Lo specchio della verità.

Aperto da Jean, 22 Giugno 2016, 14:46:51 PM

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maral

Già, ma se la luce possiamo vederla solo in un riflesso dello specchio? Se il Tutto è troppo grande per gli occhi e dunque ci rende ciechi? Non ci resta allora che un frammento dello specchio per poter vedere qualcosa.

acquario69

si certo ma quella luce,che se pur ci arriva per riflesso e anche tra frammenti non e' relativa...quella luce e' solo UNA,nonostante le sue apparenti,diciamo trasformazioni relative

maral

#32
Sì Acquario, quella luce, se c'è Verità (e sarebbe contraddittorio negarlo), può solo essere una, ma per accadere non può che apparire molteplice e molteplicemente frammentata. In questa molteplicità l'unità può essere solo evocata in termini di relazione tra i frammenti (quindi ciascuno relativamente agli altri nel tentativo di ritrovare il "simbolo" unificato, dove però il "simbolo" nel suo accadere è ancora sempre e solo nel frammento che ora appare).
Questo significa che a tutti gli effetti la Verità che è Una e assoluta non è possibile in alcun modo che si possa manifestare e che possa venire detta in modo veritiero come Una e assoluta, se non in senso del tutto astratto e puramente formale, ossia senza contenuto.

acquario69

a me sembra che stiamo dicendo più o meno le stesse cose.


il punto che a questo punto vale secondo me sottolineare ancora una volta e' che l' "esistenza" della Verita (la Luce nella sua metafora di prima) viene da molti negata,credendo erroneamente che sia solo il frammento di specchio a contenere in se' la luce, (quindi ognuno si sentirà autorizzato a dire che non esiste una Verita ma più verita,quanti sono i frammenti) mentre questa gli viene solo riflessa

maral

In effetti stiamo dicendo la stessa cosa, ma evidenziandola sotto aspetti diversi. Tu affermi che la luce non può non esserci ed è un errore identificarla con il frammento credendo che nel frammento stia tutta la luce e sono perfettamente d'accordo, solo aggiungo che non c'è altro modo di intravvedere la luce se non nel frammento considerato, a partire dalla prospettiva particolare che si riflette in quel frammento, in relazione agli altri frammenti. In tal senso la verità assoluta (che è sempre) non può che manifestarsi nel limite relativo che solo temporaneamente la definisce.

Duc in altum!

#35
**  scritto da Jean:
CitazioneIn quanto alle energie morali (se si può dir così) ben le aveva se ha avuto il coraggio (... sì, il coraggio...) di porre in atto l'estremo gesto.
Nel freddo di una mattina invernale ha preparato il nodo come ha forse visto nei film o nei suoi ricordi passati.
C'è voluto un po' di tempo, anche per scrivere, come di solito s'usa, il suo commiato dal mondo.

Forse dieci, lunghi, interminabili minuti... il tempo d'un valzer di Strauss.

L'esterno da te, il mondo che continua nell'apparente tranquillità e sicurezza.

Mentre l'interno di te veniva avvolto dal blu, il colore del divino, in attesa di riprendersi la sua creatura.
Speriamo che "l'ente divino" non sia Mefistofele, poiché, secondo me, il coraggio sarebbe stato quello di affrontare anche, eventualmente, drasticamente, il ridursi a clochard in Santa Maria Novella o Campo di Marte.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jean

in risposta a Duc,


non posso che sperare con te che dopo il danno d'esser "stato costretto" (perché ci sono situazioni che per chi le vive sulla propria pelle "sembra" non pongano altra via d'uscita, rispetto alle quali personalmente sospendo ogni giudizio e non mi rifaccio a quelli altrui, da qualunque sorgente provengano. E naturalmente non giudico chi giudica, ritenendola un'altra di quelle situazioni che sembra non pongano altra via d'uscita se non, appunto, il giudicare stesso) al suo gesto non debba anche fronteggiare la beffa di cader dalla padella alla brace (... anche se, come diceva il bravo Faber... Ninetta bella, dritto all'inferno avrei preferito andarci in inverno...).

Volutamente ho evidenziato la parola coraggio, perché, conformemente al topic, penso ve ne siano tanti tipi e sfumature... la lista, dovessi redigerla io, rischierebbe d'essere troppo lunga.

