La realtà ultima dei fenomeni

Aperto da bluemax, 26 Aprile 2017, 22:54:49 PM

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Sariputra

@ InVerno scrive:

Il tema della comunicabilità (e della validità del rapporto maestro-discepolo) rimane per me un grandissimo punto interrogativo riguardo ogni filosofia, orientale o meno. Sono sempre stato affascinato dall'idea ebraica della parola "incomunicabile"...
Ci adagiamo sulle parole come se fossero strumenti perfetti, invece sono quanto di più labile e arbitrario la nostra mente abbia mai creato, a tal punto che non ho idea di che cosa tu abbia realmente letto in questo momento.

Concordo e aggiungo: non solo tu non hai idea di cosa io abbia realmente letto ma io stesso non so se ho realmente inteso cosa intendi veramente esprimere. E' un grosso problema l'uso del linguaggio, soprattutto nella comunicazione di esperienze 'spirituali' che in definitiva sono delle esperienze "assolutamente solitarie".
Sono talmente d'accordo che sono andato a ritrovare un passo dal sutra di Vimalakirti sull'argomento e sul rapporto maestro-discepolo:

Seicento anni dopo il nirvana del Buddha, ci fu un uomo che all'età di sessant'anni ( Hai capito Sgiombo? Non sei vecchio... ;D) uscì dal mondo. In pochissimo tempo recitò le Tre Ceste ( i tre canestri, o ceste, in cui si divide il canone Pali...nota del Sari ) e in seguito scrisse dei trattati su di esse. Quando ebbe concluso fece questa riflessione:"Nella legge del Buddha, che cosa c'è in più? C'è solo questo in più: la legge della meditazione. Io la praticherò e finchè non avrò ottenuto la Via il mio fianco non toccherà terra". Per questo motivo venne chiamato Monaco Fianco (Parsva). E allora ottene il frutto del santo. Acquisì un prodigioso talento nella parola e si distinse nelle discussioni.
C'era a quel tempo un monaco eretico chiamato Nitrito-di-Cavallo ( Asvaghosa), dotato di un'acuta intelligenza era in grado di spiegare chiaramente tutte le opere sacre e profane.Inoltre, anche lui, aveva un prodigioso talento nella parola che gli consentiva di confutare qualunque avversario in una discussione.
Sentì parlare di Monaco Fianco e lo interpellò:"Io posso confutare tutte le teorie in discussione. Se non riuscirò a confutare la teoria che voi sosterrete, mi dovrà essere mozzata la testa in segno di umiliazione".
Monaco fianco lo ascoltò discutere e si mantenne in silenzio senza dire nemmeno una parola.
Allora Nitrito-di-Cavallo lo considerò con disprezzo:" Quest'uomo, in realtà,ha una reputazione ben vana, egli non sa assolutamente nulla". E , accompagnato dai suoi discepoli, se ne andò.
Sulla strada, riflettè. Rivolgendosi ai suoi discepoli, disse loro:" Quell'uomo ha una saggezza molto profonda: sono io che ho subito l'umiliazione della sconfitta". I suoi discepoli gli dissero: "Cosa significa questo?" Egli rispose:" Ogni parola che ho pronunciato può essere confutata e io mi sono confutato da solo. Lui non ha detto nulla e non c'è stato nulla da confutare".
Allora ritornò da Monaco Fianco e gli disse." Sono io che ho subito l'umiliazione della sconfitta e non sono che uno stolto. Non so che farmene della testa di uno stolto come me. Mozzatela. Se voi non la mozzerete, dovrò farlo io stesso." Monaco fianco gli disse." Io non la mozzerò, ciò che bisogna fare è mozzare i vostri legami. Nei riguardi del mondo, la tonsura è come la morte. Non c'è differenza."
Nitrito-di-Cavallo abbassò la testa, ricevette la tonsura e divenne il discepolo di Monaco fianco.

