La volontà di Dio è scrutabile o imperscrutabile ?

Aperto da viator, 10 Ottobre 2017, 15:03:42 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

anthonyi

Citazione di: Angelo Cannata il 22 Ottobre 2017, 22:50:38 PM
Può essere bene precisare che con ciò non intendo dire che tutto debba essere intoccabile, privo di ogni possibilità di confronto; sono stato sempre contrario a chi sostiene che, per esempio, chi decide di essere cattolico debba accettare passivamente tutto ciò che c'è nel Cattolicesimo, astenendosi da ogni critica. Lo stesso per ma vale riguardo al Vangelo e ai testi sacri in genere.

Il punto è che, prima di effettuare confronti e critiche, devo rendermi conto delle motivazioni serie di ciò che intendo criticare, per non correre il rischio di risultare uno che critica solo perché non sa vedere il valore di ciò che sta criticando.

Ora, riguardo al mito, ormai da molti anni si è imparato ad apprezzare la sua importanza come linguaggio in grado di esprimere con grande profondità e ricchezza ciò che è umano. Solo dopo aver saputo apprezzare questo possiamo cimentarci in una sua critica.

La questione, Angelo, secondo me non riguarda tanto le opinioni personali quanto certi meccanismi organizzativi propri dell'istituzione cattolica (Ma probabilmente lo stesso si potrebbe dire per altre). Se tu "scegli" di essere cattolico, a seguito della frequenza con quelle realtà ti rendi conto di come queste siano strutturate in modo da spingerti a diventare strumento di quegli apparati che grazie a questi detengono un grande potere. Non è un caso che molte delle persone che si dichiarano atee con maggiore convinzione sono state soggette a questi meccanismi e hanno reagito liberandosi di tutto quell'apparato culturale.
Il messaggio tipico del clero al fedele è: "Tu credi in Gesù e quindi devi ...". Ora tralasciando l'argomento del devi, il punto è che "devi" Gesù non lo ha mai detto a nessuno, mentre il clero dice praticamente solo quello, almeno in quei contesti interni nei quali sa di parlare al suo popolo. La reazione è quindi, siccome non sopporto il devi (magari anche perché metto in discussione l'argomento) allora non credo in Gesù.

Angelo Cannata

Concordo sul fatto che la Chiesa impone in molti casi doveri non chiari o inopportuni.

Che Gesù non abbia mai detto "devi" a nessuno è falso: i Vangeli sono strapieni di imposizioni da parte di Gesù. Tanto per fare qualche esempio, quando dice di porgere l'altra guancia non intende certo "se ti va, se ti sembra il caso, se pensi che l'altro lo meriti, porgi l'altra guancia": è un obbligo che chi segue lui deve praticare; oppure, quando dice che chi guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore, non intende certo "si potrebbe intendere, in certi casi, che...": le sue parole sono drastiche, spesso raggiunge anche l'assurdo: se il tuo occhio ti fa fare peccati, cavalo e gettalo via da te.

In questo senso si potrebbe dire che, al contrario, la Chiesa è troppo molle rispetto a Gesù, troppo incline al compromesso, mentre lui era severissimo, intransigente, a volte viene a risultare che era sua intenzione proprio scoraggiare chi volesse seguirlo.

Purtroppo vedo spesso diffuse idee idealizzate su Gesù, anche in persone di cultura, autori di libri, ma significa solo che non hanno letto il Vangelo.

InVerno

Piccolo inciso, non ho mai creduto necessario ne auspicabile alcunchè di correttivo nei testi, ci mancherebbe . Anzi esperimenti a-la Jefferson da un certo punto di vista rappresentano una sconfitta culturale, di una cultura che ha bisogno di "vedere scritto" per avere una base di partenza che potrebbe invece attingere dallo studio, studio che evita. Mi si permetta una battuta riguardo a ciò che ha scritto antonyi, e mi scuso con chi l'ha già sentita o non la troverà divertente.
Dio sta guardando al televisore il mondo dopo tanto tempo dopo la creazione, e chiede informazioni su quello che vede allo spirito santo. Vede una madre partorire e gli dice "ma perchè soffre così tanto?" e l'angelo gli dice "l'hai detto tu, partorirai con dolore" e Dio risponde "ma io scherzavo!" . Vede persone lavorare nei campi con sangue e sudore e chiede "ma perchè lo fanno?" e lo spirito santo risponde "l'hai detto tu, han peccato ora devono lavorare", e Dio esclama "ma io scherzavo!". Poi vede i prelati vaticani sfilare ben vestiti in preghiera e chiede "E questi invece chi sono?" e lo spirito santo risponde "quelli che hanno capito che scherzavi" :)
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Ottobre 2017, 08:28:57 AM
Concordo sul fatto che la Chiesa impone in molti casi doveri non chiari o inopportuni.