Il blu, usato nell'iconografia (mi par di ricordare che citasti l'icona della Trinità di Andrei Rublev, tra le mie preferite) rimanda appunto all'Ente Divino che, ammesso esista, darà un'occhiata ai viaggiatori di sola andata in arrivo da questo pianeta... dipendendo poi dal riflesso in cui si crede (o si creda di non credere) ritenerlo giudicante o meno.

Nel caso confido abbia compassione dei nostri errori... sino ad un'intera vita d'errore, perché l'Unico a poter rimirare il quadro, lo specchio intero che comprende tutte le cose. 

Mentre noi, sovente costretti a stare come d'autunno sugli alberi le foglie... al massimo possiamo guardare sotto di noi il punto d'impatto finale...  


Una foglia ormai secca
dal vento strappata al ramo
par che cada... saltabecca...
Voi pensate, noi crediamo...

che patisca il suo destino.
In realtà felice danza,
cosa importa il vestitino...
quel che conta è la speranza (?).


 
(ps – mi hai confuso con l'utente "anziano" Sariputra... passato un bell'ultimo dell'anno, eh...)

Duc in altum!

#37
**  scritto da Jean:
Citazionenon posso che sperare con te che dopo il danno d'esser "stato costretto" (perché ci sono situazioni che per chi le vive sulla propria pelle "sembra" non pongano altra via d'uscita, rispetto alle quali personalmente sospendo ogni giudizio e non mi rifaccio a quelli altrui, da qualunque sorgente provengano. E naturalmente non giudico chi giudica, ritenendola un'altra di quelle situazioni che sembra non pongano altra via d'uscita se non, appunto, il giudicare stesso) al suo gesto non debba anche fronteggiare la beffa di cader dalla padella alla brace (... anche se, come diceva il bravo Faber... Ninetta bella, dritto all'inferno avrei preferito andarci in inverno...).
30 anni fa, quando facevo con piacere lo "sguattero" ai tavoli della Napoli bene, al termine della mia carriera scolastica: ripetente per la "terza" volta il secondo superiore, mentre attendevo i clienti osservando il Castel dell'Ovo, scrissi dei versi che ogni mese, grazie a Dio, oggi rileggo. Allora ero inconsciente, e i miei fallimenti sociali, economici e familiari lo testimoniano, ma ero anche già consapevole, caro/a @Jean, che la vita offre sempre (almeno) due vie d'uscita, altrimenti il libero arbitrio andrebbe a farsi friggere, altrimenti sarebbe più comodo farla finita innanzi a una difficoltà ...o pensando a tutto ciò che è menzogna!  :'(

Spero non offendere la rinomata poesia italiana:

Avrei potuto(1988)





Avrei potuto

lasciarmi andare

mille volte

e mille altre e più situazioni.

Avrei potuto

suicidarmi in qualsiasi momento

pensando a tutto ciò che è falso.

Avrei potuto

soffrire meno

o far gioire maggiormente mia mamma.

Avrei potuto

dialogare col diavolo

o diventare santo.

Avrei potuto essere

più conformista,

meno scugnizzo;

più razzista,

meno spigliato;

più ricco,

meno stronzo.

Avrei potuto

tutto o niente

...ma non ho voluto!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Jean:
Citazione(ps – mi hai confuso con l'utente "anziano" Sariputra... passato un bell'ultimo dell'anno, eh...)

Chiedo scusa, anche se sono recidivo (ho già corretto  :D ).

...eh ...sì, devo ammetterlo, ho trascorso un bellissimo Capodanno, ma mai come quello dell'anno scorso...un abbraccio... ;D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jean

Ogni tanto passo vicino ad Altopascio e ricordo che fin quando non vi son stato per una veloce visita, me l'immaginavo un posto di alta collina (vedi il nome...) dove si coltivava grano per far il buon pane (senza sale) che me l'ha evidenziata.

Nulla di ciò... 19 metri sul livello del mare, probabilmente non autosufficiente in quanto al grano...

Di come stanno le cose, della loro verità, sovente ne abbiamo  un'idea vaga... tendiamo a darne molte per scontate, perché sarebbe impossibile ricercar di tutto la validità, che è un sinonimo meno impegnativo di verità.

Ogni cosa ha un certo grado di validità mentre la verità, dove venga rilevata, chiude la porta a tutti i dubbi, no?

