La "scelta" "di credere o di non credere".

Aperto da Eutidemo, 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

niko

Citazione di: Ipazia il 29 Gennaio 2023, 15:46:27 PMNiko, maddai  :))... ovvero che ?

Penserai mica che il fondamentalismo nasca da cose diverse da principi autoprocamati "universali": Dio, la Scienza,...


Il fondamentalismo e' un particolarismo, perche' vincola la religione ad un'ipotesi di reale svolgimento dei fatti contraddicibile da molte altre.

Di reale prescrizione normativa, contraddicibile da molte altre.

Il fondamentalismo e' una tecno-scienza mascherata da religione, ed essendo pure una tecnoscienza posticcia, implica il suo stesso collocarsi nell'era della tecnoscienza vera, infatti, la sua parabola di esistenza significativa (a parte le ceneri che ne restano oggi) va dal cinquecento al fine ottocento.

Un positivismo romantico in salsa religiosa.

I veri fondatori di religioni (Maometto, San Paolo, magari NON Gesu'...) sono molto meno idioti del fondamentalista medio (e infatti le loro creazioni hanno avuto vita molto piu' lunga) perche' pretendono di parlare nell'universale e per l'universale.

Se ne infischiano, di come si siano svolti i fatti.

Della verita' come adaequatio.

La loro verita' varrebbe pure se non esistesse il mondo.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

niko

#301
Citazione di: Phil il 29 Gennaio 2023, 15:51:28 PMLungi da me il voler fare indegnamente le veci dei cristiani del forum, quindi rispondo "da esterno" all'interessante questione che poni. Il grosso limite di ogni interpretazione allegorica, in ambito religioso, è che deve decidere (come?) a che punto smettere di esserlo, per non (auto)distruggere la narrazione stessa che rende tale la religione.
Supponiamo che l'antico testamento sia tutto o quasi un'allegoria; poi che anche il nuovo testamento in fondo lo sia, almeno in gran parte; poi magari supponiamo anche che Cristo non fosse davvero il "figlio di Dio" in senso letterale, non abbia realmente fatto miracoli, etc. ma solo allegoricamente; e così via proseguendo... a questo punto, che resta della religione cristianesimo, al netto dell'allegoria? Una religione? Non più; una visione del mondo? Si, ma senza particolare attendibilità, essendo tutta un'allegoria (di altro-da-sé) e, soprattutto, senza particolare fondamento teologico (essendo anche le manifestazioni di Dio, se non anche Dio stesso, leggibili come un'allegoria, volendo). Ecco che allora tale cristianesimo (o ogni religione, de-allegoricizzata) diventa semplicemente... una politica; un'ideologia social-esistenziale sublimata in narrazione allegorica che ha viaggiato nei secoli, scatenando guerre e influenzando la politica-non-allegorica (quella secolare). Scenario piuttosto difficile da credere per molti cristiani, per quanto aperti all'allegoria (e non è un caso che l'esplicitato valore allegorico delle parabole non sia il medesimo per credenti e non credenti).
Un cristiano che conceda a tutte le pietre angolari del cristianesimo di essere considerate, anche solo potenzialmente, mere allegorie, si ritroverebbe ad essere egli stesso l'allegoria di un credente: quando dice che Dio esiste lo afferma allegoricamente; quando dice di credere in ciò che viene detto e letto a messa, ci crede, ma allegoricamente; quando parla di premi o punizioni post-mortem su cui basa le sue scelte di vita, ne parla allegoricamente; la sua stessa fede sarebbe un'allegoria della sua visione politica (il che non di rado accade già anche in altri casi, ma non divaghiamo); il senso della sua stessa esistenza diverrebbe pura allegoria... non può ammetterlo in quanto cristiano, perché significherebbe vivere in e per un'allegoria (ossia pura alienazione autoconsapevole). Magari può giostrarsi con delle interpretazioni allegoriche "fatte in casa" (ne leggiamo in continuazione anche qui), ma mai così radicali da compromettere ciò che rende tale una religione. Essere cristiani fuori dall'allegoria, o anche solo consapevoli dell'"allegoria religiosa", significherebbe in tal caso essere dei senza-dio che abbracciano una visione politicamente conservatrice, cercando di stiracchiare il significato allegorico di testi antichi (seppur implicitamente desacralizzati) per renderlo minimamente compatibile con la realtà sociale contemporanea. Magari un domani sarà così, magari i religiosi "regrediranno" a persone che sono tenute a spiegare i loro ideali con un minimo di logica, ad affrontare l'incertezza e l'immanenza per quello che sono, etc. ma per ora direi che gli "autorevoli decisori delle allegorie" hanno una loro ragione nel non autodistruggere il cristianesimo, lasciando l'interpretazione allegorica incagliata non troppo oltre l'antico testamento («i tempi non sono ancora maturi» diceva qualcuno, e non è detto che quando lo saranno vivremo tutti meglio).



