La spiritualità come cammino

Aperto da Angelo Cannata, 20 Maggio 2017, 16:02:10 PM

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green demetr

Citazione di: Apeiron il 22 Maggio 2017, 09:44:27 AM
Citazione di: green demetr il 22 Maggio 2017, 00:17:48 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2017, 20:28:15 PMTrovo simpatico questo tuo sospettare. Di fronte al bisogno di individuare mete, orizzonti, la via che io seguo è quella del raccogliere nel presente la storia. Cioè, mete e orizzonti non possono essere stabiliti con pretesi criteri assoluti, universali, validi per sempre: quanto più si pretendono tali, tanto più facile è sottoporli a critica e demolirli. Perciò ritengo più sensato tener conto che, sia ognuno di noi, sia il mondo intero, facciamo parte di una storia con fisionomie ben precise. Allora, quando mi trovo in necessità di compiere delle scelte, oppure di individuare mete e orizzonti, cerco di fare una sintesi della storia mia e del mondo, una sintesi ovviamente soggettiva, tutta da sottoporre a revisione la volta successiva in cui compirò lo stesso lavoro. Faccio una sintesi, non solo razionale, ma in ascolto di tutte le mie migliori facoltà, e compio la mia scelta provvisoria, individuo il mio orizzonte provvisorio, assumendomene le responsabilità e dico: "Oggi mi sembra bene questo, mi sembra bene andare in questa direzione, domani vedremo". A questo punto è ovvio che poi la questione si trasferisce sull'interpretare la storia, e quindi discutere anche di politica, ma non solo.
Di politica qua proprio no ;) non si può. (ciò già provato ;) ) Ma ovviamente se per esempio diciamo l'amore, si aprirà la possibilità di andare contro a questo concetto. (ma d'altronde giona veglia su di noi comunque ;) ). Ma infatti mi sembrava strano l'apertura di questi topic da parte tua. Per come ti sto conoscendo, per te la priorità è proprio sulle modalità di conoscenza. Ma le religioni (spero giona, in mancanza di duc in altum possa correggere se lo ritiene) non impostano un discorso di conoscenza, ma di divulgazione di un certo tipo di saggezza. Io da quando ho provato a stare in questa sezione, devo ancora trovare la dimensione giusta. Sono felicissimo delle conoscenze di JsebBach, e ora di myfriend. ma come mi sembra scriveva Inverno, dire delle questioni storiografiche ancora non dice nulla della religione, come saggezza diffusa. E d'altronde essendo un neofita della religione cristiana, nemmeno riesco a capire certe durezze di un duc in altum, o di un giona, cerco di seguire, ma non trovo ancora la mia dimensione. Poi certo capisco benissimo il tuo discorso che cerca la sintesi, precaria molto precaria, o semplicemente debole. Ma mi pare astratto. Troppo astratto. (le cose più importanti d'altronde sono quelle che hai deciso di raccontarci del tuo vissuto). Seguo comunque con interesse.

greendemetr, la saggezza presente in tutte le religioni. Persone di spiccata spiritualità le trovi OVUNQUE: nell'induismo, nel cristianesimo, nel buddismo, nel taoismo, nell'ebraismo, nell'islam ecc. Sono davvero tutte interessanti e sono come dice Angelo un tesoro di spiritualità. Ma nuovamente hai una scelta: o ne scegli una e non vuoi nemmeno riconoscere la saggezza altrui - anzi li consideri nemici -  come fanno i fanatici o ne scegli una ma resti tollerante o cerchi di trovare il meglio. Nell'ultimo caso sarai un ricercatore solitario, uno dei pochi che cerca la strada da sé. Certa gente la vede come una sorta di arroganza o di stupidità. La scelta deve essere tua.

A dire il vero ho notato che le persone più "spirituali" delle varie tradizioni pensano (e vivono o almeno cercano di vivere) in modo simile. E queste persone sono quelle più "aperte" che nelle loro tradizioni hanno voluto però fare un loro cammino personale. Ma ricordati che la maggior parte delle persone non vogliono fare questa sfida...


Certamente lo so che la via è solitaria.

Vi è un capitolo nell'eterna ricerca dell'uomo del Maestro Yogananda, che insengnava una verità molto semplice, solo chi ha varcato il cancello del silenzio, è pronto ad accogliere Dio.
Lato occidentale, mi vengono in mente, le pratiche monacali.
La missioni di Yogananda era quella di trovare una ritualità che rispondesse al gusto occidentale.
Il suo messaggio di amore, la sua luce interiore hanno toccato persone totalmente aliene come Steve Jobs.
Yogananda era una persona altamente tollerante.

Ma la dimensione introspettiva è fondamentale nel mondo orientale, perchè da quella parte del Mondo il reale è illusione.

Ma il reale non è illusione.
Ormai anche L'India, che come scriveva il Maestro Terzani, era l'ultimo grande baluardo contro il capitalismo, sta cedendo sempre più.

Il rito non può nulla contro la tecnica. E' stato a lungo, e tutt'ora viene cavalcato come trait d'union della società, ma gli individui più colti, vanno oltre, cercano il meglio per loro e per le loro famiglie. E così anche in India.


