La fede in Dio è slegata dalla bontà?

Aperto da Socrate78, 26 Maggio 2018, 19:38:22 PM

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Socrate78

Mi sembra che il fatto di credere in Dio non comporti di per sé un cambiamento anche nel comportamento della persona verso il prossimo: ci si può convincere razionalmente che esista un Dio o che effettivamente questo o quel profeta sia stato ispirato dal divino, ma ciò non implica anche un cambiamento del cuore, la persona credente può anche continuare a nutrire sentimenti di disprezzo per il prossimo, di invidia, e la fede resterebbe lettera morta, una fredda convinzione intellettuale. Ne deduco che se esiste un Paradiso la semplice fede nel divino non sia un fattore così determinante per accedervi, ma ci voglia qualcos'altro, qualcosa che molti credenti non possiedono a sufficienza, mentre invece alcuni non credenti hanno. Può sembrare sarcastico, ma forsein Paradiso ci sono più atei che cristiani?

viator

#1
Salve. Per Socrate78: Mio (permettimi) caro.........Ma nessuno crede in Dio allo scopo di poter esercitare bontà ed altruismo.

La fede risponde al desiderio atavico di trovare un senso alle sofferenze, alle ignoranze, alle speranze che popolano la vita di molti. A parte ciò (quindi nei casi in cui non si abbia una vita particolarmente tribolata) la fede è una scelta "assicurativa" nei confronti del "sinistro" fatale ed universale.

Mi si chiede di pagare un premio assicurativo consistente in certi comportamenti (rispettare la dottrina ed il magistero di quella tal religione) ed in cambio mi si "assicura" che non morirò. Quando poi tale premio si può anche pagarlo tardivamente (es. in punto di morte).........sai quanti trovano conveniente una simile polizza !!!!!!

Che poi ci siano persone che vivono la fede in modo sincero, profondissimo, sofferto, abnegativo, santo......per carità...tanto di cappello.
Sincerità, profondità, sofferenza, abnegazione, "santità" altruistica sono tutti comportamenti che possono far parte delle scelte di chiunque al di fuori di ogni religione e fideismo. Comportamenti che riguardano la struttura psichica di ciascuno di noi fino ad includere, nei casi estremi, la suggestionabilità, l'ossessività, il masochismo, il narcisismo..............

Lo sai che ci sono alcuni i quali, senza riconoscersi in nessuna delle religioni organizzate, crede di aver stipulato un patto personale ed esclusivamente interiore con Dio ? Gente che pensa che, se si comporterà in un qualche certo modo, il suo Dio personale si occuperà di tutelarlo, premiarlo, salvarlo ??.

Questa è fede, no ? E cosa avrebbe a vedere con il bene e con l'altruismo ?? Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

Se si parla di fede cristiana le cose stanno diversamente, poiché la Rivelazione del Dio dei cristiani ha come oggetto la salvezza, la quale è innanzitutto liberazione dal peccato. E il peccato è oscurità, sofferenza, dolore, e sì, naturalmente anche la morte (da qui il tema dell'eternità, che tuttavia, bisogna metterselo in testa, non è il tema principale; il Regno di Dio infatti, per un cristiano, riguarda già questa vita terrena).
È importante capire che lo sforzo dell'uomo di fede (cristiana) di essere buono non viene da una qualche legge stabilita dal suo Dio, ma dalla convinzione che la propria parte più profonda è qualcosa di divino, ha a che fare con Dio.
Un'immagine divina che essendo la parte più vera di sé va di necessità restaurata.
Nell'antropologia patristica si insiste molto sul concetto di "immagine e somiglianza". L'immagine è il "marchio" che ciascuno porta dentro di sé e di cui può rimanere per tutta la vita inconsapevole. La somiglianza va invece ricostruita con gli sforzi del singolo uomo.

