La volontà di Dio è scrutabile o imperscrutabile ?

Aperto da viator, 10 Ottobre 2017, 15:03:42 PM

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Angelo Cannata

Apeiron, sono rimasto sorpreso di questa collezione di falsità che hai scritto, tenendo presente l'abituale correttezza che ho visto nei tuoi messaggi.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2017, 15:47:04 PMse "ha già fatto tutto Dio" a questo punto cosa serve camminare?
Camminare serve, è indispensabile, perché c'è una cosa che Dio non può fare: sostituirsi a noi, altrimenti saremmo solo dei burattini, dei robot. La sincerità, lo scegliere il bene piuttosto che il male, il camminare verso una sempre maggiore autenticità, non sono cose che Dio possa fabbricare da sé nel nostro cuore; egli può solo creare i presupposti affinché ci sia possibile farlo, ma egli vuole che il nostro io esista, affermi e ponga in atto la propria capacità di assumersi delle responsabilità e porle in essere.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2017, 15:47:04 PMLa meditazione è pericolosa perchè causa eresia, riflettere causa il dubbio e rischia di generare eresie e apostasie
Né la Chiesa né Gesù hanno mai sostenuto questo, al contrario, hanno sempre dimostrato di attribuire enorme importanza sia alla meditazione che alla riflessione.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2017, 15:47:04 PMnon è necessario essere concentrati e quindi va anche bene che la Messa venga vista come una semplice esteriorità (?) ma l'importante è almeno nominalmente esserci in modo da "fare numero"
La conseguenza che trai dopo il "quindi" è errata: sia Gesù che la Chiesa hanno sempre richiamato la necessità di non ridurre il culto ad esteriorità. Ma ciò che consente di evitare l'esteriorità in maniera certa e definitiva non è la concentrazione: si può anche pensare che i farisei compissero i loro atti di culto in perfetta concentrazione, ma Gesù evidenziò la loro ipocrisia, perché quel culto era del tutto slegato dall'amore per il prossimo e dalla ricerca di autenticità. Di conseguenza è falso sostenere che per la Chiesa o per Gesù l'importante sia fare numero. La Chiesa si è sempre riconosciuta peccatrice e può anche riconoscersi che sia caduta in questo peccato, la tentazione cioè di "fare numero", ma altro è cadere in un peccato, altro sostenere che si tratti, al contrario, dell'importante da fare.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2017, 15:47:04 PMFai una qualsiasi pratica meditativa anche con l'intenzione di diminuire la peccaminosità, l'EGO ecc e no perchè rischi di essere eretico.
Né la Chiesa né Gesù hanno mai messo in guardia dalla meditazione come se fosse un rischo che porta all'eresia, al contrario, l'hanno sempre raccomandata.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2017, 15:47:04 PMse ad ogni esercizio spirituale mi devo vedere il Regolamento e devo controllare se sono o meno eretico mi pare che una vita spirituale sia molto difficile e che anzi la Chiesa stessa con la facilità con cui ha "anatemizzato" mi pare che sia quasi un ostacolo.
La Chiesa non ha creato regolamenti per il capriccio di rendere difficoltosa la vita di fede, ma per favorirne l'autenticità. Ad esempio, per la Chiesa è eretico chi voglia sostenere che Dio ama il male: secondo la Chiesa e secondo Gesù amare il male non favorisce la crescita verso l'autenticità.