Stiamo assistendo a quello che è già successo in Giappone, il sincretismo culturale, dove tecnologia e templi si innestano gli uni accanto gli altri.
Dove l'umanità perde sempre più il suo senso.
(e d'altronde il Giappone, essendo l'avanguardia mondiale dei fenomeni sociali (pensiamo al fenomeno del gender, avvenuto lì già negli anni 80), sta vedendo un serie di mutazioni comportamentali, che allarmano parecchio: il sincretismo sta scoppiando, le persone o si rinchiudono in sè, o spariscono).

Sto raccontando questo, perchè l'eremitismo, il monachesimo, e le forme interiorizzanti d'occidente e d'oriente, possono funzionare SOLO DENTRO una società.

Quindi è annessa a quelle pratiche un qualcosa che si dava per scontato.
(l'eremita riceveva cibo, e il monaco commerciava).

In questo senso nell'epoca moderna non possiamo occuparci solo di una cosa, ma di entrambe.

Sia del lato spirituale, sia del lato sociale.

La mia attenzione è allora stata catturata dal maestro Panikkar recentemente.

Spero presto di occuparmene.

ciao!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Mi hai fatto venire in mente il libretto "Il deserto nella città" di Carlo Carretto, in cui l'autore mostra come nell'ambiente chiassoso della città sia anche possibile coltivare spazi di deserto, cioè silenzio, meditazione. Aggiungerei di più: il silenzio, oltre ad essere uno spazio ricavato in mezzo al non silenzio, può essere contenuto anche proprio nel non silenzio: anche una musica o un parlare possono contenere molto silenzio, non tanto per le pause che contengono, ma per come i contenuti sono organizzati ed espressi.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 14:08:32 PM
Mi hai fatto venire in mente il libretto "Il deserto nella città" di Carlo Carretto, in cui l'autore mostra come nell'ambiente chiassoso della città sia anche possibile coltivare spazi di deserto, cioè silenzio, meditazione. Aggiungerei di più: il silenzio, oltre ad essere uno spazio ricavato in mezzo al non silenzio, può essere contenuto anche proprio nel non silenzio: anche una musica o un parlare possono contenere molto silenzio, non tanto per le pause che contengono, ma per come i contenuti sono organizzati ed espressi.

E' proprio vero, grazie a Dio quello possiamo ancora farlo.
Un abbraccio.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#18
Citazione di: giona2068 il 23 Maggio 2017, 10:04:18 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 13:35:24 PMMi hai fatto ricordare il racconto, secondo me molto profondo, del gabbiano Jonathan Livingston, che vuole cercare il meglio, volare più in alto, ma più va in alto, più si ritrova solo.
Sì è molto bello e rende molto. Purtroppo chi cerca il meglio è sempre solo anche se rimane nella sua tradizione. Non a caso nel Medioevo la gran parte di chi "cercava il meglio" veniva descritto come eretico oppure si isolava diventando profondamente religioso. Purtroppo il vero problema secondo me è che veramente pochi decidono di "cercare il meglio" e inoltre ognuno ha una sua unicità e quindi tra di loro ci sono enormi divergenze. Basta pensare ai filosofi: sono tutti estremamente diversi :)
Chi cerca il meglio si ritrova solo! OK Il problema non è essere soli cioè senza compagnia umana ma la solitudine la quale non è mancanza di compagnia umana bensì mancanza del Signore Dio nel proprio cuore; quel senso di vuoto che fa sentire inutile la persona. Ritrovarsi soli nel senso di cui sopra è un aspetto della ricerca del meglio. In altre parole chi cerca il meglio cerca le cose di lassù le quali si trovano lasciando quelle di quaggiù. Una delle cose di quaggiù è la compagnia umana. Si arriva a vivere nel mondo senza essere del mondo. Per questo il Signore dice: Chi ama sua madre, suo padre, sua figlia ecc.. più di me non è degno di me. Mi chiederete allora come si vive il comandamento che dice di amare il prossimo come se stessi? L'uomo che ha trovato il Signore Dio nel suo cuore non ha bisogno di altri ma è disponibile ad aiutare quelli che vogliono camminare sulla strada che lui ha percorso. Questo è l'amore. Fino quando non avremo raggiunto questa dimensione chiameremo amore il bisogno di altri ed in particolare il bisogno di compagnia. Arriverà il giorno in cui scopriremo che gli altri non possono riempire il nostro cuore e che attaccandoci a loro non abbiamo camminato. Geremia: Benedetto l'uomo che confida nel Signore Dio e maledetto l'uomo che confida nell'uomo. L'uomo che ha trovato il Signore non è solo né soffre di solitudine perché sente di esser parte di un'immensa vita.

giona rispetto la tua opinione - anche se ritengo che vedi le cose "troppo in bianco e in nero". In effetti il bello del cristianesimo è come diceva anche Duc che non ci si sente mai solo perchè "Dio è sempre con noi...". Ma Dio - se esiste - mi ha donato una mente estremamente curiosa, che è in continua ricerca (e per ricercare bisogna essere scettici), piena di debolezze ecc. Ritengo e probabilmente mi sbaglio che il mio dubitare, il ricercare ecc sia il miglior modo con cui posso usare questo dono (che in certi momenti è un fardello...). Io continuo a farmi domande, a farmi domande scomode ecc. Sicuramente chi non è interessato a queste question non ha "fede" (non solo nel cristianesimo ma in tutte le "fedi"). Ma continuare a farsi domande??? Perchè Dio avrebbe donato ad una certa fetta della popolazione una mente che continua a problemizzare tutto, fede inclusa? Forse quel ... di Calvino ha ragione "alcuni forse sono destinati a non salvarsi!". Davvero devo credere in un Dio che condanna scetticismo e dubbio visto che è proprio lui che dona una ragione? Tu dici spesso che dire di credere non equivale a credere. Ma allora chi crede? Forse crede di più il non credente di chi crede di credere?...Troppe contraddizioni, troppe. Visto che parliamo di cammini. Tu che consigli daresti ad un non-credente ? Oppure: se trovi un buddista cosa gli diresti?

