La "scelta" "di credere o di non credere".

Aperto da Eutidemo, 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM

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Eutidemo

So benissimo che l'opinione prevalente è che, quella "di credere o di non credere", sia una scelta volontaria dell'individuo; ma io sono di avviso assolutamente contrario, in quanto, a mio parere, il "credere" o il "non credere" non costituiscono in alcun modo una scelta volontaria (in quanto tale "premiabile" o "punibile").
In ogni caso, a mio parere, occorre distinguere
- il credere per "fiducia" (cioè fidandosi di ciò che ci racconta una determinata persona, di cui personalmente ci fidiamo);
- il credere per "fede" (cioè, per vocazione, ispirazione o convinzione interiore ;
***
Faccio un esempio.
Un mio amico, nel quale nutro la massima fiducia, mi racconta che il giorno dopo aver seppellito il padre, tornando al cimitero, ha trovato la tomba vuota; e che il giorno ancora successivo, lo ha incontrato addirittura a spasso per strada, del tutto vivo e vegeto.
Ebbene, poniamo che, nutrendo io la massima fiducia in lui, ed inoltre volendo compiacerlo, io voglia fare lo sforzo di credergli; è ovvio che non ci riuscirei MAI!
Non dipende mica da me!
Ed infatti, se dicessi di credergli:
- o mentirei a lui;
- oppure mentirei a me stesso!
***
Se, quindi, leggo una cosa del genere su un libro, scritto duemila anni fa, nel quale vengono riportate le "presunte" testimonianze di dodici sconosciuti, come diamine faccio a crederci, solo per "fiducia" in loro?
E' chiaro che non ha senso, non conoscendoli neanche di persona come persone degne di "fiducia"!
***
Ed infatti, in questo caso, non si tratta di credere o meno alla "parola di Dio", bensì di credere alla "parola di uomini"; che, mi sono del tutto sconosciuti, e che, per giunta, sono pure morti duemila anni fa!
***
Ed infatti:
- un conto è avere "fede" che Dio esista, per vocazione, ispirazione o convinzione interiore (più o meno intensa che essa sia);
- un altro conto, invece, è credere alla "testimonianza di uomini", i quali sostengono di essere stati "delegati" da Dio a rivelare le verità da Lui predicate, ma sulla cui "procura" appare soltanto la loro firma, ma non certo quella di Dio.
Nessun Notaio accetterebbe mai una delega firmata solo dai "delegati", ma non dal "delegante"!
***
Pertanto, a parte che, nel caso di specie, si tratta più che altro di "fiducia" nella testimonianza di uomini (defunti e sconosciuti), e non certo della "fede" in Dio (che è un'altra cosa), in entrambi i casi, però, si tratta di "determinazioni psichiche" indipendenti dalla nostra volontà.
***
Ed infatti, lasciando stare i resoconti di ignoti individui vissuti duemila anni fa, nei quali è oggettivamente impossibile, non conoscendoli, nutrire una "fiducia personale" in loro, per quanto riguarda, invece, la "fede interiore" nell'esistenza di Dio (sia pure sentita e concepita nei modi più diversi), i casi sono quattro:
- o si nutre una fede forte e sincera, ed allora non si può scegliere di smettere di crederci;
- o non si crede affatto all'esistenza di Dio, ed allora non si può scegliere di cominciare a crederci con uno "sforzo di volontà";
- o si finge una cosa o l'altra, per "tradizione", "convenzione", o "convenienza";
- oppure, infine, si hanno al riguardo soltanto dei "dubbi".
***
A parte il terzo caso, almeno a mio parere, non si tratta di cose che dipendono da noi; per cui, secondo me, non possiamo essere puniti o ricompensati, per questo, nell'altro mondo!
Ma, in questo caso, la mia opinione contrasta con le credenze di tutte le religioni e confessioni esistenti; ed in particolare, con quella luterana, secondo la quale la salvezza dipende solo dalla "fede cieca in Dio" che perdona e rende giusto l'uomo, indipendentemente dalle opere che questo compie.
Ma se la "fede" ci viene concessa per "grazia", ovvero negata per "disgrazia", che merito o che colpa ne abbiamo noi?
***