Il rapporto maestro-discepolo (tipico dell'Oriente, ma che ha avuto le sue esperienze anche nel monachesimo cristiano, o nel sufismo, per es.) può essere un aiuto, ma non è necessariamente indispensabile ( lo stesso Monaco fianco del racconto raggiunge la saggezza senza essere discepolo di nessun maestro vivente...) e questo rapporto è così particolare che si è prestato e si presta a qualunque strumentalizzazione ed è un ottimo sistema per arricchire...i furbastri!  >:( ( penso sempre ad un certo Osho, quando entro in una libreria e, nella sezione 'spiritualità ed esoterismo", che non capisco perché mettano sempre insieme nell'angolo più introvabile del negozio, riempie con i suoi libri mezza sezione...e mi si materializza davanti l'immagine di una fila lunghissima di fiammeggianti Rolls Royce o Mercedes...mah!...).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#16
@Sgiombo scrive:
Soprattutto mi risulta inverosimile la possibilità di annullare (attraverso al meditazione) la realtà (fenomenica, percepita?) per il fatto di non essere qualcosa di in sé, di indipendente dalle sensazioni coscienti stesse

Non si tratta di annullare la realtà ma di annullare l'attaccamento alla tempesta di percezioni sensoriali e stati mentali conseguenti che incessantemente sorgono e svaniscono nella mente e di cui la coscienza si 'nutre'.
La coscienza stessa , secondo la visione buddhista, è un nutrimento della sete d'esistere . La condizione della coscienza ( di sensazioni coscienti e di rappresentazioni mentali) viene  visualizzata in una similitudine:
Un criminale è colpito da cento lance tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, e vive per sperimentare il dolore.
Ogni giorno, in ogni momento,, la consapevolezza della coscienza ci apre a questo impatto con il mondo degli oggetti, nei quali la coscienza stessa proietta il suo desiderio intervenendo nel processo di costruzione mentale degli stessi ( realtà 'condizionata'). Questa dura e impressionante immagine della coscienza che ci mandano gli scritti filosofici buddhisti ricorda un tema ricorrente nelle opere di Kafka, quello della coscienza come 'punizione'. Quello di un senso di colpa strano, ignoto...un senso di colpa segreto e inafferrabile, apparentemente non dovuto a nessuna ragione morale, che è nell'uomo e si può dire come intrinseco al fatto stesso di esistere e, a causa del quale, viene impenetrabilmente 'punito', mentre, nel fondo del suo essere, egli accetta come giusta tale punizione (lo troviamo , a mio parere, in diverse opere di Kafka come Il processo, Il castello e N.ella colonia penale).
Il desiderio della coscienza ha lo stesso carattere di quello per le impressioni sensibili: ossia il desiderio di vivere, di sentirsi vivi nel costante incontro con il 'mondo'; 'mondo' presente alla coscienza.
In questa particolare visione buddhista la coscienza , essendo nutrimento della sete d'esistere, cresce, prolifera nella mente , incessantemente alimentata dal proprio desiderio di sensazioni. Possiamo immaginarla come un polipo che se ne sta in agguato, ma un polipo non di otto ma bensì di mille e più tentacoli, pronti ad aggrapparsi e ad afferrare ogni sensazione, emozione, stato mentale ogni volta se ne presenti l'occasione...( ovviamente è solo un'immagine descrittiva...).
Coscienza pronta poi a procreare una nuona generazione di esseri, ognuno dotato di un proprio apparato di tentacoli...pronti ad afferrare.  :(
Non hanno un'immagine "nobile" della coscienza , i pensatori buddhisti, come di solito la intendiamo noi che riteniamo la coscienza una cosa 'alta' e le impressioni sensoriali e i desideri una 'bassa' o 'materiale' ( almeno inconsciamente penso che la maggior parte di noi 'bianchi' la intenda  così...)...
Il problema qui è anche di interpretazione e traduzione . Ossia: cosa intendevano "esattamente" con il termine vinnana ( tradotto oggi da noi occidentali come 'coscienza') i primi pensatori buddhisti e il Buddha stesso?...Bella domanda... che ci ricollega al discorso fatto da InVerno...

P.S. auguri per il tuo nuovo stato di pensionato . Attenzione alle osterie però...di solito il vino è pessimo!  ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
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paul11

#17
.....scusate.....
une delle particolarità di Gorampa è di focalizzarsi più sul soggetto,colui che è agente conoscitivo, che non sugli oggetti;Tsongkhapa focalizza gli oggetti.Tutti i filosofi buddisti tibetani sostengono che gli oggetti non siano in sè e per sè veritativi che viene definito convenzionale e coloro che vi credono ordinari. Questa ignoranza, il samsara, viene superato attraverso l'ìilluminazione(aryas=illuminati).
ll procedimento utilizzato è il tetralemma ,le quattro negazioni che Gorampa utilizza sull'esistenza.
Le difformità nei filosofi buddisti tibetani è il come utilizzare il tetralemma.
Gorampa utilizza una sua formula"Non esiste,non esiste nessuna esistenza,non esiste e non esiste, non c'è l'assenza di esistenza". Il primo procedimento è attraverso la logica e il ragionamento applicato seguendo ognuna delle negazioni, Poi si passa alla negazione di tutte e quattro, insieme, contemporaneamente per via meditativa.
....................e per ora mi fermo quì-

