La spiritualità può essere una scienza?

Aperto da Angelo Cannata, 18 Gennaio 2018, 07:58:07 AM

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Angelo Cannata

Mi si è affacciata alla mente questa supposizione e, proprio per il tipo di supposizione che è, mi serve confrontarla con menti critiche, menti che pongono obiezioni, poiché la scienza si caratterizza proprio per questo: essa è estremamente critica, vuole continue prove, esperimenti, approfondimenti, confronti con prospettive diverse.
Ora, dopo i pochi anni in cui mi sto dedicando a questo tipo di ricerca, mi sta sembrando che la spiritualità potrebbe avanzare questa pretesa.

Chiaramente mi riferisco alla spiritualità al singolare. Infatti le singole spiritualità non possono avanzare la pretesa di essere scienza: ad esempio, ogni religione potrebbe essere considerata una spiritualità, ma le religioni non sono certamente scienze. Però lo studio delle religioni sì, le religioni possono essere studiate con criterio scientifico. In questo senso, se come religione s'intende lo studio delle religioni, allora si può arrivare a intendere la religione come una scienza. Allo stesso modo, una poesia non è scienza, ma da un punto di vista letterario le poesie, l'attività della poesia, possono essere studiate con metodi che possono avanzare la pretesa di essere scientifici.

Ecco quindi la domanda che trovo intrigante: può la spiritualità arrivare ad essere scientifica?

Naturalmente rispondere a questa domanda presuppone una chiarezza su cosa s'intende per spiritualità. Ho già approfondito altrove quest'indagine e posso affermare che spiritualità significa, molto sinteticamente e semplicemente, vita interiore.

epicurus

Ciao Angelo, sicuramente la religione può essere studiata in modo "scientifico".

Uno storico può studiare le religioni dal punto di vista storico, come un linguista può studiarle dal punto di vista linguistico.

Infine, forse nel senso più importante, la filosofia può studiarle dal punto di vista dei contenuti.

Alcune risorse online (in inglese) sulla filosofia della religione:
Internet Encyclopedia of Philosophy
Stanford

Kobayashi

La spiritualità può essere scienza?
Direi proprio di no.
Naturalmente ciascuno si può costruire una definizione particolare che consenta ragionamenti di questo tipo, ma se lasciamo perdere le nostre filosofiche esigenze di costruire definizioni e distinzioni logiche e giochi dialettici vari, se cioè pensiamo a che cosa ci aspettiamo in modo istintivo da un'esperienza spirituale sappiamo che ciò non può non aver a che fare con un'intuizione più profonda della vita, la cui difficoltà sta proprio nel mettere da parte quella razionalità su cui si basa la scienza. 

Angelo Cannata

Un altro aspetto che dovrò esaminare è che spiritualità non significa propriamente "studio della spiritualità", anche se lo potrebbe e consentirebbe una visione più distaccata e quindi più facilmente scientifica, ma soprattutto esperienza vissuta nella propria persona.

Kobayashi

La spiritualità come esperienza interiore mi sembra una definizione troppo generale.
Io proporrei che ci siano tre condizioni per ammettere che un'esperienza possa essere ritenuta spirituale:
1. un cambiamento di se'
2. che questo cambiamento vada nella direzione di un distacco dal proprio Io, dalla propria individualità
3. che questo cambiamento sia vissuto come un movimento che sembra unirci a qualcosa che ci trascende, ad una forza che sentiamo essere qualcosa tipo una sorgente di vera vita etc.

 

Sariputra

Citazione di: Kobayashi il 18 Gennaio 2018, 17:35:01 PMLa spiritualità come esperienza interiore mi sembra una definizione troppo generale. Io proporrei che ci siano tre condizioni per ammettere che un'esperienza possa essere ritenuta spirituale: 1. un cambiamento di se' 2. che questo cambiamento vada nella direzione di un distacco dal proprio Io, dalla propria individualità 3. che questo cambiamento sia vissuto come un movimento che sembra unirci a qualcosa che ci trascende, ad una forza che sentiamo essere qualcosa tipo una sorgente di vera vita etc.  