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:40:13 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AMBasta pensare ai filosofi: sono tutti estremamente diversi :)
Infatti per certi versi penso che Sartre abbia un po' di ragione quando dice che "l'inferno sono gli altri"; nella mia visione di spiritualità il male è l'universo, oppure anche gli altri; ovviamente non in senso metafisico, ma come percezione che mi sembra si verifichi abbastanza spesso. Di conseguenza anch'io sono un male per gli altri, nella misura in cui sono un loro concorrente. D'altra parte, omogeneizzare tutto significa morte. Da qui ritengo che non sappiamo se e come il male possa essere eliminato; proprio il fatto di non saperlo mi induce ad andare per tentativi, tentativi storici. Forse del bene si può fare e se questo sospetto si lascia pensare non abbiamo altro da fare che compiere questi tentativi storici.

Già concordo sui tentativi... e se il male, come dicono i buddisti, deriva da noi? Ossia dai nostri tentativi di possedere, identificarci ecc?

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:57:03 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Maggio 2017, 09:44:27 AM
Citazione di: green demetr il 22 Maggio 2017, 00:17:48 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2017, 20:28:15 PMTrovo simpatico questo tuo sospettare. Di fronte al bisogno di individuare mete, orizzonti, la via che io seguo è quella del raccogliere nel presente la storia. Cioè, mete e orizzonti non possono essere stabiliti con pretesi criteri assoluti, universali, validi per sempre: quanto più si pretendono tali, tanto più facile è sottoporli a critica e demolirli. Perciò ritengo più sensato tener conto che, sia ognuno di noi, sia il mondo intero, facciamo parte di una storia con fisionomie ben precise. Allora, quando mi trovo in necessità di compiere delle scelte, oppure di individuare mete e orizzonti, cerco di fare una sintesi della storia mia e del mondo, una sintesi ovviamente soggettiva, tutta da sottoporre a revisione la volta successiva in cui compirò lo stesso lavoro. Faccio una sintesi, non solo razionale, ma in ascolto di tutte le mie migliori facoltà, e compio la mia scelta provvisoria, individuo il mio orizzonte provvisorio, assumendomene le responsabilità e dico: "Oggi mi sembra bene questo, mi sembra bene andare in questa direzione, domani vedremo". A questo punto è ovvio che poi la questione si trasferisce sull'interpretare la storia, e quindi discutere anche di politica, ma non solo.
Di politica qua proprio no ;) non si può. (ciò già provato ;) ) Ma ovviamente se per esempio diciamo l'amore, si aprirà la possibilità di andare contro a questo concetto. (ma d'altronde giona veglia su di noi comunque ;) ). Ma infatti mi sembrava strano l'apertura di questi topic da parte tua. Per come ti sto conoscendo, per te la priorità è proprio sulle modalità di conoscenza. Ma le religioni (spero giona, in mancanza di duc in altum possa correggere se lo ritiene) non impostano un discorso di conoscenza, ma di divulgazione di un certo tipo di saggezza. Io da quando ho provato a stare in questa sezione, devo ancora trovare la dimensione giusta. Sono felicissimo delle conoscenze di JsebBach, e ora di myfriend. ma come mi sembra scriveva Inverno, dire delle questioni storiografiche ancora non dice nulla della religione, come saggezza diffusa. E d'altronde essendo un neofita della religione cristiana, nemmeno riesco a capire certe durezze di un duc in altum, o di un giona, cerco di seguire, ma non trovo ancora la mia dimensione. Poi certo capisco benissimo il tuo discorso che cerca la sintesi, precaria molto precaria, o semplicemente debole. Ma mi pare astratto. Troppo astratto. (le cose più importanti d'altronde sono quelle che hai deciso di raccontarci del tuo vissuto). Seguo comunque con interesse.
greendemetr, la saggezza presente in tutte le religioni. Persone di spiccata spiritualità le trovi OVUNQUE: nell'induismo, nel cristianesimo, nel buddismo, nel taoismo, nell'ebraismo, nell'islam ecc. Sono davvero tutte interessanti e sono come dice Angelo un tesoro di spiritualità. Ma nuovamente hai una scelta: o ne scegli una e non vuoi nemmeno riconoscere la saggezza altrui - anzi li consideri nemici - come fanno i fanatici o ne scegli una ma resti tollerante o cerchi di trovare il meglio. Nell'ultimo caso sarai un ricercatore solitario, uno dei pochi che cerca la strada da sé. Certa gente la vede come una sorta di arroganza o di stupidità. La scelta deve essere tua. A dire il vero ho notato che le persone più "spirituali" delle varie tradizioni pensano (e vivono o almeno cercano di vivere) in modo simile. E queste persone sono quelle più "aperte" che nelle loro tradizioni hanno voluto però fare un loro cammino personale. Ma ricordati che la maggior parte delle persone non vogliono fare questa sfida...
Certamente lo so che la via è solitaria. Vi è un capitolo nell'eterna ricerca dell'uomo del Maestro Yogananda, che insengnava una verità molto semplice, solo chi ha varcato il cancello del silenzio, è pronto ad accogliere Dio. Lato occidentale, mi vengono in mente, le pratiche monacali. La missioni di Yogananda era quella di trovare una ritualità che rispondesse al gusto occidentale. Il suo messaggio di amore, la sua luce interiore hanno toccato persone totalmente aliene come Steve Jobs. Yogananda era una persona altamente tollerante. Ma la dimensione introspettiva è fondamentale nel mondo orientale, perchè da quella parte del Mondo il reale è illusione. Ma il reale non è illusione. Ormai anche L'India, che come scriveva il Maestro Terzani, era l'ultimo grande baluardo contro il capitalismo, sta cedendo sempre più. Il rito non può nulla contro la tecnica. E' stato a lungo, e tutt'ora viene cavalcato come trait d'union della società, ma gli individui più colti, vanno oltre, cercano il meglio per loro e per le loro famiglie. E così anche in India. Stiamo assistendo a quello che è già successo in Giappone, il sincretismo culturale, dove tecnologia e templi si innestano gli uni accanto gli altri. Dove l'umanità perde sempre più il suo senso. (e d'altronde il Giappone, essendo l'avanguardia mondiale dei fenomeni sociali (pensiamo al fenomeno del gender, avvenuto lì già negli anni 80), sta vedendo un serie di mutazioni comportamentali, che allarmano parecchio: il sincretismo sta scoppiando, le persone o si rinchiudono in sè, o spariscono). Sto raccontando questo, perchè l'eremitismo, il monachesimo, e le forme interiorizzanti d'occidente e d'oriente, possono funzionare SOLO DENTRO una società. Quindi è annessa a quelle pratiche un qualcosa che si dava per scontato. (l'eremita riceveva cibo, e il monaco commerciava). In questo senso nell'epoca moderna non possiamo occuparci solo di una cosa, ma di entrambe. Sia del lato spirituale, sia del lato sociale. La mia attenzione è allora stata catturata dal maestro Panikkar recentemente. Spero presto di occuparmene. ciao!

