La via di mezzo e il giudizio finale

Aperto da Alberto Knox, 20 Aprile 2022, 11:05:14 AM

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viator

Citazione di: Alberto Knox il 27 Aprile 2022, 15:56:41 PMMi stupisco di come tu possa cadere in tale errore concettuale. Qualsiasi teoria fisica è sempre provvissoria nel senso che è soltanto un ipotesi per quanto al momento funzianante. In altre parole , non può mai essere dimostrata. Per quante volte i risultati sperimentali siano stati in accordo con una teoria , non possiamo mai essere sicuri di non ottenere, la volta successiva , un risultato che la contraddica. Come ha sottolineato Karl Popper , una buona teoria è quella che produce un alto numero di predizioni suscettibili a falsificazioni, cioè la forza di una teoria sta nel suo tratto distintivo di essere aperta ad ogni falsificazione , se così non fosse, sarebbe un dogma e non una vera teoria scientifica. Quindi , le ipotesi non falsificate , esistono solo nel tua impostazione dogmatica nel concepire il mondo e i concetti.
Salve Alberto. Secondo me - a rigor di logica - hai ragione. Infatti le "presunte" certezze offerte dalla scienza non possono avere carattere di assolutezza, ma andrebbero considerate e chiamate "certezze convenzionali" appunto perchè rappresentano ciò che - in generale - la gente crede altamente probabile poichè basato sul credere che la cosa non verrà prossimamente smentita e quindi - sempre la gente - basa i propri comportamenti e previsioni sui fatti che la consuetudine non ha finora smentito. D'altra parte è perfettamente razionale l'attendersi che il sole sorga ancora domani mattina.

Il problema è quando tu affermi (in altro tuo intervento) che sarebbe giustificato il credere in Dio o nella spiritualità perchè "è da un sacco di tempo che ovunque quasi tutti ci hanno creduto o ci credono".

A questo punto sono io che mi stupisco che pure tu cada in un simile errore concettuale.

Ma come ? Basta solo che un numero adeguato di persone (o magari anche tutti, non cambia affatto il principio!) creda (abbia fede, scelga come guida dei propri atti) in qualcosa.......perchè quella tal cosa diventa vera e magari infalsificabile ?. Saluti.




Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alberto Knox

Citazione di: viator il 27 Aprile 2022, 18:42:03 PMOra, poichè considero il bhuddismo (che pure non conosco minimamente !!) una importantissima fonte di saggezza (e soprattutto di MISURA del vivere).......mi sembra di capire che esso - ragionando come da grassettatura soprastante - impedisca di trovare possibile la sussistenza di una qualsiasi assolutezza, pertanto negherebbe pure il fatto che possa esistere una qualsiasi spiritualità.
Non sono la persona migliore per dare una corretta risposta buddhista , posso solo dire che il buddhismo è formato da una serie di precetti , di indicazioni e di consigli per arrivare infine all eliminazione del dolore , questi indicazioni le si trovano in quello che viene chiamato l 'ottuplice sentiero preceduto a sua volta dalle quattro nobili verità . Questo ottuplice sentiero è a tutti gli effetti un percorso di crescita personale ,nell etica, nella morale, nel rispetto della vita propia e di tutti gli altri essei viventi , in una parola , armonia. Questo sentiero può benissimo portare al primo livello e fermarsi lì , quello della verità relativa , propio di tutti coloro che si apprestano e si sforzano di applicare quei precetti nella loro vita quotidiana . Il secondo livello è quello della verità assoluta o "profonda" propio di quei pochi che riescono ad applicarli senza sforzo, a questo livello giungono infatti i rari illuminati (bodhisattva) che non hanno più bisogno di seguire le norme dell ottuplice sentiero. poichè riescono ad applicare spontaneamente tutto ciò che esse prescrivono. Solo una volta giunti a questo livello si può realizzare che le norme , i precetti, i consigli , le nobili verità e come ogni altra forma di realtà sono "vuote" di sostanzialità e indipendenza. Il buddhismo non prevede lo spirito poichè non c'è nessun io al quale questo spirito si riferisce. Il buddhismo è l abbandono dell io, di conseguenza , se non ho un io che possa definire mio, non posso avere nemmeno uno spirito mio. Poi ci sono altre cose da dire ma sarebbe meglio se leggi un buon libro a riguardo. Io sto leggendo "il Buddhismo , i sentieri di una religione millenaria" di Giangiorgio Pasqualotto , insegna estetica e storia della folosofia, negli ultimi vent'anni si è dedicato allo studio del Buddhismo e del Taoismo cercando di trovare analogie di pensiero nella filosofia occidendatale.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: viator il 27 Aprile 2022, 19:34:27 PMIl problema è quando tu affermi (in altro tuo intervento) che sarebbe giustificato il credere in Dio o nella spiritualità perchè "è da un sacco di tempo che ovunque quasi tutti ci hanno creduto o ci credono".
Ho parlato del consensum gentium perchè credo che se l essere umano nei millenni, ha portato avanti delle tradizioni spirituali, forse qualcosa da insegnarci ce l hanno . Mi rendo conto che è una teoria debole quella che ho detto, infatti ho detto che non è una prova che allora visto che nei millenni vuol dire che..no, ho detto che una mente che , capisce che ha bisogno di guardare anche quello che gli altri pensano a proposito di dio e dello spirito questo fatto delle grandi tradizioni spirtuali non può essere ignorato. Bisogna , conoscerle.
Al cospetto della grande critica che dice "non c'è niente al di là della materia , noi siamo qui per caso" mi trovo nella posizione di chi qualcuno definirebbe da bambino viziato, di uno che non vuole guardare in faccia la reatà e che non vuole accettare come stanno le cose. E io non penso di esserlo e allora argomento e non ho nemmeno la presunzione di avere la verità dalla mia parte, magari sto sbagliando certo. ma .. Chi può dire di conoscere la verità?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