La buona allegoria, quindi anche la buona allegoria RELIGIOSA, dovrebbe risolversi nel suo tornare a te come allegoria che parla di te, e con te.

Il rilegando, (quindi, sempre per polisemia, l'ordine stesso del libro, il testo, e la persona, da ri-legare) e' colui che manca, al proggetto della religione.

Se non lo fa, certo, che e' una sapienza alienata per una vita alienata.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

La religione è tecnoscienza politica e così il cerchio della dominanza si chiude. Mi guardo bene dal considerare i fondatori di religioni dei minus habens: Mosè,  Paolo, Maometto. 

Il fondamentalismo è l'arma letale della dominiazione religiosa, coattiva fin nell'etimo, sacra o profana che sia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: niko il 29 Gennaio 2023, 17:22:23 PMLa buona allegoria, quindi anche la buona allegoria RELIGIOSA, dovrebbe risolversi nel suo tornare a te come allegoria che parla di te, e con te.

Il rilegando, (quindi, sempre per polisemia, l'ordine stesso del libro, il testo, e la persona, da ri-legare) e' colui che manca, al proggetto della religione.

Se non lo fa, certo, che e' una sapienza alienata per una vita alienata.
L'offerta religiosa, in generale, propone un "libro" rilegato sulla sacralità, sul sovra-umano (meta-fisico) che tiene assieme le pagine che spiegano, o meglio, propongono dogmi, valori e verità. Se tali verità sono evidenti o sperimentabili, non richiedono fede; se invece richiedono fede, non si può infrangere il tabù che distingue il divino dall'umano, altrimenti la fede non funziona più e il credente (colui che ha fede) diventa interrogante: chiede perché, e non si accontenta più, come risposta, di un dogmatico «perché così sta scritto». Se a tale perché risponde prontamente la voce di un Dio oppure se invece risponde la voce, mediata testualmente, di un "dio allegoricamente parlando" (quindi da interpretare e decifrare), per l'interrogante fa un'abissale differenza.
La persona che si lascia "rilegare" da una religione con un dio, magari anche rivelato ed incarnato, non sempre si lascerebbe "rilegare" da un'ideologia con un dio allegorico (spesso, non a caso, si deifica inconsciamente ciò in cui si crede); questo è ancor più plausibile soprattutto quando questa persona, oltre a feedback su consone modalità del quieto vivere (non uccidere, non rubare, etc.), interroga la religione sul suo futuro, ossia sulla morte, etc. o su questioni più dettagliate interne a quel quieto vivere.

niko

Citazione di: Phil il 29 Gennaio 2023, 19:01:49 PML'offerta religiosa, in generale, propone un "libro" rilegato sulla sacralità, sul sovra-umano (meta-fisico) che tiene assieme le pagine che spiegano, o meglio, propongono dogmi, valori e verità. Se tali verità sono evidenti o sperimentabili, non richiedono fede; se invece richiedono fede, non si può infrangere il tabù che distingue il divino dall'umano, altrimenti la fede non funziona più e il credente (colui che ha fede) diventa interrogante: chiede perché, e non si accontenta più, come risposta, di un dogmatico «perché così sta scritto». Se a tale perché risponde prontamente la voce di un Dio oppure se invece risponde la voce, mediata testualmente, di un "dio allegoricamente parlando" (quindi da interpretare e decifrare), per l'interrogante fa un'abissale differenza.
La persona che si lascia "rilegare" da una religione con un dio, magari anche rivelato ed incarnato, non sempre si lascerebbe "rilegare" da un'ideologia con un dio allegorico (spesso, non a caso, si deifica inconsciamente ciò in cui si crede); questo è ancor più plausibile soprattutto quando questa persona, oltre a feedback su consone modalità del quieto vivere (non uccidere, non rubare, etc.), interroga la religione sul suo futuro, ossia sulla morte, etc. o su questioni più dettagliate interne a quel quieto vivere.



Se interroghi troppo, sotto la crosta delle varie religioni troverai sempre e solo l'uomo, ma sempre e ancora l'uomo con tutti i suoi  limiti e con le sue violenze, che non ti appariranno più, come limiti e violenze "divine".

L'umanita' e' fatta dagli uomini.

Questa verita' e' difficile da sopportare perche', se presa sul serio, nega i vari assolutismi del "senso della vita".