Quindi la fede cristiana se correttamente intesa ha necessariamente delle conseguenze pratiche.
Conseguenze etiche. Ma anche politiche, poiché la Rivelazione è rivolta a un popolo, non al singolo individuo.
La soteriologia è in realtà rivoluzione nel senso di una prassi che deve condurre a una umanità nuova e redenta. Anzi, questa redenzione va oltre l'umanità, coinvolge ogni forma di vita e ogni aspetto della materia. E' redenzione cosmica.
 

Se invece per Dio si intende un principio metafisico etc., beh naturalmente tutto dipende da come ce lo si immagina questo Dio, ma appunto si tratta di un esercizio di immaginazione...

Jacopus

La spiegazione di Kobayashi mi ha incuriosito. C'e' un testo per non-esperti che approfondisce questo tema? Mi interessa sopratutto il.possibile legame fra azione "etica" sulla terra del cristiano, secondo quanto hai scritto, e azione "etica" fondata sull'illuminismo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Kobayashi

Per Jacopus.
Su questi temi si sono concentrati  soprattutto alcuni orientamenti teologici del secondo Novecento: teologia politica (Metz), teologia della speranza (Moltmann), teologia della liberazione.
Li trovi ben sintetizzati in pochi paragrafi nelle storie della teologia (per esempio R. Gibellini "La teologia del XX secolo", B. Mondin "Storia della teologia" vol. IV).

Un altro teologo che forse troverai interessante per le tue ricerche è Edward Schillebeeckx, frate domenicano, consulente al Concilio Vaticano II. Lo dico perché Schillebeeckx si confronta, tra l'altro, con la teoria critica di Habermas, evidenziando come anche la teologia non possa non tener conto dell'elemento della prassi intesa come spinta all'emancipazione dell'umanità.
In fondo, dice Schillebeeckx, i testi sacri del cristianesimo raccontano un'esperienza di salvezza. Questi testi sono stati composti affinché questa esperienza di salvezza possa continuare a riprodursi nella storia. Il che implica la necessità di sviluppare da parte della teologia un'ermeneutica in grado di rigenerare tale esperienza, la quale ha poi un impatto pratico, concreto, sociale, di liberazione.
Insomma il Vangelo deve essere letto con un metodo che sappia coniugare ermeneutica e teoria critica.
Il che comporta tutta una serie di conseguenze etico-politiche ben diverse dal quietismo di una fede concepita come pura "vicenda" interiore.
C'è da dire che queste teorie non sono state molto gradite dal Vaticano e  Schillebeeckx è stato chiamato a Roma per dare spiegazioni...

E' mio convincimento che queste conseguenze etico-politiche possano essere dedotte in larga misura anche dal magistero della Chiesa Cattolica. Ma per dimostrare ciò bisogna fare un lavoro di scavo nella teologia fondamentale. Cosa ben diversa rispetto al lavoro dei teologi sopra citati che invece hanno rinnovato l'idea di fede partendo da un confronto con le correnti di pensiero del Novecento (marxismo, ermeneutica, teoria critica, filosofia della speranza di Bloch, etc.).


Non so se ho risposto alle tue richieste... Nel caso dimmi qualcosa.

viator

Salve. Per Kobayashi : "il peccato è oscurità, sofferenza, dolore.......".

Un qualsiasi atto può venir trovato peccaminoso da chi lo compie a seconda dalle dottrina in cui crede o della convinzione personale da cui è animato nel compierlo.

Esistono atti innocui e piacevolissimi che alcuni trovano insopportabilmente peccaminosi (il sesso ?).

Esistono atti disastrosi e terribili che alcuni trovano non peccaminosi, ma doverosi (il fanatismo religioso ?).

