La volontà di Dio è scrutabile o imperscrutabile ?

Aperto da viator, 10 Ottobre 2017, 15:03:42 PM

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green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 19 Ottobre 2017, 00:10:48 AM
Tanti anni fa lessi un documento della Chiesa, in cui si ribadiva che certe pratiche di meditazione, nate nelle religioni orientali, non possono essere "cristianizzate", perché essere prevedono il raggiungimento di un contatto diretto con Dio, mentre invece nella religione cristiana il contatto diretto con Dio è creduto impossibile, se non attraverso la mediazione di Gesù che si è fatto uomo.

Secondo me la Chiesa in quel documento ha tralasciato di dire quella che secondo me è la motivazione fondamentale della negazione di questo contatto: non perché Dio sia troppo grande, troppo luminoso, troppo pieno di energia per potervi entrare in contatto, ma perché entrare in contatto significa arrivare, finire il cammino, non camminare più.

E difatti mi chiedo: a che serve perseguire il contatto con Dio come fine da raggiungere, proprio con l'idea che esso possa essere raggiunto in qualche stadio del cammino in maniera definitiva, con la conseguenza che non poi vi sia più bisogno di camminare? A me sembra che in questi casi siamo sempre lì: si tratta non di contatto con Dio, ma di chiusura mentale nel proprio modo di concepire il contatto con Dio. Se Dio è Dio, Dio della vita, egli non può essere colui che ti fa smettere di camminare: sarebbe contraddittorio, perché fine del camminare significa fine dell'essere vivi, dell'avere movimento in sé. Chi non cammina, non si muove, è arrivato, sono i morti, i cadaveri.

Esatto è la grande differenza tra oriente e occidente.

per l'oriente non esiste storia, in quanto tutto è maya, illusione, per l'occidente invece la storia è fondamentale. Il piano di manifestazione della volontà divina, mi par di capire.

Però la preghiera rimane comune a entrambi. No?




Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

La preghiera è comune, ma con la differenza detta di non contatto con Dio, che ha un'altra conseguenza: nella preghiera cristiana non è richiesta la concentrazione. I Salmi della Bibbia ne sono un esempio: il salmista non fa alcuno sforzo di pensare solo a Dio; al contrario, sono molto frequenti nei Salmi interruzioni improvvise, in cui l'orante si fa prendere dal pensiero dei suoi nemici, che proprio gli stanno sullo stomaco, e si lascia andare anche a invettive cattivissime, cristianamente inaccettabili, scandalose. Con ciò il Cristianesimo non rifiuta la concentrazione, ma non ne fa una necessità primaria: nella preghiera di presentano a Dio anche le proprie preoccupazioni, che possono essere costituite proprio da ciò che nella preghiera ci fa distrarre.

Inoltre, nella preghiera cristiana non vi sono gradi da raggiungere; semmai fasi che si può provare a seguire, ma non stadi di cui si possa dire "Sono riuscito a raggiungere questo stadio". Nella preghiera cristiana si presuppone che è Dio a raggiungere te, lì dove ti trovi, anche in mezzo alla tua distrazione, la tua semmai è solo una risposta, non sei tu che devi raggiungere Dio con le tue forze spirituali o con la tua concentrazione. Anche in questo senso, il Cristianesimo non rifiuta alcun tipo di sensazioni speciali che l'orante possa provare, ma queste non sono mai un requisito, né un indicatore dell'autenticità della sua preghiera. Una delle preghiere fondamentali della tradizione cristiana è quella vissuta da Gesù nel Getsemani e fu una preghiera pessima da questo punto di vista: Gesù è nervoso, distrattissmo, si contraddice, non riesce a stare fermo, eppure non ci sono dubbi che quella fu una preghiera ultra-autentica, senza che Gesù abbia raggiunto alcuno stadio di concentrazione, né raccoglimento, né particolari sensazioni di vicinanza a Dio. Non per questo si preferisce la distrazione: i Vangeli dicono anche che Gesù si alzava la mattina presto per pregare, perché non ci fosse disturbo, ma non troviamo riferimenti alla concentrazione. Ci sono episodi in cui Gesù raccomanda la fede nella preghiera, o addirittura le certezza che ciò che si chiede sarà ottenuto, ma questo non è detto che significhi concentrazione.

Tra parentesi, ho un piccolo orgoglio: nella mia diocesi forse ero l'unico prete nella cui Messa i bambini avevano libertà di fare quello che volevano; avere bambini piccoli non valeva con me come scusa per non venire a Messa. Dicevo ai genitori che mi disturbavano di più loro, nel loro cercare di tenere sotto controllo i bambini, che non i bambini stessi.