Secondo me serve un equilibrio. Però come dici tu questo obbiettivo non implica la non-differenziazione. Anzi, l'equilibrio si fonda sull'unità nella diversità.

P.S. In topic come questo io credo che sia giusto "dare consigli e parlare della propria esperienza". Non pretendo di possedere la realtà.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 18:48:42 PMe se il male, come dicono i buddisti, deriva da noi? Ossia dai nostri tentativi di possedere, identificarci ecc?
Nella mia visione, diciamo, simbolica, tanto per evitare che si pensi che si tratta di una metafisica, il male è l'universo e sono gli altri (Sartre: l'inferno sono gli altri), il bene sono io. Ne consegue che anch'io sono il male per gli altri. Ogni alterità può essere vista come male per l'altro, cioè ogni atomo può essere considerato come male per gli altri atomi. L'altro mi arricchisce, ma è anche colui che mi fa concorrenza, occupa uno spazio che io non posso occupare. In questo senso anche la stessa spiritualità, proprio come vita interiore può essere male, perché vita interiore significa anche egoismo e tutto il resto, cioè tutta la vita interiore, non solo una selezione dei suoi aspetti più belli. Anch'io sono male per me stesso, perché io sono plurimo e tutte le cose che sono in me non vanno certo d'amore e d'accordo. Alla fine, quindi, si potrebbe anche dire che tutto è male, noi stessi siamo fatti di male.

Una visione del genere può apparire spaventosa, oppure disprezzabile, ma apparirà tale solo se la si scambierà per una metafisica. Ma io non sono affatto convinto che tutto sia male. Mi si dirà: "Ma come, neghi ciò che hai appena affermato?" No, si tratta di interpretare nel giusto senso ciò che ho detto. Un buon paragone può essere la colorazione degli elementi al microscopio: inserire dei coloranti altera tutto, ma consente anche di vedere cose che altrimenti non si vedono. E così è questa mia visione improntata al male: è solo una prova per vedere cosa viene fuori, come quando lo scienziato dice: "Mettiamo del colorante verde in questa cellula e vediamo cosa viene fuori". Così come lo scienziato non è affatto convinto che la cellula sia verde, anch'io non sono affatto convinto che tutto sia male; ma provo a pensarlo per vedere cosa viene fuori. Si chiama ermeneutica, cioè usare chiavi di lettura che servano ad evidenziare cose che altrimenti non si vedrebbero.

Tornando alla visione in cui tutto è male, ne consegue che non ci sono speranze, non ci sono sensi, non c'è alcun progetto né progettista che si occupi provvidenzialmente del destino di questo mondo o di alcuno di noi; c'è solo da lavorare, umilmente, modestamente, perché l'esperienza sembra mostrare che in molti casi il male possa essere attenuato, limitato, a volte forse addirittura eliminato; sembra che si possa arrivare anche a momenti di bellissima convivenza tra noi umani; se ciò si può tentare, perché non tentarlo?

green demetr

Pensiamo alla scena in Giovanni del pane e del pesce e del vino.

Prima di leggere i meravigliosi paesaggi di giovanni, la conoscevo sopratutto per via dei miracoli.

