio, quello tuo, quello di una data chiesa. Siamo tutti uomini che dialogano, e quando parliamo di Dio ci riferiamo sempre all'idea che abbiamo di questa entità metafisica. L'analisi poi, secondo me, potrebbe anche azzardare contenuti ontologici nel momento in cui si avesse un'adeguata presa in considerazione dell'interazione uomo-Dio, di tutte quelle situazioni nelle quali Dio si manifesta. Per me ad esempio Dio è un essere estremamente razionale, che agisce ordinatamente in funzione dei suoi fini che si concretizzano nella storia dell'uomo.

Sariputra

#28
Riprendendo l'amaro interrogativo  dell'inizio, ""Dio...quel Dio...è buono o cattivo?", e spulciando l'immensa biblioteca di Villa Sariputra, Sotto il Monte, di là della Contea, ho cercato risposta negli scritti dei fratelli maggiori nella Fede, gli Ebrei . Ho pensato che, essendo la spiegazione intimamente connessa con il linguaggio usato nei testi sacri, chi poteva spiegarla in modo più preciso di coloro che hanno scritto quei testi e usato per secoli la lingua? Alcune parole dialettali, che ogni regione d'Italia usa, non trovano sempre facile traduzione nella lingua ufficiale e , quando ciò avviene, spesso il significato non è esattamente lo stesso. Importante pertanto capire e sciogliere il nodo linguistico.
Così ho imparato che la parola "nudi", che erano nudi riferito ad Adamo ed Eva, usata in Genesi è Arumim.  Quando viene presentato il serpente si dice che è Arum. Nella traduzione italiana si legge però che erano nudi e che il serpente era furbo, astuto. Cosa c'entra la nudità con la furbizia?
L'altro termine è vergogna (erano nudi e non provavano vergogna) yitbosasu che viene usato varie volte nel racconto biblico e in particolare quando Mosè tarda a scendere dal Sinai, ed ha il significato anche di appartarsi; quindi un senso di vergogna che porta ad appartarsi.
La parola "vestito" è beghed, ma in ebraico è anche la parola che indica il tradimento. La parola Bagad significa infatti il traditore. Chi si veste è traditore. Infatti per fingere, per essere astuto e furbo, per tradire, bisogna vestirsi di un'identità fasulla, una maschera. Chi è nudo non può fingere.
La teologia ebraica chiarisce che il tradimento dell'ordine divino di non mangiare dell'albero non è un'inganno che viene dall'esterno dell'uomo, ma è la possibilità stessa implicita nella Tentazione.
Arum, il sepente, è già nella nudità e ingenuità, Arumim.
Da questo si evidenzia la fondamentale differenza tra la concezione cristiana e quella ebraica sul satan. L'Ebraismo rifiuta una eccessiva personificazione di questa entità che è invece ritenuta al servizio di Dio stesso. Diventa più una forza interiore che spinge alla scelta :
Il problema è più interiorizzato, il male sta nelle nostre possibilità di scelta, il male che è dentro di noi, la pulsione a commettere azioni che non sono consentite, che sono di per sé male e che possono provocare male. Il serpente rappresenterebbe tutte queste cose.
Rabbino Riccardo di Segni

Ma se il satan è al servizio della volontà stessa di Dio, è la possibilità che Dio  dona alle creature, ne consegue che il male proviene da Lui stesso? L'Ebraismo risolve con un'affermazione positiva l'interrogativo, togliendo però allo stesso tempo valenza definitiva al male e riporta come punto cruciale questo brano del Deutero-Isaia:
Io sono Dio e non c'è altro all'infuori di me; all'infuori di me non c'è divinità. Affinché sappiano dall'oriente all'occidente che non c'è nulla all'infuori di me ... Dio forma la luce e le tenebre, fa la pace e crea il male. Io sono Dio, che faccio tutte queste cose (Is 45,5-7).

Il Signore crea il male, "oseh shalom u-bore ra". Alla mattina , nella preghiera, i devoti ebrei ripetono questa frase, ricordando che il Signore crea la pace e , invece di dire che crea il male, dicono che crea "Tutto".
Il male fa parte della creazione ma, secondo il racconto della Genesi, per gli Ebrei il male non è che un derivato della libertà. La condizione di nudità è una condizione infantile, la strada della scelta, del "vestirsi", è quella dell'età adulta. Ma Dio avverte l'uomo, questa scelta per la maturità comporta l'abbandono delle delizie e della tranquillità data dal precedente stato. Tutto estremamente simbolico. Sarà una vita disseminata di dolori e di durezza. E' il passaggio dell'umanità dallo stadio infantile della protezione totale allo stadio adulto.
Quindi i fratelli maggiori , probabilmente coprendosi il capo, sarebbero stati schietti con il giovane Sari e gli avrebbero detto:
" Sì, anche il male viene da Dio, ma non è per cattiveria che te lo manda, ma per farti crescere , per essere una persona adulta".
Al che il giovane Sari, roteando ancor più arrabbiato lo sguardo sui volti sghignazzanti dei compagni, avrebbe probabilmente esclamato:
"E 'sti qua? Non devono diventare adulti , loro ?"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