anthonyi

Volevo rispondere a green demetr, ma anche più in generale. Quando si solleva una questione conoscitiva nei confronti dell'argomento "Dio" si sollevano sempre reazioni forti. Eppure l'argomento del 3d è una questione conoscitiva, si domanda se la volontà di Dio è o meno conoscibile. Green demetr dice che io non parlo di Dio, magari non parlo di Dio come vorrebbe lui, magari non parlo del Dio che ha in testa lui. Direi che il centro della questione è questo per qualcuno parlare di Dio vuol dire interpretare(E a volte ripetere fedelmente l'interpretazione di altri)  una verità rivelata, per qualcun altro parlare di Dio è una domanda, un bisogno di capire. E per capire si usano gli strumenti che si hanno, la razionalità e l'esperienza.
Fuori dal discorso è poi vivere il contatto con Dio, con la contemplazione, la preghiera o altro. Tra le due cose c'è la differenza che c'è tra lo studiare i meccanismi di un'automobile e l'utilizzarla per spostarsi.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 19 Ottobre 2017, 01:21:06 AMLa preghiera è comune, ma con la differenza detta di non contatto con Dio, che ha un'altra conseguenza: nella preghiera cristiana non è richiesta la concentrazione. I Salmi della Bibbia ne sono un esempio: il salmista non fa alcuno sforzo di pensare solo a Dio; al contrario, sono molto frequenti nei Salmi interruzioni improvvise, in cui l'orante si fa prendere dal pensiero dei suoi nemici, che proprio gli stanno sullo stomaco, e si lascia andare anche a invettive cattivissime, cristianamente inaccettabili, scandalose. Con ciò il Cristianesimo non rifiuta la concentrazione, ma non ne fa una necessità primaria: nella preghiera di presentano a Dio anche le proprie preoccupazioni, che possono essere costituite proprio da ciò che nella preghiera ci fa distrarre. Inoltre, nella preghiera cristiana non vi sono gradi da raggiungere; semmai fasi che si può provare a seguire, ma non stadi di cui si possa dire "Sono riuscito a raggiungere questo stadio". Nella preghiera cristiana si presuppone che è Dio a raggiungere te, lì dove ti trovi, anche in mezzo alla tua distrazione, la tua semmai è solo una risposta, non sei tu che devi raggiungere Dio con le tue forze spirituali o con la tua concentrazione. Anche in questo senso, il Cristianesimo non rifiuta alcun tipo di sensazioni speciali che l'orante possa provare, ma queste non sono mai un requisito, né un indicatore dell'autenticità della sua preghiera. Una delle preghiere fondamentali della tradizione cristiana è quella vissuta da Gesù nel Getsemani e fu una preghiera pessima da questo punto di vista: Gesù è nervoso, distrattissmo, si contraddice, non riesce a stare fermo, eppure non ci sono dubbi che quella fu una preghiera ultra-autentica, senza che Gesù abbia raggiunto alcuno stadio di concentrazione, né raccoglimento, né particolari sensazioni di vicinanza a Dio. Non per questo si preferisce la distrazione: i Vangeli dicono anche che Gesù si alzava la mattina presto per pregare, perché non ci fosse disturbo, ma non troviamo riferimenti alla concentrazione. Ci sono episodi in cui Gesù raccomanda la fede nella preghiera, o addirittura le certezza che ciò che si chiede sarà ottenuto, ma questo non è detto che significhi concentrazione. Tra parentesi, ho un piccolo orgoglio: nella mia diocesi forse ero l'unico prete nella cui Messa i bambini avevano libertà di fare quello che volevano; avere bambini piccoli non valeva con me come scusa per non venire a Messa. Dicevo ai genitori che mi disturbavano di più loro, nel loro cercare di tenere sotto controllo i bambini, che non i bambini stessi.

Come scriveva @Green Demetr il cristianesimo è essenzialmente una via di devozione. Non è richiesto di avvicinarsi alla visione del Dio , ma di pregarlo incessantemente ( anche se poi Yeoshwa dice di non moltiplicare le parole, che il Padre vostro sa già  quello di cui avete bisogno...) perché "sia fatta la Sua volontà". Ma qual'è poi la sua volontà? Senza la realizzazione del divino nel proprio animo, la volontà deve essere interpretata. E qui nasce la figura dell'intermediario, del sacerdote: l'uomo che si pone come interprete della volontà divina nel percorso della storia. Nata la figura del sacerdote , o del brahmana come nell'induismo, iniziano i riti per prestare devozione e ingraziarsi la divinità. I riti abbisognano di chi li conduce, per l'appunto l'intermediario che poi, necessitando di organizzarsi, crea l'istituzione religiosa. Ma ogni istituzione ha un 'costo', bisogna procurarsi denaro, molto denaro per tenerla in piedi ( per il 'decoro' stesso dell'istituzione...). Per avere denaro si scende al compromesso con il 'mondo', ossia con il potere. Naturalmente tutto per realizzare la volontà del divino nel mondo e nella storia  :( . L'inefficacia della preghiera è data proprio dall'esempio che citi: il salmista che passa dall'adorazione e dal profondere amore verso Yahweh alle più atroci maledizioni in una sorta di schizofrenico rapporto d'amore/odio. Ho degli amici cristiani che mi chiedono, delle volte, se riesco ad essere costante nella meditazione perché loro non lo sono con la preghiera. Partono con le migliori intenzioni e poi...la palpebra s'abbassa, lo sbadiglio s'allunga...sopravviene la noia e abbandonano tutto! Questo è del tutto naturale: se porti tutta l'agitazione del 'mondo' nella tua preghiera come puoi aspettarti che metta radici e che abbia alcun potere di trasformare la tua vita? Se non prepari il campo per la semina, come puoi pretendere che poi dia un raccolto che non siano misere erbacce? Ecco l'importanza della concentrazione: Non è uno sterile esercizio, ma la condizione indispensabile affinchè il seme della preghiera attecchisca, in ambito cristiano. Bisogna pur domare il cavallo per poi poterci fare un giretto in groppa... ;D
Il cristianesimo, come giustamente scrivi, dice che si può portare tutta la propria 'umanità' nella preghiera: tutta l'irrequietezza, le distrazioni, i voli fantastici e 'presentarli al Signore'. Questo va benissimo , ma se c'è, sottostante, la consapevolezza di essere in questi stati mentali. In mancanza di questa consapevolezza, di questo distacco dell'osservatore dai propri voli...semplicemente tu, in quel momento di preghiera, non sei lì. Sei nell'agitazione, nella fantasia, ecc. ma non nel momento presente della preghiera. Certo ...se poi il sacerdote ti dice che va tutto bene lo stesso, che Dio ti capisce e ti comprende, che anche Lui...basta che reciti 150 Ave Maria, non importa se le biascichi con un occhio aperto e l'altro chiuso, perché l'importante è che sia fatta la Sua volontà...e ricordati della cassettina vicino alla porta...