Che Gesù non abbia mai detto "devi" a nessuno è falso: i Vangeli sono strapieni di imposizioni da parte di Gesù. Tanto per fare qualche esempio, quando dice di porgere l'altra guancia non intende certo "se ti va, se ti sembra il caso, se pensi che l'altro lo meriti, porgi l'altra guancia": è un obbligo che chi segue lui deve praticare; oppure, quando dice che chi guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore, non intende certo "si potrebbe intendere, in certi casi, che...": le sue parole sono drastiche, spesso raggiunge anche l'assurdo: se il tuo occhio ti fa fare peccati, cavalo e gettalo via da te.

In questo senso si potrebbe dire che, al contrario, la Chiesa è troppo molle rispetto a Gesù, troppo incline al compromesso, mentre lui era severissimo, intransigente, a volte viene a risultare che era sua intenzione proprio scoraggiare chi volesse seguirlo.

Purtroppo vedo spesso diffuse idee idealizzate su Gesù, anche in persone di cultura, autori di libri, ma significa solo che non hanno letto il Vangelo.

Quello che io volevo rappresentare con il "devi", è la differenza tra regole comportamentali e meccanismi di dominazione dell'uomo sull'uomo. I principi religiosi all'origine sono pieni di buon senso, fatti di regole che aiutano l'individuo e in prospettiva ne migliorano la vita.
Il problema nasce quando chi gestisce i principi capisce che questo permette di detenere il potere e comincia ad adattare i principi alle esigenze del potere.
Direi che il concetto è stato interpretato bene dalla divertente barzelletta di InVerno.

paul11

#94
Breve riflessioni sugli interventi di Inverno e Anthonyi.
C'è poco di imperscrutabile nello Yawheh ebraico. La differenza fra il trascendente e il materiale è minima.
E' un "dio" che si manifesta, dà e toglie  ricchezze, porta manna o piaghe, dispensa gioia o dolore.
Il popolo lo teme, la devozione nasce dal timore non dal connubbio fra cuore e mente.

Fin quando la Chiesa romana avrà mezzo piede nell'ebraico veterotestamentale  e un piede e mezzo nella "buona novella" albergherà nell'ambiguità di un duplice messaggio che non concorda.

Gesù non ha affatto espresso la volontà di creare istituzioni. Dio non è Cesare.
Gli umani che ne incarnano il messaggio si preoccupano di dispensare lo stesso "timore di "dio"" per avere autorità materiale dove manca di autorevolezza morale e culturale.

C'è poco di imperscrutabile qui, e molto di "umano potere sembiante "

anthonyi

Citazione di: paul11 il 23 Ottobre 2017, 14:56:27 PM
Breve riflessioni sugli interventi di Inverno e Anthonyi.
C'è poco di imperscrutabile nello Yawheh ebraico. La differenza fra il trascendente e il materiale è minima.
E' un "dio" che si manifesta, dà e toglie  ricchezze, porta manna o piaghe, dispensa gioia o dolore.
Il popolo lo teme, la devozione nasce dal timore non dal connubbio fra cuore e mente.

Fin quando la Chiesa romana avrà mezzo piede nell'ebraico veterotestamentale  e un piede e mezzo nella "buona novella" albergherà nell'ambiguità di un duplice messaggio che non concorda.

Gesù non ha affatto espresso la volontà di creare istituzioni. Dio non è Cesare.
Gli umani che ne incarnano il messaggio si preoccupano di dispensare lo stesso "timore di "dio"" per avere autorità materiale dove manca di autorevolezza morale e culturale.