Condivido in toto i tre punti "base" a cui ne aggiungerei un altro:
4. che questo cambiamento vada verso una diminuzione dell'egoismo e un aumento della generosità e benevolenza (quella che, in termini più postmoderni, si definisce come 'empatia'...).
E ne aggiungo un altro di facoltativo ( ma non troppo...):
5. che questo cambiamento irrompa sotta forma di una sana "follia" esistenziale... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Un'altra cosa ancora che ogni tanto mi ha solleticato la curiosità è che temi come quelli a cui avete fatto riferimento (egoismo, generosità, cambiamento di sé, ecc.) possano essere oggetto di affermazioni scientifiche, a partire dal fatto che la semantica, cioè la scienza dei significati, è appunto, almeno in gran parte, una scienza.
Cioè, mi sembra che analizzando semanticamente i termini di un discorso e il modo in cui esso è organizzato, sia possibile dimostrare scientificamente, ad esempio, se esso è improntato a favorire altruismo, oppure generosità, oppure concentrazione verso di sé. Non per nulla oggi i computer riescono a dare risposte di una cerca sensatezza a domande formulate in linguaggio umano naturale: vuol dire che i significati delle parole possono essere inquadrati, almeno in parte, in formule oggettive.
Per fare un esempio: se uno dice "È bene dare la vita per gli altri", questa frase potrebbe essere identificata come altruista non solo come impressione nostra umana, ma anche a partire da un'analisi scientifica della grammatica, delle parole, della sua struttura.
Se si riesce in questo, si potrà giungere poi a definire scientificamente le forme più complesse.

Mi sembra che gran parte di un tipo di lavoro che può dirsi scientifico venga già fatto in psicologia. La psicologia è, o almeno si sforza di essere, una scienza, e senza dubbio ha parentele e vicinanze con la spiritualità.

Indagini in queste direzioni penso che potrebbero contribuire a rendere la spiritualità in grado di affermarsi con più decisione in mezzo agli altri campi del sapere, piuttosto che essere troppo soggetta a opinioni, sensibilità soggettive, pareri settoriali.

acquario69

Anch'io condivido in pieno le cose dette da Kobayashy.
Il passaggio, se cosi ci si può esprimere e' "verticale" ..dall'Io al Se' - che non lo annulla ma lo comprende -
e' l'unione (la non dualità) - da cui credo si realizzi l'empatia come dice Sariputra ..la Libertà' (conosci te stesso)

Angelo Cannata

Mi trovo d'accordo su molte, o forse perfino tutte, le cose che avete detto e le prendo come una sfida a tradurle in punti di vista scientifici. D'altra parte, se una cosa in sé può non essere scientifica, può essere comunque scientifico lo studio di come essa viene percepita dagli esseri umani.

È più che evidente la presenza, in tutti e cinque i punti che avete proposto, della parola "cambiamento".

Inoltre mi sembra anche facilmente dimostrabile la presenza in tutti i punti di un riferimento all'io.

Questi riferimenti fondamentali si potrebbero collegare con la definizione "vita interiore": per certi versi si potrebbe dire che c'è vita solo dove c'è almeno qualche forma di cambiamento e c'è interiorità solo dove c'è almeno qualche relazione con l'io.

Ci sarebbe il problema che ciò che può essere percepito come cambiamento da alcuni, potrebbe essere giudicato come un non vero cambiamento da altri. Questa difficoltà però forse si potrebbe facilmente risolvere intendendo molti elementi e riferimenti come tendenze, piuttosto che come dati di fatto; quindi tendenza al cambiamento, piuttosto che pretesa di sapere in anticipo in cosa consiste il vero cambiamento. In questo senso si potrebbe anche dire che la spiritualità può esplorare la tendenza, lo sforzo di essere scientifica, piuttosto che rivendicare un essere scienza a tutti gli effetti.

Mi sembra esserci comunque un dato di fatto con cui fare i conti: nella scienza non esistono il bene e il male; si può parlare però di ciò che gli esseri umani percepiscono come bene e come male.