Alla fine il cristiano non riesce più a pregare ( troppo noioso...), non capisce dove trovare il senso della storia ( un qualche senso...), s'arrabbia con l'intermediario che l'ha gabbato, diserta i riti e la chiesa, si mette anche lui in fila per l'ultimo modello di iphone... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

Citazione di: Sariputra il 19 Ottobre 2017, 09:07:05 AM Partono con le migliori intenzioni e poi...la palpebra s'abbassa, lo sbadiglio s'allunga...sopravviene la noia e abbandonano tutto! Questo è del tutto naturale: se porti tutta l'agitazione del 'mondo' nella tua preghiera come puoi aspettarti che metta radici e che abbia alcun potere di trasformare la tua vita?
Se non sbaglio anche l'attuale papa ha "confessato" di "addormentarsi mentre il signore lo guarda" ogni tanto mentre prega :) una conferma forse che taluni lo stanno facendo nel mondo giusto! Forse come dici tu c'è bisogno del "denaro", io penso anche però che la chiesa sopratutto in tempi moderni si sia ritagliata uno spazio di "consolatrice" anzichè di via di accesso al trascentale, tutto ciò che consola ad un certo punto diventa lecito anche teologicamente. Si guardi l'abolizione dell'avvocato del diavolo e la conseguente marea di santi santini e santerelli che è sbucata fuori, più "santi-modelli" negli ultimi 30 anni che in duemila anni. O come non abbia mosso parola verso sette e settine, alcune di chiara ispirazione "eretica" (ebraica o protestante) altre di tipo magico, che vengono tollerate tranquillamente in virtù del numero di "vocazioni" che portano in seno, con annessa la protesta dei vari lefreviani e anti-conciliari vari che tuonano in maniera apocalittica. Penso tuttavia che sia una strategia che non porti molti frutti, l'unica religione che sta guadagnando terreno e fiducia in occidente è il buddhismo, perchè l'immanenza si incastra molto meglio nel mondo attuale dove l'irrazionale che dovrebbe essere propedeutico ad un percorso trascendetale è andato scemando, sono pochi quelli che vogliono vivere di consolazioni, perchè è considerato "sopra-vivenza" e di conseguenza "super-stizione" e come dargli torto.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Non capisco cosa significa "una via di devozione": mi sembra un'espressione che non spiega niente. Di solito nel Cristianesimo s'intendono con "devozioni" quelle pratiche di secondaria importanza che certi fedeli decidono di attuare per loro libera scelta, senza alcuna indicazione di particolare importanza data dalla Chiesa; ma in questo caso "devozione" significa proprio "di secondaria importanza", quindi qualcosa con cui il Cristianesimo non può essere identificato. Per questo non capisco il significato di quest'espressione riferita al Cristianesimo.

Nel Cristianesimo il compito del sacerdote non è interpretare la volontà di Dio, né tanto meno viene pagato per questo. Come ho scritto più sopra, secondo il Cristianesimo tutto ciò che è necessario alla nostra salvezza Dio l'ha già fatto conoscere in Gesù Cristo, gratis, quindi il sacerdote non ha nient'altro di aggiuntivo da far conoscere in proposito. Il compito essenziale del sacerdote è amministrare i Sacramenti, in cui la volontà di Dio è già tutta chiara.

Interpretare le disarmonie presenti nei Salmi come inefficacia della preghiera significa interpretarli in maniera errata; sarà un'interpretazione giusta da punti di vista estranei al testo, ma se si vuole capire un testo non ha senso porsi in partenza da un punto di vista esterno: prima bisogna capire il contesto e semmai dopo si possono fare confronti con punti di vista esterni. Altrimenti si verifica un parlare con sé stessi, piuttosto che con il testo scritto. Il testo scritto non presenta i cambiamenti di discorso come inefficacia della preghiera, per il semplice fatto che scopo della preghiera del salmista non è ottenere un qualche stato d'animo prestabilito; scopo della preghiera dei Salmi è lasciar vivere in sé la preghiera che Dio ispira; dev'essere Dio a stabilire dove quella preghiera andrà a parare, non il salmista. In questo senso nel Cristianesimo non si persegue alcuna efficacia della preghiera, se non di tipo sacramentale. Cioè, la preghiera cristiana rivendica come solo potere quello di realizzare il volere di Dio, ma non di far fare a Dio ciò che l'orante abbia prestabilito. La preghiera cristiana è sempre e solo ubbidienza, mai comando efficace verso alcunché. Da questo punto di vista, l'eventuale addormentarsi durante la preghiera non è, all'interno del Cristianesimo, un particolare problema di cui preoccuparsi, proprio per ciò che ho detto: l'autore principale della preghiera cristiana è Dio, il discepolo non fa che ubbidire. Il discepolo non ha da compiere alcun tipo di sforzo, neanche lo sforzo di stare sveglio: il suo sforzo essenziale è solo l'autenticità, il non essere ipocrita; il non ipocrita non è chi riesce a stare sveglio, ma chi si lascia giudicare da Dio.

Purtroppo anche tra molti cristiani è diffusa la convinzione, e quindi la preoccupazione, che nella preghiera si debba essere concentrati; ma questo avviene allo stesso modo in cui tanti cristiani ignorano la Bibbia, la teologia cattolica, il Magistero della Chiesa.