C'è poco di imperscrutabile qui, e molto di "umano potere sembiante "

Sono grosso modo d'accordo, anche se non mi piace trarre conclusioni semplicistiche. Nella storia della Chiesa c'è molto di umano, e non ce ne dobbiamo meravigliare visto che è un'istituzione gestita da umani. Ciononostante operando un'opportuna decomposizione di queste strutture complesse che chiamiamo religioni possiamo accorgerci che troviamo qualcosa che non è riducibile all'umano e che quindi potremmo provare a riferire al trascendente, e magari provare a vedere se sia "scrutabile".
In questo approccio, riflettendo sulla dicotomia che tu poni tra lo Javé, il signore degli eserciti, e Gesù, l'agnello sacrificale, mi sovviene una domanda. Quale di queste due strutture è più umanamente spiegabile? Sicuramente Javé lo è di più, un Dio degli eserciti torna utile per conquistare e legittimare il potere, ed è forse queste la ragione per la quale la Chiesa, come tu dici, mantiene un mezzo piede nell'antico testamento.

Angelo Cannata

Secondo me si resta bloccati in ragionamenti troppo improduttivi finché si rimane col timore di toccare ciò che perfino tanti atei ritengono intoccabile, cioè criticare Gesù stesso, evidenziare le sue ipocrisie, che è possibile individuare nei Vangeli. Ciò non significa voler investire tutto con un bulldozer che appiattisce e non sa apprezzare: per me Gesù rimane una personalità dalla spiritualità altissima; tuttavia ebbe anche le sue ipocrisie e i suoi limiti.

In questo senso, per collegarci al tema, nell'interrogarci sulla volontà di Dio, a mio parere è necessario anche chiedersi quanta ipocrisia c'è in questa volontà, sia che si tratti del Dio dell'Antico Testamento, sia che si tratti di Gesù.

Di conseguenza nascerebbe anche la domanda: ma questa volontà di Dio, quale che essa sia, merita davvero di essere conosciuta, ammesso che in qualche misura sia scrutabile?

anthonyi

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Ottobre 2017, 18:48:19 PM
Secondo me si resta bloccati in ragionamenti troppo improduttivi finché si rimane col timore di toccare ciò che perfino tanti atei ritengono intoccabile, cioè criticare Gesù stesso, evidenziare le sue ipocrisie, che è possibile individuare nei Vangeli. Ciò non significa voler investire tutto con un bulldozer che appiattisce e non sa apprezzare: per me Gesù rimane una personalità dalla spiritualità altissima; tuttavia ebbe anche le sue ipocrisie e i suoi limiti.

In questo senso, per collegarci al tema, nell'interrogarci sulla volontà di Dio, a mio parere è necessario anche chiedersi quanta ipocrisia c'è in questa volontà, sia che si tratti del Dio dell'Antico Testamento, sia che si tratti di Gesù.

Di conseguenza nascerebbe anche la domanda: ma questa volontà di Dio, quale che essa sia, merita davvero di essere conosciuta, ammesso che in qualche misura sia scrutabile?

Io non ho l'impressione ci siano ipocrisie nel messaggio di Gesù. L'idea stessa di ipocrisia, in ambito religioso, la dobbiamo a lui.
Piuttosto vi è a mio parere un aspetto da sottolineare riguardo all'azione divina che non è azione formale ma sostanziale (o deve essere supposta tale per l'analisi). Non è importante ciò che Dio dice all'uomo, è importante come l'uomo reagisce a questo.

Dio non può dialogare esplicitamente con l'uomo perché la coscienza umana è limitata, per cui il dialogo è sempre condizionato dalla capacità umana di comprendere.
E' interessante il fatto che molti degli "insegnamenti" di Gesù non vengono compresi, vi sono parti che sono difficili da comprendere anche oggi.

Sulla domanda finale di senso beh direi che è un fatto individuale, io sono un cercatore di verità e quindi il senso lo trovo. Naturalmente mi rendo conto che le masse dominanti sono da una parte chi non osa pensare che sia scrutabile, dall'altra chi pensa che non ci sia niente da scrutare. Ti saluto.

Angelo Cannata

Un episodio di ipocrisia di Gesù che a me sembra tipico è quello di Marco 14,1-11: Gesù viene cosparso di profumo costosissimo e alle rimostranze dei presenti risponde che per fare del bene ai poveri c'è sempre tempo.

Riguardo alla limitatezza della coscienza umana, al fine di dialogare con Dio, per me è una scusa senza senso, perché è stato Dio a creare l'uomo e senza dubbio l'ha creato affinché l'uomo fosse in grado di vivere una relazione con lui. Che senso ha quindi aver creato un uomo così limitato proprio riguardo alla capacità di relazionarsi con lui? Se io voglio una zappa in grado di relazionarsi bene con le mie mani, per lavorare, creerò una zappa con buon manico. Che senso ha che io mi fabbrichi una zappa inutilizzabile e poi mi lamenti con i limiti della zappa, con la sua incapacità di relazionarsi bene con le mie necessità di lavoro? Non sono forse io ad aver deciso quali limiti e quali qualità doveva avere questa zappa?