Ma alla mia prima lettura effettiva, un senso sacrale mi ha preso. 

Era invece la celebrazione della convivialità, del gusto di stare insieme, del mangiare e bere insieme.

Dell'elargire (e non del tassare e confiscare) agli uomini per gli uomini.

E quindi Angelo, sì, esiste del bene a stare con gli altri.

Ed esiste anche il tassare e il confiscare, esiste l'uomo che è nemico dell'uomo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

#21
La convivialità espressa in quel brano è senz'altro ammaliante. Considerando come tu prosegui il discorso, vedo però proprio in quel brano una malvagità colpevolizzante, cioè come se lì Dio pretendesse di dire: "Vedete? Io sono buono, con me si mangia e si beve, siete voi ad essere cattivi".

Io non ci sto e gli ribatto: "Se hai potuto saziare quel gruppo, perché non sazi il mondo intero? Se ti è piaciuto vivere la convivialità con loro, perché non lo fai con tutti? Allora il cattivo sei tu, che con brani poetici come questi cerchi di allontanare dalla nostra mente l'idea che tu sei responsabile del male del mondo". È il problema della teodicea, che demolisce in un niente ogni filosofia e ogni religione.

Ogni tanto cerco di ricordare alla mia mente che, quando ai politici ricconi ed egoisti, se io fossi al loro posto, col 99% di probabilità mi comporterei come loro. Perciò non ha senso che io accusi il loro tassare e confiscare: io sono come loro. Perciò va bene il dibattito politico, ma non devo dimenticare che devo accompagnarlo con un mio sforzo continuo di evoluzione spirituale, altrimenti non faremo altro che contribuire a far essere il mondo sempre uguale.

Quando dico che tutto è male, non intendo negare l'esperienza del bene; intendo esprimere una percezione esistenziale; ovvio che io sperimento anche il bene, tutti i giorni, ma è sempre un bene inquinato. Visto che nessuna filosofia e nessuna religione sa darmi ragione di ciò, prendo la strada dell'andare per umili tentativi, se non altro non avrò sollecitato la gente a romanticismi ingannatori e fuorvianti come fa il racconto dei pani e dei pesci.

Il sacro è una bella esperienza, umanamente apprezzabile, ma non c'è sacro che non possa essere dissacrato; credo che una buona spiritualità debba saper apprezzare l'uno e l'altro: il sacro, che è profondamente umano, e il dissacrare, che peraltro non può mai pretendere di essere l'ultima parola, altrimenti si trasformerebbe in metafisica.

giona2068

#22
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 18:48:42 PM
Citazione di: giona2068 il 23 Maggio 2017, 10:04:18 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 13:35:24 PMMi hai fatto ricordare il racconto, secondo me molto profondo, del gabbiano Jonathan Livingston, che vuole cercare il meglio, volare più in alto, ma più va in alto, più si ritrova solo.
Chi cerca il meglio si ritrova solo! OK Il problema non è essere soli cioè senza compagnia umana ma la solitudine la quale non è mancanza di compagnia umana bensì mancanza del Signore Dio nel proprio cuore; quel senso di vuoto che fa sentire inutile la persona. Ritrovarsi soli nel senso di cui sopra è un aspetto della ricerca del meglio. In altre parole chi cerca il meglio cerca le cose di lassù le quali si trovano lasciando quelle di quaggiù. Una delle cose di quaggiù è la compagnia umana. Si arriva a vivere nel mondo senza essere del mondo. Per questo il Signore dice: Chi ama sua madre, suo padre, sua figlia ecc.. più di me non è degno di me. Mi chiederete allora come si vive il comandamento che dice di amare il prossimo come se stessi? L'uomo che ha trovato il Signore Dio nel suo cuore non ha bisogno di altri ma è disponibile ad aiutare quelli che vogliono camminare sulla strada che lui ha percorso. Questo è l'amore. Fino quando non avremo raggiunto questa dimensione chiameremo amore il bisogno di altri ed in particolare il bisogno di compagnia. Arriverà il giorno in cui scopriremo che gli altri non possono riempire il nostro cuore e che attaccandoci a loro non abbiamo camminato. Geremia: Benedetto l'uomo che confida nel Signore Dio e maledetto l'uomo che confida nell'uomo. L'uomo che ha trovato il Signore non è solo né soffre di solitudine perché sente di esser parte di un'immensa vita.

giona rispetto la tua opinione - anche se ritengo che vedi le cose "troppo in bianco e in nero". In effetti il bello del cristianesimo è come diceva anche Duc che non ci si sente mai solo perchè "Dio è sempre con noi...". Ma Dio - se esiste - mi ha donato una mente estremamente curiosa, che è in continua ricerca (e per ricercare bisogna essere scettici), piena di debolezze ecc.

Se il mio modo di vedere fosse mio allora sì che ci sarebbe da ridire, ma il mio modo di vedere non esiste, conta solo ciò che è scritto. A questo riguardo è scritto:: "O con me o contro di me" - e questo sarebbe ciò che  chiami bianco o nero.
Fuori da questo schema siamo nella fantasia mentale dannosa per noi e per altri che ci leggono.
Fino a quando il Signore è con noi abbiamo ancora strada da fare, saremo cristiani quando il Signore Dio sarà in noi. In quel momento scopriremo che il Signore Dio non ci ha dato la mente bensì il cervello per ragionare e il cuore per amare. La mente è una sovrastruttura ingannatrice  che ci siamo creati facendo incarnare il mondo in noi. Da qui il nome mente che procede da mentire.
La curiosità della mente che ci spinge a ricercare è un camminare fuori strada perché ci perdiamo per cercare cose che non ci servono per la ns salvezza/unica ragione della nostra vita, a meno che non ci incanaliamo nella curiosità positiva che consiste nel cercare perché non siamo santi o come i santi sino arrivati alla santità/amore.