N,B Gorampa vive al tempo della scoperta dell'America al tempo di Colombo.
Ci tengo a indicarlo per far capire l'importanza della filosofia buddista, sottovalutata  e rivalutata solo ultimamente.
Non è così distante dalla logica dialettica basata sul confronto sillogistico attraverso il principio di non contraddizione e quindi con i "movimenti" logici delle negazioni

sgiombo

Caro Sari, innanzitutto cercherò di seguire il saggio consiglio circa il vino di molte osterie (é meglio, almeno per me, impiegare il mio tempo libero in interminabili risposte e obiezioni a Maral, approfittando poco sportivamente del fatto che lui ne ha certamente meno per replicare; ma anche in questo una certa moderazione sarebbe comunque preferibile, se non altro perché la pazienza degli amici del forum ha un limite e rischio di scoraggiare chiunque a prendere in considerazione i miei troppo lunghi sproloqui; anche se esagerare col vino -anche col vino buono e con quello ottimo purtroppo!- é molto più dannoso per la salute che esagerare con le elucubrazioni metafisiche o epistemologiche).

Sul non attaccamento alla vita cosciente mi ritrovo in quella situazione contraddittoria cui altre volte ho accennato.
Sono ottimista e (almeno per ora; non faccio scongiuri perché me lo impedisce il mio razionalismo...) fortunato e mi sento attaccato alla vita e alle sensazioni (per lo più gradevoli, interessanti, "positive" che mi da); anche se mi propongo di seguire gli antichi stoici ed epicurei nel cercare di trovarmi pronto a rinunciare a ciò che é irraggiungibile e ad accontentarmi di ciò che mi posso permettere (e anche questo in fondo é "ottimismo").

Però non posso non considerare la coscienza e soprattutto l' autocoscienza un pericolo (di infelicità) cui trovo inammissibile esporre altri senza il loro ovviamente impossibile consenso "mettendoli al mondo", procreandoli.

Sariputra

Citazione di: sgiombo il 29 Aprile 2017, 10:01:24 AMCaro Sari, innanzitutto cercherò di seguire il saggio consiglio circa il vino di molte osterie (é meglio, almeno per me, impiegare il mio tempo libero in interminabili risposte e obiezioni a Maral, approfittando poco sportivamente del fatto che lui ne ha certamente meno per replicare; ma anche in questo una certa moderazione sarebbe comunque preferibile, se non altro perché la pazienza degli amici del forum ha un limite e rischio di scoraggiare chiunque a prendere in considerazione i miei troppo lunghi sproloqui; anche se esagerare col vino -anche col vino buono e con quello ottimo purtroppo!- é molto più dannoso per la salute che esagerare con le elucubrazioni metafisiche o epistemologiche). Sul non attaccamento alla vita cosciente mi ritrovo in quella situazione contraddittoria cui altre volte ho accennato. Sono ottimista e (almeno per ora; non faccio scongiuri perché me lo impedisce il mio razionalismo...) fortunato e mi sento attaccato alla vita e alle sensazioni (per lo più gradevoli, interessanti, "positive" che mi da); anche se mi propongo di seguire gli antichi stoici ed epicurei nel cercare di trovarmi pronto a rinunciare a ciò che é irraggiungibile e ad accontentarmi di ciò che mi posso permettere (e anche questo in fondo é "ottimismo"). Però non posso non considerare la coscienza e soprattutto l' autocoscienza un pericolo (di infelicità) cui trovo inammissibile esporre altri senza il loro ovviamente impossibile consenso "mettendoli al mondo", procreandoli.