Se Dio risulta difficile da comprendere, non è anzitutto sua la responsabilità di quest'incomprensione? Poteva fare due cose: semplificare il suo messaggio o accrescere la nostra capacità di comprenderlo. Se non si è interessato di fare né l'una né l'altra cosa, che senso ha che noi ci lamentiamo con noi stessi per il fatto che Dio è difficile da capire?

A questo proposito c'è un episodio, Luca 17,5-6, che è veramente uno schiaffo all'intelligenza umana:

Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe».

Capisci la logica assurda di questa risposta di Gesù? Cioè, se viene un ignorante da me e mi dice "Insegnami a leggere e a scrivere", che senso ha che io gli risponda "Sei un asino! Se tu sapessi leggere e scrivere anche solo un pochino, sapresti già scrivere belle poesie". Quello potrebbe rispondermi, giustamente: "Ma io te lo sto chiedendo proprio per questo! Che senso ha dirmi che sono asino, una volta che io sono venuto da te proprio affinché tu mi istruisca?".

Sariputra

#99
Nei testi sacri antichi, di tutte le tradizioni, d'Occidente come d'Oriente, c'è sempre un ampio uso di iperbole per rafforzare il concetto espresso e dargli una netta evidenza nel contesto della narrazione. Troviamo, per esempio, nei testi canonici buddhisti, discorsi del Buddha in cui si raccomanda ai monaci di coltivare e dimorare saldamente nella presenza mentale. Come esempio porta la storia di una monaco che,nonostante il re prima gli faccia staccare un braccio, poi l'altro, poi le gambe, poi gli occhi, ecc. continua a perseverare nella presenza mentale e a non far emergere un sentimento di avversione/odio verso i suoi carnefici. E' evidente che nessun essere umano può sopravvivere ad una cosa simile, mantenendo la calma mentale. Il senso quindi dell'esagerazione è nel mettere al centro, dare enorme importanza, al potere della presenza mentale. Metterlo cioè al centro dell'attenzione del praticante. Se prendiamo il discorso alla lettera, dovremmo concludere che il Buddha non era quel gran sapiente che dicevano, visto che ignorava che un essere umano non può sopravvivere  se gli strappano tutti gli arti. Ma non era questa l'intenzione del Buddha...
Similmente , nel brano della Bibbia che riporti, è evidente che Yeoshwa  traccia questa immaginaria figura del gelso che viene sradicato da un infinitesimo livello di fede in Dio e addirittura trapiantato in acqua e non nel terreno. E' totalmente assurdo , se preso alla lettera, e questo ti fa dire che "Yeoshwa era un ipocrita". Ma Yeoshwa, come il Buddha, era un maestro che insegnava e che sapeva usare abili mezzi per colpire l'attenzione dei discepoli e portarli 'al punto'. Il punto è quindi il fatto che, se si dispone di un minimo livello di fede, si ha la possibilità di cambiare la propria vita (come un gelso cambia prendendo radici nell'acqua e non nella terra...che, se lo pensiamo, è una immagine di straordinaria forza poetica/mistica).  Nel daoismo abbiamo queste narrazioni di figure di antichi saggi che volano in groppa a draghi o che, pluricentenari, nuotano nelle profondità. Una riflessione basata sulla logica ti fa subito esclamare."Assurdità!". Ma l'intenzione del maestro non è quella di presentare un racconto logico e razionale, bensì quello di mostrare un' immagine mistica ( mi si passi il termine non del tutto appropriato...) che scardini proprio la crosta della razionalità logica e faccia 'intuire'  ciò che oltrepassa questo limite del pensiero.
Quando Yeoshwa riprende i suoi discepoli che, molto razionalmente e secondo la loro comprensione dell'agape insegnato dal maestro, trovavano contraddittorio 'sprecare' tutto un vasetto di profumo, che all'epoca aveva un grande valore economico, per cospargere il capo del rabbì buono, intende a mio giudizio marcare l'importanza della devozione totale che non fa calcoli, che si dà tutta nell'atto d'amore, di cui il vasetto d'olio è solo immagine simbolica. Qualcosa di simile lo troviamo nel passo di 'Marta e Maria' , in cui viene potentemente sottolineata la superiorità dell'essere ( ascolto/ attenzione/ presenza mentale... ) al fare, che non è superfluo , ma non è la 'parte migliore' in un cammino di pratica spirituale, secondo l'insegnamento del Cristo ( ma non solo...). Questo è molto logico all'interno di un insegnamento devozionale come quello cristiano. Io lo trovo coerente e non incoerente, come lo vedi tu...quando un maestro 'autentico' insegna, lo deve fare per immagini che, seppur continuamente rielaborate dal pensiero e dall'intuizione umana, abbiano un tono di assoluto che supera la contingenza dell'epoca. Per questo i passi che hai citato, ma altri, come gli antichi discorsi dei grandi maestri dell'Oriente hanno ancora la possibilità di far fiorire una tensione spirituale in noi, scafati razionalisti e nichilisti del XXI sec... :)
Questa sorta di 'cortocircuito' logico che il maestro tenta di attivare , attraverso anche l'uso volontario di immagini illogiche e assurde, nel discepolo lo induce, dopo un primo momento di disorientamento , a chiedersi e ad interrogarsi: "Ma qual'era il significato? Cosa voleva dire?  Certamente non quel che detto, ma...vuole forse indicarmi qualcosa di più profondo?". Ecco quindi che viene attivata l'investigazione personale, affinchè poi ci sia la realizzazione propria e non semplicemente quella 'imposta' dall'alto. Questo sarebbe il vero modo di insegnare: portare l'altro a capire da solo... :)