Phil

Se ne parlava giusto una decina di giorni fa con Duc (qui e dintorni); parafrasando Platone: non si può scegliere di credere davvero in una divinità se non si crede che essa esista, non si può decidere a piacimento in cosa credere, per cui qualunque mano che il Cielo ci porge (o qualunque sacralità che un libro ci propone) non viene vista come tale e, di conseguenza, non viene accolta come sacra. Tale cecità, se onesta e in buona fede, non è stata scelta a priori e punire per tale cecità è un po' come "sparare sulla croce rossa"; fermo restando che, se una divinità esiste, non deve per forza essere compassionevole e comprensiva verso la nostra cecità (come noi, eventualmente, vorremmo lei fosse).
Se qualcuno decide di sventolare una banconota da cento euro davanti agli occhi di un non vedente e, quando viene a sapere che questi è morto di fame, commenta l'accaduto assolvendosi e dicendo che in fondo gli sarebbe bastato prendere la sua banconota, costui certamente è libero di avere tale beffarda opinione (che, se spontanea, non ha nemmeno scelto di avere). Tale burlone potrebbe anche andare oltre, sospettando che il non-vedente abbia volutamente ignorato la banconota per evitare il viaggio e la fatica di andare a comprare il cibo (di "vita eterna") che gli avrebbe salvato la vita; la conseguenza di tale pigrizia sarebbe dunque una "ben meritata" morte di fame.
Se piuttosto che sventolare la banconota davanti ad occhi ciechi, gliel'avesse lasciata in mano, avremmo di certo risolto i dubbi sulla pigrizia del cieco e chissà come sarebbe andata a finire... tuttavia, come già detto, persone e dei non hanno necessariamente sempre una "natura" amorevole (e possono davvero scegliere di averla? Si può decidere di cambiare senza sentire prima la propria condizione come carente? Platone dice di no).

niko

Nel cristianesimo Dio e' persona, quindi direi che in esso fede e fiducia convergono...

Si ha fede in Dio, e fiducia nella persona; il "tilt" che succede quando si pretende che le due cose convergano -nel Dio persona, in quanto incarnato- , segna il destino di una religione orientata ad universalizzarsi, e laicizzarsi.

Si consolida, e si rafforza, sostanzialmente il feticcio dell'individuo, dell'anima come coscienza; da una natura funzionale, utilitaristica, del concetto di individuo, cui lo aveva consegnato la filosofia, soprattutto ellenistica, a una identitaria, rispecchiante, a cui lo consegna la "nuova" religione.

Cosi' come, in quanto Dio e' persona, la fatidica obbedienza a Dio non e' SOLO una figura della legalita', che nel migliore dei casi, quando la legge e' sentita come propria, e' anche autonomia (obbedienza alla legge, o comunque alla prassi corretta); ma ANCHE una figura del servilismo/gregarismo (obbedienza diretta alla persona).

Gli antichi romani non capivano i cristiani (la questione appunto della presunta "follia" dei cristiani), tra i vari motivi, anche perche' essi rispettavano concettualmente l'obbedienza alla legge, ma disprezzavano l'obbedienza alla persona (ad esempio la schiavitu' e la servitu' erano, a buone ragioni, viste come una condizione deteriore e in assoluto non desiderabile, e anche il loro eventuale "concetto", filosofico e teologico; l'imperatore, e l'uomo di potere in generale, che poteva ambire a comandare anche su altri "liberi", era tale perche' investito di autorita' dalla legge).



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Vi è una sostanziale differenza tra "credere", "sapere" e "essere".
Tutti e tre si riferiscono alla verità.
Ma con gradi e modalità diversi.

Il credere implica necessariamente il dubbio. Credo in quanto dubito.
Se non dubitassi non crederei.

Mentre il sapere ritiene di poter fare a meno del dubbio. Io so, quindi non dubito.
La conoscenza non necessita di alcuna credenza.

Viceversa l'essere prescinde da un eventuale sapere e non ha alcuna necessità di credere.
Io sono, non ho bisogno di sapere né tanto meno di credere.
L'essere basta a se stesso.

Probabilmente il sapere è il più ambiguo dei tre. Fino a che punto posso davvero fare a meno del dubbio?