Ed e' anche difficile convivere pacificamente, presso un'umanita' fatta dagli uomini.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

@niko

Detto fra noi, ossia fra atei, il fatto che sotto-sotto, scava-scava, le religioni siano fatte di soli uomini (dagli uomini, con gli uomini e per gli uomini) non è un mistero della fede, ma una constatazione da cui partire (in attesa di voci dal cielo o incontri post-mortem). Tuttavia se proviamo a leggere la questione con gli occhi di un credente è altrettanto chiaro che, in quanto credente, vorrà vederci dell'altro, del divino, e non si accontenterà di leggercelo solo "allegoricamente" (v. sopra).
Sugli «assolutismi del "senso della vita"» è inevitabile che il credente abbia i suoi punti fermi, anch'essi per nulla allegorici, mentre il non credente possa attingere agli scenari e riflessioni dei testi sacri con un atteggiamento più letterario che veritativo, di spunto riflessivo più che di "rivelazione dall'alto".
Riguardo la convivenza pacifica «presso un'umanità fatta dagli uomini»(cit.) è anch'essa un'ideale dell'«uomo con tutti i suoi  limiti e con le sue violenze»(cit.), partendo dal quale alcuni, armati di fede, sperano che, se non in terra, tale convivenza pacifica (oltre)umana possa esserci "altrove" (e possibilmente non allegoricamente). Agli altri, dopo aver scavato sotto la crosta delle religioni, non resta che scavare sotto la crosta dell'uomo (magari senza lasciarsi incantare dalle stesse "sirene interiori" che hanno dato credibilità alle religioni e ai "sensi della vita").