Sariputra

#76
Il termine 'meditazione' ha un significato molto diverso tra Cristianesimo e altri monoteismi abramitici e scuole orientali.
In Occidente s'intende come riflettere ( dal latino meditatio, riflessione...), ponderare, scrutare in solitudine o in gruppo la parola di Dio.
In Oriente s'intende come tecnica di controllo della mente, ricerca di quiete, di consapevolezza, di unione con il sacro e si attua attraverso esercizi specifici, posture adeguate, consapevolezza del respiro, ecc.
Due mondi diversi che solo recentemente hanno iniziato a dialogare ( e noto che , almeno all'interno di gruppi di preghiera più 'agguerriti', s'inizia ad usare anche all'interno del cristianesimo alcune tecniche meditative tipiche dell'india...).
Ci sono importanti esperienze di esercizi di tecnica meditativa particolare anche all'interno di religioni non tipicamente orientali, come nel caso del sufismo musulmano.
La concentrazione nell'accezione più tipicamente orientale permette di aumentare la consapevolezza, la cosiddetta 'presenza mentale'. Con 'presenza mentale' s'intende l'attenzione consapevole con cui si percepiscono le attività mentali ( percezioni, sentimenti, volizioni, ecc.). Quindi non si tratta di reprimere ma di osservare, per evitare di identificarsi con i propri stati d'animo mutevoli e impermanenti che ci 'trascinano' con sè..
 La famosa 'bastonata' sul groppone del maestro sta proprio ad indicare al praticante che sta perdendo l'attenzione al momento presente e che sta 'correndo dietro al bufalo imbizzarito'... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

In effetti avevo sospettato che dietro ci fosse un malinteso sul significato del termine "meditazione".

In questo senso può essere il caso di precisare che la Chiesa non ha nulla in contrario riguardo alla pratica di tecniche meditative di qualsiasi genere, ma le ritiene del tutto irrilevanti al fine della relazione con Dio. Cioè, se uno vuole praticare tecniche di meditazione o concentrazione per favorire il proprio benessere, la Chiesa non ha nulla da ridire, ben vengano. Non le accetta se queste tecniche vengono praticate con l'idea che garantiscano una maggiore vicinanza a Dio.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 20 Ottobre 2017, 17:12:10 PMIn effetti avevo sospettato che dietro ci fosse un malinteso sul significato del termine "meditazione". In questo senso può essere il caso di precisare che la Chiesa non ha nulla in contrario riguardo alla pratica di tecniche meditative di qualsiasi genere, ma le ritiene del tutto irrilevanti al fine della relazione con Dio. Cioè, se uno vuole praticare tecniche di meditazione o concentrazione per favorire il proprio benessere, la Chiesa non ha nulla da ridire, ben vengano. Non le accetta se queste tecniche vengono praticate con l'idea che garantiscano una maggiore vicinanza a Dio.

La base di tutte le tecniche meditative è lo yoga. Lo troviamo già nei Veda più antichi, ma poi è utilizzato pure nei successivi buddhismo e jainismo. Purtroppo in occidente si è diffusa una pratica, un pò dovunque, di uno pseudo-yoga che ha come obiettivo solo il benessere fisico e il rilassamento ( consumismo yogico all'occidentale... >:( ), ma lo yoga autentico è essenzialmente un cammino spirituale di ascesi e di ricerca dell'unione con Dio e non può essere praticato senza un maestro appartenente ad un lignaggio preciso. Ha il significato di 'giogo': mettere il giogo alla mente per 'unire'e legare a Dio. E' comprensibile che la Chiesa non accetti queste pratiche perché, come hai già specificato, non è ammissibile la pretesa di cercare l'unione con Dio che resta sempre avvolto nella 'nube della non-conoscenza' e al cui devoto è richiesto solo di fare la Sua volontà e portarla concretamente nel mondo.

Temo però che siamo andati off-topic... :(
Sulla strada del bosco
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Apeiron

#79
@Angelo, perdona il linguaggio polemico che ho usato  :) (ad ogni modo non ho parlato mai di Gesù!)


Vorrei portare due esempi concreti sul discorso riflessione-Chiesa.  

I Pensieri di Blaise Pascal furono messi all'Indice. Ora voglio dire: capisco che non sarà stato ortodosso ma era cristiano.Ma niente è ritenuto una sorta di eretico MA... oggi i cattolici fanno conferenze sui suoi libri (?).

Meister Eckhart. Anch'egli una sorta di eretico con tanto di condanne papali postume. Eppure oggi è usato dagli stessi cattolici.

Comunque non capisco la questione della condanna dei libri dopo aver letto quanto hai scritto tu.