ma forse più che abbandono dell io, tornando al discorso sul buddhismo, è la consapevolezza che non vi è alcun io autossussistente , che tutto esiste perchè è in relazione con altro. In base a questa teoria ciascun sè , sia esso inteso come semplice elemento fisico o come singolo individuo vivente , non è ne costituito ne pensato come unità separata , come ente autonomo, come "atomo" indipendente. Questa acquisizione teorica non va assunta in senso "debole" per il Buddhismo. Cioè il pensare che ciascun ente entra in relazione con altri enti. No, va considerata in senso "forte" , considerando cioè ciascun ente  è , sempre e necessariamente , costituito da relazioni. Questo che ho appena scritto è una vera e propia analogia con la rete di relazioni che tesse la realtà di cui parlo di continuo. Il Logos, cioè il principio costitutivo dell essere, l archè in senso forte.

Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Per tornare un pò nelle righe del topic, in quanto questo vuole essere un topic spirituale e non scientifico. Sì è parlato molto di verità, verità assolute, ipotesi infalsificabili, verità realtive . Ma per la vita Spirituale che cosa conta davvero? leggere la verità , rivelata da chissà chi, o fare la verità? essere la verità. Cioè La verità non come qualcosa che si legge o che si dice ma  la verità intesa come fare la verità.  I vangeli ,ma anche tutta la bibbia Ebraica, non parlano di verità come concetto dottrinale, la verità non è qualcosa che si dice. La verità è qualcosa di pratico , non hai a che fare con l'ortodossia, hai a che fare con l'ortoprassi, la verità è qualcosa che si fà. Giovanni 3:21 , "chi fa la verità viene alla luce.." c'è propio questo verbo fare. Cioè Gesù parla nel vangelo di Giovanni nel capitolo 14 "io sono la via la verità e la vita" ma non in senso di una formula ma nel senso che tu devi fare la verità . cosa che è inconcepibile per la tradizione dogmatica cattolica la quale sostiene che la verità non  si fà, la verità si capisce, c'è , è eterna, viene rivelata , si ascolta, poi si trasmette , si professa ,si difende , non sei tu che fai la verità , la verità la fa Dio.. E invece in quest'altra prospettiva che è la vera  prospettiva evangelica TU sei chiamato a fare la verità . E Socrate, nel bellismo filmdi rossellini dice una frase che rispecchia completamente il senso del fare la verità , e dice esattamente così "non importa, teniamo conto di tutte le opinioni anche se siamo in disaccordo con esse, quel che mi importa, è di essere d'accordo con me stesso, e cercare di non fare mai il contrario di ciò che penso, se mai, pensare a ciò che è vero e agire in accordo con la verità" ecco il fare la verità . Gesù è figlio di Dio, anche Socrate è figlio di Dio, e anche tanti altri grandi portatori di luce nella mente e nello Spirito. E noi ,  quale verità vogliamo essere? eccola l'potesi infalsificabile a cui dobbiamo tendere
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#50
Citazione di: niko il 26 Aprile 2022, 11:27:46 AMCon buona pace della continuità autocosciente, noi oltreché morire, addirittura dormiamo e sveniamo.