Invece l'essere sembrerebbe impossibile.
Tuttavia ho conosciuto, e continuo a incontrare, persone che mostrano di essere, per davvero.
Magari solo in alcuni momenti, ma in quei brevi istanti loro sono.

Sì, anche questo è un mio sapere... ma non un sapere di qualcosa... è percezione di Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#4
Citazione di: Eutidemo il 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM
So benissimo che l'opinione prevalente è che, quella "di credere o di non credere", sia una scelta volontaria dell'individuo; ma io sono di avviso assolutamente contrario, in quanto, a mio parere, il "credere" o il "non credere" non costituiscono in alcun modo una scelta volontaria (in quanto tale "premiabile" o "punibile").

Concordo.
Secondo me esiste una necessità di credere, per cui crediamo senza volerlo e senza saperlo, e un eventuale bisogno di credere che, in quanto tale, accoglie improbabili testimonianze ponendovi fede,  le prime che capitano, e di solito sono quelle presenti in ''loco'' .
Anche la religione da abbracciare non sembra derivare dunque da una scelta.
Comunque, che lo si sappia oppure no, non si può non credere in qualcosa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

anthonyi

Citazione di: Eutidemo il 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM
So benissimo che l'opinione prevalente è che, quella "di credere o di non credere", sia una scelta volontaria dell'individuo; ma io sono di avviso assolutamente contrario, in quanto, a mio parere, il "credere" o il "non credere" non costituiscono in alcun modo una scelta volontaria (in quanto tale "premiabile" o "punibile").
In ogni caso, a mio parere, occorre distinguere
- il credere per "fiducia" (cioè fidandosi di ciò che ci racconta una determinata persona, di cui personalmente ci fidiamo);
- il credere per "fede" (cioè, per vocazione, ispirazione o convinzione interiore ;
***

Se ci fai caso, eutidemo, nella differenza tra fiducia e fede é implicita la scelta tra un'interpretazione materialistica o spirituale.
La fede in quanto ispirazione interiore deve essere ispirata da qualcosa di immateriale, a meno che non si voglia credere che la fede venga  dall'eredita genetica dell'individuo. 
La fiducia, invece, cioè il credere perché tanti ti hanno raccontato quella cosa, da una spiegazione materiale. 

Eutidemo

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2023, 11:29:02 AMSe ne parlava giusto una decina di giorni fa con Duc (qui e dintorni); parafrasando Platone: non si può scegliere di credere davvero in una divinità se non si crede che essa esista, non si può decidere a piacimento in cosa credere, per cui qualunque mano che il Cielo ci porge (o qualunque sacralità che un libro ci propone) non viene vista come tale e, di conseguenza, non viene accolta come sacra. Tale cecità, se onesta e in buona fede, non è stata scelta a priori e punire per tale cecità è un po' come "sparare sulla croce rossa"; fermo restando che, se una divinità esiste, non deve per forza essere compassionevole e comprensiva verso la nostra cecità (come noi, eventualmente, vorremmo lei fosse).
Se qualcuno decide di sventolare una banconota da cento euro davanti agli occhi di un non vedente e, quando viene a sapere che questi è morto di fame, commenta l'accaduto assolvendosi e dicendo che in fondo gli sarebbe bastato prendere la sua banconota, costui certamente è libero di avere tale beffarda opinione (che, se spontanea, non ha nemmeno scelto di avere). Tale burlone potrebbe anche andare oltre, sospettando che il non-vedente abbia volutamente ignorato la banconota per evitare il viaggio e la fatica di andare a comprare il cibo (di "vita eterna") che gli avrebbe salvato la vita; la conseguenza di tale pigrizia sarebbe dunque una "ben meritata" morte di fame.
Se piuttosto che sventolare la banconota davanti ad occhi ciechi, gliel'avesse lasciata in mano, avremmo di certo risolto i dubbi sulla pigrizia del cieco e chissà come sarebbe andata a finire... tuttavia, come già detto, persone e dei non hanno necessariamente sempre una "natura" amorevole (e possono davvero scegliere di averla? Si può decidere di cambiare senza sentire prima la propria condizione come carente? Platone dice di no).
Sottoscrivo parola per parola; hai espresso discorsivamente il mio pensiero, molto meglio di quanto non sia stato capace di farlo io ;)