Ciò che rende presente il fedele alla propria preghiera non è la consapevolezza, ma la lealtà nei confronti di Dio, l'autenticità, la non falsità. Secondo il Cristianesimo, è Dio che, attraverso il cammino che ti fa compiere lungo la tua esistenza, costruisce gradualmente in te le giuste consapevolezze riguardo a te stesso. Se c'è questo, anche se sei addormentato, ciò che conta è che nella tua preghiera sia presente Dio, non tu; se nella tua preghiera c'è ipocrisia, falsità, puoi essere sveglio e consapevole quanto vuoi, non serve a niente; al contrario, se nella tua vita sei in cammino di lealtà verso di lui, anche se ti addormenti lui è lì e questo è ciò che conta: che sia presente lui, non tu. Tanto, tu non sarai mai presente come dovresti, perche la tua coscienza di te stesso non sarà mai perfettamente corretta come dovrebbe essere. Ma se è presente lui, saprà lui come guidarti, lungo la tua vita, ai migliori significati dell'essere svegli. Da questo punto di vista è chiaro che lo sforzo puramente umano di essere sveglio ha valore pressoché nullo: ciò che conta è camminare verso una sempre maggiore lealtà e autenticità verso di lui.

Riguardo alla compromissione della Chiesa col denaro, purtroppo è una cosa vera, ma secondo me il problema è un altro: le cose che offre non valgono il denaro che chiede. È lo stesso discorso delle tasse allo Stato, il cui vero problema è la mancata corrispondenza con un equivalente in servizi. Purtroppo la Chiesa offre pratiche così confusionarie e fraintese che anche un solo centesimo da pagare ogni secolo verrebbe percepito come un furto.

In questo senso sono d'accordo con la critica di InVerno: purtroppo nella Chiesa, da secoli, si è optato per l'accoglienza e la misericordia verso le manifestazioni più diverse, più prestate all'ipocrisia e ai fanatismi, cosicché la grande maggioranza di quelli che la frequentano sono persone che hanno rinunciato a riflettere, ad usare il senso critico.

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 19 Ottobre 2017, 12:02:45 PMNon capisco cosa significa "una via di devozione": mi sembra un'espressione che non spiega niente.
Leggendolo l'ho interpretato come una delle "tre vie" che sono presenti in diverse tradizioni (compresa quella islamica) dove ci sarebbe la "via filosofica", la "via mistica" e quella "devozionale o letterale". Ma potrei sbagliarmi, poi che la Chiesa abbia una sola versione, forse nella teoria, ma gli esicastici già citati da Demetr non mi pari preghino come tu descrivi, i Ricostruttori della fede in altro ancora, e hanno tutti benedizione vescovile che mi risulti?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Non ho scritto che la Chiesa abbia una sola versione della preghiera; al contrario, ho scritto che la Chiesa apprezza anche concentrazione ed esperienze speciali di vario genere; entrambe però non sono caratteristiche di primaria importanza per la preghiera cristiana, allo stesso modo in cui Esicastici e Ricostruttori sono apprezzati, ma sono soltanto certi modi di essere cristiani, non sono i modi principali.

Angelo Cannata

Lo stesso vale per le devozioni: la Chiesa apprezza la pratica delle devozioni, ma non le considera le vie principali, né per pregare, né per essere cristiani.

Sariputra

@A.Cannata
Per devozione s'intende, come da dizionario, in un contesto religioso o spirituale, il sentimento  con conseguente atteggiamento d'amore provato dalla persona verso una divinità.
Esistono anche altre forme di devozione: per un condottiero (nell'antichità, ma non solo...), per un insegnante, per il capufficio, per la moglie  ;D...ecc.
Il Cristianesimo, mettendo come primo comandamento e come pratica stessa, l'amore verso Dio rientra di diritto nella tipologia di religione devozionale.
Non si chiede come prima necessità il 'comprendere' e nemmeno il 'realizzare l'unione', ma proprio l'atteggiamento d'amore.
Questo non sminuisce il Cristianesimo. Semplicemente è la sua caratteristica, mi sembra...
Che poi il C. abbia sviluppato una propria forma di comprensione del volere di Dio attraverso lo studio della Bibbia ed anche forme d'unione 'mistica' con l'amato è realtà, ma ciò non toglie la preminenza della 'sottomissione' ( comune a tutte e tre le religioni abramitiche..) al compimento della volontà di Dio.
Nel cattolicesimo poi, si sono sviluppate molteplici devozioni minori, legate alla figura del 'santo', l'uomo che incarna totalmente la volontà di Dio e la vive con coerenza.
Accanto a queste c'è la grande, enorme devozione per Miriam, la madre di Yeoshwa. Questa devozione ha portato alcuni a definirlo come una sorta di bi-teismo. Sostenuta e alimentata dalle stesse figure sacerdotali, questa devozione mi sembra abbia superato di gran lunga quella rivolta a Dio stesso. Se fosse possibile numerare le preghiere di tutti i fedeli cristiani, cattolici e ortodossi, rivolte a Miriam e quelle viceversa rivolte direttamente a DIo ( per farla semplice l'Ave Maria e il Pater..) sarei disposto a scommettere la riserva di novello che le prime surclassano di gran lunga le seconde.
Per non parlare poi del grande fenomeno delle apparizioni mariane...
La preghiera cristiana si svolge grosso modo, correggimi se sbaglio, in due tipi principali: la ripetizioni di formule imparate a memoria e la preghiera spontanea che viene spesso preceduta dalla lectio divina e dalla riflessione solitaria o di gruppo. In questo contesto la concentrazione non ha molto significato se non, per l'appunto, come puntello a non cadere nella sonnolenza o, insidia maggiore, nel continuo rimuginare e fantasticare della mente.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Sono d'accordo con la tua descrizione di ciò che è devozione.