A volte siamo pure così (nel migliore dei casi...) ubriachi, da non ricordare più niente una volta tornati sobri.

L'autocoscienza è una funzione assai discreta e discontinua, tale per cui vale solo per essa stessa, l'illusione di continuità.

Tra le cose che tale autocoscienza deve imparare per sopravvivere, c'è pure che la sua continuità è un'illusione.

Noi siamo parte del mondo, e la nostra coscienza è parte del mondo, c'è un mondo più grande, e più esteso, e più duraturo, della coscienza, il che implica la presenza di limiti insuperabili presso coscienza, agli "estremi", per così dire della coscienza, e all'interno, di essa.

I limiti estremi, possono essere pensati come nascita e morte; i vari altri confini passanti all'interno e suggerenti una frammentazione, possono essere pensati come sonno, svenimento, anestesia, ebbrezza eccetera.

Se noi solo nascessimo e morissimo, lo sapremmo freddamente, che esistono tali limiti, ma non lo sperimenteremmo, non ne avremmo la ragionevole certezza collegando tra loro le esperienze.

E' perché dormiamo e sveniamo, che l'evidenza dei limiti della coscienza è schiacciante.




Forse la cosa più bella di questa discussione è che in essa ognuno di voi emerge in modo chiaro come non mai, cosa che non so se riuscirò anch'io a fare.
Intanto a questo post di Niko, forse a torto trascurato,  aggiungo che il sonno saltuario della coscienza mi appare come una necessità, mentre tutti discorrono come se la continuità della coscienza fosse un dato di fatto.
Non è un dato di fatto, ma la mia ricerca interiore consiste nel ricostruire a posteriori una continuità, aggiungendo le parti di coscienza mancanti, partendo dalla ipotesi che mi sembra ragionevole di una continuità vitale che non è mai venuta mancare.
E' un pò come traslasciare alcuni capitoli del libro riservandosi di riprenderli dopo.
Non sappiamo dove andiamo, ma come siamo giunti fin qui possiamo sperare di saperlo, per fare poi ragionevoli previsioni.
La via di mezzo fra una cosa e il suo opposto è l'abbandono del logos, in quanto non strettamente necessario, creatore di opposti e strumento della coscienza.
E' una via di mezzo che percorriamo  quando la coscienza dorme.
Una via da perdere più che trovare, ma che si può sempre riprendere.
Lo scopo che mi propongo non mi sembra una strada impossibile, perchè non mi propongo di fare alcunché che già non abbia fatto in quanto essere vivente. Si tratta solo di farlo in modo diverso, dilatando o restringendo il tempo del fare a piacere.
La coscienza in particolare è come il pedale dell'acceleratore.
Si fà prima ad arrivare, ma si consuma più carburante e si rischia di più di uscir fuori strada, però in specie noi quel pedale siamo, anche se non in modo esclusivo, e questa non esclusività mi pare sia bene espressa dalla filosofia orientale.
Una via di mezzo fra le opposte filosofie ad est e ad ovest, mi pare sia ciò che promuove Jacopus, ma in effetti quella via di mezzo siamo proprio noi.
Quindi provando a riassumere in chiaro il mio punto di vista, è che la coscienza, e il suo profeta, il logos, non sono una necessità, ma una possibilità con la quale però non si fà nulla di sostanzialmente diverso da quello che si fà in loro mancanza.
Il fare viene prima del come fare, ma il come fare allarga i suoi orizzonti, senza che ciò sia da considerarsi un bene in sé.
Dove sta il bene e il male?
Colui che agisce in ignoranza, il povero di spirito, non fà di certo alcun male, qualunque cosa faccia. Quindi il bene e il male non sta in ciò che si fà, ma semmai nel come lo si fà. Chi non ha coscienza non può commettere alcun male. Chi ce l'ha invece si.
Questo insegnamento io traggo dalle varie sacre scritture, che il male sia la conoscenza, alla quale però io non rinuncio, perchè il cercare nella mia interiorità non si può concludere nel sopprimerla, perchè ciò sarebbe male, mentre bene è accettarsi, qualunque cosa vi troviamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#51
Detto in modo ancora più chiaro, il male non è nella conoscenza, in quanto la conoscenza non è necessaria al fare, e nel fare non può esservi alcun male, né la conoscenza muta il senso del fare, qualunque esso sia.
il male è nell'annullamento del fare, in quella possibilità di uscire fuori strada, che è la possibile contropartita della non necessaria coscienza e del logos.
Però è anche vero che si esce fuori strada anche senza coscienza, perchè la vita è un rincorrersi di strade perse, trovate e ritrovate, ma ci sono casi in cui qualcuno può indicare la perdita della strada come male, e altri in cui semplicemente non c'è nessuno ad indicarla, e un male che non si può additare semplicemente non c'è.
C'è anche una esistenza che scorre senza che nessuno la indichi, e in particolare che la indichi come male.
il male è insito nella possibilità di giudicare, ma la vita in sé non abbisogna in assoluto di alcun giudizio, men che meno finale.
Essa continuerà comunque a scorrere bene o male, nel suo nirvana, dove ogni giudizio resta sospeso come una possibilità inespressa..
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