Eutidemo

Ciao Niko :)
Sono soltanto delle "persone" a dire che esiste una "persona" di nome Dio; ma una "persona" di nome Dio io non l'ho mai incontrata "personalmente"!
Io vedo, sento e comunico solo con le "persone" che dicono che esiste un "Dio persona", ma, per quanto ne so, Dio potrebbe anche essere soltanto un parto della loro immaginazione o autosuggestione.
***
Non basta che qualcuno dica che Dio esiste come "persona", per renderla tale; altrimenti sarebbe stata tale anche Venere!
***
Non si può avere "fiducia" in una "persona" che non si è mai vista nè concretamente nè  oggettivamente "presentarsi in pubblico o privatamente con i palesi attributi di una divinità".
***
Si può avere invece "fede" in un Dio "apofatico", privo:
- sia di connotati "antropomorfici" (testa, braccia gambe ecc.);
- sia di connotati "antropopatetici" (amorevolezza, irascibilità, compassione ecc.)
***
Un saluto! :)
***

Eutidemo

Citazione di: anthonyi il 04 Gennaio 2023, 20:11:43 PMSe ci fai caso, eutidemo, nella differenza tra fiducia e fede é implicita la scelta tra un'interpretazione materialistica o spirituale.
La fede in quanto ispirazione interiore deve essere ispirata da qualcosa di immateriale, a meno che non si voglia credere che la fede venga  dall'eredita genetica dell'individuo.
La fiducia, invece, cioè il credere perché tanti ti hanno raccontato quella cosa, da una spiegazione materiale.
Esatto! :)
Non si può avere "fiducia" in una "persona" che ci è stata solo raccontata come "divina".
Si può avere invece "fede",  ispirata da qualcosa di immateriale, in un Dio "apofatico", privo:
- sia di connotati "antropomorfici" (testa, braccia gambe ecc.);
- sia di connotati "antropopatetici" (amorevolezza, irascibilità, compassione ecc.)
***
Un saluto! :)
***





Eutidemo

Citazione di: bobmax il 04 Gennaio 2023, 17:17:47 PMVi è una sostanziale differenza tra "credere", "sapere" e "essere".
Tutti e tre si riferiscono alla verità.
Ma con gradi e modalità diversi.

Il credere implica necessariamente il dubbio. Credo in quanto dubito.
Se non dubitassi non crederei.

Mentre il sapere ritiene di poter fare a meno del dubbio. Io so, quindi non dubito.
La conoscenza non necessita di alcuna credenza.

Viceversa l'essere prescinde da un eventuale sapere e non ha alcuna necessità di credere.
Io sono, non ho bisogno di sapere né tanto meno di credere.
L'essere basta a se stesso.

Probabilmente il sapere è il più ambiguo dei tre. Fino a che punto posso davvero fare a meno del dubbio?

Invece l'essere sembrerebbe impossibile.
Tuttavia ho conosciuto, e continuo a incontrare, persone che mostrano di essere, per davvero.
Magari solo in alcuni momenti, ma in quei brevi istanti loro sono.

Sì, anche questo è un mio sapere... ma non un sapere di qualcosa... è percezione di Dio.
Il tuo ragionamento può essere sintetizzato nella famosa frase ""Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium!" (Paolo Lettera agli Ebrei (XI, 1).
Che Dante traduce: "Fede è sustanza di cose sperate, e argomento de le non parventi" (Paradiso XXIV, 64) 
Un saluto :)

Eutidemo

Ciao Iano! :)
Il tuo è un ragionamento condivisibilissimo!
Però, il fatto che "non si può non credere in qualcosa", non significa che quel qualcosa in cui si crede esista sul serio!
Anzi, secondo me (e la mia esperienza personale, anche "extrareligiosa") la probabilità che qualcosa sia vero è "inversamente" proporzionale al nostro desiderio che effettivamente lo sia!
***
Il che mi ricorda:
a)
Un passo di Voltaire: "Si Dieu n'existait pas, il faudrait l'inventer!" (cioè "Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo.").
b)
Un passo de "Le mie prigioni", in cui Silvio Pellico (che era credente), trova la seguente scritta sul muro della cella in cui era rinchiuso: "Se ti trovi qui dentro sei senz'altro uno sventurato; ma se, per consolarti, cominci a credere in Dio, oltre che sventurato sei anche un illuso!"
Ho citato a memoria, per cui non garantisco l'esattezza letterale della citazione; ma il senso era quello (anche se non lo condivido del tutto).
***
Un saluto! :)
***