Il peccato è come lo descrivi solo per chi sia cresciuto senza sviluppare una sufficiente indipendenza di giudizio. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

Ciao Viator.
Se il peccato è concepito come trasgressione di una norma, ovviamente tutto può diventare peccato in base al contenuto della norma a cui si fa riferimento.
Io parlavo del cristianesimo però. E nel cristianesimo Dio, per quanto sia "nascosto", non del tutto conoscibile, viene dichiarato dello stesso essere dell'amore. Difficile pensare che un Dio che è amore desideri fanatismo e violenza.
Nella tradizione patristica, ripresa con forza dalla Chiesa Cattolica nel Concilio Vaticano II, il peccato è inteso come un errore di percorso: invece di avvicinarci a Dio, ci si perde per strada, nella confusione, nella violenza, nella desolazione.
Se per te la sessualità è gioia, è ricevere e dare amore, è evidente che non c'entra nulla con il peccato.
Se per te è confusione, abbassamento, violenza, allora è un peccato, perché praticandola rischi di perdere te stesso, di stare male, e dovresti pensare seriamente a vivere la castità.
Tutto naturalmente nell'ottica di un'antropologia secondo cui la realizzazione dell'essere umano sta nella sua vicinanza a Dio.
Si tratta di un cammino di perfezione che non può più essere pensato come nel passato nel senso di un ossessionante rispetto di un regolamento (il catechismo), ma come un percorso complesso fatto da persone del nostro tempo (non del Medioevo...) che cercano quella pienezza di vita che ritengono poter raggiungere solo nella relazione con quel Dio di cui hanno fede (perché è ovvio che senza una fede iniziale, per quanto confusa, tutto questo discorso non avrebbe alcun senso).

Un'altra considerazione. Per il cristianesimo Dio vuole salvare ogni uomo. La Chiesa dunque ha un'unica funzione: quella di creare le condizioni affinché chiunque possa incontrare Dio.
La Chiesa non deve educare, non deve insegnare la "verità". Deve esclusivamente esistere come comunità in cui sia ancora sperimentabile l'incontro con il Cristo.
Per cui le sue interferenze morali o politiche nella vita delle persone si spegneranno da se'. E in effetti si stanno già spegnendo.
Quindi anche gli atei militanti possono iniziare a scavare la buca dove sotterrare la propria ascia di guerra, e iniziare forse a discutere come difendere insieme ciò che resta dell'umanità...

viator

Salve Kobayashi. Naturalmente non condivido i presupposti fideistici della tua replica, ma voglio farti i miei complimenti per la serena "ragionevolezza" (anche se l'argomento fa parte dell'irrazionale) della tua replica. Saluti sinceri.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Freedom

Citazione di: Socrate78 il 26 Maggio 2018, 19:38:22 PM
Mi sembra che il fatto di credere in Dio non comporti di per sé un cambiamento anche nel comportamento della persona verso il prossimo: ci si può convincere razionalmente che esista un Dio o che effettivamente questo o quel profeta sia stato ispirato dal divino, ma ciò non implica anche un cambiamento del cuore, la persona credente può anche continuare a nutrire sentimenti di disprezzo per il prossimo, di invidia, e la fede resterebbe lettera morta, una fredda convinzione intellettuale. Ne deduco che se esiste un Paradiso la semplice fede nel divino non sia un fattore così determinante per accedervi, ma ci voglia qualcos'altro, qualcosa che molti credenti non possiedono a sufficienza, mentre invece alcuni non credenti hanno. Può sembrare sarcastico, ma forsein Paradiso ci sono più atei che cristiani?
Alla fine del tuo post usi la parola "cristiano" dunque penso che quando parli di credere in Dio tu ti riferisca al Dio cristiano.

Se è così allora è bene chiarire qual è l'insegnamento cristiano. Che, in estrema sintesi e ultimissima analisi, è il seguente: amare Dio sopra qualsiasi altra cosa. La "ricompensa" è scoprire che da questa azione (interiore), atteggiamento, fede, chiamiamola come vogliamo; suscita uno stato di straordinaria gioia. Subito, adesso! C'è inoltre la promessa che questa gioia, immediatamente sperimentabile, sia eterna.

