Lo spirito privo di sensi

Aperto da viator, 10 Febbraio 2019, 19:12:57 PM

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sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 16 Febbraio 2019, 11:14:39 AM
Kob:

Qui siamo nell'ambito della prassi, non della disputa filosofica. Così non ha senso porsi il problema della credibilità razionale di una teoria spirituale (che è una preoccupazione legata al potere religioso) perché i contenuti di essa non sono l'essenziale che l'uomo spirituale sta cercando, perché l'uomo spirituale non cerca la verità (così come l'artigiano non cerca un modello teorico ma la tecnica che gli consenta la produzione a regola d'arte del manufatto desiderato), l'uomo spirituale cerca la realizzazione di quella che reputa la (propria) vita autentica.
CitazioneSg.:

Quindi, se ben capisco, anche atei che (contrariamente a me) non cercano la verità teorica ma solo di migliorare la loro vita vissuta indipendentemente da essa (ammesso e per parte mia non concesso che sia possibile), in questo senso, potrebbero essere considerati "uomini spirituali".

Anche quanto segue mi sembrerebbe confortare questa mia interpretazione delle tue parole:

Kob:

Che si possa pensare all'uomo spirituale come definito dal credere a dottrine religiose, superstizioni e leggende, vuol dire in fondo essere nient'altro che l'analogo ingenuo (sul lato ateistico) del devoto che pensa che la propria religiosità sia determinata dalla sua capacità di credere ai vari dogmi che la sua chiesa gli impone di ripetere... (per cui per essere cattolici bisogna credere in questo e quest'altro, altrimenti si è squalificati etc.).

sgiombo

Citazione di: Freedom il 16 Febbraio 2019, 12:30:22 PM
Quoto integralmente per non spezzare il filo logico di un discorso sostanzialmente condivisibile. Una sola precisazione: capisco che la parola credere dia adito a diverse interpretazioni però, in ambito religioso, o comunque la valenza che credo  ;D vada attribuita è di carattere spirituale. Cioè credere significa avere fede. Laddove la fede non è l'accettare il catechismo o comunque i precetti religiosi della dottrina che si è abbracciata.


La fede è un moto dello spirito, uno slancio, un afflato, un atto di amore, un sentimento di devozione. Che, come giustissimamente affermi, se non produce una trasformazione a tutto tondo, dunque anche nelle azioni, non è vera fede.


Da razionalista (considerabile "sobrio" oppure "arido" a seconda dei punti di vista) devo dire che non colgo il significato di un "credere == avere fede (in qualche tesi)" == abbracciare un moto dello spirito, uno slancio, un afflato, un atto di amore, un sentimento di devozione che non sia l' accettare (le tesi esposte in) un qualche catechismo (magari più o meno semplice e "lapidario" piuttosto che "sofisticato" e "articolato").

Kobayashi

Sgiombo, se come i filosofi antichi anche tu quotidianamente ti impegni in esercizi finalizzati ad una trasformazione interiore o al mantenimento di una forma specifica già raggiunta, allora sì, certamente puoi considerarti un uomo spirituale, anche se non credi in un dio.
La questione del divino e del relazionarsi ad una tradizione determinata (quindi il confronto con una religione) si pone poi quando ci si chiede cosa fare concretamente per alimentare quella trasformazione, e ci si rende conto velocemente che sono proprie le religioni ad avere sviluppato maggiormente quelle pratiche spirituali, anche se però tali pratiche sono state spesso piegate ad una semplificazione: l'idea cioè della salvezza tramite gnosi. L'atto di credere passa così in primo piano, e si finisce nella convinzione ridicola che sia sufficiente compiere questo atto di fede per salvarsi, come se delle parole che uno dichiara a se stesso, nella propria solitudine, avessero un potere magico.
Quindi, per semplificare, gnosi e magia vanno a braccetto liberando l'uomo dal peso della materialità faticosa della propria redenzione (e per riflesso della redenzione del mondo), i preti poi fanno il resto assumendosi il compito di gestire correttamente i rituali che garantirebbero la benevolenza di Dio se non in questa vita almeno in quella celeste.
E così siamo arrivati alla logica del Grande Inquisitore: troppo difficile vivere il Vangelo, meglio fare atto di fede in esso e obbedire la Santa Chiesa.