P.S. Che poi non era un modo di narrare solo dei testi sacri. Pensiamo all'Iliade di Omero in cui l'eroe, il peléide Achille per esempio, da solo fa strage di centinaia di troiani con una misera spada... :o
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

anthonyi

Citazione di: Angelo Cannata il 24 Ottobre 2017, 08:06:57 AM
Un episodio di ipocrisia di Gesù che a me sembra tipico è quello di Marco 14,1-11: Gesù viene cosparso di profumo costosissimo e alle rimostranze dei presenti risponde che per fare del bene ai poveri c'è sempre tempo.

Riguardo alla limitatezza della coscienza umana, al fine di dialogare con Dio, per me è una scusa senza senso, perché è stato Dio a creare l'uomo e senza dubbio l'ha creato affinché l'uomo fosse in grado di vivere una relazione con lui. Che senso ha quindi aver creato un uomo così limitato proprio riguardo alla capacità di relazionarsi con lui? Se io voglio una zappa in grado di relazionarsi bene con le mie mani, per lavorare, creerò una zappa con buon manico. Che senso ha che io mi fabbrichi una zappa inutilizzabile e poi mi lamenti con i limiti della zappa, con la sua incapacità di relazionarsi bene con le mie necessità di lavoro? Non sono forse io ad aver deciso quali limiti e quali qualità doveva avere questa zappa?

Se Dio risulta difficile da comprendere, non è anzitutto sua la responsabilità di quest'incomprensione? Poteva fare due cose: semplificare il suo messaggio o accrescere la nostra capacità di comprenderlo. Se non si è interessato di fare né l'una né l'altra cosa, che senso ha che noi ci lamentiamo con noi stessi per il fatto che Dio è difficile da capire?

A questo proposito c'è un episodio, Luca 17,5-6, che è veramente uno schiaffo all'intelligenza umana:

Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe».

Capisci la logica assurda di questa risposta di Gesù? Cioè, se viene un ignorante da me e mi dice "Insegnami a leggere e a scrivere", che senso ha che io gli risponda "Sei un asino! Se tu sapessi leggere e scrivere anche solo un pochino, sapresti già scrivere belle poesie". Quello potrebbe rispondermi, giustamente: "Ma io te lo sto chiedendo proprio per questo! Che senso ha dirmi che sono asino, una volta che io sono venuto da te proprio affinché tu mi istruisca?".