Per quanto riguarda la percentuale di anime domiciliate in Paradiso può essere benissimo che la tua tesi sia fondata cioè più atei che cristiani. Se infatti essere cristiano significasse rispettare le regole cristiane come si rispetta il codice della strada allora nessuno sarebbe cristiano. Ma non scopri una cosa nuova; dice il Signore: "riconosceranno che siete miei discepoli da come vi amerete gli uni gli altri."  Perché, va da sé, quando ami Dio sopra ogni cosa ami anche gli altri esseri umani.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

green demetr

#9
Citazione di: Kobayashi il 28 Maggio 2018, 09:09:14 AM
Ciao Viator.
Se il peccato è concepito come trasgressione di una norma, ovviamente tutto può diventare peccato in base al contenuto della norma a cui si fa riferimento.
Io parlavo del cristianesimo però. E nel cristianesimo Dio, per quanto sia "nascosto", non del tutto conoscibile, viene dichiarato dello stesso essere dell'amore. Difficile pensare che un Dio che è amore desideri fanatismo e violenza.
Nella tradizione patristica, ripresa con forza dalla Chiesa Cattolica nel Concilio Vaticano II, il peccato è inteso come un errore di percorso: invece di avvicinarci a Dio, ci si perde per strada, nella confusione, nella violenza, nella desolazione.
Se per te la sessualità è gioia, è ricevere e dare amore, è evidente che non c'entra nulla con il peccato.
Se per te è confusione, abbassamento, violenza, allora è un peccato, perché praticandola rischi di perdere te stesso, di stare male, e dovresti pensare seriamente a vivere la castità.
Tutto naturalmente nell'ottica di un'antropologia secondo cui la realizzazione dell'essere umano sta nella sua vicinanza a Dio.
Si tratta di un cammino di perfezione che non può più essere pensato come nel passato nel senso di un ossessionante rispetto di un regolamento (il catechismo), ma come un percorso complesso fatto da persone del nostro tempo (non del Medioevo...) che cercano quella pienezza di vita che ritengono poter raggiungere solo nella relazione con quel Dio di cui hanno fede (perché è ovvio che senza una fede iniziale, per quanto confusa, tutto questo discorso non avrebbe alcun senso).

Un'altra considerazione. Per il cristianesimo Dio vuole salvare ogni uomo. La Chiesa dunque ha un'unica funzione: quella di creare le condizioni affinché chiunque possa incontrare Dio.
La Chiesa non deve educare, non deve insegnare la "verità". Deve esclusivamente esistere come comunità in cui sia ancora sperimentabile l'incontro con il Cristo.
Per cui le sue interferenze morali o politiche nella vita delle persone si spegneranno da se'. E in effetti si stanno già spegnendo.
Quindi anche gli atei militanti possono iniziare a scavare la buca dove sotterrare la propria ascia di guerra, e iniziare forse a discutere come difendere insieme ciò che resta dell'umanità...

Mi pare una ottima introduzione all'orizzonte teologico.

Ma faccio ancora capire cosa si intende per salvezza nel cristianesimo.

Salvezza da cosa?

Per quel che mi riguarda la salvezza è all'interno stesso del discorso sul DESTINO.
Sulla finalità, sul senso dell'ESSERE UMANO che si affaccia alla morte.

Non è dunque una questione di sofferenza. Che invece sia l'argomento principale con cui i fedeli vengono irretiti nelle maglie pastorali.

Ripenso a come leggo Giovanni, mi pare che effettivamente parli al cuore degli UOMINI, con un messaggio che sostanzialmente INCORAGGIA a lasciar andare i freni inibitori, che caratterizzano il MALE.

Mi pare quasi un ritorno al MATERNO, non visto come fantasma come fa la psicanalisi, ma come se fosse l'OSCURO recesso, chissà forse anche l'uterino PANTA REI.

Un mondo d'acqua, nella mia immaginazione, che gli INDIANI, chiamano di FUOCO (AGNI)....bizzarro.

La bontà, dunque io non la vedo minimamente come MORALE, anzi se fosse morale, quello è il problema PRINCIPALE DELL?UMANITA' come Nietzche disperatamente cerca di far intendere.

Se è qualcosa dell'acqua, è qualcosa dell'abisso, la bontà è ciò che giace nell'abisso del DIO indifferente.