Ultima considerazione: il cristianesimo, come diceva Sari da qualche parte, è comprensibile solo da chi ha vissuto nei tormenti, nel vero terrore della notte. Si leggono alcune frasi dei Salmi e si tende a interpretare tutto simbolicamente, ma quando il salmista invoca l'aiuto di Dio affinché sia liberato dai suoi nemici che complottano per massacrarlo, sta descrivendo alla lettera come sono sempre vissuti gli ultimi di questa terra dall'antichità a qualche secolo fa.
Al di fuori di una condizione di pericolo e sofferenza estrema, il devoto si trasforma nel cattolico dormiente che incontriamo la domenica mattina a messa. O nello studioso, nell'amante della tradizione teologica, nell'uomo di cultura che in Chiesa cerca dell'intrattenimento di argomento morale-spirituale.
Ma aver bisogno di Dio, aver bisogno di quello spazio interiore in cui incontrare Dio, perché non si ha nient'altro e perché si sa che senza di esso sarebbe la fine di ciò che resta della propria umanità... queste sono le condizioni per capirci qualcosa del Vangelo.

Ipazia

Citazione di: Kobayashi il 16 Febbraio 2019, 11:14:39 AM
Noto che vi sta sfuggendo l'essenziale e cioè che l'esperienza spirituale non è un'esperienza conoscitiva – nel senso di un accumulo di nuove nozioni – ma un'esperienza di trasformazione interiore. Per cui, da questo punto di vista, non ha alcuna rilevanza credere o non credere in una dottrina religiosa, ciò che conta è l'affinità di questa dottrina con il cambiamento in corso
.....
Qui siamo nell'ambito della prassi, non della disputa filosofica. Così non ha senso porsi il problema della credibilità razionale di una teoria spirituale (che è una preoccupazione legata al potere religioso) perché i contenuti di essa non sono l'essenziale che l'uomo spirituale sta cercando, perché l'uomo spirituale non cerca la verità (così come l'artigiano non cerca un modello teorico ma la tecnica che gli consenta la produzione a regola d'arte del manufatto desiderato), l'uomo spirituale cerca la realizzazione di quella che reputa la (propria) vita autentica.

Da questo punto di vista direi che F.Nietzsche fu uno degli uomini più spirituali apparsi sulla faccia della Terra e che ogni sua pagina trasuda di grande spiritualità. Ma perché fermarsi a Nietzsche? Il mondo gronda di spirituali che cercano la realizzazione di quella che reputano una vita autentica. Qualcuno non si arresta neppure di fronte al martirio. E finisce che a pagarne le spese siano sempre quelli che si accontenterebbero anche di una vita meno autentica.  :-\
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 16 Febbraio 2019, 16:11:13 PM
Sgiombo, se come i filosofi antichi anche tu quotidianamente ti impegni in esercizi finalizzati ad una trasformazione interiore o al mantenimento di una forma specifica già raggiunta, allora sì, certamente puoi considerarti un uomo spirituale, anche se non credi in un dio.
Citazione
Ohibò!
Cercherò di farmene una ragione...

(questa naturalmente é solo una battuta umoristica, o almeno vorrebbe esserlo; spero la precisazione sia pleonastica).

Piuttosto vorrei quotidianamente (me non sempre ci riesco) concentrarmi su ciò che mi aspetta l 'indomani e cercare di prepararmici al meglio; però per parte mia, contrariamente a quanto nell' intervento precedente dicevi degli spirituali, ritengo anche molto importante, sia come finalità in sé, sia allo scopo di migliorare la nostra vita, ricercare criticamente, razionalmente la verità su noi stessi e il mondo in cui viviamo.


La questione del divino e del relazionarsi ad una tradizione determinata (quindi il confronto con una religione) si pone poi quando ci si chiede cosa fare concretamente per alimentare quella trasformazione, e ci si rende conto velocemente che sono proprie le religioni ad avere sviluppato maggiormente quelle pratiche spirituali, anche se però tali pratiche sono state spesso piegate ad una semplificazione: l'idea cioè della salvezza tramite gnosi.
Citazione
Però hai appena scritto che un simile atteggiamento é proprio (anche) dei filosofi antichi, moltissimi dei quali (oserei dire la maggioranza) non credevano in alcuna religione  (e comunque nessuno o quasi in una religione rivelata con tanto di "testi sacri")


Ultima considerazione: il cristianesimo, come diceva Sari da qualche parte, è comprensibile solo da chi ha vissuto nei tormenti, nel vero terrore della notte. Si leggono alcune frasi dei Salmi e si tende a interpretare tutto simbolicamente, ma quando il salmista invoca l'aiuto di Dio affinché sia liberato dai suoi nemici che complottano per massacrarlo, sta descrivendo alla lettera come sono sempre vissuti gli ultimi di questa terra dall'antichità a qualche secolo fa.
Al di fuori di una condizione di pericolo e sofferenza estrema, il devoto si trasforma nel cattolico dormiente che incontriamo la domenica mattina a messa. O nello studioso, nell'amante della tradizione teologica, nell'uomo di cultura che in Chiesa cerca dell'intrattenimento di argomento morale-spirituale.
Citazione
Questo mi sembra il ritratto quasi perfetto di un professore di storia del cristianesimo le cui lezioni (peraltro interessanti e vivaci) sto seguendo nell' ambito di una sorta di "università per vecchi semirincogioniti della terza età" che sto seguendo a Milano (mi ci ero iscritto per ché mi interessavano delle lezioni di filosofia, ma nel pacchetto "prendere o lasciare" c' era anche questo corso).