Siamo esseri "culturalmente approssimati" per così dire, magari non nel nostro ragionamento logico-deduttivo o quando facciamo riferimento alle fonti storiche, scientifiche o di altro tipo, ma il punto è che in ogni percorso che arrivi ad una conclusione siamo costretti ad introdurre un margine di incertezza che dipende da chi ha tracciato la via che ha consentito a noi d'arrivarci, a quelle conclusioni.

Non c'è modo d'affrancarsene come potete constatare anche qui nelle varie sezioni dell'Hotel, dove sovente le premesse conducono a conclusioni diametralmente opposte.

Pur se trattiamo con cura, conferendogli il dovuto peso, le informazioni che abbiamo almeno processato per conto nostro, raramente (tuttavia succede, a volte...) la sintesi finale raggruppa i diversi frammenti di verità dei partecipanti.

Adesso, per ragionar sul facile, su esperienze alla portata di tutti... prendiamo ad esempio "Un sontuoso banchetto" organizzato dall'amico Sariputra.

Beh, serve sempre un motivo... la celebrazione dell'entrata del figlio della cascata (... altisonante significato del nome... salvo cascata non sia verbo...) nel ristretto novero degli utenti storici.

Il buon Sari nell'occasione ha predisposto un racconto per metter insieme i diversi frammenti, se stesso e noi, e giungere a qualcosa che magari sia più della somma delle parti.

Che il risultato (partecipazione) sia stato tre o dieci è di secondaria importanza rispetto "all'immagine " complessiva che ha prodotto. 

Pur con tutte le difficoltà, le approssimazioni, i differenti "tempi" di scena ecc. il quadro risultante raffigura una squinternata festicciola tra amici/conoscenti, dove ognuno ha recitato la sua parte, detto quel che aveva da dire.

È "vera" quell'immagine?

Naturalmente no, non è il resoconto di qualcosa realmente avvenuto ma, attenzione, non è neppure il racconto di una sola persona che ha disposto eventi, situazioni e financo interpretato tutti i personaggi...

Alla verità di quell'immagine concorrono distinti "frammenti" vitali e, a mio avviso, ne contiene (di verità) un ben alto grado rispetto al prodotto di un singolo.

Ma parlar di gradi di verità potrebbe rivelarsi fuorviante, stante che nell'accezione comune ce ne sia una e non molte.

Potrebbe quell'immagine del consesso di amici accumunati dal frequentar codesto Hotel per i più disparati motivi, (primo dei quali apparire...  senza il quale non ci sarebbero neanche gli altri...) invece aver valore intero, di verità non parziale?

Non per dirsi realmente accaduta, ma acquisir una valenza che in qualche modo permetta di chiuder il cerchio, sigillando quell'immagine come un fatto compiuto, come lo son tutti gli eventi al mondo, veri in se stessi.

In un sistema chiuso (come un racconto o negli esperimenti scientifici) nulla entra e nulla esce (riferendosi alle grandezze monitorate... avete mai visto personaggi scappar o entrar dal libro alla lettura successiva..?), il risultato dipende dagli "ingredienti" , in interazione, che son stati messi in gioco.

Cosa potrebbe aprir un sistema così che sia portato ad un livello di coerenza superiore?

Devo farla breve, saltando un po' di passaggi... (magari lo riprenderò in seguito) ciò che può aprir il sistema è qualcosa da cui lo stesso trae validità e il suo grado di verità.

Nel sontuoso banchetto di Sariputra chiedendo cosa mancasse alla fine... ho evidenziato il ruolo del "padrone dell'Hotel", che avrebbe conferito quel "quid" al racconto virtual-reale capace di sigillarlo e chiuderlo al massimo grado di verità implicata.

Un altro esempio... qui nelle discussioni su Dio o non-Dio... solo Dio stesso  (apparendo... in qualche modo...) potrebbe "chiudere" la discussione al massimo grado di coerenza. 
Diversamente, come succede, il dialogo rimarrà entro i confini della coerenza personale, rappresentata dalla fede o non-fede di ognuno.

Questi son germi di "riflessioni", work in progress... stimolo per i lettori a muoversi al di là dei ristretti ambiti dove gli argomenti son "chiusi" come in un esperimento o in un libro.

Non necessariamente dobbiam partecipare sempre e solo agli esperimenti degli altri o legger i libri che han scritto altri.