Si può essere relativamente ottimisti, per l'oggi ( e per noi stessi)...ma assolutamente pessimisti riguardo l'esistenza ( in generale e per tutti)... :)
In effetti, oggi è proprio una mervavigliosa giornata primaverile e mi accingo ad un'amena passeggiata nella natura, mi sento moderatamente bene e sono ottimista sul fatto che la giornata mi riserverà anche degli attimi di serenità e di godimento della bellezza, almeno lo spero e quindi sono ottimista. Sono però consapevole che questa stessa giornata passerà come un lampo e mi ritroverò, stasera, con dei ricordi e delle altre aspettative riguardo la giornata di domani. La stessa consapevolezza di questo inafferrabile passare di tutte le cose mi rende pessimista riguardo alla mia vita in senso generale e al valore dell'esistenza in senso 'ultimo'. E' chiaro che la natura non stabilisce dei valori e del tuo personale ottimismo o pessimismo non sa che farsene, ma l'uomo è un essere che giudica e stabilisce pertanto dei valori, giudizio che determina gran parte del suo necessario agire. E che giudizio , alla fine, si può dare dell'umano vivere, se persino la bellezza non la puoi trattenere che per brevi attimi?
Visto che questa discussione, aperta da bluemax, parla di concezioni filosofiche buddhiste, non si può negare che lo stesso dia , alla fine, un giudizio negativo dell'umano passare in questa vita. E non lo si può negare , come molti che si definiscono buddhisti fanno, se pensiamo che il fine ultimo a cui tende tutto il cammino spirituale e umano del buddhista è la "Cessazione" (Estinzione o Nirvana che dir si voglia), ossia "cessare" di vivere in questo continuo mutare e aggrapparsi della coscienza agli oggetti e alle impressioni sensoriali, che ci illudiamo ci rendano felici ( moderatamente ottimisti per l'oggi personale...) ma che non riescono mai ad appagare la sete d'esistere, vista come inestinguibile, l'arsura della vita stessa...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

myfriend

#20
Citazione di: bluemax il 27 Aprile 2017, 16:27:32 PMCredo invece che la realtà ultima possa essere vissuta o meglio, sperimentata, solo da una mente non inquinata dal proprio ego. In poche parole quella di un neonato. Questa mente la possiamo ritrovare unicamente nel momento della rinascita appunto, dopo la sperimentazione del bardo dove viene purificata da ricordi, avversioni, attrazioni ecc... ecc... Credo sia quasi impossibile per una mente che non sia quella di un neonato di percepire la realtà ultima invece di quella convenzionale. Penso che la realtà ultima sia quella che ogni neonato sperimenta... e man mano che cresce la inquina facendola diventare realtà convenzionale. Necessita di vedere gli oggetti come realtà intrinseche, uniche, distinte da altri oggetti, spesso raggruppate per la loro funzione. Un neonato vede una forma con un colore... sente un suono... ecc... ecc... Un adulto invece vede un SUO bel bicchiere, sente una SUA BELLISSIMA musica, difende queste SUE e solo SUE bellezze creando avversione o attrazione... Per un bambino ogni oggetto è neutro, privo di significato, ha soltanto una forma, un colore, ma non una funzione e tutte quelle QUALITA' illusorie che la mente inquinata associa ad ogni oggetto con cui viene in contatto. La mente inquinata è duale, la mente di un neonato no. Non esiste il bene ed il male (degenerazione mentale che porta alla nascita di inutili divinità) ma esiste il fenomeno. Un neonato favorisce la funzione primaria della mente che è quella di APPRENDERE (infatti si dice che la mente ha tra le sue caratteristiche principali quella di essere conoscitiva). Quindi... rimanendo in tema, penso che la mente del neonato sia in grado di percepire la realtà ultima... la mente di un adulto no (a meno di grandissimi sforzi o anni di meditazione sul concetto di vacuità, origine della sofferenza, morte e rinascita ecc... ecc...) spero di essermi spiegato ma essendo a lavoro ho dovuto scrivere velocemente. ciao :)

Il tuo discorso è un'ottima intuizione.
Ma c'è un punto che non hai considerato. E cioè il "cammino di crescita spirituale".
E' possibile, da adulti, percepire la "realtà ultima" e pensare ed agire relazionandosi alla "realtà ultima".
Ed è possibile farlo senza cancellare l'ego (cioè senza lobotomizzarsi la mente) e senza tornare al cervello primordiale del bambino.
Si può fare da adulti andando oltre l'ego, trascendendo l'ego.
Questo è proprio il senso del "cammino di crescita spirituale".

Ciascuno di noi è costituito da una "natura inferiore" (dotata di una "mente inferiore") e da una "natura superiore" (dotata di una "mente superiore"). L'ego è il prodotto della nostra "mente inferiore". Trascendere l'ego e andare oltre l'ego significa "pensare" e "agire" a partire dalla nostra "mente superiore".