Dunque, riprendendo uno ad uno i cinque punti che avete indicato, mi verrebbero le seguenti osservazioni.

1. Trovo condivisibile che la spiritualità si orienti ad una definizione di sé stessa come attività orientata a ciò che umanamente venga percepito come cambiamento di sé. I termini di questo cambiamento potrebbero orientarsi verso una loro definizione scientifica in funzione delle precisazioni indicate nei punti successivi, per indicare in che cosa, o per lo meno in quali direzioni ciò che viene percepito come cambiamento debba essere orientato.

2. Riguardo al distacco dal proprio io, credo che sia necessario aggiungere il riferimento all'interesse. Cioè, spiritualità può benissimo significare anche contatto più profondo, più veritiero con il proprio io, e quindi qualcosa che sta quasi all'opposto del distacco. Se però come distacco indichiamo gli interessi che entrano in conflitto con gli interessi degli altri, allora mi sembra che la cosa diventi più chiara. D'altra parte, non vedo perché un io debba sforzarsi di distaccarsi da sé, o aspetti di sé, oppure da certi interessi, se questo sé o questi aspetti o certi interessi non creano difficoltà ad alcun altro essere. C'è il fatto che questo mondo potrebbe essere considerato come un ambiente in cui la competizione inquina tutti gli aspetti dell'esistenza, ma anche qui si potrebbe risolvere la questione con il tendere: tendere a tutto ciò che fa evitare o diminuire una condizione di competitività in cui non ci si fa scrupolo di procurare il male o la soppressione dell'altro per favorire l'esistenza propria.

3. Il riferimento alla trascendenza si potrebbe facilmente collegare al cambiamento: non sarebbe difficile osservare che c'è vero cambiamento solo dove c'è tensione verso la trascendenza o, più precisamente, ciò che viene umanamente percepito come trascendente. Questo punto di riferimento potrebbe creare difficoltà a chi voglia seguire una visione delle cose materialista e quindi non voglia adottare alcuna tendenza alla trascendenza. Però si potrebbe intendere, appunto, trascendente anche semplicemente come cambiamento, cambiamento radicale, modifica di parametri fondamentali a favore di un io sempre meno egoista, e allora ciò potrebbe risultare accettabile anche per una visione che voglia mantenersi materialista.
Credo infatti che la spiritualità, considerata come coltivazione, studio, pratica, di ciò che è comune a tutti gli esseri umani come vita interiore, debba riuscire ad individuare elementi che chiunque debba poter accettare, elementi che quindi debbano essere contemporaneamente condivisibili da atei e credenti, tanto più se la spiritualità vuole orientarsi ad essere addirittura scientifica.
Si potrebbe obiettare che in una visione generica, vasta, anche l'egoismo potrebbe essere considerato una spiritualità. Questo problema si potrebbe risolvere facilmente facendo riferimento alla storia della spiritualità: non sarebbe difficile dimostrare scientificamente che comunque la spiritualità, nella storia della definizione di sé stessa, si è sempre percepita come orientata a riferimenti opposti all'egoismo.

4. Dopo quello che ho precisato, mi sembra che il punto 4 sulla diminuzione dell'egoismo si trovi già contenuto nel punto 2 sul distacco dall'interesse proprio che entri in conflitto con quello altrui.

5. Anche il punto 5 sulla follia potrebbe vedersi già contenuto nel punto 1 sul cambiamento: un vero cambiamento non potrà non essere percepito, almeno inizialmente, come qualcosa di abbastanza sconosciuto, spiazzante, e quindi anche folle. Se infatti una nuova situazione viene percepita già in partenza come totalmente chiara, rassicurante, definita, la cosa più ovvia che viene da sospettare è che non si tratti di una vera novità, un vero cambiamento.

Ad ogni modo, considero tutte queste cose che ho appena scritto come abbozzi, esplorazioni, esperimenti, quindi con nessuna pretesa di esattezza, coerenza, precisione.