Non è questione di immaginazione, è questione di INTUIZIONE.

Dello stare immersi nel MONDO. La natura, la donna, le cose etc....(ognuno la sua) ci richiamano ad un senso ulteriore, non alla mera NORMA delle storielle che si raccontano.

LA COSA kantiana è di là dall'essere una semplice ontologia.

Pensare che l'ONTOLOGIA sia FONDAMENTALE e non la METAFISICA, è questo il risultato a cui sono pervenuto interrogandomi sulla dialettica kantiana e i suoi errori presunti.

La scienza non CAPIRA' mai nulla.

Farsi la domanda sulla bontà come se fosse una mero aggettivo, una mera riproduzione dell'agire comportamentale: QUELLO é L'ERRORE MASSIMO!

Altrimenti perchè l'uomo si è inventato la metafisica speciale?

Ma come MAI gli intellettuale moderni non intendono una virgola di quello che vado molto facilmente capendo io....mi rimane un mistero  :o
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Kobayashi

#10
Cit. Green Demetr:
[...]
Ma faccio ancora fatica a capire cosa si intende per salvezza nel cristianesimo.
Salvezza da cosa?
Per quel che mi riguarda la salvezza è all'interno stesso del discorso sul DESTINO.
Sulla finalità, sul senso dell'ESSERE UMANO che si affaccia alla morte.
Non è dunque una questione di sofferenza. Che invece sia l'argomento principale con cui i fedeli vengono irretiti nelle maglie pastorali.


Secondo me la salvezza cristiana non può essere legata semplicemente al raggiungimento di un'illuminazione attinente la domanda radicale sul senso dell'essere.
E questo perché il cristiano "avanzato", che abbia quindi già accolto l'annuncio del Vangelo, in grado di sperimentare la presenza di Dio – dunque formalmente salvo – sarà costretto proprio dalla sua condizione di (relativa) pienezza di Spirito, a relazionarsi all'altro secondo una duplice dimensione dell'amore: dedizione incondizionata e fratellanza reciproca (P. Sequeri "L'idea di fede").
Il che comporta sul piano concreto della comunità tutta una serie di azioni finalizzate all'innalzamento di chi è in difficoltà, alla sua emancipazione.

Interessante come P. Sequeri insista sulla necessità di entrambe le componenti dell'agape cristiana.
Se la dedizione incondizionata è l'elemento eroico ritenuto da molti utopistico, la fratellanza reciproca invece comporta anche un ricevere, un essere appagato nei propri bisogni affettivi etc.
E' abbastanza facile sperimentare come nelle comunità di religiosi il pericolo maggiore sia quello di curare soprattutto la fratellanza reciproca, la salvaguardia del clima fraterno, e dimenticarsi la dedizione incondizionata al bisognoso che si presenta alla loro porta.

green demetr

Kobayashi è proprio dalla arroganza di credersi salvi, che nasce la riflessione protestante, che culmina nella teologia negativa di Barth.
Il voler innalzare gli altri a se stessi, equivale al desiderio di occupazione fisica e morale delle teste altrui.
Ossia alla negazione dell'altro.
Mi sorprendo molto di questo tuo scivolone.  :o

Ovviamente incondizionato significa fascista, nella maggior parte dei casi, facciamo pure tutti.

Invece come ne abbiamo già parlato più volte, il concetto di fratellanza, accodandomi a te, ritengo sia il più interessante.
In effetti la vita in comunione dei detti e dei fatti del Cristo, non dovrebbe certo presupporre una via di stenti come d'altronde invece molte comunità religiose ai limiti del pagano credono.

Anche questa è una differenza notevole su cui varrebbe spenderci del tempo.

Rimane come ogni comunità il problema del mondo esterno e delle sue infinite arroganze.

Ancora ricordo con te il film di Lars Von Trier: Dogville.

Arroganza dell'umiltà. Arroganza della Fede. Arroganza Sessuale.  Arroganza intellettuale. Arroganza del Potere nella scena finale.