P.S. Chiedo veramente perdono per la polemica di oggi pomeriggio! Stavo proprio pensando a Pascal ed Eckhart.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Sulle incoerenze e assurdità della Chiesa, già nel semplice fatto di stendere una lista di libri "proibiti", quali che essi siano, sono d'accordo: purtroppo è vero che la Chiesa, lungo la sua storia, ha avuto la pretesa di sostituirsi alla coscienza delle persone, alla loro capacità critica, dimostrando d'altra parte di non essere affatto in grado di praticare un tipo di critica corretta e imparziale.

Questo però non ha a che fare con la stima che la Chiesa ha da sempre manifestato verso la meditazione, se non per il malinteso che tu, a quanto pare, intendi per meditazione l'applicazione di tecniche specifiche, mentre io ho inteso "meditazione" nel senso più generale, così come intesa nei vocabolari.
In proposito, nello Zingarelli trovo 5 significati, ma in nessuno di essi si parla di tecniche specifiche, che ovviamente non sono da escludere, però non fanno parte dei significati essenziali della parola "meditazione":

1 Profonda riflessione della mente intesa a ricercare la verità, le ragioni, il senso e gli aspetti di qualcosa.
2 Pratica religiosa cattolica che consiste nel concentrare il proprio pensiero, illuminato dalla grazia, intorno alle verità della fede.
3 Considerazione attenta e accurata.
4 Opera, scritto spec. filosofico, che espone il risultato di profonde riflessioni e che invita a meditare.
5 (lett.) Preparazione di un'iniziativa.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 20 Ottobre 2017, 19:39:55 PMSulle incoerenze e assurdità della Chiesa, già nel semplice fatto di stendere una lista di libri "proibiti", quali che essi siano, sono d'accordo: purtroppo è vero che la Chiesa, lungo la sua storia, ha avuto la pretesa di sostituirsi alla coscienza delle persone, alla loro capacità critica, dimostrando d'altra parte di non essere affatto in grado di praticare un tipo di critica corretta e imparziale. Questo però non ha a che fare con la stima che la Chiesa ha da sempre manifestato verso la meditazione, se non per il malinteso che tu, a quanto pare, intendi per meditazione l'applicazione di tecniche specifiche, mentre io ho inteso "meditazione" nel senso più generale, così come intesa nei vocabolari. In proposito, nello Zingarelli trovo 5 significati, ma in nessuno di essi si parla di tecniche specifiche, che ovviamente non sono da escludere, però non fanno parte dei significati essenziali della parola "meditazione": 1 Profonda riflessione della mente intesa a ricercare la verità, le ragioni, il senso e gli aspetti di qualcosa. 2 Pratica religiosa cattolica che consiste nel concentrare il proprio pensiero, illuminato dalla grazia, intorno alle verità della fede. 3 Considerazione attenta e accurata. 4 Opera, scritto spec. filosofico, che espone il risultato di profonde riflessioni e che invita a meditare. 5 (lett.) Preparazione di un'iniziativa.


Grazie della risposta. A volte è meglio trattenersi dallo scrivere. Si evitano figuracce come la mia di oggi.

In genere la parola "riflessione" la associo alla filosofia. Mentre la parola "meditazione" la intendo solitamente come Sariputra. In genere comunque concordo che anche nella tradizione cristiana ci sono approcci meditativi in un certo senso simili allo yoga (Benedettini, credo Giovanni della Croce...) ma ne so molto poco in realtà, quindi evito stavolta di spararle.  

P.S. Vorrei far finta che quello che ha scritto la polemica di oggi non fosse Apeiron. Invece ero io. Ma d'altronde saebbe una fuga dalle proprie responsabilità (anche se ho ritenuto doveroso cancellare il mio messaggio, per mostrare che ho cambiato idea e mi dissocio da quanto ho precedentemente scritto.... capita anche questo.). Chiedo scusa alla Moderazione e ai lettori.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Apeiron, ho il vago ricordo che non sia la prima volta che sembra che ti manchi solo di prendere una frusta e autoflagellarti. Non ti preoccupare: per conto mio, mi sembra di avere l'abitudine a considerare la globalità delle persone e globalmente continuo a vederti come persona meticolosa, che ricerca il massimo della correttezza.