Ritengo e probabilmente mi sbaglio che il mio dubitare, il ricercare ecc sia il miglior modo con cui posso usare questo dono (che in certi momenti è un fardello...). Io continuo a farmi domande, a farmi domande scomode ecc. Sicuramente chi non è interessato a queste question non ha "fede" (non solo nel cristianesimo ma in tutte le "fedi"). Ma continuare a farsi domande??? Perchè Dio avrebbe donato ad una certa fetta della popolazione una mente che continua a problemizzare tutto, fede inclusa? Forse quel ... di Calvino ha ragione "alcuni forse sono destinati a non salvarsi!". Davvero devo credere in un Dio che condanna scetticismo e dubbio visto che è proprio lui che dona una ragione? Tu dici spesso che dire di credere non equivale a credere. Ma allora chi crede? Forse crede di più il non credente di chi crede di credere?...Troppe contraddizioni, troppe. Visto che parliamo di cammini. Tu che consigli daresti ad un non-credente ? Oppure: se trovi un buddista cosa gli diresti?

Le domande che l'uomo si pone a ripetizione sono suscitate dal maligno che usa l'esaurimento nervoso e non solo  per rendere l'uomo invalido. Il credere è un sentire non un sapere, per sentire occorre avere un raggio di vita che è sempre Lui. Come per accendere la luce in uno stanzone buio occorre lo spioncino dell'interruttore.
E' vero che alcuni sono destinati a non salvarsi, ma il destino è una scelta dell'uomo, il Signore Dio è presciente. Nel piccolo come il meteorologo che sa in anticipo se domani pioverà ma non è lui che farà piovere.
A un non credente non dico niente perché senza la Sua chiamata (nessuno può venire a me senza la volontà del Padre mio) le  parole rivolte a un non chiamato non servono a niente.
Chi non è chiamato non lo è perché il Padre Celeste non vede in Lui la speranza. (Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti - oppure vedi ladrone di sx)
Ad un buddista direi quello che direi a chi non è buddista:Dalle tue opere scopri chi sei/la tua verità, dopo entra in te stesso e risvegli la tua coscienza)


green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 24 Maggio 2017, 12:57:51 PM
La convivialità espressa in quel brano è senz'altro ammaliante. Considerando come tu prosegui il discorso, vedo però proprio in quel brano una malvagità colpevolizzante, cioè come se lì Dio pretendesse di dire: "Vedete? Io sono buono, con me si mangia e si beve, siete voi ad essere cattivi".

Io non ci sto e gli ribatto: "Se hai potuto saziare quel gruppo, perché non sazi il mondo intero? Se ti è piaciuto vivere la convivialità con loro, perché non lo fai con tutti? Allora il cattivo sei tu, che con brani poetici come questi cerchi di allontanare dalla nostra mente l'idea che tu sei responsabile del male del mondo". È il problema della teodicea, che demolisce in un niente ogni filosofia e ogni religione.

Ogni tanto cerco di ricordare alla mia mente che, quando ai politici ricconi ed egoisti, se io fossi al loro posto, col 99% di probabilità mi comporterei come loro. Perciò non ha senso che io accusi il loro tassare e confiscare: io sono come loro. Perciò va bene il dibattito politico, ma non devo dimenticare che devo accompagnarlo con un mio sforzo continuo di evoluzione spirituale, altrimenti non faremo altro che contribuire a far essere il mondo sempre uguale.

Quando dico che tutto è male, non intendo negare l'esperienza del bene; intendo esprimere una percezione esistenziale; ovvio che io sperimento anche il bene, tutti i giorni, ma è sempre un bene inquinato. Visto che nessuna filosofia e nessuna religione sa darmi ragione di ciò, prendo la strada dell'andare per umili tentativi, se non altro non avrò sollecitato la gente a romanticismi ingannatori e fuorvianti come fa il racconto dei pani e dei pesci.

Il sacro è una bella esperienza, umanamente apprezzabile, ma non c'è sacro che non possa essere dissacrato; credo che una buona spiritualità debba saper apprezzare l'uno e l'altro: il sacro, che è profondamente umano, e il dissacrare, che peraltro non può mai pretendere di essere l'ultima parola, altrimenti si trasformerebbe in metafisica.




Dipende, non so perchè JsebB e myfriend leggano in Giovanni Gesù come se fosse Dio, cosa che mi pare faccia anche tu.

Gesù è un uomo fra gli uomini che impersonifica l'azione divina.

Il suo messaggio è certamente ultraterreno, ma il suo esempio è totalmente umano, uomo tra gli uomini.

Essendo una metafora, sta a mio avviso ad indicare nella convivialità uno dei mattoni sacrali della spiritualità (della vita spirituale come ci siamo già chiariti).

E' sempre nel canone della imitatio christi. Un canone lato umano, è evidente a mio parere. (e non capisco come invece sia diventato celebre come uno dei miracoli più citati, lato divino immagino).