Riguardo al primo comandamento, qui purtroppo c'è un trabocchetto in cui cadono quasi tutti i fedeli, compresi preti, vescovi e papi. Gesù ha presentato come comandamento più grande quello dell'amore per Dio e per il prossimo, ma il nocciolo, la sostanza del Cristianesimo non è un comandamento. La sostanza del Cristianesimo è l'iniziativa di Dio nei confronti dell'uomo realizzata in Gesù Cristo. Questo significa che nel Cristianesimo c'è un'altra cosa che viene ancora prima dell'amore per Dio e per il prossimo. Questa cosa che viene prima è l'amore di Dio per noi. Dio ha sempre la precedenza come colui che è sempre il primo nel prendere l'iniziativa. In questo senso il Cristianesimo si pone come religione di risposta: tutto ciò che l'uomo fa è sempre risposta a un altro, cioè Dio, che ha agito per primo, ha preso l'iniziativa. Rispetto a ciò, ogni devozione è sempre secondaria, perché ogni devozione è risposta a qualche altra cosa che la precede. In questo senso perciò non si può dire che il Cristianesimo sia una religione di devozione, perché nel Cristianesimo c'è un'altra cosa che viene prima della devozione, la precede, è più importante e ne è il fondamento: è l'iniziativa di Dio. Se una persona, uno che voglia essere cristiano, non vede anzitutto l'iniziativa di Dio, non ha alcun senso proporgli di entrare nel Cristianesimo impegnandosi ad essere devoto o ad amare il prossimo. Prima dev'esserci l'esperienza di un ricevere l'iniziativa di qualcuno, cioè di Dio. Poi viene tutto il resto. Purtroppo so benissimo che su questo punto non è improbabile incontrare vescovi, o papi, o preti che non abbiano le idee chiare o per lo meno non lo spiegano con la dovuta chiarezza.

Concordo con il resto che segue, tra cui la deviazione, deformazione, diffusa in molta parte del Cristianesimo, del trattamento della Madonna come una che nell'atto pratico viene fatta diventare una divinità.

Per quanto riguarda la preghiera cristiana, possono esistere migliaia di modi di classificarla, tutti utili alla sua comprensione, ma prima bisognerà vedere in che modo la classifica la Chiesa. La Chiesa distingue due tipi di preghiera: quella liturgica, cioè quella ufficiale, regolamentata nei minimi particolari da apposite norme e testi, e quella non liturgica, spesso chiamata anche "devozionale", in forme in cui la Chiesa stessa lascia più libertà e non impone particolari modalità da seguire. Da questo punto di vista, questo tipo di classificazione regola l'esteriorità della preghiera: è dal rispetto di certe condizioni esteriori che si vede se una preghiera è liturgica o no; la Chiesa sa di non poter controllare, e quindi regolamentare, ciò che avviene nell'intimo del fedele mentre egli prega. Su questo può solo dare indicazioni, a volte anche come condizioni indispensabili, ma, trattandosi di atti interiori non controllabili, rimangono sempre non regolamentabili: la Chiesa lascia l'ultima valutazione di ciò al fedele stesso. In questo senso, ad esempio, la Chiesa attribuisce grandissima importanza alla preghiera compiuta nel puro silenzio, spesso praticata nella modalità dell'"adorazione". Ma grandissima importanza non significa requisito indispensabile, controllabile, regolamentato: significa solo grandissima importanza.

Hai parlato di formule imparate a memoria: riguardo a queste formule, ciò che importa alla Chiesa è distinguere se si tratta di formule liturgiche o non liturgiche. In questo senso, la pratica della lectio divina non è una pratica liturgica e quindi è comunque di valore secondario rispetto alla preghiera liturgica. La lectio divina non è una pratica che precede la preghiera spontanea, ma che la include: essa prevede varie fasi, non regolamentate dalla Chiesa, e tra queste fasi può esserci anche la preghiera spontanea.

L'eventuale sforzo di concentrarsi, agli occhi della Chiesa non è un puntello per non cadere nella sonnolenza, ma una libera scelta del fedele nel suo modo di pregare. In questo senso la Chiesa ti dice in pratica: "Non m'interessa se ti concentri o no, se ti addormenti o no; affido queste cose alla tua libera scelta e alla tua coscienza; quello che m'interessa è presentarti come condizione essenziale del rapporto con Dio che ci sia il tuo massimo sforzo di essere con lui leale, autentico, messo a nudo". In questo senso l'orante leale può essere sia quello concentrato che quello distratto, sia chi è sveglio, sia chi è stato preso dal sonno. Il rimuginare e fantasticare della mente non è nel Cristianesimo un'insidia. Purtroppo nei miei anni di sacerdozio mi sono capitati spesso fedeli che mi chiedevano come fare a stare concentrati, perché erano preoccupati del fatto che durante la Messa, oppure durante la preghiera privata, la loro mente tendeva ad andarsene per conto proprio. Se questi fedeli avevano queste idee sbagliate, è facile pensare che esse siano state loro trasmesse da qualche prete, il quale quindi aveva queste idee sbagliate. Così ho dovuto spiegare tante volte che essere concentrati è secondario nella preghiera cristiana, compresa la Messa; è apprezzabile, è una bella cosa, ma è pur sempre secondaria rispetto all'essenza dell'atteggiamento interiore di lealtà, autenticità, non ipocrisia, non falsità.