Per quanto riguarda approcci meditativi che qualcuno potrebbe accostare allo yoga, può essere bene fare qualche precisazione.
La Regola di san Benedetto, come anche le forme di preghiera praticate dai Benedettini, non prevedono alcun tipo di tecnica mirata alla concentrazione. Nel cattolicesimo, non solo quindi tra i Benedettini o altri ordini monastici, si raccomanda altamente la pratica della meditazione e della contemplazione, ma esse non prevedono alcuna tecnica a cui attenersi: ciò che conta è aver capito il concetto e poi metterlo in pratica. In questo senso, meditare e contemplare significa semplicemente fare silenzio e soffermarsi nel pensiero di qualcosa riguardante Dio o altri contenuti della fede. Non c'è altro. Non è previsto lo sforzo di escludere altri pensieri; al contrario, eventuali altri pensieri che vengano in mente potranno essere fruttuosamente posti in collegamento con l'oggetto della meditazione. La contemplazione può avere di specifico il fatto che con essa s'intende uno stare in silenzio che si astiene dal seguire particolari fili di pensiero, per dedicarsi piuttosto al puro guardare con la mente. È facile capire il concetto attraverso un semplicissimo esempio: è possibile, istintivo, umano, stare a contemplare la persona di cui si è innamorati, oppure un bel paesaggio, senza stare a soffermarsi su alcuna idea specifica: semplicemente ammirare e godersi quest'ammirazione. Allo stesso modo di ciò che avviene nella contemplazione dell'amato o dell'amata, oppure del paesaggio, non è prevista alcuna tecnica, alcuno sforzo di concentrazione: lo si fa in funzione del piacere, del benessere che ciò procura o anche solo dell'importanza che si decide di attribuire all'oggetto contemplato.

Nella tradizione cattolica ci sono diversi esempi di mistici, paragonabili a san Giovanni della Croce. In tutti questi casi, però, non è il mistico a prendere la decisione di praticare una particolare tecnica per raggiungere un certo stadio mentale. Succede qualcosa di opposto: il mistico si percepisce guidato da Dio a soffermarsi nella meditazione, nella contemplazione, e ad essere preso intimamente, fortemente, integralmente, da tale esperienza. In questo senso il mistico parla di sentirsi pervaso, rapito, ma questi sono verbi che indicano come soggetto un altro autore: non è il mistico che ha deciso di praticare una tecnica; al contrario, egli si è sentito trasportato da qualcun altro, oltre la propria volontà. In questo senso parlare di "rapimento" è molto appropriato perché evidenzia che il mistico percepisce un'iniziativa esterna, non è stato lui a cercare di raggiungere quello stato.
In questo tipo di esperienze la Chiesa non ha nulla da opporre, anzi, le considera con grande rispetto, spesso giungendo a proclamare santi coloro che le hanno vissute, a dimostrazione dell'importanza che vi attribuisce.

Nello yoga non mi sembra che ci sia l'essere rapiti da parte di un soggetto esterno: al contrario, è lo yogin a decidere cosa fare, quando farlo, come farlo, con quali tecniche, con quali durate, perfino con quali risultati da raggiungere. Nel mistico non c'è alcun risultato prefissato, nessun progetto pianificato, nessuna tecnica predefinita: esattamente come avviene quando si viene rapiti da qualcuno.

Tra parentesi, posso dire di aver vissuto io stesso esperienze del genere, anche se non mi sento affatto un mistico del livello di san Giovanni della Croce. D'altra parte, sono esperienze alla portata di tutti: succede cioè che, in certi momenti, in certe occasioni, se provi a cominciare a fare silenzio in un bel contesto, quel silenzio può anche cominciare ad attirarti, ti piace, è bello, e ti viene voglia di prolungarlo, a volte anche per ore. Tutto qui, niente di speciale, però c'è questo: non ho usato alcuna tecnica, né mi ero posto degli scopi, degli stadi mentali da raggiungere: il quel caso posso dire che il silenzio mi rapiva, mi attirava e mi dava la voglia di continuare, farne ancora e ancora perché era bello. Ma era lui l'autore, non io.