Kobayashi

Angelo, posso chiederti perché questo interesse nei confronti di un approccio scientifico alla spiritualità?
Nei tuoi interventi, soprattutto quelli attinenti la critica alla metafisica, hai sempre evidenziato il valore di ciò che è particolare, locale, etc.
Ora, l'applicazione di metodi scientifici alla spiritualità non va proprio nella direzione opposta?
[non si tratta di domande polemiche, voglio solo capire].

Mi viene il dubbio che tu stia lavorando all'elaborazione di una guida spirituale virtuale...
Un'app capace di decifrare le domande spirituale-esistenziali dell'utente, di riconoscerne l'orientamento culturale e di fornire risposte appropriate.
Probabilmente avrebbe un grande successo commerciale...

Angelo Cannata

Avevo già accennato qui sopra ad una mia motivazione essenziale:

Citazione di: Angelo Cannata il 18 Gennaio 2018, 20:21:46 PMIndagini in queste direzioni penso che potrebbero contribuire a rendere la spiritualità in grado di affermarsi con più decisione in mezzo agli altri campi del sapere, piuttosto che essere troppo soggetta a opinioni, sensibilità soggettive, pareri settoriali.

Qui posso provare a specificare meglio:

1) Se è fattibile e risulta qualcosa di per lo meno non cattivo, non distruttivo, non controproducente, perché non farlo, perché non esplorarlo? È la naturale curiosità umana ad esplorare.

2) Oggi la spiritualità è oggetto di estrema confusione e sfruttamento degradante: il primo che si alza la mattina e pensa di poter sparare qualche baggianata che egli ritiene spirituale non ha difficoltà a farlo. Ciò impedisce a persone che desiderano cose serie, ben fatte, di rendersi conto con chiarezza che la spiritualità è tutt'altro che una baggianata. Riuscire a definire caratteristiche quanto più possibile oggettive, scientifiche, dimostrate, della spiritualità aiuterebbe a difenderla da falsità e degradi e ad aiutare le persone potenzialmente bendisposte a fruire di tutti i vantaggi che la sua pratica può dare.

3) La mancanza di chiarezza su ciò che può dirsi spirituale o spiritualità espone chiunque ne voglia far pratica, anche tra le persone più serie, a molteplici possibilità di errore, con conseguente spreco di tempo ed energie; stabilire con precisione scientifica certi aspetti della spiritualità aiuterebbe a progredire in essa con più speditezza, sicurezza, evitando anche i danni psicologici che cattive pratiche possono provocare in persone sprovvedute.

4) Oggi anche le persone più colte, più culturalmente attrezzate, non sono in grado di unire le loro forze per una ricerca seria sulla spiritualità, per il semplice fatto che non concordano su ciò che essa significa; lavorare per significati scientifici consentirebbe una collaborazione di persone che darebbe risultati infinitamente più proficui. Anche la medicina, ad esempio, è nata come un miscuglio di superstizioni miste a filosofie, religioni, osservazioni di ogni genere; una volta che invece essa si è sempre più precisata come qualcosa di scientifico, il progresso ha subìto un'accelerazione senza precedenti, dovuta in gran parte all'unione delle collaborazioni a livello mondiale.

Riguardo alle questioni metafisiche, io personalmente ritengo che la scienza non sia metafisica: la scienza non cerca certezze, intese come punti su cui fermarsi e smettere di ricercare; semmai le cerca come punti sempre provvisori da sfruttare per esplorazioni ulteriori; in questo senso non si tratta mai di certezze ricercate come definitive, come luoghi su cui addormentarsi, ma al contrario, come punti di passaggio che non sono affatto immuni dall'essere essi stessi oggetto di ulteriore ricerca e messa in discussione.

Angelo Cannata

Dimenticavo: mi sembra che la spiritualità possa essere un eccellente luogo di dialogo tra diverse religioni, tra credenti e atei, tra i modi di pensare e di vivere più diversi, includendo perfino la politica.