Purtroppo mi è accaduto di aver conosciuto preti che si vantavano di aver messo in difficoltà certi fedeli chiedendo loro se si ricordavano di cosa parlavano le letture della Messa a cui avevano appena partecipato. Purtroppo nel Cattolicesimo esistono anche un sacco di preti ignoranti e con idee deformate di questo tipo. Su questo ci sarebbe un lungo discorso da fare sui metodi molto disorganizzati, superficiali, confusi, che la Chiesa usa per creare i suoi preti e i suoi catechisti; per certi versi non è neanche questione di organizzazione, ma proprio di organizzazione dei contenuti della fede, della dottrina. Spiegavo dunque a quei fedeli che non aveva importanza se non si ricordavano neanche cosa diceva il Vangelo che avevano ascoltato. Ciò che conta è se si è vissuta un'esperienza di vicinanza con Dio, cammino con la Chiesa, ricezione di vita di fede da Dio, e sottolineo ricezione da Dio, in contrapposizione allo sforzo da parte del fedele. Uno che nella Messa sia stato perfettamente concentrato e alla fine si ricordi per filo e per segno tutto ciò che è stato detto e fatto potrebbe essere benissimo (ma non necessariamente) un ipocrita che si compiace di sé stesso di fronte a Dio. Viceversa, uno che si è addormentato e distratto potrebbe anche accadere che nel suo atteggiamento verso Dio si ritrovi (non necessariamente) ad essere stato più leale, più autentico, più pulito.

Sariputra

@A.Cannata scrive:
Purtroppo nei miei anni di sacerdozio mi sono capitati spesso fedeli che mi chiedevano come fare a stare concentrati, perché erano preoccupati del fatto che durante la Messa, oppure durante la preghiera privata, la loro mente tendeva ad andarsene per conto proprio. 

Se anche non è un problema visto dal punto di vista della Chiesa, evidentemente questi fedeli lo avvertivano come un problema e giustamente chiedevano consigli su come fare per evitare il fatto di non essere presenti mentalmente al momento. Penso che questo fatto generasse in loro molta frustrazione, perché è normale voler svolgere 'al meglio' possibile un impegno preso con se stessi ( l'orazione...). Il fatto poi si proietta sulla soddisfazione che possiamo trarre dal pregare.  Con 'soddisfazione' intendo la sensazione di aver vissuto qualcosa di realmente appagante dal punto di vista spirituale. Il fatto di 'stare' soltanto fisicamente in un luogo in cui teoricamente si dovrebbe interagire col senso del sacro , mentre mentalmente si è un tutt'altro luogo, mi sembra faccia piomabare il culto in quella dimensione di consuetudine e di tradizione in cui vengono a mancare le reali motivazioni interiori. Alla fine, soprattutto per i giovani, questo finisce per allontanare.

Riguardo al primo comandamento, qui purtroppo c'è un trabocchetto in cui cadono quasi tutti i fedeli, compresi preti, vescovi e papi. Gesù ha presentato come comandamento più grande quello dell'amore per Dio e per il prossimo, ma il nocciolo, la sostanza del Cristianesimo non è un comandamento. La sostanza del Cristianesimo è l'iniziativa di Dio nei confronti dell'uomo realizzata in Gesù Cristo. Questo significa che nel Cristianesimo c'è un'altra cosa che viene ancora prima dell'amore per Dio e per il prossimo. Questa cosa che viene prima è l'amore di Dio per noi. Dio ha sempre la precedenza come colui che è sempre il primo nel prendere l'iniziativa. In questo senso il Cristianesimo si pone come religione di risposta: tutto ciò che l'uomo fa è sempre risposta a un altro, cioè Dio, che ha agito per primo, ha preso l'iniziativa. 

L'animo umano come 'reagente' all'azione di Dio, e non come agente della 'scalata al monte santo'. Questa è una delle più marcate differenze con la spiritualità dell'oriente non cristiano, in cui l'uomo è 'agente' della propria liberazione. Qui torna tutto il problema di questa discussione attorno alla scrutabilità-imperscrutabilità della volontà divina e alla sua Grazia verso l'uomo. Il cristiano autentico è in pratica una 'cartina di tornasole' dell'azione divina nel mondo a cui si 'sottomette' pur non conoscendo questa volontà ( o, per meglio dire, la conosce nei limiti dell'interpretazione data dal magistero della chiesa/e...). Ritorna il concetto di fede come sottomissione ad un'altrui volontà , profondamente ebraico e che viene potentemente ripreso dal Cristianesimo e dall'Islam: "Venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà..." recita il Pater. Non è chiesto di capire il significato di questa volontà che ci sovrasta, bensì semplicemente di accettarla e confidare nel fatto che, alla fine, sarà per il bene nostro e dell'umanità intera. Ma come aderire a questa volontà? Come faccio a sapere che una cosa è volontà di Dio e quell'altra no? Come faccio a non ingannarmi? Ovviamente dispongo del consiglio/parere dell'Ecclesiam, dell'assemblea dei fedeli ( a volte purtroppo poco assemblea e più parlamento bulgaro...) che si fa portavoce di questa volontà, dopo aver intensamente pregato  e celebrato appositi riti ( sperando nel fatto che non stessero tutti dormendo durante la preghiera e i riti... ;D ).
E' un bel problema...cogliere e concretizzare la volontà di Dio e che si è prestato a molte strumentalizzazioni ( basta pensare al fenomeno del fanatismo e dell'intolleranza...).
Sulla strada del bosco
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paul11

Al netto della volontà di Dio, in sua "assenza", l'uomo può scrutare con i suoi strumenti naturali e culturali il mondo.
E' la domanda di senso del perchè il mondo si "muove" in una certa maniera, piuttosto che in un'altra(perchè,banalmente, l'amore genera vita e non l'odio?) che l'uomo può solo ricondurre all'imperscrutabile (perchè oltre all'amore esiste l'odio?) attraverso la nebbia dell'oltre lo scrutabile del fenomeno naturale, che la risposta non può che essere nella metafisica che sconfina nel sacro.