Ma aver bisogno di Dio, aver bisogno di quello spazio interiore in cui incontrare Dio, perché non si ha nient'altro e perché si sa che senza di esso sarebbe la fine di ciò che resta della propria umanità... queste sono le condizioni per capirci qualcosa del Vangelo.
Citazione
Mi ritengo fortunato per non essere arrivato a tanto (Ma probabilmente il mio razionalismo me lo impedirebbe, inducendomi piuttosto all' eutanasia, anche se mi trovassi in condizioni di disperazione).

Freedom

Citazione di: sgiombo il 16 Febbraio 2019, 14:51:21 PM
Da razionalista (considerabile "sobrio" oppure "arido" a seconda dei punti di vista) devo dire che non colgo il significato di un "credere == avere fede (in qualche tesi)" == abbracciare un moto dello spirito, uno slancio, un afflato, un atto di amore, un sentimento di devozione che non sia l' accettare (le tesi esposte in) un qualche catechismo (magari più o meno semplice e "lapidario" piuttosto che "sofisticato" e "articolato").
Prima delle religioni e prima di decidere quella nella quale credere, almeno dal mio punto di vista, c'è il passaggio di credere o meno in Dio. Dio inteso come Ente che, in qualche modo, governa l'Universo.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

Citazione di: Kobayashi il 16 Febbraio 2019, 16:11:13 PMAl di fuori di una condizione di pericolo e sofferenza estrema, il devoto si trasforma nel cattolico dormiente che incontriamo la domenica mattina a messa. O nello studioso, nell'amante della tradizione teologica, nell'uomo di cultura che in Chiesa cerca dell'intrattenimento di argomento morale-spirituale.
Ma aver bisogno di Dio, aver bisogno di quello spazio interiore in cui incontrare Dio, perché non si ha nient'altro e perché si sa che senza di esso sarebbe la fine di ciò che resta della propria umanità... queste sono le condizioni per capirci qualcosa del Vangelo.
Condivisibile. Bisogna tuttavia riuscire a capirci qualcosa anche quando cessa la pressione di pericolo e sofferenza estrema. Almeno credo. Qualcuno definisce la via cristiana un "ricordare".
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

anthonyi

Citazione di: Freedom il 16 Febbraio 2019, 20:13:07 PM
Prima delle religioni e prima di decidere quella nella quale credere, almeno dal mio punto di vista, c'è il passaggio di credere o meno in Dio. Dio inteso come Ente che, in qualche modo, governa l'Universo.

Ciao Freedom, mi sembra una visione troppo psichica la tua, probabilmente è più vero l'inverso, gli individui sono educati (E non scelgono) a una data religione ed all'interno di quella religione possono (Se quella religione lo prevede) credere in un Dio universale.

Socrate78

Nietzsche fu uno degli uomini semmai più anti-spirituali della terra, poiché riconduceva ogni valore trascendente a pura falsità ed inganno, agli istinti meno nobili dell'uomo, quindi la sua filosofia è una negazione della spiritualità, è distruttiva insomma. Non credo si possa negarlo, è un concetto che egli rimarca in tutta la sua opera e credo che anzi lui si offenderebbe ad essere definito uno degli uomini più spirituali che siano mai apparsi.

Freedom

Citazione di: anthonyi il 17 Febbraio 2019, 07:19:00 AM
Ciao Freedom, mi sembra una visione troppo psichica la tua, probabilmente è più vero l'inverso, gli individui sono educati (E non scelgono) a una data religione ed all'interno di quella religione possono (Se quella religione lo prevede) credere in un Dio universale.
La mia esperienza diretta è stata quella che ho descritto. Non so poi come gli altri vivano la loro spiritualità o la negazione di essa.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

Citazione di: Socrate78 il 17 Febbraio 2019, 12:08:54 PM
Nietzsche fu uno degli uomini semmai più anti-spirituali della terra, poiché riconduceva ogni valore trascendente a pura falsità ed inganno, agli istinti meno nobili dell'uomo, quindi la sua filosofia è una negazione della spiritualità, è distruttiva insomma. Non credo si possa negarlo, è un concetto che egli rimarca in tutta la sua opera e credo che anzi lui si offenderebbe ad essere definito uno degli uomini più spirituali che siano mai apparsi.
Mi riferivo alla definizione, da me nerettata, di spiritualità data da Kobayashi. F. Nietzsche ha impostato, e forse pure perduto, tutta la sua vita su quella definizione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Citazione di: Freedom il 16 Febbraio 2019, 20:17:08 PMCondivisibile. Bisogna tuttavia riuscire a capirci qualcosa anche quando cessa la pressione di pericolo e sofferenza estrema. Almeno credo. Qualcuno definisce la via cristiana un "ricordare".