InVerno

No. Ma farei un passo indietro, onde evitare di pretendere troppo, può la spiritualità essere perlomeno logica? Già questa sarebbe una bella "conquista", compreso il fatto che ormai conosco cosa intendi per spiritualità (cammino etc). Capita spesso di incontrare personaggi che hanno preso la spiritualità come un "tana liberi tutti" alla logica, tanto che ho mie teorie riguardo a come alcuni si affaccino all'argomento solamente per ottenere i vantaggi del "pensiero magico" anzichè vivere le restrizioni del pensiero logico, e sono cosi tanti (direi che insieme all'assicurazione sulla vita - paradiso, statisticamente è il secondo motivo per cui le persone si affacciano alla spiritualità) che mi viene il dubbio, può essere la spiritualità perlomeno logica? Nella mia esperienza personale si, perlomeno nel campo dell'immanenza, però le mie osservazioni di altri soggetti mi dicono il contrario e forse sono io che sto percorrendo un cammino impossibile.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Apeiron

I miei "two cents"

Dipende da come si definsce la parola "scienza"  ;D. A mio giudizio NO, per il semplice fatto che secondo me la scienza-modello è la fisica - opinione che non deriva dal fatto che ho studiato fisica per qualche anno, ma dal fatto che il metodo scientifico di Galileo è stato introdotto nella fisica e per il fatto che tutte le altre scienze naturali sono nate modellandosi alla fisica. Personalmente ho grosse difficoltà ad includere la psicologia nella scienza, per esempio (il che secondo me non invalida la psicologia, così come la filosofia non è invalidata dall'essere in certe forme "meta-scientifica"). Sinceramente non vedo come possano essere definiti critieri per cui si possano fare esperimenti sulla "spiritualità" tali che possano essere sottoposti ad una analisi quantitativa (questa mi sembra la più basica definizione di "scienza": certamente la fisica, la chimica, la biologia ecc ci "entrano"... però come tutte le altre "definizione della scienza" ovviamente ha il problema della demarcazione / anche se nella pratica il problema della demarcazione non esiste: d'altronde per nuotare non è necessario avere una conoscenza del fenomeno in questione...). Certamente ci sono analisi scientifiche (specialmente neurologiche) degli effetti della pratica spirituale, però secondo me dicono molto poco della "essenza" della spiritualità. Per esempio sapere che la meditazione vipassana buddhista, la preghiera contemplativa dei carmelitani ecc hanno effetti al cervello misurabili con determinati strumenti di misura dice poco. A meno che non si è riduzionisti: in questo caso la pratica spirituale è solo ciò che può essere analizzato quantitativamente. Ma se uno non è riduzionista lo studio scientifico dell'attività cerebrale del meditatore, del contemplativo, del guru ecc dice poco o niente. Perché?

Citazione di: Sariputra il 18 Gennaio 2018, 18:15:38 PM
Citazione di: Kobayashi il 18 Gennaio 2018, 17:35:01 PMLa spiritualità come esperienza interiore mi sembra una definizione troppo generale. Io proporrei che ci siano tre condizioni per ammettere che un'esperienza possa essere ritenuta spirituale: 1. un cambiamento di se' 2. che questo cambiamento vada nella direzione di un distacco dal proprio Io, dalla propria individualità 3. che questo cambiamento sia vissuto come un movimento che sembra unirci a qualcosa che ci trascende, ad una forza che sentiamo essere qualcosa tipo una sorgente di vera vita etc.
Condivido in toto i tre punti "base" a cui ne aggiungerei un altro: 4. che questo cambiamento vada verso una diminuzione dell'egoismo e un aumento della generosità e benevolenza (quella che, in termini più postmoderni, si definisce come 'empatia'...). E ne aggiungo un altro di facoltativo ( ma non troppo...): 5. che questo cambiamento irrompa sotta forma di una sana "follia" esistenziale... :)

Nessuno di questi fenomeni secondo me ha una adeguata spiegazione "scientifica", a meno che ovviamente non si è riduzionisti. Per esempio il punto "3" (ma anche il punto "1" e il punto "4") va in direzione "meta-scientifica".  Se si accetta che la spiritualità ci fa "volgere" verso qualcosa che non è "rilevabile" dagli strumenti di misura allora dobbiamo ammettere che è "meta-scientifico". Questo perchè esperimento (che è diverso da "esperienza", vedere dopo) e analisi quantitativa sono essenziali alla scienza (filologia e semiotica secondo me non sono scienze, per esempio).