Perchè è chiaro che le condizioni fisiche dell'universo valgono per tutti gli oggetti, come dire , esiste una "volontà" naturale intrinseca agli oggetti stessi affinchè le cose abbiano un proprio "destino".

Personalmente il problema non è più nel  porsi del perchè esistono i complementari del positivo nel negativo, perchè  "questo è" ed è a prescindere di un Dio o non-Dio, quindi odio-amore, gioia-sofferenza,ecc., ma semmai in "quale disegno" esistiamo e quale senso si dà all'esistenza.

Fino allo scrutabile si può utilizzare la ragion razionale, nell'imperscrutabile o la stessa ragione razionale proietta la sua ipotesi dal conosciuto al senso , oppure sono l'intuito,  i sentimenti, la spiritualità altrettanto intrinseca nell'uomo quanto l'oggetto naturale ha intrinseco una volontà di destino, a cercare e trovare risposte.

Sarebbe per me troppo lungo argomentare sulle esegesi e interpretazioni del divino che "soccorrono" la necessità umana esistenziale di dare senso al suo avvento. Ritengo le religioni una forma di cristallizzazione della conoscenza antica e hanno una unica radice comune come uno fu il primo umano. Le loro particolarità stanno nel messaggio.Una è diretta al singolo, un'altra è diretta al popolo e s esplicano quindi in modalità difformi.Ma praticamente tutte "sanno" del limite intellettivo umano, per cui affidano all'uomo il messaggio non più razionale, ma comportamentale nel rapporto fra il sè e i lse stesso, fra il sè e gli altri simili, fra sè con i nostri simili e il mondo. E' prescrittivo (comandamenti,ecc) nel momento in cui predomina il messaggio sociale del popolo, è comportamentale quando evoca più il sentimento che la ragione, è spirituale quando sa che il giudizio è singolo e la via è individuale, perchè siamo simili, ma non uguali.
Al fine, se lo scrutabile è razionale, è la via, è la conoscenza oggi delle scienze sperimentali, nell'imperscrutabile il senso dell'esistenza sta nell'accettazione delle regole fisiche naturali perchè sono quel che sono  lo scrutabile non si sostanzia nella forma del senso dell'esistenza, perchè se tutto si svolge in un dato senso occorre che la forma comprenda tutte le sostanze e questo può svolgerlo la razionalità della ragione ,ma fino al luogo in cui il salto del'imperscrutabile che spesso viene chiamato fede, nasca dall'altrove di quel luogo ed è nell'origine della forma, nello spirito.
Chi nega lo spirito, non trova senso e accetta che dal nulla venne e nel nulla andrà.

Angelo Cannata

@Sariputra
 
In effetti nel cattolicesimo esistono molte idee deformate, e conseguenti frustrazioni che si potrebbero evitare, riguardo al modo in cui le varie pratiche vadano attuate "al meglio". Se uno decide di seguire il Cattolicesimo, significa che per lui il meglio è Gesù Cristo e l'interpretazione che ne dà la Chiesa, di conseguenza non ha senso che poi cerchi il meglio sulla base di concezioni estranee o contrastanti con Gesù o con la Chiesa. Con ciò non intendo dire che un cattolico non debba permettersi di mettere in discussione sia Gesù che la Chiesa, anzi, io sono sempre stato favorevole a questo. Per quanto riguarda però la questione della concentrazione, personalmente mi trovo d'accordo con l'orientamento sia di Gesù che della Chiesa: nel caso in cui venga concepita come un requisito irrinunciabile, la considero un inutile peso che il fedele impone alle proprie spalle, che a mio parere ha anche lo svantaggio di slegare dal contatto con la concretezza della propria esistenza e della storia. Questo non significa che io preferisca la distrazione o il chiasso: personalmente amo moltissimo il raccoglimento nel silenzio e nella solitudine (vi ho fatto riferimento anche nell'articolo di Presentazione nella rubrica su riflessioni.it), così come l'hanno sempre amato sia Gesù che la Chiesa, con la differenza che personalmente preferisco che sia il silenzio ad impossessarsi di me, lasciando che la mia mente pensi quello che vuole, tutt'al più dando ogni tanto qualche colpettino di timone per dare spazio anche a ciò che consapevolmente considero più importante. Siccome però penso che l'importante non sia solo ciò che io consapevolmente considero tale, ma anche ciò verso cui le mie emozioni istintive tendono ad andare, allora ritengo giusto lasciare spazio anche alle direzioni spontanee della mia mente: è anche per favorire la conoscenza di me stesso, delle mie inclinazioni, di quali sono i pensieri verso cui il mio io tende ad andare. Trovo che questo mi aiuti a conoscere meglio me stesso da un punto di vista psicologico: al contrario, se io facessi di tutto per forzare la mia attenzione, la mia concentrazione verso qualcos'altro, per esempio verso Dio, non mi accorgerei mai che nella mia mente c'è quel certo pensiero che mi preoccupa, quell'altro che mi attira, quell'altro che vorrei risolvere.
 