E' sempre una questione del Potere quella finale.

Un film unicum che mi è rimasto per sempre nella memoria.

Dunque come invece avevi molto ben detto, nelle discussione precedenti, rimarrebbe il vero problema della comunità che fa resistenza al potere.
Ma le sue forme violente con la rivolta dei contandini in Germania, e la trasformazione del pensiero religioso in potere temporale, come opposizione a quelle rivolte: possiamo ancora chiamarlo Cristianesimo?

In questo senso d'altronde però la salvezza è ben presente nel vangelo di Giovanni. (e dunque bene Barth, ma non tanto).
Di cosa si tratti devo ancora indagare.

Spero in tuo aiuto magari approfondendo la questione, che non può risolversi nella teologia naturale.  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

#12
Citazione di: Socrate78 il 26 Maggio 2018, 19:38:22 PM
Mi sembra che il fatto di credere in Dio non comporti di per sé un cambiamento anche nel comportamento della persona verso il prossimo: ci si può convincere razionalmente che esista un Dio o che effettivamente questo o quel profeta sia stato ispirato dal divino, ma ciò non implica anche un cambiamento del cuore, la persona credente può anche continuare a nutrire sentimenti di disprezzo per il prossimo, di invidia, e la fede resterebbe lettera morta, una fredda convinzione intellettuale. Ne deduco che se esiste un Paradiso la semplice fede nel divino non sia un fattore così determinante per accedervi, ma ci voglia qualcos'altro, qualcosa che molti credenti non possiedono a sufficienza, mentre invece alcuni non credenti hanno. Può sembrare sarcastico, ma forsein Paradiso ci sono più atei che cristiani?
La fede è una cosa,Dio è un'altra cosa, la bontà altro ancora.
le religioni intese come strutturazione in un pensiero teologico li relazionano con caratterisitiche diverse.
Nell'ebraismo c'è la Legge e le opere(buone o cattive).
La bontà implica un contrario, la malvagità,ergo c'è il bene, c'è il male.
La fede di fatto inizia con lo scandalo della croce.L'ebreo prima doveva seguire la legge e fare opere secondo la legge,.
La croce è scandalo perchè un essere puro diventa impuro per salvare gli impuri,
Il messianesimo cristiano irrompe e rompe la legge Se prima nella legge vi era la promessa e il patto per un popolo eletto fra i tanti in cui il segno della circoncisione era appartenenza segnica del significato; con la croce dall'elezione a popolo eletto su un patto legato ad una promessa si passa  al sacrifico per santificare gli impuri.
la croce rappresenta l'intersecazione fra paradiso e terra, fra divino e umano e avviene dolorosamente.
Affinchè il sacrifico avvenga deve esserci il momento in cui il puro diventa impuro per ridiventare puro e quindi una identificazione del bene con il male affinchè sussistano dialetticamente.

Dio è:           punto e niente appellativi o attributi.
la fede cristiana sostituisce la promessa .
La bontà è opera, comportamento, sapendo della convivenza con la malvagità e il male

Kobayashi

Cit. Green Demetr:
"Kobayashi è proprio dalla arroganza di credersi salvi, che nasce la riflessione protestante, che culmina nella teologia negativa di Barth.
Il voler innalzare gli altri a se stessi, equivale al desiderio di occupazione fisica e morale delle teste altrui.
Ossia alla negazione dell'altro.
Mi sorprendo molto di questo tuo scivolone." 

Mah, se la dedizione all'altro è incondizionata significa che tale dedizione non vuole nulla in cambio ed è praticata senza memoria. Quindi non vedo che cosa ci sia di fascista. Che poi la Chiesa sfruttando l'eroismo di un paio di martiri abbia colonizzato le popolazioni "selvagge", siamo d'accordo ma è tutta un'altra storia (cioè, una storia che ha a che fare con l'istituzione religiosa e con le sue politiche -  ma io qua sto parlando dal punto di vista dei fondamenti della fede, di come è pensata la fede nell'insegnamento della Chiesa cattolica, indipendentemente da come viene vissuta).