InVerno

#83
La volontà di Dio è imperscrutabile anche quando è esplicita.
Come nel caso dei dieci comandamenti. L'idea cristiana, che a un certo punto della storia una decina di regole siano capitate in mano a dei pastori del deserto è perlomeno bizzarra, non per l'evento in se come è raccontato, quanto per il contenuto di questi dieci comandamenti. Ormai nessuno è convinto che che in quel periodo storico al di fuori della tribù di Israele si mangiassero bambini e si rubasse impunemente, da una parte sorgeva l'Egitto delle piramidi dall'altro il regno mesopotamico, in oriente sistemi filosofici evoluti venivano enunciati in america del sud i regni maya e inca stavano raggiungendo il massimo splendore e da circa 90.000 anni la popolazione umana cresceva in maniera esponenziale. Questo significa che gli esseri umani conoscevano già il valore di questi basilari principi di cooperazione, non è mai esistita una società dove il furto fosse permesso, l'omicidio consigliato e le madri venivano prese a calci, erano società certamente più violente di quelle attuali ma capivano benissimo cosa andasse contro gli interessi di tutti. La scommessa è che se oggi facessimo irruzione nell'isola di North Sentinel (uno dei pochissimi luoghi sul pianeta dove vivono popolazioni mai entrate in contatto con "noi") anch'essi senza aver ricevuto alcunchè rispetteranno dei principi simili, altrimenti si sarebbero estinti da tempo. Contestualizzando perciò un po meglio questo evento biblico che giudeo-cattolici considerano la fondazione morale dell'uomo, una persona si chiede, che bisogno aveva Dio di comunicare ai giudei queste dieci banalità già in "uso" da millenni in ogni angolo del globo ? Non c'è una risposta razionale che possa tenere in conto l'ipotesi che l'evento sia realmente accaduto. Anzi, se si considera la conseguenza morale di una narrazione simile (l'idea che un uomo "non comandato"  si comporti in maniera delittuosa e criminale "per natura") e la sfiducia cosmologica nella capacità di cooperazione umana,  si intravede addirittura una possibile morale negativa. Quale migliore giusticazione al male, se non il fatto sua ribellione al comandamento divino lo riporti ad un rapporto con la sua "natura" maligna, tuttavia mai esistita?
Tutto ciò è perlomeno imperscrutabile, se si vuole mantenere il beneficio del dubbio, ma diventa positivo se lo si analizza dal punto di vista prettamente storico che vede una tribù, prendere alcune semplici ma importantissime regole che circolavano da tempo immemore, apporre una sigla divina per aumentarne l'efficacia (come tutti a quel tempo), e cominciare un percorso verso la civilizzazione imbastito su principi di solida cooperazione. Il credente vede questo come depotenziamento delle scritture dettate da Dio, nonostante il messaggio che comunica è "buona novella" per tutti, che ci racconta che siamo stati capaci di arrivare fin li, a cotanti principi, in ogni angolo del globo, perchè non siamo cosi cattivi nei confronti del prossimo, anzi, forse ci racconta qualcosa di buono sulla nostra fantomatica "natura" che vituperiamo da secoli come la peggiore. E questo non è l'unico esempio di norma, o evento biblico che cambia nettamente piega e valore se visto da una prospettiva anti-teista e come l'idea di una volontà divina comunicata attraverso i più assurdi metodi volgarizzi una realtà maestosa e virtuosa. E con questa riflessione vi saluto, vado all'estero per un po, buona continuazione :)
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Forse non sei al corrente, come purtroppo tantissimi cattolici, e anche probabilmente preti e vescovi, che ormai da molti decenni la Chiesa Cattolica, ma gli studiosi anche cattolici da ancora più tempo, ha preso atto che quei racconti non vanno considerati come verità storiche.