ricercatore

Il Giudizio Universale è presente in tutte le grandi religioni, in varie forme (reincarnazione, Paradiso-Inferno, etc.).
E' archetipico, cioè "installato" nella nostra psiche.

Il Giudizio Universale dice questo: l'Ideale è un Giudice.
Non a caso le persone che tendono al perfezionismo (Ideale elevatissimo) sono davvero severe con loro stesse: sono sempre inadeguate nei confronti di quell'Ideale elevatissimo, sono sempre dannate all'Inferno per quanto si possano sforzare.

Una soluzione per non finire all'Inferno sarebbe quella di distruggere l'Ideale: niente Ideale, niente Giudice.
Ma, come ha capito Caino, non conviene uccidere Abele (l'Ideale dell'io).

La "soluzione" ci arriva direttamente dalle stesse religioni:
- il perdono, il Dio misericordioso lento all'ira e grande nell'Amore: Dio ti ama così come sei
- l'auto-compassione delle tradizioni orientali: vai bene così come sei

Questo è il Paradiso: mantenere l'Ideale ma allo stesso tempo accettare la propria umanità.

Questo è anche quello che si fa durante un percorso di psicoanalisi: disinnescare il Super-Io, trasformandolo da Giudice Inquisitore ad Allenatore (Coach) Benevolo.


Più vado avanti e più mi sembra di capire (poi correggetemi pure) che il linguaggio religioso è una forma di astrazione di un gradino inferiore rispetto alla psicologia.
In altre parole, religione e psicologia dicono fondamentalmente le stesse identiche cose quando si parla di crescita personale (spirituale?), ma in modi differenti.

Alberto Knox

Citazione di: ricercatore il 16 Maggio 2022, 12:42:21 PMPiù vado avanti e più mi sembra di capire (poi correggetemi pure) che il linguaggio religioso è una forma di astrazione di un gradino inferiore rispetto alla psicologia.
In altre parole, religione e psicologia dicono fondamentalmente le stesse identiche cose quando si parla di crescita personale (spirituale?), ma in modi differenti.
sì la chiesa  è anche un istituzione etica . Ma il giudizio finale è un giudizio verso l'idividualità del singolo, quindi non può essere universale. IL giudizio che vado esponendo non prevede l'inferno, o se lo prevede, lo prevede a tempo determinato e non a tempo infinito. Il giudizio è giustizia su di noi in primis, il decreto sarà quello che è più giusto e migliore per noi, sia esso inferno o paradiso. Ma la condanna deve essere proporzionale al reo, se ho commesso un grave peccato nel tempo , necessita che la condanna sia equiparata nel tempo e non all infinito. Se si vuole parlare di giustizia.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Il giudizio finale lo conosce solo il debitore, nel momento in cui arriva il proprietario del filo che gli è stato concesso a credito al momento della nascita e gli presenta il conto.