Anch'io ricordo molto bene la lezione di Dogville, ed è una lezione che si può e si deve continuamente fare ad ogni comunità religiosa. Su questo siamo d'accordo.

Per quanto riguarda la salvezza: nel cristianesimo si ha con la fede, su questo non si può prescindere, credo.
E la fede non ha niente a che fare con l'assenso ad un certo numero di asserzioni teologiche. Non è dire dentro di se': sì, è tutto vero, Gesù è risorto!
La fede è incontrare Gesù il Risorto e quindi a posteriori dirsi che sì, a quanto pare, per quanto sia incomprensibile la risurrezione è un fatto.
La fede non può essere costruita da se'. Accade, e basta. Tutto il resto è desiderio di avere fede, non è fede.
Quando accade però si viene trasportati nel Regno di Dio, nel domino di Dio, dove Dio è presente.
La sua presenza libera dal male e dal peccato. Ma questo Regno è in costruzione, è il "già" e "non ancora", come diceva Cullmann.
Dunque se tutto sembra dominato da un'inerzia che conduce al dolore anziché alla gioia, colui che ha fede sa che è solo apparenza o incomprensibilità, e che ogni istante può essere quello del rovesciamento totale del mondo. Chi ha fede vive nell'attesa di questa pienezza e nella sicurezza che Dio comunque lo stia accompagnando in questa vita colma di dolore.
Chi ha fede è salvo, ma la sua salvezza, come nel Regno è in costruzione, e sarà totale solo con il dispiegamento pieno di Dio nel Regno.
Se è vero che la fede è puro dono, il Regno si costruisce invece anche per effetto del singolo che è ha fede.
Dunque l'unico vero problema è il seguente: perché Dio dona la fede soltanto a un minuscolo gruppo di persone per ogni generazione? E questo gruppo non si fa forse sempre più piccolo col passare dei secoli? Questa lenta estinzione che effetti ha con il processo di costruzione del Regno?

Questo è il vero enigma, la teodicea è secondaria.

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 03 Giugno 2018, 09:04:33 AM
Se è vero che la fede è puro dono, il Regno si costruisce invece anche per effetto del singolo che è ha fede.
Dunque l'unico vero problema è il seguente: perché Dio dona la fede soltanto a un minuscolo gruppo di persone per ogni generazione? E questo gruppo non si fa forse sempre più piccolo col passare dei secoli? Questa lenta estinzione che effetti ha con il processo di costruzione del Regno?

Questo è il vero enigma, la teodicea è secondaria.

Se fosse così, dunque non avrei fede, poichè la mia fede va al mondo indiano.
Se fosse così oltre al problema della riduzione dei noviziati, ci sarebbe anche il problema delle fedi "altre" dalle proprie.
E invece io credo si possa conoscere il Gesù, forse non per fede, ma per analogia degli stati interiori, per questo ritengo la teologia una parte del discorso che si interroga della soggettività, e meglio della comunità.
Seguendoti nel ragionamento sul regno, e ti seguo volentieri e facilmente, penso che forse effettivamente la vera differenza tra fedele e non, è l'aspettativa della irruzione di Dio sul proscenio se non proprio sul palcoscenico della vita.
Nel fedele, con uno sforzo di immaginazione minima, deve essere sentito molto più intensamente, e probabilmente attingerà a quelle fonti inconsce, che a pochi eletti sono date.
A chi segue quelle vie comunque l'inconscio attingerà in maniera diversa, ma comunque attingerà, forse la fonte non sarà diretta dal Cristo-Pesce, ma da altri simboli-Dei.
Altrimenti non mi spiego perchè con uno sforzo intellettuale, e con la mia sensibilità io "sento" le parole del Giovanni.
Comunque effettivamente se rimaniamo nel dogma, rimane l'enigma che mi/ci hai fatto balenare.
E a cui ovviamente non potrò mai articolare risposta.
A presto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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