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Ottobre 2017, 16:52:24 PM
Forse non sei al corrente, come purtroppo tantissimi cattolici, e anche probabilmente preti e vescovi, che ormai da molti decenni la Chiesa Cattolica, ma gli studiosi anche cattolici da ancora più tempo, ha preso atto che quei racconti non vanno considerati come verità storiche.
Forse non ti rendi conto, che cosi posta, la questione è ancora più viscida. Se fosse considerato come "accaduto realmente" si potrebbe anche giustificare una morale conseguente da un fatto considerato come certo (come chessò, i valori post-guerra mondiale) c'è poco da obbiettare alle scuole antiche che lo consideravano come "fatto certo". E' l'arbitrarietà di un messaggio puramente morale-metaforico a rendere la questione ancora più perversa. Il fatto non è accaduto, ma moralmente siamo comunque non autosufficienti di non prendere a calci nostra madre, è rivelato. Poi la Chiesa fa svelta a fare metafora dell'antico testamento giudeo, per il nuovo non prende certo lo stesso metro.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Attribuire a Dio i comandamenti non significa autoconsiderarsi immaturi, non autosufficienti. Ragionando così, qualsiasi fede in qualsiasi divinità può essere accusata di offesa contro la maturità, contro la dignità umana, visto che, da un punto di vista puramente umano, non esistono attività divine che l'uomo non possa compiere da sé. Forse qualcuno penserà ai miracoli o alla creazione del mondo, ma queste azioni vengono comunque a risultare praticamente inutili, se si considera che si tratta comunque di un mondo impregnato di male. In effetti, un'accusa a qualsiasi religione da parte di atei può essere proprio questa: ogni divinità viene a costituire un'offesa alle capacità umane, all'autonomia umana, tanto più se questa divinità non toglie il male dal mondo.

Questa però è una prospettiva parziale, che considera solo sé stessa e trascura completamente il significato che il credente intende dare alla propria fede. Il senso fondamentale della fede in Dio non è per il credente quello di dire a Dio "Tu sei grande, io no, tu sei buono, io no..." ecc. Il senso fondamentale è piuttosto un riferimento alla trascendenza: un Dio qualsiasi può essere chiamato Dio solo se possiede qualche tipo di trascendenza, qualcosa che va oltre i significati puramente umani che l'uomo riesce a dare alle cose, a sé, all'esistenza. Se considerati da questo punto di vista, i dieci comandamenti assumono, piuttosto che il senso di uno schiaffo alla capacità umana di autoregolamentarsi, un riferimento alla trascendenza. Questo viene a significare che, per il credente, un detto come "non uccidere" non è semplicemente un criterio di pacifica convivenza, un accordo di convenienza affinché la società vada avanti più spedita, con più successi, con più piacere di vivere. Per il credente "non uccidere", una volta che viene riferito a Dio, assume un richiamo alla trascendenza. Significa che per il credente la vita, che è ciò che viene tolto uccidendo, ha un significato e un valore che va oltre l'umano. Lo stesso viene a valere per tutti gli altri comandamenti: "non rubare", una volta che venga considerato un comandamento divino, viene a significare che il rispetto di una giustizia sulle cose che ognuno possiede non è solo una questione di giustizia umana o di ordine pubblico; è invece un valore spirituale che oltrepassa l'umanità e quindi, se osservato, consente all'umanità un'esistenza che trascende sé stessa e va accostandosi al divino.

Naturalmente, questo tipo di prospettiva da credenti può essere comunque criticata considerandola una copertura per nascondere rapporti viziati, sbagliati, oppressivi, con Dio e con l'esistenza.

Tutte queste critiche sono possibili, ma rimangono soggettive. Ciò che conta, se si vuole considerare le cose con imparzialità storica, è avere un'adeguata considerazione sia della prospettiva del credente che di quella del non credente. In questo senso non hanno ragione né l'uno né l'altro, perché comunque sono portatori di visioni soggettive. Lo storico, nel suo sforzo di essere, per quanto possibile, oggettivo e imparziale, terrà presenti entrambi.