Eutidemo

Io ci credo che Cristo non è mai morto; per il semplice fatto che non è mai nato, in quanto era da sempre.
***
Ed infatti Giovanni scrive una cosa che non troviamo negli altri Vangeli:
"In principio era il LOGOS, e il LOGOS era presso DIO e il LOGOS era DIO. Egli era, in principio, presso DIO: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. (Gv 1,1-18).
***
Ora, da un punto di vista strettamente "log"ico", se il LOGOS "era presso DIO", il LOGOS "non poteva essere DIO"; ed infatti se "A è presso B", ciò implica che "A non è B", altrimenti sarebbero nello "stesso luogo", essendo la "stessa cosa".
Come se ne esce?
***
Al riguardo, secondo me, occorre in primo luogo tenere presente che tutti i Vangeli ci sono pervenuti scritti in lingua greca (κοινὴ ἑλληνική "[lingua] comune greca") e che la maggior parte degli studiosi ritiene che i quattro vangeli siano stati tutti scritti originariamente e direttamente in greco; e quello di Giovanni in particolar modo.
Pertanto, a mio avviso, è opportuno iniziare ad approcciare ermeneuticamente il tema sotto un profilo precipuamente "filologico", tenendo presenti le seguenti considerazioni.
.
1)
Il termine LOGOS (in greco antico: "λόγος",  corrispondente al latino "verbum" e all'ebraico "דבר" davar), deriva dal greco "λέγω", che significa scegliere, raccontare, enumerare, parlare, pensare; nella filosofia greca classica, peraltro, a cui Giovanni fa senz'altro riferimento, il LOGOS ha i due precipui significati di "pensiero" e/o di "parola".
Di cui :
- il primo va inteso come un "discorrere interiore" secondo ragione;
- la seconda va intesa come l'"espressione o manifestazione del pensiero", che in questo esprimersi "si concretizza".
Su questo secondo aspetto, il "concretizzarsi", richiamo la vostra attenzione, perchè costituisce il "fulcro" sul quale farò "leva" per le mie considerazioni conclusive; cioè, l'ESSERE che "si concretizza" manifestandosi in "epifenomeni" esistenti individualmente.
.
2)
Il termine DIO (in greco antico "θεός") nella filosofia greca è inteso in modi diversi; sebbene, in tale ambito, abbia finito per prevalere la concezione aristotelica di  DIO quale "primo motore immobile" (in greco: "πρῶτον κινοῦν ἀκίνητον").
Però, nella Bibbia, viene spiegato in modo abbastanza chiaro di che cosa si tratti.
Ed infatti, Mosè disse a DIO: <<Ecco, quando andrò dai figli d'Israele e dirò loro: "Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi". Ma se essi mi dicono: "Qual è il suo nome?", che cosa risponderò loro?».  DIO rispose a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "L'IO SONO mi ha mandato da voi"» (Esodo 3,11-15).
Ed infatti DIO non può avere un nome, per il semplice fatto che non è una "persona", la quale possa autoqualificarsi dicendo: "Io sono Pippo De Pippis!".
DIO "E' l'ESSERE"...e basta!
.
3)
In terzo luogo, PRESSO, cioè "πρὸς" (+ l'accusativo "τὸν θεόν"), oltre a significare "presso", può significare varie altre cose, e, cioè:
- a, con, verso, contro;
- rispetto a;
- per quanto a;
- in confronto con;
- conforme, secondo;
- per, allo scopo di;
- per, a cagione o in conseguenza di.
***
.
                  IPOTESI ESEGETICA PERSONALE
Ciò premesso, c'è un altro passo del Vangelo di Giovanni molto illuminante.
Ed infatti, quando i Giudei lo provocarono dicendogli : "Non hai ancora cinquanta anni e pretendi di aver visto Abramo?" Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59).
Badate bene, non rispose <<"Io ero">> (come la sintassi e la "consecutio temporum" avrebbero richiesto), bensì "Io Sono"; cioè, esattamente la stessa risposta che DIO, "al di fuori del tempo", aveva dato a Mosè nel sopra citato passo dell'Esodo 3,11-15.
In quel momento, in effetti, a rispondere ai Giudei, non era affatto l'individuo Gesù, bensì, appunto, DIO; il quale, ovviamente, è al di fuori del tempo e delle determinazioni fisiche e sintattiche!
***
Leggendo attentamente i Vangeli, si nota spesso questa "ambivalenza", come se in Gesù, di tanto in tanto, si verificasse una sorta di "corto circuito ontologico" tra:
- il suo ESISTERE quale singolo individuo con "nome e patronimico" (Yeshua Ben Youssef);
- il suo ESSERE, il quale, ovviamente "sottende tutti e tutto", e non solo lui (IO SONO).
Però "solo Lui", in modo assolutamente incomprensibile per chiunque, riuscì a "realizzarlo ontologicamente"; la differenza di Cristo rispetto agli altri uomini, e tutta qui.
E scusate se è poco!
***
Lo rilevò anche San Bernardo, notando che:
- generalmente, Gesù si riferiva se stesso, in terza persona, come "il figlio dell'uomo" (cioè Yeshua figlio di Youssef);
- talvolta, invece, si riferiva a se stesso, in prima persona,  usando il pronome "Io", o, appunto "Io sono".
(San Bernardo "I gradi dell'umilità" 10-11)
***
Cioè, spiega il santo, nel primo caso si riferisce a se stesso come un qualsiasi altro uomo (quale lui era a tutti gli effetti), nel secondo, invece, in modo davvero "unico" e "straordinario", egli parla del suo ESSERE divino; un ESSERE divino che aveva in comune con tutti gli altri uomini (perchè tutti gli uomini "SONO"), però con l'abissale differenza che lui, sia pure "a corrente alternata", ne era "ontologicamente" consapevole già da vivo.
Come un'"onda" che sa di essere mare, ancora prima di frangersi!
***
"Ma come!" esclamerà indignato qualcuno "Allora saremmo tutti Dei?".
In effetti, anche questo è scritto nella Bibbia:
"Io ho detto: «Voi siete tutti <<dèi (DIO)>>,  ma di certo morirete come ogni <<uomo>>!»" (Salmo 82).
Cioè, quanto all'ESSERE che vi sottende , voi siete tutti "DIO", ma come singoli uomini, morirete come ogni "uomo"; allo stesso modo di come le onde sono tutte mare, ma in quanto "generate" come singole onde (figlie di Dio), finiranno tutte, prima o poi, per essere riassorbite dal mare stesso.
Quanto al termine "figlio", ne parlerò meglio più avanti.
***
Poi Gesù pregò per tutti gli uomini: "Che siano tutti UNO; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché siano UNO come noi siamo UNO" (Atti 20:28).
Perchè dire che tutto è ESSERE, è come dire che tutto è UNO, e che la "molteplicità" è solo un'"illusione"; sebbene si tratti di un'"illusione" di un tipo un po' diverso da quella del "bastone che viene scambiato per un serpente".
***
Forse sarebbe più esatto dire che la "molteplicità",  più che una "illusione", è una "manifestazione" frantumata dell'UNO; così come l'"immagine" del sole riflessa da milioni di frammenti di specchio.