Credo che il "ricordare" nella vita cristiana sia soprattutto riferito all'evento fondatore, cioè alle vicende di Gesù.
Negli esercizi ignaziani si insiste sull'importanza dell'immaginazione in modo che quel ricordare sia qualcosa che vada anche alla pancia, qualcosa di viscerale, e non una rappresentazione solo intellettuale.

Certo come dici tu quando passa il pericolo il discepolo deve cercare di assimilare ciò che ha vissuto.
Mi chiedo però se il modo in cui si vive il pericolo e la sofferenza nel nostro tempo sia affine alla mentalità dell'abbandono in cui è nato e si è sviluppato il cristianesimo. E questa differenza in parte potrebbe spiegare lo stato di tiepidezza generale della fede nel nostro tempo.

Freedom

Citazione di: Kobayashi il 18 Febbraio 2019, 06:52:46 AMCerto come dici tu quando passa il pericolo il discepolo deve cercare di assimilare ciò che ha vissuto.
Mi chiedo però se il modo in cui si vive il pericolo e la sofferenza nel nostro tempo sia affine alla mentalità dell'abbandono in cui è nato e si è sviluppato il cristianesimo. E questa differenza in parte potrebbe spiegare lo stato di tiepidezza generale della fede nel nostro tempo.
Probabilmente, come dici, siamo di fronte ad un cambiamento di sensibilità e mentalità così grande che anche il modo di affrontare pericolo e sofferenza è diverso dal passato. E così si spiega anche, come fai balenare, l'apostasia dei tempi attuali. Penso tuttavia, che certi insegnamenti possano sfidare il tempo e lo spazio. Possano cioè funzionare sempre e comunque. Se dunque ci si pone come bambini di fronte al pericolo e alla sofferenza allora il risultato dovrebbe ottenersi quali che siano le condizioni date. Ma se invece, come suggerisce la mentalità del nostro tempo, la posizione assunta è quella, per esempio, dell'autosufficienza, allora non serve a niente nemmeno leggere la Bibbia 24 ore al giorno.

E' comunque certamente vero che al giorno d'oggi la spiritualità è stata messa in cantina. Perché troppo faticosa e impegnativa: necessita costanza, determinazione, sacrificio, umiltà, disponibilità con gli altri.

Invece sulle tavole della legge di questa civiltà c'è scritto: lavoro/guadagno, pago/pretendo! E quando sto andando dal punto "A" al punto "B", guai a chi si mette in mezzo!
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Socrate78

La volontà di autosufficienza si vede del resto anche in molti che frequentano il forum, di fatto il loro ateismo e in generale quello di molti atei nasconde la pretesa della mente umana di fare a meno di Dio, del trascendente, quindi è il mito dell'autosufficienza a generare la visione atea del mondo. Il fatto che dopo la morte fisica dovrai in qualche modo rendere conto ad un Dio della tua vita cozza contro l'idea secondo cui ognuno è padrone della propria vita e può decidere che cosa farne, quindi si nega Dio perché fa comodo non dover rispondere a niente e a nessuno delle proprie azioni.

doxa

Socrate ha scritto:
Citazionesi nega Dio perché fa comodo non dover rispondere a niente e a nessuno delle proprie azioni.

Delle proprie azioni si risponde in primis alla propria coscienza e poi alla giustizia, ma non quella divina.

Si nega Dio perché non esiste un dio. La mia certezza nella sua inesistenza equivale alla tua certezza nel crederlo esistente.  
Ovviamente non credo nell'aldilà, negli angeli , nei santi, nei demoni, ecc..

Lo so, l'ateismo è percepito come un pericolo dai credenti e dalle istituzioni religiose, perciò oggetto di avversione e intolleranza.
Eliminare la religione e le false credenze connesse ad ogni religione è impossibile, perché ci sono tante, troppe, persone che hanno bisogno del trascendente, delle consolazioni. Nessuno avversa i loro bisogni spirituali, ma almeno avessero la compiacenza di non criticare chi non crede nel loro dio e l'apparato religioso che lo officia.

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