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 22 Ottobre 2017, 13:58:39 PM.Lo storico, nel suo sforzo di essere, per quanto possibile, oggettivo e imparziale, terrà presenti entrambi.
Non uno storico moderno, e la considero buona cosa. Per il resto sono d'accordo, se non che tentavo di indicare che v'è trascendenza anche in una visione storica (o storicista) e per mio gusto anche "migliore", per questo non capisco chi difende la parzialità mitologica del racconto tenendo nascosta la sua bellezza intrinseca.
Per questo non nego il principio, la manifestazione, li considero come riflesso di un "origine". Il problema sorge quando questa origine viene definita (tramite un Dio o un miracolo o altro),  si creano decine di attriti e contraddizioni che da un punto di vista agnostico (cioè che nega la possibilità di sapere, non semplicemente un "indeciso sull'esistenza di Dio" come viene usato oggi) non si creano, e ci riportano a quel "mistero" di cui abbiamo già parlato sovente. Mistero perso completamente, non basta dire "mistero nella fede" ogni tanto. Jefferson provò a riscrivere il vangelo senza le parti "magiche", senza la gnosi indebita, sai che bel racconto ne è uscito fuori?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Si tratterebbe di chiarire cosa vuol dire "mito". L'operazione di sfoltimento effettuata da Jefferson o da Bultmann presuppone un fraintendimento del significato di "mito". Per loro il mito è un disturbo della narrazione, che ne impedisce una comprensione adeguata, e quindi la narrazione ne va ripulita. Entrambi non si sono resi conto che il mito disturba semmai non la narrazione, ma il concetto che essi si erano fatti riguardo a che cosa la narrazione debba essere.

Se io mi faccio un'idea di cosa debba essere una pietra, è inutile poi aggiustare tutte le pietre che non corrispondono all'idea che mi sono fatto: sono io che devo aggiustare la mia idea.

Il mito è un linguaggio insostituibile perché trasmette concetti, emozioni, significati, impossibili da comunicare con altri linguaggi, come per esempio il linguaggio astratto, il linguaggio filosofico.

Se questo linguaggio è di disturbo agli agnostici, sono problemi loro, ma non ha senso imporre al testo la visione degli agnostici e trascurare l'interpretazione che il testo propone di sé stesso.

Se per gli agnostici le pietre sono pietre solo se sono cubiche, non ha senso squadrare tutte le pietre del mondo per accontentare le idee degli agnostici: sono loro ad avere una mentalità ristretta.

Un testo antico va per prima cosa recepito così com'è, questa non è altro che archeologia: se un archeologo trova in Egitto una mummia, non si può mettere a correggerla perché gli sembra brutta in faccia: semmai è lui che dovrà correggere le idee che si è fatto riguardo alle mummie.

In questo caso si tratta di saper comprendere e apprezzare il linguaggio del mito. Sentirsi disturbati da esso è come sentirsi disturbati quando ci viene raccontato un sogno fatto nella notte: non avrebbe senso disprezzare il racconto di quel sogno per il fatto che parla di cose strane: in tal caso siamo noi a non saper capire il linguaggio del sogno, che in realtà è preziosissimo per svelare che cosa alberga nell'animo umano. Così è per il mito.

Angelo Cannata

Può essere bene precisare che con ciò non intendo dire che tutto debba essere intoccabile, privo di ogni possibilità di confronto; sono stato sempre contrario a chi sostiene che, per esempio, chi decide di essere cattolico debba accettare passivamente tutto ciò che c'è nel Cattolicesimo, astenendosi da ogni critica. Lo stesso per ma vale riguardo al Vangelo e ai testi sacri in genere.

Il punto è che, prima di effettuare confronti e critiche, devo rendermi conto delle motivazioni serie di ciò che intendo criticare, per non correre il rischio di risultare uno che critica solo perché non sa vedere il valore di ciò che sta criticando.

Ora, riguardo al mito, ormai da molti anni si è imparato ad apprezzare la sua importanza come linguaggio in grado di esprimere con grande profondità e ricchezza ciò che è umano. Solo dopo aver saputo apprezzare questo possiamo cimentarci in una sua critica.

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