Quelli che tu reputi ipocrisie, per me sono insegnamenti abbastanza profondi. Come si fa a parlare di ipocrisia per l'apprezzamento della donna che lo riveste di profumo. Gesù ha una missione da realizzare, e questa missione è carica di significati rituali e simbolici. Non si può mettere sullo stesso piano il rito e l'ipocrisia. Il rito può essere ipocrita, quando viene vissuto solo con l'apparenza, ma nel rito c'è un senso mistico.
Sulla risposta di Gesù agli apostoli vediamo meccanismi che si ripetono più volte, Gesù non segue mai i suoi interlocutori, li usa, a volte anche con durezza, per rappresentare la sua verità interiore. In questi meccanismi vi è poco dei meccanismi tipici di interazione umana. Gesù è un leader carismatico, ora nella storia umana abbiamo tanti leader i quali, per mantenere la loro leadership devono compiacere un minimo i loro seguaci, in un linguaggio moderno sono populisti. Gesù non segue in alcun modo questo meccanismo, non cerca di compiacere in alcun modo.

anthonyi

Citazione di: Sariputra il 24 Ottobre 2017, 10:23:02 AM
Nei testi sacri antichi, di tutte le tradizioni, d'Occidente come d'Oriente, c'è sempre un ampio uso di iperbole per rafforzare il concetto espresso e dargli una netta evidenza nel contesto della narrazione. Troviamo, per esempio, nei testi canonici buddhisti, discorsi del Buddha in cui si raccomanda ai monaci di coltivare e dimorare saldamente nella presenza mentale. Come esempio porta la storia di una monaco che,nonostante il re prima gli faccia staccare un braccio, poi l'altro, poi le gambe, poi gli occhi, ecc. continua a perseverare nella presenza mentale e a non far emergere un sentimento di avversione/odio verso i suoi carnefici. E' evidente che nessun essere umano può sopravvivere ad una cosa simile, mantenendo la calma mentale. Il senso quindi dell'esagerazione è nel mettere al centro, dare enorme importanza, al potere della presenza mentale. Metterlo cioè al centro dell'attenzione del praticante. Se prendiamo il discorso alla lettera, dovremmo concludere che il Buddha non era quel gran sapiente che dicevano, visto che ignorava che un essere umano non può sopravvivere  se gli strappano tutti gli arti. Ma non era questa l'intenzione del Buddha...
Similmente , nel brano della Bibbia che riporti, è evidente che Yeoshwa  traccia questa immaginaria figura del gelso che viene sradicato da un infinitesimo livello di fede in Dio e addirittura trapiantato in acqua e non nel terreno. E' totalmente assurdo , se preso alla lettera, e questo ti fa dire che "Yeoshwa era un ipocrita". Ma Yeoshwa, come il Buddha, era un maestro che insegnava e che sapeva usare abili mezzi per colpire l'attenzione dei discepoli e portarli 'al punto'. Il punto è quindi il fatto che, se si dispone di un minimo livello di fede, si ha la possibilità di cambiare la propria vita (come un gelso cambia prendendo radici nell'acqua e non nella terra...che, se lo pensiamo, è una immagine di straordinaria forza poetica/mistica).  Nel daoismo abbiamo queste narrazioni di figure di antichi saggi che volano in groppa a draghi o che, pluricentenari, nuotano nelle profondità. Una riflessione basata sulla logica ti fa subito esclamare."Assurdità!". Ma l'intenzione del maestro non è quella di presentare un racconto logico e razionale, bensì quello di mostrare un' immagine mistica ( mi si passi il termine non del tutto appropriato...) che scardini proprio la crosta della razionalità logica e faccia 'intuire'  ciò che oltrepassa questo limite del pensiero.
Quando Yeoshwa riprende i suoi discepoli che, molto razionalmente e secondo la loro comprensione dell'agape insegnato dal maestro, trovavano contraddittorio 'sprecare' tutto un vasetto di profumo, che all'epoca aveva un grande valore economico, per cospargere il capo del rabbì buono, intende a mio giudizio marcare l'importanza della devozione totale che non fa calcoli, che si dà tutta nell'atto d'amore, di cui il vasetto d'olio è solo immagine simbolica. Qualcosa di simile lo troviamo nel passo di 'Marta e Maria' , in cui viene potentemente sottolineata la superiorità dell'essere ( ascolto/ attenzione/ presenza mentale... ) al fare, che non è superfluo , ma non è la 'parte migliore' in un cammino di pratica spirituale, secondo l'insegnamento del Cristo ( ma non solo...). Questo è molto logico all'interno di un insegnamento devozionale come quello cristiano. Io lo trovo coerente e non incoerente, come lo vedi tu...quando un maestro 'autentico' insegna, lo deve fare per immagini che, seppur continuamente rielaborate dal pensiero e dall'intuizione umana, abbiano un tono di assoluto che supera la contingenza dell'epoca. Per questo i passi che hai citato, ma altri, come gli antichi discorsi dei grandi maestri dell'Oriente hanno ancora la possibilità di far fiorire una tensione spirituale in noi, scafati razionalisti e nichilisti del XXI sec... :)
Questa sorta di 'cortocircuito' logico che il maestro tenta di attivare , attraverso anche l'uso volontario di immagini illogiche e assurde, nel discepolo lo induce, dopo un primo momento di disorientamento , a chiedersi e ad interrogarsi: "Ma qual'era il significato? Cosa voleva dire?  Certamente non quel che detto, ma...vuole forse indicarmi qualcosa di più profondo?". Ecco quindi che viene attivata l'investigazione personale, affinchè poi ci sia la realizzazione propria e non semplicemente quella 'imposta' dall'alto. Questo sarebbe il vero modo di insegnare: portare l'altro a capire da solo... :)