Tuttavia con un "abuso di notazione" (come direbbe un matematico  ;D ) la scienza può essere anche concepita come un'analisi critica dell'esperienza ("soggettiva" e "non"), ovvero come un'analisi che non è necessariamente quantitativa e rivolta allo studio di qualcosa che è rilevabile dagli strumenti di misura. In questo caso direi che la "scienza" è certamente contemplata dalla spiritualità - a parte poche eccezioni in cui si scambia la spiritualità per "bigottismo" - nel senso che anche il praticante deve essere in grado di "interpretare bene" le sue esperienze.  Per esempio molto spesso, specialmente nelle religioni orientali, un buon praticante - per essere tale - deve essere in grado di riconoscere le "caratteristiche" delle esperienze meditative, deve mettersi in discussione, deve "verificare" tramite l'esperienza diretta che le sue "posizioni" sono corrette ecc. In una spiritualità seria non ci sono "atti di fede" nel senso "banale" del termine: non si crede "acriticamente" con fede cieca. La spiritualità deve essere sempre accompagnata dal ragionamento, dalla saggezza ecc. Ci deve essere anche lo scetticismo che ci permette di distinguere ciò che "va bene" da ciò che "non va bene" e così via. Questo vale sia per una spiritualità religiosa che per una spiritualità "laica".
Inoltre una spiritualità ragionata in genere è aperta al dialogo perchè in genere si riconosce la complessità di questo tipo di "realtà". Il dialogo può essere tra un maestro e un discepolo oppure tra due "pari" oppure tra praticanti di spiritualità diverse. Nuovamente la "scienza" ci permette di compiere più sagge decisioni nel percorso da seguire. Quindi sì, se per "scienza" si intende semplicemente un'approccio critico all'esperienza (interiore od esteriore) direi che è quasi essenziale alla spiritualità.

Tuttavia nel mondo moderno con la sua "ossessione" alla specializzazione, alla fretta, alla pretesa di risultati immediati e utili al "maldefinito progresso" direi che una spiritualità laica o religiosa non può avere spazio. Inoltre la società odierna ha l'illusione di essere auto-sufficiente, di non avere bisogno di spiritualità e che non si impara nulla dalla saggezza "antica" (religiosa o meno). Ergo direi che anche una spiritualità laica avrà pochissimo successo (e forse anzi la spiritualità in toto potrebbe quasi del tutto sparire).




 
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: InVerno il 19 Gennaio 2018, 14:41:15 PM
...può essere la spiritualità perlomeno logica? Nella mia esperienza personale si, perlomeno nel campo dell'immanenza, però le mie osservazioni di altri soggetti mi dicono il contrario e forse sono io che sto percorrendo un cammino impossibile.
Forse si tratta di porre bene la domanda. Se ci chiediamo se la spiritualità possa essere logica, stiamo già presupponendo un preciso tipo di logica e ci stiamo chiedendo se la spiritualità possa avere corrispondenze con essa. Però può succedere che la spiritualità, così come tanti altri fenomeni umani, non risulti logica per il semplice fatto che ha altre sue logiche. Non è raro che anche le parole di un pazzo in manicomio possano risultare perfettamente logiche appena si riescono a scoprire le logiche personalissime a cui quel pazzo fa riferimento.

In questo senso la risposta è chiaramente sì: la spiritualità può senz'altro essere logica, si tratta solo di cercare di capire a quali logiche essa preferisce ispirarsi. Ad esempio, il dare la vita per il prossimo può risultare illogico, ma nella mente del martire non si tratta di una pazzia insensata: nella sua mente c'è un meccanismo ben preciso che a lui fa risultare sensato questo gesto. Perfino l'insensatezza in sé può risultare più che logica. A questo punto corriamo il pericolo di riduzionismo, ma a ciò si può rimediare semplicemente con un po' di modestia, cioè senza mai avanzare la pretesa di  aver capito in tutto e per tutto i meccanismi della spiritualità o di certe spiritualità.

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