giona2068

Citazione di: Sariputra il 08 Settembre 2016, 16:54:01 PM
Riprendendo l'amaro interrogativo  dell'inizio, ""Dio...quel Dio...è buono o cattivo?", e spulciando l'immensa biblioteca di Villa Sariputra, Sotto il Monte, di là della Contea, ho cercato risposta negli scritti dei fratelli maggiori nella Fede, gli Ebrei . Ho pensato che, essendo la spiegazione intimamente connessa con il linguaggio usato nei testi sacri, chi poteva spiegarla in modo più preciso di coloro che hanno scritto quei testi e usato per secoli la lingua? Alcune parole dialettali, che ogni regione d'Italia usa, non trovano sempre facile traduzione nella lingua ufficiale e , quando ciò avviene, spesso il significato non è esattamente lo stesso. Importante pertanto capire e sciogliere il nodo linguistico.
Così ho imparato che la parola "nudi", che erano nudi riferito ad Adamo ed Eva, usata in Genesi è Arumim.  Quando viene presentato il serpente si dice che è Arum. Nella traduzione italiana si legge però che erano nudi e che il serpente era furbo, astuto. Cosa c'entra la nudità con la furbizia?
L'altro termine è vergogna (erano nudi e non provavano vergogna) yitbosasu che viene usato varie volte nel racconto biblico e in particolare quando Mosè tarda a scendere dal Sinai, ed ha il significato anche di appartarsi; quindi un senso di vergogna che porta ad appartarsi.
La parola "vestito" è beghed, ma in ebraico è anche la parola che indica il tradimento. La parola Bagad significa infatti il traditore. Chi si veste è traditore. Infatti per fingere, per essere astuto e furbo, per tradire, bisogna vestirsi di un'identità fasulla, una maschera. Chi è nudo non può fingere.
La teologia ebraica chiarisce che il tradimento dell'ordine divino di non mangiare dell'albero non è un'inganno che viene dall'esterno dell'uomo, ma è la possibilità stessa implicita nella Tentazione.
Arum, il sepente, è già nella nudità e ingenuità, Arumim.
Da questo si evidenzia la fondamentale differenza tra la concezione cristiana e quella ebraica sul satan. L'Ebraismo rifiuta una eccessiva personificazione di questa entità che è invece ritenuta al servizio di Dio stesso. Diventa più una forza interiore che spinge alla scelta :
Il problema è più interiorizzato, il male sta nelle nostre possibilità di scelta, il male che è dentro di noi, la pulsione a commettere azioni che non sono consentite, che sono di per sé male e che possono provocare male. Il serpente rappresenterebbe tutte queste cose.
Rabbino Riccardo di Segni

Ma se il satan è al servizio della volontà stessa di Dio, è la possibilità che Dio  dona alle creature, ne consegue che il male proviene da Lui stesso? L'Ebraismo risolve con un'affermazione positiva l'interrogativo, togliendo però allo stesso tempo valenza definitiva al male e riporta come punto cruciale questo brano del Deutero-Isaia:
Io sono Dio e non c'è altro all'infuori di me; all'infuori di me non c'è divinità. Affinché sappiano dall'oriente all'occidente che non c'è nulla all'infuori di me ... Dio forma la luce e le tenebre, fa la pace e crea il male. Io sono Dio, che faccio tutte queste cose (Is 45,5-7).

Il Signore crea il male, "oseh shalom u-bore ra". Alla mattina , nella preghiera, i devoti ebrei ripetono questa frase, ricordando che il Signore crea la pace e , invece di dire che crea il male, dicono che crea "Tutto".
Il male fa parte della creazione ma, secondo il racconto della Genesi, per gli Ebrei il male non è che un derivato della libertà. La condizione di nudità è una condizione infantile, la strada della scelta, del "vestirsi", è quella dell'età adulta. Ma Dio avverte l'uomo, questa scelta per la maturità comporta l'abbandono delle delizie e della tranquillità data dal precedente stato. Tutto estremamente simbolico. Sarà una vita disseminata di dolori e di durezza. E' il passaggio dell'umanità dallo stadio infantile della protezione totale allo stadio adulto.
Quindi i fratelli maggiori , probabilmente coprendosi il capo, sarebbero stati schietti con il giovane Sari e gli avrebbero detto:
" Sì, anche il male viene da Dio, ma non è per cattiveria che te lo manda, ma per farti crescere , per essere una persona adulta".
Al che il giovane Sari, roteando ancor più arrabbiato lo sguardo sui volti sghignazzanti dei compagni, avrebbe probabilmente esclamato:
"E 'sti qua? Non devono diventare adulti , loro ?"...


Ho capito ora perché i fratelli maggiori, come tu li chiami, hanno crocifisso il figlio del Signore Dio: Era "cattivo" perché figlio di un cattivone!
Loro invece erano buoni perché prima hanno costruito il vitello d'oro e poi tutto il resto.
Caro mio, l'ho detto e lo ripeto: Il Signore Dio è buonissimo con i suoi figli e terribile con quelli che hanno voluto essere adottati dal serpente. A noi la scelta a chi appartenere.
Quanto a satana  all'inizio era un essere come tutti gli altri, ma dopo aver tradito è diventato il mostro che è!

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