Quel che può apparir poco, un banchetto imbastito nella stanza ("varie") offerta agli ospiti dell'Hotel per motivi non riconducibili a ben più impegnativi progetti logici... può rivelarsi un'occasione rara per "toccar con mente" i nostri simili in un territorio non codificato da regole, dove accantonar la nostra maschera principale e indossarne un'altra (stante che senza non si può stare...)... per vedere, un po' di nascosto, l'effetto che fa...

Immaginare... che facoltà incredibile... eppur da quella proveniamo e con quella l'uomo ha plasmato il mondo... immaginando la verità delle cose che poi ha prodotto...


(eh, no... con Altopascio 'un funziona... ce provo, ma sempre piatta rimane...)

 

Un saluto

Freedom

Citazione di: Jean il 31 Gennaio 2017, 23:05:00 PM

Un altro esempio... qui nelle discussioni su Dio o non-Dio... solo Dio stesso  (apparendo... in qualche modo...) potrebbe "chiudere" la discussione al massimo grado di coerenza.
Diversamente, come succede, il dialogo rimarrà entro i confini della coerenza personale, rappresentata dalla fede o non-fede di ognuno.
Di massima è così. Se Dio non c'è è ovvio non trovarlo. Ma se c'è è altrettanto ovvio che non permette che possa esser trovato. Per imperscrutabili motivi. Qualcuno parla di mettere alla prova la fede e magari è così, non lo so.

Se tuttavia Dio non può o non vuole essere trovato è possibile, a mio avviso, arrivare a stadi intermedi di verità. Anche se qualcuno ha detto che vivere è più urgente che trovare a tutti i costi delle risposte.

In definitiva il terreno è scivoloso. Molto scivoloso. Mi viene in mente che un giorno, cercando il famosissimo presepe della Chiesa di Santo Stefano (detta delle Sette Chiese) in quel di Bologna.......feci il giro non so quante volte. Non trovavo quel........benedetto presepe. Stavo diventando matto! Dov'era santo cielo! Perchè non lo trovavo? Dopo la ventesima volta che giravo in lungo e largo (non volevo arrendermi: ero andato lì apposta spronato da non so quale guida) esausto, sconfitto un pelo depresso chiesi a qualcuno che mi indicò quel famosissimo presepe. Lo guardai e non potei fare a meno di esclamare: "ma ci sono già passato un sacco di volte!" E poi non vale: quello non è un presepe, è la statua di un re magio". O qualcosa del genere, non ricordo bene. Ricordo solo che era una statua quasi a misura d'uomo. Solo leggermente più piccola. Forse erano le misure di quel tempo........
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Jean

 Ciao Freedom e grazie dell'intervento,
 
certamente d'accordo con te che il terreno sia molto scivoloso...  anche non volendolo si rischia d'andar fuori dalla strada che si pensava di percorrere, perché ce ne son una moltitudine e tante si somigliano, così a causa di una modesta distrazione ci si ritrova su un'altra...

Non sempre è facile invertire la direzione e riprender dal punto, sovente occorre percorrerla tutta per arrivar ad un incrocio o almeno ad un bivio.

Ci sono due parole che percorrono i nostri scritti: nel mio "apparire" e nel tuo "trovare"
Non son sinonimi e l'apparire (attivamente come mostrarsi/rivelarsi o passivamente come  il venir individuato) nella mia proposizione non implica il trovare/aver trovato.

Prima di procedere vorrei dire che non ambisco a far le pulci alle parole (altrimenti dovrei applicarlo anche alle mie... e non mi converrebbe) ma come ho riportato altrove ci son due visioni differenti, l'una afferma sia Dio a nascondersi nei dettagli e nell'altra... il suo Antagonista (anche questo è un dettaglio, l'usar un differente termine, tuttavia al maiuscolo... poi ognuno interpreta come meglio crede).

D'accordo che ciò che non c'è non possa venir trovato e anche che quel che c'è - se ne ha la capacità - rimanga invisibile ai nostri occhi... nel mezzo rimangono quelli che chiami stati intermedi di verità.

Che si potrebbe tradurre come un apparire che non dà certezza, oppure un apparire in superficie (come l'immagine di un oggetto posto sul fondo di uno specchio d'acqua... averlo in mano è ben diversa cosa) o ancora un apparire limitato in certi ambiti/circostanze/tempi.