Che cos'è il "cammino di crescita spirituale"?
Non solo noi dobbiamo scoprire che la "realtà convenzionale" è una "elaborazione" dei nostri sensi e della nostra "mente inferiore" (non uso il termine "illusione" perchè è totalmente inappropriato, ma uso il termine "elaborazione" che è molto più appropriato; cioè, i nostri sensi e la nostra "mente inferiore" elaborano la "realtà ultima" e creano, a partire da essa, la "realtà convenzionale" che è quella percepita dalla nostra "mente inferiore"), ma dobbiamo scoprire e capire perchè esiste la "realtà convenzionale", che senso ha e perchè noi siamo "intrappolati" in essa. E dobbiamo anche scoprire e capire com'è fatta la "realtà ultima", che senso ha, e come possiamo "pensare" e "agire" (con la nostra "mente superiore") all'interno della "realtà ultima".
Il "cammino di crescita spirituale" è proprio questo: arrivare a trovare le risposta a queste domande ed esserne "consapevoli", cioè sviluppare la nostra "mente superiore".

Noi siamo l'unica specie in grado di comprendere che esiste una "realtà convenzionale" e una "realtà ultima" (è la nostra "mente superiore" che ce lo fa comprendere). E quindi siamo chiamati a capire che senso ha la "realtà convenzionale" e come si interagise in essa, e che senso ha la "realtà ultima" e come si interagisce in essa.
E questo è proprio lo scopo del "cammino di crescita spirituale".

Che cos'è la "realtà ultima"? La "realtà ultima" è "il ciò che è per come oggettivamente è e non per come io lo percepisco e non per come io vorrei che fosse" (cioè è LA verità).
Ed è per questo che la scienza è uno strumento assolutamente necessario nel "cammino di crescita spirtuale", proprio perchè ci aiuta a sintonizzarci con "il ciò che è", cioè con LA verità.
E' la lampada che ci illumina il cammino e ci impedisce di cadere nella trappole della nostra mente, che è portata ad ingannarci.
E come si chiamano gli inganni della mente? Si chiamano "fedi". Le fedi sono costruzioni della nostra mente create dalla "mente inferiore" che  bloccano il "cammino di crescita spirituale".
Il "relativismo" è una di queste fedi.
Il "riduzionismo" è un'altra di queste fedi.
Esattamente come "l'individualismo" e come le "religioni istituzionalizzate".
Sono tutte "fedi" che bloccano e impediscono il "cammino di crescita spirituale". E le fedi nascono sempre dall'inconsapevolezza, cioè dalla nostra "mente inferiore" (o "natura inferiore") e impediscono alla "mente superiore" di "pensare" ed "agire".
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

giona2068

Citazione di: myfriend il 30 Aprile 2017, 11:42:14 AM
Citazione di: bluemax il 27 Aprile 2017, 16:27:32 PMCredo invece che la realtà ultima possa essere vissuta o meglio, sperimentata, solo da una mente non inquinata dal proprio ego. In poche parole quella di un neonato. Questa mente la possiamo ritrovare unicamente nel momento della rinascita appunto, dopo la sperimentazione del bardo dove viene purificata da ricordi, avversioni, attrazioni ecc... ecc... Credo sia quasi impossibile per una mente che non sia quella di un neonato di percepire la realtà ultima invece di quella convenzionale. Penso che la realtà ultima sia quella che ogni neonato sperimenta... e man mano che cresce la inquina facendola diventare realtà convenzionale. Necessita di vedere gli oggetti come realtà intrinseche, uniche, distinte da altri oggetti, spesso raggruppate per la loro funzione. Un neonato vede una forma con un colore... sente un suono... ecc... ecc... Un adulto invece vede un SUO bel bicchiere, sente una SUA BELLISSIMA musica, difende queste SUE e solo SUE bellezze creando avversione o attrazione... Per un bambino ogni oggetto è neutro, privo di significato, ha soltanto una forma, un colore, ma non una funzione e tutte quelle QUALITA' illusorie che la mente inquinata associa ad ogni oggetto con cui viene in contatto. La mente inquinata è duale, la mente di un neonato no. Non esiste il bene ed il male (degenerazione mentale che porta alla nascita di inutili divinità) ma esiste il fenomeno. Un neonato favorisce la funzione primaria della mente che è quella di APPRENDERE (infatti si dice che la mente ha tra le sue caratteristiche principali quella di essere conoscitiva). Quindi... rimanendo in tema, penso che la mente del neonato sia in grado di percepire la realtà ultima... la mente di un adulto no (a meno di grandissimi sforzi o anni di meditazione sul concetto di vacuità, origine della sofferenza, morte e rinascita ecc... ecc...) spero di essermi spiegato ma essendo a lavoro ho dovuto scrivere velocemente. ciao :)

Il tuo discorso è un'ottima intuizione.
Ma c'è un punto che non hai considerato. E cioè il "cammino di crescita spirituale".
E' possibile, da adulti, percepire la "realtà ultima" e pensare ed agire relazionandosi alla "realtà ultima".
Ed è possibile farlo senza cancellare l'ego (cioè senza lobotomizzarsi la mente) e senza tornare al cervello primordiale del bambino.
Si può fare da adulti andando oltre l'ego, trascendendo l'ego.
Questo è proprio il senso del "cammino di crescita spirituale".

