La grazia del Battesimo può perdersi per i peccati mortali?

Aperto da Socrate78, 17 Giugno 2021, 17:09:22 PM

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Socrate78

So che buona parte del forum è costituito da non credenti o quantomeno agnostici, tuttavia (rivolgendosi soprattutto a credenti) se il Battesimo nel rito cristiano consiste, com'è specificato anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, nell'infusione dello Spirito Santo nell'anima che purifica dal peccato originale (qualsiasi cosa sia tale peccato...), tale grazia ricevuta nel Battesimo può perdersi nel corso della vita a causa dei peccati e delle malefatte compiute dal battezzato? Oppure rimarrebbe sempre un minimo segno, una scintilla divina anche nel peggiore dei battezzati? La conseguenza del peccato mortale potrebbe proprio a pensarci bene essere questa, il peccato è MORTALE quando determina la perdita dello Spirito infuso nel Battesimo, quindi l'anima diviene spiritualmente morta. Non è forse questa l'interpretazione più calzante del concetto di peccato (o colpa) "mortale"?

anthonyi

Ciao socrate, il concetto di grazia è complicato da definire e da capire per me, che cerco di vedere la concretezza dell'azione divina. La religione cristiana ha sviluppato fin dall'inizio un rito di iniziazione, solo che all'inizio questo era un rito per persone consenzienti, poi è diventato un rito sociale nel quale sono i genitori che danno il consenso per te. E se poi uno cambia idea rispetto ai genitori? Se poi questa grazia uno non la vuole? Non so se la grazia si perda con il peccato, comunque negli ultimi tempi atei battezzati hanno sviluppato la moda di chiedere la scomunica, cioè la cancellazione di tutti i sacramenti ricevuti, tra cui anche il battesimo, direi che quelli sicuramente la grazia la perdono.
C'è però un concetto che non mi torna, l'anima è immortale, per cui come può morire?
Per me è evidente che il riferimento alla morte è allegorico, serve a sottolineare una condizione negativa dell'anima.
Un saluto.



viator

Salve. Io sono il solito sempliciotto, perdipiù non credente, ma il concetto di "grazia divina" a me pare semplicissimo : "l'instaurarsi - all'interno dell'anima-spirito del credente - della disposizione che produce la convinzione di essere amati da Dio". Quindi il riconoscimento di Dio quale bene ed amore supremo.

Che poi, nel caso del Battesimo, non possa esistere una qualsiasi convinzione in proposito da parte del battezzato.......... alla dottrina della Chiesa ciò non importa proprio nulla, dal momento che il battesimo altro non è che una cerimonia che deve sancire pubblicamente (occorrono padrini e testimoni) l'arruolamento di una nuova anima la quale - in virtù della "grazia divina" impressa appunto dal Sacramento...................risulterà (la Chiesa si augura) futuramente disposta alla fede in Dio. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

niko

#3
Tecnicamente no, sostenere che i più gravi peccati cancellino la grazia del battesimo è considerato eresia dalla Chiesa e dalla tradizione cattolica (donatismo).


Il peccato che si considerava imperdonabile e tale da interrompere la grazia era quello di essere abbastanza furbi e voltagabbana da rinnegare il cristianesimo sotto gli ultimi imperatori pagani per poi risalire di nuovo sulla barca del cristianesimo sotto Costantino.


Chi aveva fatto ciò era considerato traditore, da tradere, consegnare i testi sacri ai pagani, e gli eretici donatisti pretendevano che tali "furboni" non avessero mai più posti di potere (come vescovato e diaconato) nella Chiesa, e fossero sostituiti, appunto in quanto decaduti dalla grazia data la palese gravità e offensività di un peccato commesso, che andava a indicare la volontà individuale di uscire dalla Chiesa in quanto corpo mistico con l'apostasia (al momento delle persecuzioni o comunque della non convenienza), e quindi metteva in dubbio la buona volontà nel decidere di rientrarvi, quando cambiava il vento politico e persecutorio, e conveniva di nuovo dichiararsi cristiani.


E' stato questo l'oggetto del contendere di questa eresia, che finiva per configurare la Chiesa più come un'associazione volontaria mondana in cui si poteva entrare e uscire che non come un corpo mistico, si era dentro originariamente per volontà, battezzandosi da adulti o per volontà dei propri familiari e correligionari che portavano un bambino ad essere battezzato, e si poteva esserne fuori per manifestazione individuale di volontà opposta a quella con cui si era entrati o con cui si era stati portati all'interno, non c'era appartenenza eterna, ma scelta di appartenenza.


Ovviamente se fosse passato il principio che un sacramento amministrato da un indegno non era valido, o anche solo che l'autorità di guida di anime detenuta da un indegno in linea di principio non era salvifica, sarebbe stato il caos nella Chiesa come entità organizzata, perché è molto -sia religiosamente che politicamente- soggettivo stabilire chi è degno e chi no di amministrare un sacramento, e al variare di un giudizio di dignità, dato a furor di popolo o anche da organi competenti, si sarebbero dovuti ripetere all'infinito, o comunque all'indefinito, sacramenti già amministrati. Quindi Agostino sosterrà definitivamente che un sacramento amministrato da un sacerdote moralmente o spiritualmente indegno è valido se chi vi si accosta vi si accosta in buona fede, e che tribolare sotto un'autorità secolare, ma eventualmente anche ecclesiastica, corrotta non porta necessariamente alla dannazione, ma può essere anzi una messa alla prova per la salvezza. L'uomo, con la sua condotta, non può "sporcare" la grazia, così come non può liberamente disporne. E l'entrata nella chiesa con il battesimo è un sacramento, non si poteva ammetterne la ripetibilità in linea di principio, ma nemmeno la possibilità di decadenza del singolo, da esso. Lo scomunicato da esempio, in quanto peccatore impenitente e datore di scandalo, è espulso dalla comunione dei fedeli, ma non dalla Chiesa in quanto corpo mistico, e se la scomunica viene sospesa e la persona riammessa, non deve certo ri-battezzarsi.


Il principio anti-pelagiano che passerà, e dunque che entrerà nella tradizione, è che il peccato pone chi lo commette in posizione di colpa e indignità a tempo indefinito all'interno della Chiesa rispetto a ciò che è considerato desiderabile o esecrabile da essa e dalla sua tradizione, ma non comporta mai l'esclusione definitiva da essa, l'apostasia non ha valore oggettivo ne sacramentale, quindi il peccatore è sempre interno alla Chiesa e alla "scintilla di grazia" che si riceve con il battesimo: come non si entra in essa per volontà, ma per grazia, non si esce da essa per volontà, e a ben vedere neanche per grazia, perché l'opera divina è eterna, quindi non può esservi grazia che divenga nel tempo non grazia.


La dannazione di chi eventualmente sia battezzato e si danni, concorre al bene generale e provvidenziale, e rappresenta comunque il rispetto della libertà del dannato nello scegliere il male, non è un'estinzione della grazia, e nemmeno della grazia per lui, che rimane immortale e soffre eternamente solo per sua scelta e sua colpa, stante che la sua sofferenza concorre al bene generale, che secondo ragione dovrebbe essere, e quindi in senso divino è, il bene anche per lui.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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