Ma prima di tutto... cosa, eventualmente, appare?

Mi par si possa esser d'accordo trattarsi di qualcosa che non appartiene all'esperienza "concreta", possibile nel nostro mondo, qualcosa che sembra situarsi "al di là" dei confini riconducibili ad essa.

Definir questo qualcosa, a seconda dei percorsi compiuti da ognuno, "trascendente" , "spirito", "Dio", "Tao" o in qualsiasi altro modo sarebbe auspicabile non conducesse a separare ulteriormente (la "mia" esperienza e la tua, il "mio" credo e quello altrui)  invece che ad unire.

Perché se altro si presenta/è individuato nella nostra realtà, quest'altro (almeno per l'occasione) in qualche modo si compenetrerà con essa.

Sarebbe un risultato sconfortante (dal mio punto di vista) il ritrovarsi con delle palizzate più alte che circondano la nostra città... perché quest'altro si è presentato a noi... facendoci supporre che ci abbia dato un segno d'esser speciali/nel vero/scelti...ecc.

Dopo le premesse (necessarie per un futuro sviluppo della discussione, se ci sarà) parliamo di quest'altro, ricordando che abbiamo circoscritto l'ambito della discussione a quelli definiti da te ed accettati da me come "stati intermedi di verità"... un tipo particolare di frammenti di quello specchio di cui andiamo proseguendo l'indagine.

Qui con un approccio diverso rispetto ad altre discussioni poiché non si discute dell'esistenza dell'intero specchio (la verità/Dio... o forse qualcosa di non ancor delineato con sufficiente precisione) o della sua insussistenza.

C'è ancor da dire che il "trovare" di qualcuno per altri può corrispondere ad un apparire (o meno) di qualcosa.

Un esempio, riprendo una mia domanda che non ha trovato risposta: come interpretare le migliaia di ex voto presenti nei numerosi santuari del nostro Paese?

Chi ha vissuto quegli episodi poi raffigurati in vari modi non ha dubbi d'aver "trovato" qualcosa, sicuramente a causa un intervento soprannaturale, per opera o intercessione di figure di culto.

A chi come me, stupito da tanta rappresentatività di tali interventi, si pone con umiltà a seguirne il disegno e leggerne la storia, quel qualcosa "appare".

A volte mi sembra che non si dia la giusta considerazione alle cose... queste migliaia di "prove" vorranno pur significare qualcosa, no?
Anche (o almeno) per la storia dell'arte, come affermato nel 
 
Pensiero espresso nel 1980 dall'insigne storico dell'arte Federico Zeri:
"Nessuno ha mai sostenuto che si debba privilegiare gli ex voto a scapito della Cappella Sistina, ma se si vuole che la storia dell'arte sia veramente storia, allora è indispensabile prendere in esame tutti gli aspetti figurativi, e non solo quelli più alti ed elaborati.

Non dimentichiamo che il pubblico degli ex voto è infinitamente più numeroso di quello che fruisce della cappella Sistina o dei quadri di Giorgio Morandi".
 

Tutti questi ex voto saranno anch'essi frammenti dello specchio della verità?
 

Secondo voi?

Jean

#42
Un mio zio paterno fu  persona di fede e per mantenersi  libero in quella rinunciò  a farsi una propria famiglia... ci sarebbe da scrivere molto su di lui, a detta di chi lo conobbe emanava una tranquilla e tuttavia potente forza... insomma qualcuno di speciale cui devo molto e forse nel tempo aggiungerò dell'altro, avendone il massimo rispetto.

Aiutò molto la mia famiglia, era il maggiore di sette figli e mio padre, il minore, lo teneva in gran conto per quel suo esser  qui... e da un'altra parte...  difficile da spiegare.

Un giorno, approssimandosi la fine dello zio,  il mio babbo gli domandò qualcosa al di là delle possibilità umane... di informarlo quando avesse raggiunto "quell'altro mondo" di cui gli aveva raccontato.

A causa di problemi mio padre non poté esser presente negli ultimi giorni.
L'ultima che lo vide fu una mia zia alla quale, dopo d'averla salutata (rimase sempre sorprendentemente lucido senza mai lamentarsi dei terribili dolori d'un corpo devastato) le chiese di uscir dalla stanza per cinque minuti.
Al rientro non era più tra i vivi.