La teodicea non riesco a sentirla in quei passaggi.

Certo se parliamo di teodicea, stiamo portando una balena nell'acquario di questo thread, forse sarebbe il caso di aprire 3d a parte.
Ma chi sarebbe in grado di farlo. Io non ho abbastanza cultura generale per farlo.

La dissacrazione a cui alludi però dovrebbe avere un chiaro riferimento.

Ed è quello della sperequazione dei beni, fra poveri e ricchi. Tema politico presentissimo nel vangelo di Giovanni, che non a caso è il vangelo della conversione per eccellenza.

Ma ripeto non vorrei che l'admin di questa sezione poi protestasse. Parlavano di dolcezza come motivo essenziale all'apertura di ogni discussione.

A mio modo di vedere di quello possiamo parlarne altrove.

Ti consiglio di aprire 3d su filosofia tra legami fra religione e politica, oppure di continuare tale discorso sul 3d del Dubbio.

Non ha senso qui insomma mettere timore nella gente (come il telefilm "il giovane papa", testimonia).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Personalmente sono ateo (anche se ateo non metafisico).

Mi sono riferito a Gesù come se fosse Dio perché l'evangelista Giovanni lo considera Dio (basti pensare al prologo: il Verbo era Dio... e il Verbo si fece carne). Dunque, leggere il vangelo di Giovanni considerando Gesù uomo tra gli uomini significherebbe non rispettare il contesto creato dall'evangelista: anche se io sono ateo, ciò non mi autorizza a travisare il contesto in cui Giovanni presenta Gesù, cioè un contesto di fede in Gesù considerato Dio, come ho mostrato.

La metafora della convivialità va bene, ma è anche importante tener presente che essa non è né l'unica possibile, né l'unico senso di quel racconto.

Nei Vangeli è ovviamente molto presente il lato umano di Gesù, ma ciò non consente di considerarlo solo un essere umano. Dico "considerarlo" sempre nel senso non che noi dobbiamo credere che Gesù è Dio, ma che va rispettato il fatto che i Vangeli lo presentano come tale.

anthonyi

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:40:13 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AMBasta pensare ai filosofi: sono tutti estremamente diversi :)
Infatti per certi versi penso che Sartre abbia un po' di ragione quando dice che "l'inferno sono gli altri"; nella mia visione di spiritualità il male è l'universo, oppure anche gli altri; ovviamente non in senso metafisico, ma come percezione che mi sembra si verifichi abbastanza spesso. Di conseguenza anch'io sono un male per gli altri, nella misura in cui sono un loro concorrente. D'altra parte, omogeneizzare tutto significa morte. Da qui ritengo che non sappiamo se e come il male possa essere eliminato; proprio il fatto di non saperlo mi induce ad andare per tentativi, tentativi storici. Forse del bene si può fare e se questo sospetto si lascia pensare non abbiamo altro da fare che compiere questi tentativi storici.

Il male non è nell'Universo o negli altri, il male è negli occhi. Se negli occhi c'è il male allora tutto sarà visto come male.

Angelo Cannata

Sì, sono d'accordo: infatti più avanti ho scritto che si tratta di un'ermeneutica, una chiave di lettura che io applico.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 25 Maggio 2017, 00:39:41 AM
Personalmente sono ateo (anche se ateo non metafisico).

Mi sono riferito a Gesù come se fosse Dio perché l'evangelista Giovanni lo considera Dio (basti pensare al prologo: il Verbo era Dio... e il Verbo si fece carne). Dunque, leggere il vangelo di Giovanni considerando Gesù uomo tra gli uomini significherebbe non rispettare il contesto creato dall'evangelista: anche se io sono ateo, ciò non mi autorizza a travisare il contesto in cui Giovanni presenta Gesù, cioè un contesto di fede in Gesù considerato Dio, come ho mostrato.

La metafora della convivialità va bene, ma è anche importante tener presente che essa non è né l'unica possibile, né l'unico senso di quel racconto.

Nei Vangeli è ovviamente molto presente il lato umano di Gesù, ma ciò non consente di considerarlo solo un essere umano. Dico "considerarlo" sempre nel senso non che noi dobbiamo credere che Gesù è Dio, ma che va rispettato il fatto che i Vangeli lo presentano come tale.

Certamente possiamo intendere Gesù come Dio. Ma anche come uomo.

Quello che intendevo è che non ci vedo alcuna teodicea, e mi sorprende che tu ce la veda.

Tutto qua.







Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Sì, il testo non parla di teodicea, sono io che decido di introdurla come mia reazione ad un messaggio che vedo trasmesso dal testo.

InVerno

Citazione di: Angelo Cannata il 24 Maggio 2017, 12:57:51 PM
La convivialità espressa in quel brano è senz'altro ammaliante. Considerando come tu prosegui il discorso, vedo però proprio in quel brano una malvagità colpevolizzante, cioè come se lì Dio pretendesse di dire: "Vedete? Io sono buono, con me si mangia e si beve, siete voi ad essere cattivi".

Io non ci sto e gli ribatto: "Se hai potuto saziare quel gruppo, perché non sazi il mondo intero? Se ti è piaciuto vivere la convivialità con loro, perché non lo fai con tutti? Allora il cattivo sei tu, che con brani poetici come questi cerchi di allontanare dalla nostra mente l'idea che tu sei responsabile del male del mondo". È il problema della teodicea, che demolisce in un niente ogni filosofia e ogni religione.

