La spiritualità può essere una scienza?

Aperto da Angelo Cannata, 18 Gennaio 2018, 07:58:07 AM

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Angelo Cannata

Metterei nel calderone il modo seguente di impostare la questione.

Ci troviamo immersi in una natura in cui vige la legge del più forte, una natura che quindi ci spinge a comportarci guidati da questo criterio fondamentale e tragico.

Stando così le cose, che vogliamo fare?

Ci sono solo due alternative: decidere di ignorare la questione oppure decidere di affrontarla.

Affrontarla significa inevitabilmente misurarsi con la filosofia.

La filosofia come sistema organico si è dimostrata fallimentare, ma continua a dimostrarsi valida come uso del senso critico e coltivazione della consapevolezza di essere condizionati da noi stessi. In altre parole, solo metodi di pensiero ispirati a filosofia, religione o spiritualità, sono in grado di misurarsi col dato di fatto della natura che ci pressa a comportarci secondo la legge del più forte. Ogni altra disciplina è del tutto incapace di misurarsi seriamente con questa questione, che poi non è altro che il problema dell'esistenza del male, in questo caso con particolare attenzione al male che noi siamo in grado di arrecarci gli uni gli altri.

La spiritualità come metodo di pensiero è in grado di raccogliere, mettere insieme, sintetizzare, tutte le filosofie, tutte le religioni, ogni tipo di attenzione all'interiorità, aggiungendo un'evidenziazione esclusiva: si tratta di attività che ci coinvolgono, c'interessano, non ci lasciano intefferenti, ci toccano.

Una volta posta in questo modo la questione "spiritualità", dovrebbe risultare più evidente sia la sua capacità di essere fenomeno universale (non esistono persone senza vita interiore), sia la sua opportunità di far luce su facoltà umane che solitamente vengono trascurate, quindi tesori che non vengono spesi, energie che non sono sfruttate, possibilità che non vengono neanche esplorate, in particolare la possibilità di provare a misurarsi con il problema del male arrecato dall'uomo all'uomo, piuttosto che decidere di ignorarlo, oppure risolverlo con vaghi populismi o appelli a moralità, etiche, o forme di giustizia che, se analizzati in dettaglio, rivelano tutta la loro povertà riflessiva, la loro inconsistenza, l'incapacità di misurarsi con un minimo di critica.

InVerno

Ecco, proprio ciò che è successo alla filosofia (la cui sezione come puoi vedere evito) è ciò che temo succeda alla spiritualità, perchè in gran parte penso che ciò sia accaduto perchè essa è stata imbrigliata nelle facoltà, nella mediocrità statale, che sfornano in gran numero esperti di storia della filosofia, ma ben pochi filosofi. Immagino già con disgusto il laureato in spiritualità statalizzato, capace di citare a memoria Buddha o Tommaso, ma della stessa sensibilità emotiva di una pietra. Sai cosa, penso che il punto principale della mia critica alla tua posizione, è che mi piace immaginare la spiritualità come qualcosa di selvaggio, qualcosa di libero dallo stato, dalle materie, dalla didattica, dalle enciclopedie, dagli esperti, dalle lezioni, dagli esami, dalle correzioni, dalla "risposta giusta" dello stato. Mi piace vedere alla spiritualità come a quel magma in subbuglio, troppo caldo per essere maneggiato, che solo eventualmente per qualche lapillo si raffredda e si "specializza" in qualcosa di educabile (come potrebbe essere la teologia) ma rimane caldo e incommensurabile. La fortuna della spiritualità è ancora che viene considerata inutile (davvero), non come la filosofia che si professa inutile, ma qualcuno un utilità ce l'ha vista eccome, ed ecco come è andata. Proprio perchè la didattica ha torturato la filosofia fino alla sua tragica morte per asfissia, vorrei che almeno la spiritualità rimanesse libera dallo stato, che rimanesse fedele al suo etimo e al suo pathos, perchè ancora troppa tristezza mi colpisce quando passo accanto alla lapide della filosofia, non ho ancora elaborato completamente il lutto....
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Angelo Cannata

Sono fondamentalmente d'accordo con l'esigenza della spiritualità di essere "selvaggia". Il tentativo di renderla scientifica dovrebbe essere, per come lo immagino io, appunto solo un tentativo, senza alcuna pretesa di essere mai riusciti ad addomesticarla. Solo gli ignoranti possono pensare che la scienza riesca ad addomesticare alcunché. Lo stesso vale per lo studio dell'arte e di ogni cosa. Di solito sono proprio i più grandi maestri ad avere atteggiamenti di estrema umiltà e modestia nei confronti del campo in cui sono specialisti.
Parlare di spiritualità a scuola potrebbe servire proprio a far prendere coscienza dell'esistenza di questa facoltà, questa capacità selvaggia che tutti abbiamo.

Angelo Cannata

In un insieme di lettere è possibile individuare una parola, applicando vari criteri. Ad esempio, nel seguente insieme di lettere
 
H T G E Y R W R K A
 
è possibile individuare la parola TERRA se si considerano le lettere che si trovano nell'ordine in posizione pari.
 
Allo stesso modo, in una sinfonia la nostra mente riesce a distinguere i violini, le trombe, i tamburi, i flauti, nonostante si tratti in realtà di un'unica onda sonora, tant'è vero che il tutto può essere riprodotto con un unico, semplice, altoparlante.
 