Dopo qualche tempo mia madre una notte lo sognò.

Si trovavano entrambi in un pullman ed egli era affabile come sempre, sin che si fermarono davanti ad un grande cancello di ferro... l'entrata di un cimitero.

Mio zio le disse che era tempo di accomiatarsi... ma mia madre insistette di voler accompagnarlo e lui rispose deciso che non poteva seguirlo, poi, fissandola, gli disse di dir a suo fratello, mio padre, queste testuali parole: digli che è tutto vero quello che gli avevo raccontato.

La salutò cordialmente e scomparve in fondo al cancello.

Mia madre nel tempo ha sognato diversi familiari defunti... ma quel mio zio mai più, quella fu la prima e ultima volta.

Mia madre, che non conosceva della domanda del mio babbo, gli riferì il sogno... e vi lascio immaginare quanto ne fu turbato.



Un cordiale saluto

Jean

myfriend

Alla domanda: il primo principio della termodinamica è Verità o no?

I relativisti rispondono di no. Perchè se rispondessero di sì negherebbero la propria fede. E, come ben sappiamo, nessuno rinuncia facilmente alla propria fede. E più uno è superstizioso e più forte sarà la resistenza prodotta.
LA verità non è uno specchio andato in frantumi.
LA verità è un puzzle...di cui il primo principio della termodinamica è una tessera.

I relativisti sostengono che non esiste una Verità oggettiva.
E affermando questo, negano che il primo principio della termodinamica sia verità.
E con questo negano la scienza per poter ostinatamente affermare la propria fede.
E, facendo questo, sono del tutto simili a coloro che affermano che esiste satana.  :D

E ora la semplice domanda: il primo principio della termodinamica è una "mia" verità o è "verità oggettiva"?
E davanti a questa risposta i relativisti scappano.  :D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

acquario69

Citazione di: Jean il 28 Aprile 2017, 09:40:26 AM
Un mio zio paterno fu  persona di fede e per mantenersi  libero in quella rinunciò  a farsi una propria famiglia... ci sarebbe da scrivere molto su di lui, a detta di chi lo conobbe emanava una tranquilla e tuttavia potente forza... insomma qualcuno di speciale cui devo molto e forse nel tempo aggiungerò dell'altro, avendone il massimo rispetto.

Aiutò molto la mia famiglia, era il maggiore di sette figli e mio padre, il minore, lo teneva in gran conto per quel suo esser  qui... e da un'altra parte...  difficile da spiegare.

Un giorno, approssimandosi la fine dello zio,  il mio babbo gli domandò qualcosa al di là delle possibilità umane... di informarlo quando avesse raggiunto "quell'altro mondo" di cui gli aveva raccontato.

A causa di problemi mio padre non poté esser presente negli ultimi giorni.
L'ultima che lo vide fu una mia zia alla quale, dopo d'averla salutata (rimase sempre sorprendentemente lucido senza mai lamentarsi dei terribili dolori d'un corpo devastato) le chiese di uscir dalla stanza per cinque minuti.
Al rientro non era più tra i vivi.

Dopo qualche tempo mia madre una notte lo sognò.

Si trovavano entrambi in un pullman ed egli era affabile come sempre, sin che si fermarono davanti ad un grande cancello di ferro... l'entrata di un cimitero.

Mio zio le disse che era tempo di accomiatarsi... ma mia madre insistette di voler accompagnarlo e lui rispose deciso che non poteva seguirlo, poi, fissandola, gli disse di dir a suo fratello, mio padre, queste testuali parole: digli che è tutto vero quello che gli avevo raccontato.

La salutò cordialmente e scomparve in fondo al cancello.

Mia madre nel tempo ha sognato diversi familiari defunti... ma quel mio zio mai più, quella fu la prima e ultima volta.

Mia madre, che non conosceva della domanda del mio babbo, gli riferì il sogno... e vi lascio immaginare quanto ne fu turbato.