***
Ovvero come un bambino che, al Luna Park, entra nel "baraccone degli specchi"; e la sua immagine si riproduce (a volte deformata) in dozzine di specchi e specchietti.
Ed infatti anche nella Bibbia c'è scritto che gli uomini sono soltanto delle "immagini" di Dio (Gen 1,26-27); cioè meri "riflessi" di un'"altra" REALTA'.
***
Infine, San Paolo scrive che siamo destinati ad essere con Dio: "Un solo Spirito!" (cfr. 1Cor 12,13).
Questo passo è stato interpretato nei modi più diversi, sebbene, sia nella "lettera" che (appunto) nello "spirito", secondo me il senso è univoco.
Ed infatti San Paolo:
- non scrive che il nostro spirito è destinato ad "unirsi" a quello di Dio (come se si trattasse di due cose diverse che si congiungono);
- scrive, invece, che il nostro spirito è destinato ad essere "un solo Spirito con Dio" (come, cioè, se si trattasse della stessa cosa, che prende coscienza della sua unità esistente da sempre).
Ed infatti, da sempre, Dio "...era la vita e la vita era la luce degli uomini"; cioè tutti, sin dal principio, eravamo in lui.
***
Sia ben chiaro che tutti i precedenti passi possono essere interpretati e coordinati tra di loro nei modi più diversi e disparati; e così, infatti, è storicamente avvenuto, come ho potuto personalmente constatare leggendo vari libri sul tema, scritti sia dai Padri della Chiesa, sia dai successivi Dottori della Chiesa.
Al confronto, ovviamente, io sono soltanto un "nano"; il quale. però, avendoli letti tutti, ha il vantaggio di poter sedere "a cavacecio" sulle spalle di tali "giganti"!
.
***
Vediamo come!
***
.
1)
Secondo me, quando Giovanni scrive che "il LOGOS era DIO", era come se volesse dire che la "manifestazione" di DIO, comunque essa si presenti e insorga (ad esempio per il tramite di individui, come Gesù), non è certo una cosa "diversa" da DIO, bensì, semplicemente, una sua mera "EPIFANIA".
Appunto come le "onde", che, essendo epifenomeni  del "mare", però sempre mare "restano".
Oppure come le "onde elettromagnetiche" della luce, che (riflesse o meno che esse siano), sempre LUCE sono; come ben evidenziato visivamente da questa immagine tratta dall'"Esperimento di Young" (che, però, non c'entra niente con il mio discorso).
2)
Il termine PRESSO, con cui in genere si traduce πρὸς" (+ l'accusativo "τὸν θεόν"), in questo caso, secondo me, non va tradotto come "presso", bensì "per, a cagione o in conseguenza di"; cioè che il LOGOS si manifesta "per, a cagione o in conseguenza di" DIO, essendo sostanzialmente Lui stesso nel momento in cui "si manifesta".
O , se preferite, nel momento in cui l'ESSERE si "riflette" e si "concretizza" nel singoli ESISTENTI; cioè, nei frammenti dello specchio rotto!
.
3)
Quanto al passo generalmente tradotto "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste", a dire il vero nel Vangelo di Giovanni viene usato il termine "ἐγένετο".
Tale termine, in lingua greca, più che "fatto" o "creato" (nel qual caso si sarebbe usato il participio passato del verbo "ποιέω"), vuol dire "generato"; così come appunto gli epifenomeni "onde" vengono "generate" quali forme transeunti dello stesso "mare", non certo "fatte" o "create" "ex nihilo" da lui.
"Ex nihilo, nihil fit"!
Quanto alla locuzione "ciò che esiste", essa, secondo me, va intesa in senso contrapposto a "ciò che è"; cioè, "ciò che esiste" è la semplice passeggera e "individuale" manifestazione di "ciò che è".
.
4)
Ed infatti, quanto a tali singoli ESISTENTI, di sicuro, "moriranno come ogni uomo!" (Salmo 82), cioè come singoli "individui"; ma l'ESSERE che è in loro, non morirà mai, per il semplice fatto che non è mai nato!
Non è "immortale", bensì è "eterno"!
Ed infatti, "sin dal principio", nel LOGOS "era la vita e la vita era la luce degli uomini"; cioè l'ESSERE che illumina e sottende ogni uomo, c'è sempre stata, da sempre, e sempre continuerà ad esserci.
Per cui, in realtà, nessuno nasce e nessuno muore!
***
.
                  RAPPORTO CON L'ESEGESI CATTOLICA
Per quanto riguarda la confessione cattolica (e, mi sembra, anche quella ortodossa e quella protestante), un punto fermo in materia fu posto dal Concilio di Calcedonia (451 d.C.), nel quale, con una definizione solenne, si precisò che in Gesù Cristo le due nature, la divina e l'umana, si sono unite (senza confusione) in un unico soggetto personale che è la divina Persona del LOGOS-DIO.
A motivo del termine greco si è soliti parlare di "unione ipostatica", in quanto:
- al di fuori del tempo, la stessa persona del Verbo-Figlio è generata eternamente dal Padre per quanto concerne la sua divinità (FIGLIO DI DIO);
- nel tempo invece è stata concepita ed è nata dalla Vergine Maria per quanto concerne la sua umanità (FIGLIO DELL'UOMO).
Ed infatti, il termine "FIGLIO", va inteso come "GENERATO DA", ma in due differenti sensi ontologici.
Per esemplificare in modo molto banale:
- Nella realtà al di fuori di un CARTONE ANIMATO, l'immagine di una capretta in movimento, nel momento in cui viene partorita da una capra, è "generata" da un fascio di luce colorata proiettata su uno schermo bianco (che è bianco, immobile, e sempre uguale a se stesso);
- all'interno della rappresentazione contenuta nel CARTONE ANIMATO,  invece, la capretta viene "cinematograficamente" concepita da una capra, per quanto concerne la sua "caprinitas", e l'azione che si svolge "cinematograficamente" solo sullo schermo.
Cioè, Cristo è proiezione dell'ESSERE Dio nel mondo fenomenico, rappresentato ESISTENZIALMENTE da un parto umano.
.
***
Questa è la mia personale esemplificazione moderna del concetto di "IPOSTASI".
***
.
Sinceramente, non saprei dire fino a che punto la mia concezione possa "collimare" con quella conciliare, ovvero se debba considerarsi eretica.
Sotto certi aspetti temo che debba considerarsi alquanto eretica, in quanto, ad esempio, per me, il termine "persona" può identificare soltanto i singoli individui, e giammai DIO;  il quale, in quanto ESSERE (cioè il "minimo comun denominatore" di tutto ciò che ESISTE), non può essere in alcun modo considerato una "persona" (per genere prossimo e differenza specifica), se non in senso "molto" metaforico, e ai soli fini meramente devozionali.
Come Lui stesso, "metaforicamente", spiegò a Mosè quando gli chiese il suo nome (IO SONO); ed infatti l'ESSERE non può avere alcun "nome", essendo quest'ultimo riservato esclusivamente alle sue manifestazioni, cioè, a noi.
Ma quando moriremo, tornando anche noi ESSERE, indubbiamente il nostro nome lo perderemo per sempre; così come non lo avevamo prima di nascere fisicamente.
***