Ciascuno di noi è costituito da una "natura inferiore" (dotata di una "mente inferiore") e da una "natura superiore" (dotata di una "mente superiore"). L'ego è il prodotto della nostra "mente inferiore". Trascendere l'ego e andare oltre l'ego significa "pensare" e "agire" a partire dalla nostra "mente superiore".

Che cos'è il "cammino di crescita spirituale"?
Non solo noi dobbiamo scoprire che la "realtà convenzionale" è una "elaborazione" dei nostri sensi e della nostra "mente inferiore" (non uso il termine "illusione" perchè è totalmente inappropriato, ma uso il termine "elaborazione" che è molto più appropriato; cioè, i nostri sensi e la nostra "mente inferiore" elaborano la "realtà ultima" e creano, a partire da essa, la "realtà convenzionale" che è quella percepita dalla nostra "mente inferiore"), ma dobbiamo scoprire e capire perchè esiste la "realtà convenzionale", che senso ha e perchè noi siamo "intrappolati" in essa. E dobbiamo anche scoprire e capire com'è fatta la "realtà ultima", che senso ha, e come possiamo "pensare" e "agire" (con la nostra "mente superiore") all'interno della "realtà ultima".
Il "cammino di crescita spirituale" è proprio questo: arrivare a trovare le risposta a queste domande ed esserne "consapevoli", cioè sviluppare la nostra "mente superiore".

Noi siamo l'unica specie in grado di comprendere che esiste una "realtà convenzionale" e una "realtà ultima" (è la nostra "mente superiore" che ce lo fa comprendere). E quindi siamo chiamati a capire che senso ha la "realtà convenzionale" e come si interagise in essa, e che senso ha la "realtà ultima" e come si interagisce in essa.
E questo è proprio lo scopo del "cammino di crescita spirituale".

Che cos'è la "realtà ultima"? La "realtà ultima" è "il ciò che è per come oggettivamente è e non per come io lo percepisco e non per come io vorrei che fosse" (cioè è LA verità).
Ed è per questo che la scienza è uno strumento assolutamente necessario nel "cammino di crescita spirtuale", proprio perchè ci aiuta a sintonizzarci con "il ciò che è", cioè con LA verità.
E' la lampada che ci illumina il cammino e ci impedisce di cadere nella trappole della nostra mente, che è portata ad ingannarci.
E come si chiamano gli inganni della mente? Si chiamano "fedi". Le fedi sono costruzioni della nostra mente create dalla "mente inferiore" che  bloccano il "cammino di crescita spirituale".
Il "relativismo" è una di queste fedi.
Il "riduzionismo" è un'altra di queste fedi.
Esattamente come "l'individualismo" e come le "religioni istituzionalizzate".
Sono tutte "fedi" che bloccano e impediscono il "cammino di crescita spirituale". E le fedi nascono sempre dall'inconsapevolezza, cioè dalla nostra "mente inferiore" (o "natura inferiore") e impediscono alla "mente superiore" di "pensare" ed "agire".

Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!

anthonyi

Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 14:43:42 PM
.

Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!


Non voglio entrare nella polemica, ma perché la crescita spirituale non dovrebbe essere crescita della mente, la spiritualità è parte della cultura e tale è stata nel corso della storia umana. Tu mi dirai: "Ma il Signore afferma di preferire gli umili". Certamente, il signore non vuole che la cultura sia fonte di orgoglio, nel qual caso non produrrebbe ne cultura ne spiritualità, ma apprezza una cultura umile più di ogni cosa.

giona2068

#23
Citazione di: anthonyi il 30 Aprile 2017, 16:14:56 PM
Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 14:43:42 PM
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Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!


Non voglio entrare nella polemica, ma perché la crescita spirituale non dovrebbe essere crescita della mente, la spiritualità è parte della cultura e tale è stata nel corso della storia umana. Tu mi dirai: "Ma il Signore afferma di preferire gli umili". Certamente, il signore non vuole che la cultura sia fonte di orgoglio, nel qual caso non produrrebbe ne cultura ne spiritualità, ma apprezza una cultura umile più di ogni cosa.