Come mi sembra di aver anche accennato, la preghiera cristiana, intesa correttamente e non secondo il senso spesso deformato della gente comune, si guarda bene dal porsi come fine soddisfazione e appagamento. Il motivo è chiaro: nella preghiera può anche accadere che io prenda atto delle mie ipocrisie, delle mie falsità, oppure di problemi urgenti che vanno risolti o per lo meno vanno messi in ordine; in questi casi, porre come fine assoluto l'appagamento significherebbe decidere di trascurare i problemi della propria autenticità. In effetti, mi è accaduto più volte di sentire persone che riferivano il loro senso di appagamento e soddisfazione dopo aver pregato, ma tutte le volte ho avuto l'impressione che queste persone non si erano per niente interrogate sulla loro autenticità: avevano messo al primo posto, appunto, l'appagamento personale. Al contrario, secondo il Vangelo, una preghiera autentica, salutare, guaritrice, a volta può accadere che sia tale proprio perché lascia turbati, toglie la tranquillità: infatti può accadere che durante la preghiera io mi accorga che non faccio nulla per il prossimo, sono egoista, non m'interesso dei problemi della politica, sfrutto i miei dipendenti, sono falso con me stesso: in casi come questo, uscire dalla preghiera impensieriti e preoccupati diventa salutare, terapeutico, significa che mi sono accorto di cose che nella mia vita non vanno, non possono essere lasciate continuare così come sono.
 
In relazione a questo, hai fatto riferimento a "motivazioni interiori". Secondo quello che appare dal Vangelo, ciò che produce motivazione all'essere cristiani non è la concentrazione o alcuna esperienza ottenuta attraverso i propri sforzi, ma l'aver sperimentato nella propria vita l'iniziativa di Dio. Il Cristianesimo, come ho detto, si fonda sull'iniziativa di Dio, non sugli sforzi umani. Sarebbe un Cristianesimo falsato quello che è felice di andare avanti per il piacere delle conquiste ottenute attraverso i propri sforzi; gli sforzi si possono compiere, ma sempre in relazione a ciò che Dio ti ha donato e ti chiede di fare; se una persona ha il dono di vivere la concentrazione, ben venga, ottimo, bello; ma se non ha questa capacità, non saranno certo né Gesù né la Chiesa a chiedergliela come requisito di cui preoccuparsi; quindi viene a risultare inutile, come ho detto, volersi autoimporre un peso di cui 1) non sei capace, 2) non te lo chiede Dio, 3) non te lo chiede la Chiesa: perché allora?
 
Nella dottrina cristiana, ciò che consente di evitare al culto di piombare, come hai scritto, "in quella dimensione di consuetudine e di tradizione in cui vengono a mancare le reali motivazioni interiori", non è la concentrazione, ma che quel culto si trovi inserito in un contesto di vita improntato all'autenticità e alla moralità. Secondo la Chiesa, se sei autentico, se quella Messa a cui stai partecipando è collegata ad un cammino spirituale che include, tra l'altro, anche l'amore per il prossimo, allora è garantito che quella Messa non piomberà in nessuna "dimensione di consuetudine e tradizione". Al contrario, può benissimo succedere che una Messa, da cui il fedele esce soddisfatto e appagato, magari perché è anche riuscito a viverla in piena concentrazione, sia stata in realtà una Messa totalmente falsa, ipocrita, una presa in giro, perché quel fedele non si è affatto interrogato sull'andamento del proprio amore per il prossimo e sul proprio impegno a guarire la propria peccaminosità. Queste sono accuse che Gesù rivolse ripetutamente ai farisei, i quali erano compiaciuti della perfezione del loro culto, ne uscivano soddisfattissimi, ma il loro cuore era ipocrita, falso, lontano dall'amore per il prossimo.
 
Per quanto riguarda l'altra cosa che hai detto riguardo alla conoscenza della volontà di Dio, c'è un criterio molto semplice e ovvio che si può tener presente: far conoscere la propria volontà è anche un compito di cui Dio stesso è responsabile, perché, se egli non rende chiara la sua volontà, poi non si può lamentare che non venga seguita. A questo punto può nascere il timore che la mancanza di chiarezza sia dovuta a mancato ascolto da parte dell'uomo, ma questo ci rinvia a ciò che ho appena detto: la condizione essenziale perché ci sia ascolto perfetto della volontà di Dio non è la concentrazione, ma un camminare continuo, progressivo, verso la lealtà, l'autenticità, un essere sempre più veri con sé stessi. Se c'è questo, addormentarsi perché magari si è avuto un turno di lavoro notturno, oppure distrarsi perché c'è un problema o un interesse che affligge o attira la mente, sono cose che non inficiano affatto l'autenticità del rapporto con Dio.

Apeiron

#74
Mah... leggo inesattezze (dal mio punto di vista) sull'approccio orientale. "Maya" si riferisce al fatto che le "etichette" che utilizziamo sono convenzioni e che quindi non dobbiamo attaccarci troppo ad esse. Non viene detto di provare avversione contro di esse.
E poi non ci vedo alcuna fine del Cammino... Semplicemente "ci si abbandona completamente" (al corrente del Dao), ci si "unisce" con Brahman, si "lascia andare" (Nirvana). Non mi paiono descrizioni così "nichilistiche" anche se ognuna di esse può essere interpretata come tale.

Non sono più d'accordo con quanto avevo scritto in queso messaggio (subito dopo il paragrafo che ho scritto sopra). Ho usato un linguaggio completamente erroneo. Chiedo perdono a Moderazione e lettori. (Ore 19:51)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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