P.S. Che poi non era un modo di narrare solo dei testi sacri. Pensiamo all'Iliade di Omero in cui l'eroe, il peléide Achille per esempio, da solo fa strage di centinaia di troiani con una misera spada... :o

Condivido la posizione di Sariputra anche se il caso della donna che unge il Signore ha un significato simbolico preciso, lo prepara per il sacrificio e la sepoltura.

Sariputra

@Anthonyi  scrive:
Condivido la posizione di Sariputra anche se il caso della donna che unge il Signore ha un significato simbolico preciso, lo prepara per il sacrificio e la sepoltura.

Sì, hai fatto bene ad approfondire ulteriormente il significato simbolico e rituale del gesto, che resta un gesto di profondo amore, un amore incurante di tutto, dei calcoli umani, del biasimo, della riprovazione, ecc.
Era questo che volevo dire... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

#103
Anthonyi,
se Yahweh è un dio degli eserciti(e non Dio) diventa ,almeno per me, più chiara l'intera storia da genesi alla Chiesa cristiana,
perchè diventa simile alla storia orientale, ma non solo.

E' facile purtroppo essere frainteso. Dio non è stato filosofeggiato o teologicizzato dalla "prima ora".
C è' prima un ricordo orale, poi gli scritti, poi appaiono gli"avatar" e/o i fondatori di spiritualità/saggezza/sapienziali, poi appaiono le religioni che strutturano il pensiero religioso e/o e reinterpretano ritornando all'origine il percorso del pensiero dentro la storia.
So benissimo che non è liquidabile in quattro parole fiumi d' inchiostri e pensieri, fedi, filosofie, ecc.

Dal mio punto di vista ,Dio è pensabile solo razionalmente, tanto per capirci filosoficamente e non religiosamente.
quindi la scrutabilità e imperscrutabilità è in questo dominio.

La religione/spiritualità subentra nel "messaggio" che diventa per il popolo e individui.
Sono i LaoTzè, i Confucio, i Buddha, i Gesù a tracciare le relazioni razionali, emotive, spirituali fra il dominio divino del sacro e il dominio naturale dell'esistenza: l'influsso è inutile che lo dica, è enorme.

Per cui, dal mio punto di vista, Dio non ha volontà, non lo penso come "persona" antropomorfa: potrebbe essere pura energia o chissà cos'altro, ma proprio perchè lo penso in termini filosofici e come processo negativo razionale (per sottrazione)
Quindi, per me, il problema si risolve in: Dio o è o non è.

Il messaggio dei grandi "capi scuola"  è altro, seppur relazionato, ma loro "ci dicono" dall'interno del dominio umano dell'esistenza ed è fondamentale perchè sono loro che relazionano i due domini di Essere ed Esistenza,di sacro e naturale.
Lo fanno dettando "regole"spirituali, comportamentali quindi sociali, morali, individuali,ecc. costituendo le fonti delle dottrine sociali e poi giuridiche storicamente.
I capi-scuola ci mostrano, lo svelato (lo scrutabile) e ciò che non si manifesta nella natura(da quì una grande fonte della metafisica filosofica e come "ascendere" dal rapporto naturale a quello sacro costruendo il senso dell'esistenza in questo cammino, processo ,percorso. La forza del pensiero dei capi scuola(scusate se li definisco così, è solo per indicarne un ruolo) è stata la capacità di "chiudere il cerchio tra noi e Dio,  o tra noi e un Assoluto,ecc. Quello che accomuna tutte le spiritualità è la saggezza, la sapienza che diventano virtù e che spesso raccontano il rapporto fra uomo-Dio o Assoluto, Uno, ecc. e non è sempre felice perchè la nostra esistenza non è sempre felice: ma è questa se si vuole sia la forza che l'ambiguità  allo stesso tempo del messaggio.