Come ho già detto nel post che riporto, la cultura religiosa o non appartiene alla mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore inteso come dimora dei sentimenti. In altri termini per crescere spiritualmente occorre staccarsi dal mondo, non come idea ma liberando il cuore da ciò di cui lo abbiamo riempito e che non sia il Signore Dio. Siamo come una bottiglia, anzi il nostro cuore lo è, più la bottiglia si svuota dall'aria più è possibile riempirla con l'acqua, anzi riempendola d'acqua si caccia l'aria. La mente in questo processo non c'entra o se c'entra fa solo da ricevitore di luce. Quando la luce rimane nella mente, cosa piuttosto difficile, perché se il cuore è pieno del mondo l'accoglierà difficilmente, la vita non cambia e di conseguenza non c'è crescita spirituale. Questo popolo mi adora con la bocca ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi adora, dice il Signore.
In ogni caso la cultura non è cosa cattiva se non prende il posto del Signore Dio ed anche i colti possono essere umili, anzi quasi sempre l'ignoranza è fonte di superbia. Gli umili non sono gli ignoranti o i poveracci come pensa il papa, ma sono quelli che hanno il timore del Signore Dio a prescindere dalla loro cultura. Infatti il timore del Signore Dio è il fondamento della sapienza, ma la cultura di per se non è sapienza bensì conoscenza che nulla ha che fare con la spiritualità. Vedi il popolo d'Israele, scribi, farisei e sommi sacerdoti ivi compreso Saul/Paolo.

anthonyi

Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 16:42:32 PM
Citazione di: anthonyi il 30 Aprile 2017, 16:14:56 PM
Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 14:43:42 PM
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Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!


Non voglio entrare nella polemica, ma perché la crescita spirituale non dovrebbe essere crescita della mente, la spiritualità è parte della cultura e tale è stata nel corso della storia umana. Tu mi dirai: "Ma il Signore afferma di preferire gli umili". Certamente, il signore non vuole che la cultura sia fonte di orgoglio, nel qual caso non produrrebbe ne cultura ne spiritualità, ma apprezza una cultura umile più di ogni cosa.

Come ho già detto nel post che riporto, la cultura religiosa o non appartiene alla mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore inteso come dimora dei sentimenti. In altri termini per crescere spiritualmente occorre staccarsi dal mondo, non come idea ma liberando il cuore da ciò di cui lo abbiamo riempito e che non sia il Signore Dio. Siamo come una bottiglia, anzi il nostro cuore lo è, più la bottiglia si svuota dall'aria più è possibile riempirla con l'acqua, anzi riempendola d'acqua si caccia l'aria. La mente in questo processo non c'entra o se c'entra fa solo da ricevitore di luce. Quando la luce rimane nella mente, cosa piuttosto difficile, perché se il cuore è pieno del mondo l'accoglierà difficilmente, la vita non cambia e di conseguenza non c'è crescita spirituale. Questo popolo mi adora con la bocca ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi adora, dice il Signore.
In ogni caso la cultura non è cosa cattiva se non prende il posto del Signore Dio ed anche i colti possono essere umili, anzi quasi sempre l'ignoranza è fonte di superbia. Gli umili non sono gli ignoranti o i poveracci come pensa il papa, ma sono quelli che hanno il timore del Signore Dio a prescindere dalla loro cultura. Infatti il timore del Signore Dio è il fondamento della sapienza, ma la cultura di per se non è sapienza bensì conoscenza che nulla ha che fare con la spiritualità. Vedi il popolo d'Israele, scribi, farisei e sommi sacerdoti ivi compreso Saul/Paolo.

Io concordo con te che la spiritualità è insita nei sentimenti, ma i sentimenti sono frutto di un'educazione. Anche quando la spiritualità ti spinge a staccarti dal mondo (e non è detto che sia questa l'unica strada), questo lo puoi fare perché hai quelle forme di controllo, di te stesso, e del mondo che è in te, che sono frutto di un'acquisizione cognitiva ed affettiva. Ho cercato di spiegare al meglio come la penso, ma anche il nostro spiegare la spiritualità è questione di cultura.

myfriend

#25
@giona

Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!