Un cordiale saluto

Jean

la descrizione di questa storia che ci hai raccontato mi ha riportato istantaneamente alla memoria ad un racconto del grande Buzzati -qui sotto- che in fatto di misteri era un autentico maestro,secondo me ineguagliabile,e di come sapeva (un "sapere" a mio giudizio intuitivo) far trasfigurare nei suoi racconti fantastici frammenti di realtà cosi da fonderli insieme e arrivare a farti chiedere se in effetti la cosiddetta realtà non sia per noi appunto la sua controparte invertita, un po come il rovescio di una stessa medaglia..oppure il rapporto che ce' tra la luce e l'ombra (la realtà come l'ombra e viceversa)..sono sicuro che sarebbe la stessa sensazione (ma ben inteso qualcosa di più che una semplice sensazione!) che con molta probabilità avrà provato tuo padre nel momento in cui sua moglie gli racconto' del suo sogno in riferimento al fratello e della sua risposta a quella fatidica domanda..  

da un racconto di Dino Buzzati (la Sosia)
Mi ricordo, raccontava di un certo Luigi Bertàn, un bravo giovanotto, di buona famiglia, unico figlio, orfano, fidanzato di una certa Màrion, una delle più belle ragazze di Treviso. Ma questa stupenda creatura muore, che non ha ancora diciott'anni, peritonite o che so io. Ora nessuno può immaginare la disperazione del Bertàn. Si chiude in casa, non vuol più vedere nessuno.
I vecchi amici battono alla porta:
«Gino, fatti almeno vedere, noi tutti si capisce il tuo dolore, ma questa è una esagerazione, tu che eri il più allegro di noi, tu che eri l'anima della compagnia». Ma lui niente, non risponde, non apre, insomma un caso pietoso.
Credere o non credere, per due anni interi così. Finché un giorno due dei vècchi amici riescono, supplicando, a farsi aprire. Lo abbracciano, cercano di consolarlo, era diventato uno scheletro, con una barba lunga così. «Senti, Gino, hai sofferto abbastanza, non puoi assolutamente continuare, hai il dovere di ritornare alla vita». 

Fatto è che, per tirarlo su, gli amici gli combinano una festa in suo onore, invitano un sacco di belle ragazze, champagne, musica, allegria.
E bisognava vederlo, quella sera, Gino Bertàn, sbarbato, col vestito delle grandi occasioni, sembrava diventato un altro, brillante e spiritoso come ai bei tempi.
Ma a un certo punto della festa lui si apparta in un angolo con una bionda e parla, parla, parla, come fanno gli innamorati.
«Chi è quella bionda»? uno domanda. Rispondono: «Non so, deve essere forestiera, da queste parti non si è mai vista». Rispondono: «Pare che sia una amica della Sandra Bortolin». Dicono: «Comunque, lasciamolo in pace, Dio voglia che questa bionda gli faccia passare le paturnie». Dicono:  «Si vede proprio che è il suo tipo.
Mica per niente, ve ne siete accorti? ha gli stessi occhi della povera Màrion». «E' vero, è vero, accidenti come le assomiglia».
Per tutta la sera quei due insieme, fino a che la festa si scioglie, erano Gino accompagnerà la bella in macchina a casa. Escono, lei ha un brivido, si è messo infatti a soffiare il vento.
«Si copra con Questo», fa lui. E le mette sulle spalle il suo pullover.
«Dove l'accompagno, signorina»? «Da quella parte» risponde lei facendo segno. «Ma in che via precisamente»? «Non importa, non importa, le dirò io dove fermarsi, magari i miei sono ancora svegli ad aspettarmi, non vorrei che ci vedessero insieme». Vanno, vanno, per le strade deserte. Ormai sono alla periferia.
«Ecco» fa la ragazza a un certo punto. «Adesso siamo arrivati. No, non si disturbi a scendere. Grazie di tutto. E arrivederci».
«Ma il suo indirizzo? Il suo telefono? Ci potremo rivedere, no»?
Lei, già scesa di macchina, sorride: «Eh, dovrò pur restituirle il Pullover»! Ora fa un cenno d'addio con la mano, è già scomparsa dietro l'angolo.
Un po frastornato lui riparte, avviandosi in direzione di casa, quando gli viene un dubbio strano: «Ma dove l'ho accompagnata? Che posto era»? Torna indietro, ritrova il luogo, svolta l'angolo dove lei è scomparsa. C'è una strada buia, non si vede niente. Lui accende i fari. Laggiù in fondo una cancellata.  Si avvicina. Il suo pullover pende da una delle aste di ferro. E' il recinto del cimitero dove Màrion è sepolta. 

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