iano

#11
Citazione di: Eutidemo il 05 Gennaio 2023, 05:58:21 AM
Ciao Iano! :)
Il tuo è un ragionamento condivisibilissimo!
Però, il fatto che "non si può non credere in qualcosa", non significa che quel qualcosa in cui si crede esista sul serio!


Non sembra che sia io a decidere che ogni giorno il sole sorga, ma se invece fossi io a deciderlo, e decidessi sempre allo stesso modo, ciò equivarrebbe in apparenza a non decidere.
La mia scelta quindi diventerebbe così scontata da non sembrare più una scelta, e man mano che confermerò ogni volta la mia scelta, tenderò sempre più a far ciò in automatico, senza più pensare e non avendo più coscienza di farlo. Farò una scelta senza sapere di farla, e non sapendo di farla non potrò cambiarla, come se non fossi io a farla, ma venisse da sè, così come  sembra venire da sè il sole.
Con ciò non intendo né che tutto sia una invenzione, né che le mie scelte condizionino gli eventi.
A ciò che non è invenzione io non ho diretto accesso, ma posso sperare che le mie invenzioni abbiano una corrispondenza con ciò cui non ho diretto accesso. Se questa corrispondenza è sufficiente , col tempo ciò che io ho deciso di inventare diventa ciò a cui io non ho diretto accesso, dimentico dell'invenzione.
Così la mia invenzione diventa evidenza.
Ciò che io decido non appare più derivante da una decisione neanche a me stesso.

Nel momento in cui decido di porre fede in qualcosa di nuovo, questo meccanismo può rinnovarsi, ma non sono io a decidere se il risultato sarà una evidenza o aria fritta.
Ma se in nulla pongo fede il meccanismo non si attiva.
Nulla di ciò in cui io pongo fede esiste se non come invenzione, liberamente scelta al netto dei condizionamenti culturali per cui una scelta non è mai un fatto individuale, anche se è vero che l'individuo è potenzialmente un centro di scelta indipendente, e anzi questa è una buona definizione sostanziale di individuo, più che i suoi confini formali.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

C'è una trasmissione attraverso i secoli di un evento. Non è che uno si sveglia al mattino, prende un vecchio libro e crede in quello che sta scritto. L'alternativa quale sarebbe nel caso del cristianesimo? Che Dio dovrebbe incarnarsi in ogni momento, in misura evidente a tutti, così da poter riporre fiducia in lui. Però nemmeno a Gesù credevano tutti; molti lo abbandonavano e se ne andavano. Oggigiorno sarebbe peggio. Eutidemo sicuramente non ci crederebbe lo stesso. Magari vorrebbe la dimostrazione dell'eventuale miracolo e passerebbe la vita nel cercare di svelare il "trucco" usato. :))
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#13
Tutto ciò che nasce da una decisione può acquisire col tempo forma di evidenza, con l'unica eccezione dello stesso decidere, che appare tale finché mostra la sua aleatorietà.
Ma questa aleatorietà non esclude il caso in cui una scelta si ripeta sempre uguale, come fosse obbligata, senza però esserlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#14
Citazione di: Pio il 05 Gennaio 2023, 10:32:57 AMNon è che uno si sveglia al mattino, prende un vecchio libro e crede in quello che sta scritto.
Eppure questo è quello che fà chi legge un libro fino in fondo.
Poi prende un libro diverso e ripete l'operazione e magari  anche a questo crede arrivando in fondo.
Queste operazioni diverse cosa hanno in comune?
Non certo ciò in cui si crede di volta in volta, ma la capacità di credere che immutata passa da un libro all'altro, e questo dice molto su chi noi siamo.
Possiamo decidere in cosa credere, ma non possiamo decidere se credere , perchè noi siamo ''capacità di credere''.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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