Ogni tanto cerco di ricordare alla mia mente che, quando ai politici ricconi ed egoisti, se io fossi al loro posto, col 99% di probabilità mi comporterei come loro. Perciò non ha senso che io accusi il loro tassare e confiscare: io sono come loro. Perciò va bene il dibattito politico, ma non devo dimenticare che devo accompagnarlo con un mio sforzo continuo di evoluzione spirituale, altrimenti non faremo altro che contribuire a far essere il mondo sempre uguale.

Quando dico che tutto è male, non intendo negare l'esperienza del bene; intendo esprimere una percezione esistenziale; ovvio che io sperimento anche il bene, tutti i giorni, ma è sempre un bene inquinato. Visto che nessuna filosofia e nessuna religione sa darmi ragione di ciò, prendo la strada dell'andare per umili tentativi, se non altro non avrò sollecitato la gente a romanticismi ingannatori e fuorvianti come fa il racconto dei pani e dei pesci.

Il sacro è una bella esperienza, umanamente apprezzabile, ma non c'è sacro che non possa essere dissacrato; credo che una buona spiritualità debba saper apprezzare l'uno e l'altro: il sacro, che è profondamente umano, e il dissacrare, che peraltro non può mai pretendere di essere l'ultima parola, altrimenti si trasformerebbe in metafisica.
La mia modesta sensibilità mi suggerisce che la tua critica all'operato di Dio in antitesi alla gioia conviviale sia in conflitto con lo spirito del testo e di origine moderna, di -quasi perniciosa- continua disputa sull'esistenza di Dio (problematica che sicuramente non faceva tremare le mani del\gli autore\i). Ho letto in altre occasioni che presti attenzione durante la lettura dei testi, alla visione\intenzione dell'autore oltre alla pura azione descritta, perciò te lo segnalo. Per curiosità mi sono andato a rileggere il passo e vorrei segnalare alcune possibili interpretazioni parallele, che non hanno nulla a che fare con la dialettica e le rigide interpretazioni vaticane, quanto con evidenti rimandi a questioni storiche.

La sovrapposizione Dio-Re (Re inteso come capo della comunità e distributore di benessere) è stata lungamente criticata sopratutto se rapportata a culti "recenti", io non ho un opinione forte a riguardo, tuttavia qui pare ci troviamo di fronte ad un esempio lampante e in uno stato di conservazione eccellente (non stiamo certo interpretando un bassorilievo sbiadito). L'elemento della festa (momento sia celebrativo, che rito decisionale nella "elezione" di un RE) annesso alla distribuzione del cibo rimanda al tipico sistema di organizzazione di comunità di piccole\medie dimensioni ed in tempi non molto più antichi di quello evangelico (letteratura sterminata a riguardo). Sebbene geograficamente quella parte di mondo fosse già satura ai tempi evangelici con pochissime "terre promesse" disponibili alla generazione di nuove identità culturali, è probabile che anche le "comunità interne" ad altre società riutilizzassero gli stilemi delle "normali" genesi identitarie in terre vergini, ponendo un accento tradizionale (anziché eccezionale e miracolistico) sull'evento. Tentando un approccio interpretativo verso questo passo sicuramente interessante da molti punti di vista suggerisco di considerare questi elementi aggiuntivi.


  • La sacralità del cibo, non un sacralità aulica e patinata, ma bucolica e intimamente legata ad un concetto di necessità e di sopravvivenza. E' forse anche solo difficile sfiorare, per noi appena tornati dal supermercato.
  • L'atto della divisione, del discernimento, della allocazione del benessere (anch'esso lungamente ripetuto nella tradizione biblica) come atto positivo, privilegio di un Re e fondamento di un regno, di una gerarchia, di una migliore organizzazione, di migliori speranze di sopravvivenza.
  • L'elemento miracolistico devia completamente l'attenzione (Green Demetr giustamente si stupisce ad una rilettura) e trasforma in "eccezionale" un evento che a mio avviso doveva (vista la diffusione di questo tipo di eventi) avere un carattere rituale e di passaggio, come una sorta di informale momento fondante di una comunità che celebrava la propria maturità tramite l'espressione di un Re-distributore, di sostanza organica e sostanza morale . "La generosità era la legge della festa" . Non a caso miracolo "centrale" e presente in tutti i sinottici.

In generale è utile notare che lo scorcio narrato parla di un cristianesimo completamente diverso e opposto allo spirito del cristianesimo moderno. Le cosidette "feste dell'amore" che si consumavano nei sagrati con grandi redistribuzioni di cibo vennero definitivamente abolite nel 360d.c. (circa) e alla redistribuzione del cibo venne preferita l'economica e non-proteica ostia ed una maggior importanza dei "doni nell'aldilà" che oggi sono il perno della rapporto domanda-offerta tra credente e istituzione religiosa (e che già Gesù si premura di promettere qualche versetto dopo). La teodicea ha poco a che fare con questa questione come ce l'ha con tutte le altre narrate, la teodicea è una contraddizione di sostanza insita nell'idea di Dio, è ovvio che ogni qualvolta esso sia presente, la teodicea si ripresenti. Ciò che è invece a mio avviso chiaro, è l'incomunicabilità tra lo spirito dei testi e il lettore moderno se non attraverso faziose e complesse analisi come anche la mia, che infatti potrebbe essere completamente errata.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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