Non ho mai parlato di cultura. La cultura in generale può essere un aiuto nel cammino di crescita spirituale. Anche se molto spesso la cultura di una civiltà è un impedimento perchè la nostra "mente inferiore" la trasforma in fedi che sono tutte di impedimento.
Non ho mai parlato di cultura. Ma di "consapevolezza".
Certo! PEr acquisire la Consapevolezza è necessario partire dalla "conoscenza". Ma la "conoscenza" è molto più della semplice "cultura". La "conoscenza" implica l'analisi e l'autoanalisi dell'esperienza e della cultura e richiede la "consacrazione alla verità".

La nostra "mente superiore" è la Consapevolezza.
La nostra "mente inferiore" è l'Inconsapevolezza.
E le fedi nascono tutte dalla nostra mente inferiore.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

giona2068

Citazione di: anthonyi il 30 Aprile 2017, 19:24:59 PM
Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 16:42:32 PM
Citazione di: anthonyi il 30 Aprile 2017, 16:14:56 PM
Citazione di: giona2068 il 30 Aprile 2017, 14:43:42 PM
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Che coraggio! Hai l'ardire di parlare di crescita spirituale quando non sai neanche cosa sia! Confondi la crescita spirituale con la crescita della mente, cioè con la cultura che appartiene ala mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore (non intendo il miocardio, sia chiaro)!


Non voglio entrare nella polemica, ma perché la crescita spirituale non dovrebbe essere crescita della mente, la spiritualità è parte della cultura e tale è stata nel corso della storia umana. Tu mi dirai: "Ma il Signore afferma di preferire gli umili". Certamente, il signore non vuole che la cultura sia fonte di orgoglio, nel qual caso non produrrebbe ne cultura ne spiritualità, ma apprezza una cultura umile più di ogni cosa.

Come ho già detto nel post che riporto, la cultura religiosa o non appartiene alla mente mentre la crescita spirituale riguarda il cuore inteso come dimora dei sentimenti. In altri termini per crescere spiritualmente occorre staccarsi dal mondo, non come idea ma liberando il cuore da ciò di cui lo abbiamo riempito e che non sia il Signore Dio. Siamo come una bottiglia, anzi il nostro cuore lo è, più la bottiglia si svuota dall'aria più è possibile riempirla con l'acqua, anzi riempendola d'acqua si caccia l'aria. La mente in questo processo non c'entra o se c'entra fa solo da ricevitore di luce. Quando la luce rimane nella mente, cosa piuttosto difficile, perché se il cuore è pieno del mondo l'accoglierà difficilmente, la vita non cambia e di conseguenza non c'è crescita spirituale. Questo popolo mi adora con la bocca ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi adora, dice il Signore.
In ogni caso la cultura non è cosa cattiva se non prende il posto del Signore Dio ed anche i colti possono essere umili, anzi quasi sempre l'ignoranza è fonte di superbia. Gli umili non sono gli ignoranti o i poveracci come pensa il papa, ma sono quelli che hanno il timore del Signore Dio a prescindere dalla loro cultura. Infatti il timore del Signore Dio è il fondamento della sapienza, ma la cultura di per se non è sapienza bensì conoscenza che nulla ha che fare con la spiritualità. Vedi il popolo d'Israele, scribi, farisei e sommi sacerdoti ivi compreso Saul/Paolo.

Io concordo con te che la spiritualità è insita nei sentimenti, ma i sentimenti sono frutto di un'educazione. Anche quando la spiritualità ti spinge a staccarti dal mondo (e non è detto che sia questa l'unica strada), questo lo puoi fare perché hai quelle forme di controllo, di te stesso, e del mondo che è in te, che sono frutto di un'acquisizione cognitiva ed affettiva. Ho cercato di spiegare al meglio come la penso, ma anche il nostro spiegare la spiritualità è questione di cultura.

I sentimenti positivi sono il frutto di un'eduzione e la cultura in generale  è uno strumento che ci aiuta sia ritrovarli e oltretutto  a non perderli. Non dimentichiamo che i buoni sentimenti sono congeniti nell'uomo, quindi la cultura aiuta a non perderli. Per questo ho detto che la cultura non è cosa cattiva. In verità non c'è niente di cattivo, ivi compresa la cultura, nel mondo ma tutto dipende dall'uso che ne facciano e dalle finalità che  ci prefiggiamo usando ciò che il mondo offre. Detto con altri termini tutto è utile a condizione che non lo si metta al posto del Signore Dio il quale è vita, perdendo Lui perdiamo la vita/sentimenti (non la nostra capacità di vegetare).
La spiritualità non spinge a distacco dal mondo, unica via di spiritualità, ma ne è il frutto, a meno che non ci riferiamo alla ricerca della spiritualità stessa.

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