Il giusto mezzo, aristotelico o buddista, non può essere falsificato dalla presunzione di un bene assoluto, perchè l'universo antropologico è regolato dalla dialettica, non dal dogma e dalle varie supponenze che lo incarnano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 16 Maggio 2022, 14:15:49 PMIl giudizio finale lo conosce solo il debitore, nel momento in cui arriva il proprietario del filo che gli è stato concesso a credito al momento della nascita e gli presenta il conto.
se per giudizio si intende un giudice pronto a esaminarti e a giudicarti e a premiart o condannarti certo che è come dici. Ma se per giudizio si intende la giustizia , giustizia per noi, quindi del singolo e non della massa . Allora è un pò diversa la cosa. E qualsiasi giudzio diventa giusto e qui si apre il dibattito su cosa è per noi la giustizia naturalmente. Ma di sicuro non è la giustizia dei tribunali e delle leggi umane.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Cosa ci fa credere che andare all inferno non sia la cosa giusta per noi? Può essere quello il posto dove finalmente si capiscono le cose come sono per poi accedere a quel livello superiore che alcuni chiamano paradiso e alcuni chiamano nirvana.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

#57
Ce lo fa credere la non evidenza "chiara e distinta" di luoghi iperuranici denominati inferno, paradiso, etc. e di una qualche tipologia di sopravvivenza post mortem che li popoli.

L'unico inferno incontrovertibile è quello che abbiamo realizzato nell'immanenza terrestre dei viventi, umani e non.

La giustizia è un capitolo, spinoso, a parte. Ogni giudizio resta appannaggio di chi ha il potere di emetterlo. Indipendentemente dal grado di giustizia "ideale".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

L'inferno esiste senz'altro.
È un luogo dell'anima.

E non c'è nessuno che ti condanni all'inferno.
Solo tu puoi farlo, e lo fai, se lo fai, in nome della Verità.

Due sono i soli luoghi dove l'uomo è al sicuro.
Uno è il Paradiso, l'altro è l'inferno.

Solo lì, infatti, Dio è certo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 16 Maggio 2022, 17:46:09 PMCe lo fa credere la non evidenza "chiara e distinta" di luoghi iperuranici
E io capisco perfettamente la tua obiezione , perchè vuoi tutto chiaro e distinto.
Ma capisco anche che non è tutto chiaro e distinto a partire da quella camera o pallone areostatico che è l'io
 che viene anche  chiamato sé , o  per non parlare della coscienza , della razionalità umana, in che cosa consiste la razionalità umana?  e come rispondere in conclusione al Leopardino "Ed io che sono?"
Il fatto è che forse tutti noi vorremmo che tutte queste cose siano chiare e distinte, in modo da poterle comprendere, afferrare, esplicare con obbiettivo rigore. Ma propio perchè non è possibile si aprono scenari, possibilità, a volte vicini alla realtà e a volte lontani dalla realtà. Come posso io col solo ragionamento giungere a poter parlare di quello che sarà dopo la morte? che cos'è che mi fa dire quello che ho detto a proposito del giudizio e del fatto che esso sarà giustizia , vera giustizia? dovrei stare zitto , tenermele per me , non condividerle , anche se presumevo di poterle condividere. La presunzione è il pensare che là fuuori ci sia qualcuno che come me sente che c'è qualcosa che ci aspetta dopo la morte fisica , che la morte non sia l'ultima parola ed è per questo che parlo di queste cose nella sezione spiritualità, poichè tutte le Religioni e tutte le grandi tradiizioni spirituali dicono esattamente che la morte non è l'ultima parola.  Sarà vero o non sarà vero, e qui entra in gioco la fede naturalmente , io credo nella vita dopo la morte, tu non ci credi e va bene. Però non è che puoi sindacare sui discorsi spirituali se già in partenza sei contraria. Preferisco che sia un credente a confutarmi se permetti , se propio è necessario che io venga confutato, a me non sembra . Non ho detto nulla che vada contro la spiritualità. Ho detto che bisogna rettificare alcune nozioni, questo sì, secondo me. E qui si discute ...
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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