Ipazia

Finissima esegesi del pensiero più greco del cristianesimo da parte di Eutidemo, atta a sviscerare i reconditi misteri della teologia cristiana.

Io, da atea, mi interesso più all'archè, rispetto alla quale, antropologicamente, Giovanni ci azzecca assai: tutte le teologie, incluse quelle secolari, sono intessute di logos. Mentre la realtà rimane physis. Chi prevarrà ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Eutidemo

Citazione di: Ipazia il 30 Gennaio 2023, 08:12:40 AMFinissima esegesi del pensiero più greco del cristianesimo da parte di Eutidemo, atta a sviscerare i reconditi misteri della teologia cristiana.

Io, da atea, mi interesso più all'archè, rispetto alla quale, antropologicamente, Giovanni ci azzecca assai: tutte le teologie, incluse quelle secolari, sono intessute di logos. Mentre la realtà rimane physis. Chi prevarrà ?
E' vero, la mia una visione del cristianesimo di tipo "platonico" (o meglio "plotiniano"); ma non è detto che sia quella più giusta! O:-)

InVerno

Nei sinottici Gesù non dice mai di sè stesso di essere Dio (gli autori certamente lo vedono come divino, ma è diverso), il punto focale del racconto è sull'arrivo del Regno di Dio, solo in Giovanni, il più tardo, appaiono queste famose autoderminazioni. E' piuttosto irrazionale pensare che se Gesù fosse circolato in Giudea dicendo di sè stesso di essere Dio, e che le tre fonti che universalmente vengono riconosciute come le più antiche "dimentichino" di menzionarlo o lo ritengano superfluo, è evidente che c'è un evoluzione cronologica del messaggio testamentario, sempre più allegorica ed esaltativa, di cui anche santi e i teologi sono parte in causa, indirettamente. Ci sono citazioni attribuite a Gesù che gli storici ritengono più probabili essere attribuili a Gesù proprio per il fatto che una volta tradotte dal greco all'aramaico hanno più senso, questo testimonia la volontà degli autori nel cercare di riportare detti che venivano attribuiti a Gesù in maniera storica, non mitologica, eppure i sinottici non menzionano Gesù autodefinirsi divino. Il problema dell'allegoria e del fondamentalismo è qua, il genere dei testi è misto, ed è misto in una maniera e secondo una logica che è difficilmente recuperabile o conoscibile. Da una parte ci sono elementi narrativi che chiaramente appartengono al mito, dall' altra è un mito che vuole presentarsi come una testimonianza diretta, da una parte c'è l'asciuttezza di Marco, dall'altra la magniloquenza retorica di Giovanni, da una parte c'è la rilevanza politica del definirsi Messia nel mondo ebraico, dall'altra l'esaltazione paolina del Regno spirituale. Modernamente non siamo abituati ad affrontare questo tipo di storie, siamo abituati a vedere queste due chiavi di lettura nettamente divise a priori, è chiaro che il risultato sarà una netta distinzione tra chi vorrà far prevalere un piano rispetto ad un altro, quando è altrettanto chiaro che non essendo divisi all'origine, è un operazione estremamente complessa se non impossibile, un pò come dividere due gemelli siamesi la maggior parte delle volte conduce alla morte di entrambi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eutidemo