Nello specifico della cristianità. la mia personale, ma mica tanto, teoria che Yahweh e Gesù, "collidono" e non sempre"collimano" è la differenza burrascosa fra giudaismo e cristianesimo Il giudaismo non ha storicamente un portato "interpretativo" del tipo Concili della Chiesa  Romana è relativamente molto più semplice e direi persino molto meno trascendentale e molto più materiale.
E si spiega la storia del sionismo, almeno per certi versi...e tutta la storia antecedente a questo.

Se Yawheh non è divino, per me, sarà paradossale, lo è Gesù.
Gesù non scrive di suo pugno ,ma scrive l'"ufficio stampa"(evangelisti,ecc
Ora il ragionamento: SE Gesù è divino tutto ciò che è stato scritto e detto era previsto, comprese le "ambiguità"
Io interpreto così: se Dio è razionalmente riconducibile ad una origine, ad un principio assoluto unitario e come ho scritto è un procedimento razionale teoretico, il grande e vero problema è ricondurre l'esistenza umana nel dominio dello spazio tempo naturale,
a quello dell'Assoluto, di Dio, dell'Uno.
A mio parere quì non basta la razionalità teoretica quì lo sforzo lo richiede il "cuore", "spirito" , "psiche", tutto l'essere umano, tutto se stesso, dentro l'esistenza delle prassi.

Angelo Cannata

È ovvio che i racconti evangelici vanno interpretati anche simbolicamente, ma i simboli non si possono applicare in maniera generica, oppure a senso unico, cioè con il presupposto che Dio debba avere comunque ragione. L'intepretazione simbolica deve comunque fare i conti con le dinamiche presenti nel racconto.

Per quanto riguarda l'episodio della donna che versò il profumo a Gesù, a prima vista è accettabile che esso si possa riferire al dare senza fare calcoli. Ad uno sguardo più attento, però, questo modo di applicare qui la simbolicità non si armonizza con il racconto. Il senso del dare senza calcolare fu evidenziato con chiarezza da Gesù nell'episodio della vedova che versò nella cassa due spiccioli e Gesù commentò: "Tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere" (Mc 12,44). Una volta che quindi Gesù ha chiara quest'idea e all'occorrenza la esprime senza mezzi termini, non si capisce come mai non la esprime nell'episodio del profumo. In quest'episodio invece Gesù raccoglie la critica riguardante il trascurare i poveri e s'imbarca nel problema. Il fatto è che come risposta si dimostra veramente ipocrita: "Tanto i poveri li avrete sempre con voi". L'ipocrisia viene a risultare chiara se facciamo il confronto con la parabola del buon samaritano, in cui Gesù trasmette l'insegnamento opposto: i poveri vanno amati nel momento in cui ne hanno bisogno: la scusa di trovarsi occupati con altro, di non aver tempo per intervenire, corrisponde al comportamento del sacerdote e del levita che, a differenza del buon samaritano, tirarono dritto: si sottintende che il sacerdote e il levita avrebbero amato i poveri quando sarebbero stati liberi dai loro impegni. E difatti sacerdoti e leviti rispettavano anche le norme che Dio aveva dato riguardanti l'attenzione ai poveri. Nel caso del profumo è proprio Gesù a comportarsi come il sacerdote e il levita: per ora c'è altro da fare, i poveri possono aspettare. Che urgenza aveva Gesù di farsi profumare in quel momento, al punto da dire "Per i poveri c'è tempo"? In questo caso non ha senso lamentarsi poi con la Chiesa che usa calici d'oro: per questo dico che il problema va cercato alla radice, sta in Gesù stesso.

Riguardo all'episodio della richiesta di aumentare la fede, il problema non è, come ha scritto Sariputra, la difficoltà di immaginare una fede che sposta gli alberi. Il problema sta nel tono di rimprovero della risposta data da Gesù. Se io sono un falegname e viene da me uno a chiedermi di insegnargli il mestiere, che senso avrebbe rispondergli "Come falegname vali proprio zero"? Se è venuto per imparare è proprio perché sapeva già questo e ha la buona volontà di migliorarsi. Che cosa c'è di sbagliato nella domanda dei discepoli "Aumenta la nostra fede", al punto da meritarsi il rimprovero di Gesù? Questo è il problema.

Discussioni simili (2)