Menti più educate riusciranno a individuare in quest'unica onda altre sensazioni più nascoste, fino a riconoscere lo stile del musicista o anche l'impronta di un'epoca culturale.
 
Da un punto di vista scientifico si tratta di elementi la cui esistenza è del tutto dimostrabile, quindi fisica, materiale, esprimibile in numeri.
 
Certi elementi di questo genere riescono a far impazzire, innamorare le menti umane: può trattarsi della conformazione di una musica, di un bel volto, di un quadro per cui i più sensibili sono disposti a pagare un occhio della testa pur di accaparrarsi le sensazioni intime, profondissime, dolci, indescrivibili, che esso, con i suoi colori, le sue forme e proporzioni, le sue tonalità, è in grado di suscitare in chi se ne intende.
 
Ne consegue che tutti gli esseri del mondo viviamo in base alle sensibilità che siamo riusciti a conoscere e sviluppare in noi. Ci sono sensibilità in grado di attirarci e di conseguenza in grado di disporci ad affrontare qualsiasi sacrificio pur di crearle in noi stessi. Si pensi ad esempio alle immani fatiche di studio che vengono affrontate dai musicisti di professione, semplicemente perché si sono accorti che più studiano più si arricchisce la loro sensibilità e con essa la capacità, e quindi la possibilità, di sperimentare in musica sensazioni indicibili, tenui e sfuggenti, ma che nello stesso riescono ad incatenarti il cuore, similmente a ciò che avviene quando ci s'innamora.
 
Di fronte a queste profondità, quando vedo gente che parla in astratto della felicità come ideale di vita, del benessere o di simili altre banalità o luoghi comuni, trovo solo da sorridere con compassione.
 
Se certe sensazioni sono capaci di rivoluzionare, rapire l'intera vita di chi decide di dedicarsi, a causa di esse, per esempio, alla musica, vuol dire che esse sono in grado di conquistare il mondo intero, l'unico problema è che fanno fatica a farsi strada in mezzo ad altre attrazioni brutali, quali il potere, la fame, la legge del più forte.
 
Senza dubbio queste sensazioni sono confrontabili: le profondità sperimentate da un artista sono infinitamente più dolci e attraenti del piacere di aver ucciso un nemico; eppure sappiamo che anche i più grandi artisti hanno mostrato aspetti incredibilmente rudi della loro personalità.
 
Se tutto ciò avviene, a me risulta logico, ragionevole, consequenziale, in definitiva perfino obbligante, lavorarci sopra, gestire il nostro provare sensazioni e la nostra possibilità di creare in noi delle sensibilità. Dire "provare" non mi piace tanto, perché voglio riferirmi soprattutto a sensazioni di cui a fatica ci accorgiamo e che però ci attraggono irresistibilmente per una loro dolcezza che non riusciamo a descrivere bene neanche a noi stessi.
 
Non è terribile che un numero spropositato di esseri umani non conoscano neanche il sospetto di questo tipo di esperienze e moriranno vuoti, senza aver fatto mai lavorare la consapevolezza di tante ricchezze della vita interiore? Questo per me è il motivo per cui la spiritualità meriterebbe di essere approfondita come scienza e portata nelle scuole ad arricchire di vita il cuore e la mente degli studenti.
 
Tutto ciò può sapere di romanticismo, ma perché no? Niente si supera, nessuna epoca culturale passa mai definitivamente e oggi potremmo riconoscere la necessità di una specie di nuovo romanticismo, arricchito e approfondito da ciò che la storia delle culture ha percorso nelle epoche successive, come ad esempio la critica, le varie filosofie, le complessità multiculturali, le evoluzioni delle religioni; un romanticismo arricchito del vivere odierno, perfino dei dibattiti politici, delle questioni sociali internazionali, un romanticismo "cresciuto", che oggi può andar bene espresso col nome di "spiritualità".

Sophia75

Vi riporto solo ad esempio un caso di chi ha fondato una "scienza dello spirito" con l'intenzione di indagare il mondo spirituale con metodo scientifico.
Non è l'unico in realtà; si tratta in questo caso di Rudolf Steiner, fondatore dell'antrosofia, detta appunto Scienza dello Spirito. Non è il mio preferito, ma è uno degli esempi più recenti e più noti.
Per valutarne il metodo bisognerebbe conoscere bene il suo pensiero, e io non lo conosco abbastanza.
Ripeto quindi che il mio vuole essere solo un contributo informativo.

A seguire il link ad un articolo di Massimo Scaligero, uno dei suoi maggiori conoscitori contemporanei in Italia.

http://www.ecoantroposophia.it/2013/04/scienza-spirito/hugo-de-pagani/arcana-sapienza-e-scienza-dello-spirito-linganno-del-misticismo/

Angelo Cannata

Ciò che io intendo nel titolo di questa discussione si riferisce alle scienze sperimentali, quelle che cercano di dimostrare le cose che dicono con esperimenti che chiunque possa ripetere in qualsiasi momento. Ad esempio, affermare che nella storia di ogni popolo, o almeno della maggior parte dei popoli, esiste una ricerca sul senso del mondo e dell'esistenza, si può considerare una verità scientifica: basta andare in un museo, oppure aprire un libro di storia e vedere da sé che effettivamente le varie civiltà del mondo mostrano di essersi interessate a questo.

Quella di Steiner invece non è considerata una scienza degna di questo nome: la voce di Wikipedia ne parla come pseudoscienziato.

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