Ciao Inverno. :)
Hai ragione, nei sinottici Gesù non dice mai di sè stesso di essere "Dio"; però, a mio parere, c'è un'eccezione.
Ed infatti, a ben vedere, a saperlo leggere tra le righe, un passo del Vangelo in cui Gesù, sostanzialmente, dichiara di essere Dio c'è: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59).
Non dice "Io ero" (come la sintassi e la "consecutio temporum" avrebbero richiesto), bensì "Io Sono"; cioè, esattamente lo stesso nome che DIO, aveva dato a Mosè.
Ed infatti Mosè chiese a DIO: <<Ecco, quando andrò dai figli d'Israele e dirò loro: "Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi". Ma se essi mi dicono: "Qual è il suo NOME?", che cosa risponderò loro?». 
Ed allora DIO rispose a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "<<L'IO SONO>> (cioè DIO) mi ha mandato da voi"» (Esodo 3,11-15);ֹּאמֶר אֱלֹהִים אֶל-מֹשֶׁה, אֶהְיֶה אֲשֶׁר אֶהְיֶה; וַיֹּאמֶר, כֹּה תֹאמַר לִבְנֵי יִשְׂרָאֵל, אֶהְיֶה, שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם»
Per cui, quando Gesù dice "prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59), non rispettando i "tempi" del verbo essere, e ripetendo il nome autoattribuitosi da DIO davanti a Mosè (<<Io Sono>>), in sostanza, almeno secondo me, è come se avesse ammesso di essere <<DIO>>.
***
E laddove dice "Io e il Padre siamo una cosa sola", Gv 10,30), non vuol certo dire che Dio è il marito di sua madre, bensì, semplicemente, che lui e Dio non sono due cose distinte (separate o unite che esse siano), bensì sono la stessa identica cosa!
***
Un saluto! :)
***

InVerno

Citazione di: Eutidemo il 30 Gennaio 2023, 11:23:31 AM
Ciao Inverno. :)
Hai ragione, nei sinottici Gesù non dice mai di sè stesso di essere "Dio"; però, a mio parere, c'è un'eccezione.
Ed infatti, a ben vedere, a saperlo leggere tra le righe, un passo del Vangelo in cui Gesù, sostanzialmente, dichiara di essere Dio c'è: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59).
Scusa non capisco, i passi che citi sono di Giovanni, io dicevo che in Marco ed Luca e Matteo (Q) non c'è autodeterminazione divina, in Giovanni c'è sicuramente.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

iano

#312
@Eutidemo
Ritrovo nella tua interpretazione dei testi biblici il mio personale pensiero filosofico, dove aggiungi anche il pezzo che mi mancava con la distinzione fra l'essere e ciò che è, per cui si potrebbe dire che le onde non sono se non come epifenomeni di ciò che è.
Esistono nella misura in cui gli si può dare un nome, e questo nome dovrebbe darlo l'uomo il quale però è a sua volta un epifenomeno, quindi avremmo un epifenomeno che nomina epifenomeni.
Possiamo dire che la scienza ha risolto questa contradizione introducendo un logorroico nominatore di epifenomeni, che non è quindi a sua volta tale?
In effetti nella mia filosofia ciò che è, è duale, anche se questo non esclude l'unità del tutto, ma concede che si possa risalire ad essa passando per più livelli epifonemenici.
Altrove si parla di una trinità che media fra l'uno e i molti.

Sembra inoltre che a coloro che testimoniano in favore della natura divina di Gesù manchi la piena consapevolezza di essere osservatori nel senso moderno, nel senso che infatti è solo attuale, perchè si accontentano di vedere e di toccare, come fà San Tommaso.
Si accetta quindi che la percezione sensibile umana sia sufficiente a dimostrare il divino, cosa che può non considerarsi colpevole blasfemia solo nella misura in cui l'uomo non sà quello che dice.
Non che nel senso attuale, quello scientifico, non sia meno blasfemo pretendere di testimoniare la verità, sia inteso, ma non c'è blasfemia se non si ipotizza un essere che possa sentirsi da ciò offeso.
Un uno che è, ma che non si offende.
Insomma, è ben comprensibile che gli uomini che attraverso i testi sacri portano la loro testimonianza lo facciano come uomini del loro tempo.
Possono apparirci ingenui, anche se non tutti li percepiscono come tali, accettando la loro testimonianza di uomini in senso assoluto, fatta slava l'interpretazione di questa testimonianza, interpretazione fatta a sua volta da uomini attuali, ma che non perciò si sentono da quelli diversi.
Ora, siccome è certo che il momento storico in cui Dio ha deciso di farsi uomo ispirando i profeti non ha nulla di peculiare, resta la curiosità di immaginare quali testi sacri si sarebbero prodotti oggi se Dio avesse invece scelto date attuali.
Quello che non quadra nei testi sacri è che una data valga l'altra per scriverli in un linguaggio dell'epoca, che non essendo però immutabile, necessiti di essere reinterpretato.
Non farebbe perciò prima a Dio promuovere nuove edizioni, se si volesse senza fallo manifestare?
E se l'avesse già fatto?
E se lo facesse in continuazione?
Il problema è che questi nuovi testi per essere sacri non devono essere apocrifi, testi apocrifi che da una certa data in poi non hanno fatto che moltiplicarsi.
Strano.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: Eutidemo il 30 Gennaio 2023, 11:23:31 AM
Ed allora DIO rispose a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "<<L'IO SONO>> (cioè DIO) mi ha mandato da voi"» (Esodo 3,11-15);ֹּאמֶר אֱלֹהִים אֶל-מֹשֶׁה, אֶהְיֶה אֲשֶׁר אֶהְיֶה; וַיֹּאמֶר, כֹּה תֹאמַר לִבְנֵי יִשְׂרָאֵל, אֶהְיֶה, שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם»
Per cui, quando Gesù dice "prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59), non rispettando i "tempi" del verbo essere, e ripetendo il nome autoattribuitosi da DIO davanti a Mosè (<<Io Sono>>), in sostanza, almeno secondo me, è come se avesse ammesso di essere <<DIO>>.
Alcune osservazioni amatoriali sull'«io sono» di Esodo 3,11-15: la frase citata in ebraico viene tradotta (dal traduttore online, per quel che vale) con «Dio disse a Mosè, sarò (אֶהְיֶה) quello che sarò (אֶהְיֶה); Ed egli disse: Così direte ai figli d'Israele: sarò (אֶהְיֶה,), mi ha mandato da voi»; l'«io sono» che conosciamo nella traduzione italiana in ebraico è al futuro; ciò detto, con quel «sarò» Dio profetizza la "sua" discesa in terra, che si attualizzerà con Cristo?

Esodo 3,14 nella bibbia in greco risulta «ὤν καὶ εἶπεν οὕτως ἐρεῖς τοῖς υἱοῖς Ισραηλ ὁ ὢν ἀπέσταλκέν με πρὸς ὑμᾶς» (letteralmente: «E Dio disse a Mosè: "Sono io" e disse ai figli d'Israele: "Sono stato mandato da voi"») e Gv 8,58 «εἶπεν ⸀αὐτοῖς Ἰησοῦς· Ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, πρὶν Ἀβραὰμ γενέσθαι ἐγὼ εἰμί» (traduzione identica alla versione italiana) con l'«io sono» («ἐγὼ εἰμί») conclusivo che non trova riscontro, almeno letterale, nel versetto dell'Esodo.

Nella bibbia latina c'è invece scritto: «"Ego sum qui sum". Ait: "Sic dices filiis Israel: Qui sum misit me ad vos"»; traducibile (sempre con Google) con «"Sono chi sono ". Disse: "Così direte ai figli d'Israele: Sono colui che mi ha mandato da voi"». Da notare che, nel versetto Gv 8,58 Cristo afferma «ego sum» non «qui sum» (quindi è debole il richiamo al «Qui sum misit me ad vos» dell'Esodo).

Eutidemo

Citazione di: InVerno il 30 Gennaio 2023, 12:15:34 PMScusa non capisco, i passi che citi sono di Giovanni, io dicevo che in Marco ed Luca e Matteo (Q) non c'è autodeterminazione divina, in Giovanni c'è sicuramente.
E' così!
Io cito il vangelo di Giovanni, dove  l'autodeterminazione divina c'è sicuramente; nei vangeli di  Marco, Luca e Matteo non se ne parla proprio.
Ma il vangelo di Giovanni vale quanto gli altri; se non di più! :)

Discussioni simili (3)